Orlando (paladino)

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Orlando o Rolando è il protagonista letterario di vari poemi a partire dal XII secolo. Appare la prima volta nella Chanson de Roland, poema scritto da un anonimo del XII secolo, uno dei più famosi libri del ciclo carolingio. Dopo questo primo poema, la storia del paladino si delinea di racconto in racconto dalla giovinezza fino alla morte; in particolare, Orlando è il protagonista dell'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo e del più celebre Orlando furioso di Ludovico Ariosto.

Statua dedicata a Rolando

Il personaggio storico

Storicamente, Orlando era uno dei paladini (cioè i soldati più fidati del re, quasi guardie del corpo sul modello dei pretoriani di Augusto) di Carlo Magno. Carlo Magno effettuò veramente una spedizione in Spagna: i franchi cercarono di prendere profitto da un contrasto tra due emirati, ne appoggiarono uno, ma dopo una scaramuccia si ritirarono senza aver concluso nulla. Il 15 agosto 778, il governatore della marca di Bretagna di nome Roland, che guidava la retroguardia, fu attaccato dai briganti baschi (e quindi cristiani) durante l'attraversamento della gola di Roncisvalle sui Pirenei. Lo storico Eginardo, nella sua "Vita Karoli", riporta che i baschi massacrarono Orlando e tutti i suoi uomini. Nel Medio Evo la sua storia divenne il simbolo della guerra tra cristiani e mussulmani quando nel racconto i baschi vennero sostituiti con i saraceni. Questo nobile Roland venne poi erroneamente messo in relazione con il sepolcro a Blaye di un altro Roland, un santo che indicava la via per il pellegrinaggio in Spagna.

Orlando nella Chanson de Roland

Giovinezza

Berta, sorella dell'imperatore Carlo Magno, amava Milone d'Anglante (Angles), di umile condizione. L'imperatore ostacolò questo amore, tanto che i due si rifugiarono in Italia, a Sutri, dove diedero alla luce Orlando. Quando nacque Milone era assente, ma al suo ritorno alla grotta dove si era rifugiata Berta, si vide rotolare (in francese roller) incontro il proprio figlio, che perciò chiamò Roland, tradotto in italiano come Rolando, ma ben presto i cantastorie optarono per il più musicale Orlando.

Nel racconto L'Aspramonte, viene ritrovato e riconosciuto da Carlo Magno e così il giovane guerriero segue lo zio imperatore nella battaglia di Aspromonte, dove combatte contro il re africano Almonte. Grazie a un incantesimo che lo rende invulnerabile, Orlando vince il duello sia con Almonte sia con il fratello Troiano, conquistandosi così il suo equipaggiamento da cavaliere. Tra le varie armi vi è anche la spada Durlindana, appartenuta a Ettore di Troia e passata attraverso Pentesilea, regina delle amazzoni, al re saraceno. Come cavallo ottiene l'ottimo Vegliantino (poi chiamato Brigliadoro in Italia) e come stemma il quartiere bianco e rosso di Almonte.

Caratteristiche

Per i suoi meriti, l'imperatore gli donò la contea di Anglante con anche quella di Blava (Blay-sur-Gironde) e lo volle tra i dodici pari di Francia, i suoi amici più fidati, consiglieri della corona e paladini della cristianità. D'altra parte, il papa lo insignì del titolo di senatore romano e gonfaloniere della Chiesa. Milone era stato precedentemente ucciso dai saraceni, così sua madre fu costretta a sposarsi di nuovo con l'infido conte Gano di Maganza (Meinz), con cui Orlando fu sempre in contrasto. Successivamente, l'imperatore assediò la città di Vienne, difesa da un valoroso cavaliere, quell'Oliviero che poi diverrà uno dei più importanti paladini. Per porre fine alla guerra, Orlando accettò di sposare la sorella di Olivieri, la stupenda Alda la Bella. Secondo le prime versioni, Orlando amava già la fanciulla, ma dopo l'impegno di matrimonio, partì per la sua ultima battaglia, senza poter mai coronare il suo sogno d'amore. Secondo altre versioni, l'eroe si risentì per questa unione a cui era stato forzato, tanto che non consumò mai il matrimonio.

Tra i cantastorie italiani, la castità di Orlando assunse ben presto toni canzonatori. Da questa tradizione nasce il poema iniziato da Matteo Maria Boiardo come Orlando innamorato e finito da Ludovico Ariosto come Orlando furioso, in cui il valoroso paladino, leale suddito, guerriero invincibile e persona di alta morale, si rivela un ragazzone guercio e piuttosto brutto, oltre che un innamorato goffo e troppo timido. Diviso tra i doveri verso la Cristianità e l'amore per Angelica, vaga per il mondo alla ricerca di quest'ultima, affrontando nemici di ogni specie (Orlando innamorato) e finendo per impazzire quando Angelica sposa un altro (Orlando furioso). Fatto finalmente rinsavire dal cugino Astolfo, salva la Francia dall'assalto di re Agramante, figlio di Troiano .

Nel Morgante di Luigi Pulci, un racconto burlesco toscano, Orlando gira in cerca di avventure, combatte i saraceni e diventa amico del gigante Morgante. Un poema che esprime satiricamente i dogmi cristiani, usando come barriera lo stolto gigante Margutte.

In La Spagna (poema), poema avventuroso, Carlo Magno invade il vicino emirato nella penisola iberica e al suo seguito Orlando affronta il gigante Ferraù (o Ferraguto) e lo uccide. Entrambi questi ultimi due poemi proseguono con l'ultima battaglia del valoroso conte..

La fine

Nella Chanson de Roland, poema di tono epico, si racconta la sua fine: dopo la guerra di Carlo Magno contro Marsilio, re musulmano di Spagna, Orlando deve guidare la retroguardia nella ritirata sui Pirenei. Qui Orlando appare come un giovane un po' esaltato e ansioso di dimostrare il proprio valore. Nella sua sconsideratezza fa correre un rischio al patrigno Gano, che si vendica tradendo i cristiani. La retroguardia comandata da Orlando viene sterminata e in questa occasione muoiono molti tra i più valorosi paladini, tra cui anche il fedele amico Oliviero. Orlando, pensando solo al proprio onore, rifiuta di chiedere soccorso a Carlo Magno e solo quando si è ormai alla fine del massacro decide di avvertirlo, suonando nel suo possente corno Olifante fino a farsi scoppiare le vene delle tempie.

Orlando nell'Orlando innamorato

Come poi sarà anche nel Furioso, uno degli episodi centrali è appunto l'innamoramento del conte. Lungi dall'essere un personaggio stereotipato, come poteva esserlo nei cantari medievali meno noti, qui Orlando assume un tratteggio forte e ben definito. Conserva i tratti salienti del suo personaggio secondo la tradizione e secondo (quel poco che si sa) la storia: è così buono, generoso, forte e magnanimo, e per questo è infatti e a ragione uno dei più forti paladini di Francia. Ma la novità è che nel poema il conte si trova a dover affrontare qualcosa alla quale non è preparato. Orlando, "non usato all'amorose cose", si trova preso e vinto solo con uno sguardo alla bella Angelica, ma si rivela un innamorato maldestro e goffo, a volte timido, oltre che un uomo talmente sincero e con la coscienza limpida da risultare ingenuo. Ben si può vedere quando la bella ma ingannatrice Orrigille, di cui per un breve periodi egli si invaghisce, lo raggira rubandogli il cavallo e fuggendo dicendogli che salendo su una roccia potrà vedere l'Inferno e il Paradiso! Questi episodi, come anche nell'Ariosto, ben esplicano come le faccende d'Amore siano sempre incerte e sfuggevoli, con risvolti a volte anche comici o divertenti nel poema, anche per un uomo tutto d'un pezzo come Orlando. In somma il conte qui si trova ad affrontare l'unica cosa che non si può ridurre sotto l'arbitrio di nessuno, una cosa certo sublime, ma sconvolgente e spesso crudele, che riduce il nobile paladino a rincorrere l'amata supplicandola per la foresta. Orlando si trova quindi impreparato e spiazzato davanti a questo inusuale nemico: l'Amore, il quale sembra inevitabilmente volto ai suoi danni. La novità del poema è anche questa, l'eroe visto sotto un nuovo aspetto, una spetto più umano, l'eroe presentato sotto una luce nuova, in un campo in cui trova, nonostante le sue innumerevoli qualità straordinarie, immense difficoltà.

É un personaggio a tutto tondo, lontano dagli ideali cavallereschi medievali, di cui incarna solo pochi ridotti aspetti. Sin dal proemio dell’opera l’autore ci preannuncia un eroe “diverso” da quello comune, un eroe nuovo. Basta solo pensare all’aggettivo che gli è attribuito già nel titolo, “furioso”. Per la prima volta un prode combattente, un eroe senza macchia e senza paura, si ritrova innanzi ad una situazione che non è preparato ad affrontare, l’amore, ma non quello ideale, casto, perfetto, divino di Dante e degli scrittori precedenti, ma una forza nuova, squisitamente materiale, che proprio per il suo carattere esclusivamente terreno affligge un animo abituato a cose grandi e quasi ultrasensibili. Il nostro eroe non può quindi che rimanerne travolto e sconvolto, come un surfista inesperto alla prima onda, da qualcosa che non riesce a controllare e a gestire, qualcosa che lo porterà alla più assoluta pazzia. Sin dal primo canto è evidente come all’abilità di Orlando con la spada, che lo rende quasi splendente e superiore, non corrisponde un’altrettanta bravura nelle relazioni interpersonali, tanto che si degrada al punto da rincorrere Angelica che scappa nel bosco. E che pena quando, nonostante le parole rivoltegli dal pastore e tutte le evidenti prove del rapporto amoroso tra Angelica e Medoro, ingenuo cerca in ogni modo di scacciare l’idea di essere stato tradito, di illudersi che le coincidenze del fato gli stiano tendendo un brutto scherzo! Induce inoltre, secondo alcuni, pietà nel lettore la scena della perdita del senno, della disperazione e dell’orrore per l’acquisita consapevolezza della natura della relazione tra la sua bella e l’anti-eroe saraceno.


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