Museo diocesano sorrentino-stabiese

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Museo diocesano sorrentino-stabiese
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàCastellammare di Stabia
IndirizzoPiazza Giovanni XXIII, Piazza Giovanni XXIII snc - Sedi distaccate: Via Santa Maria della Pietà- Sorrento; Via Vescovado -, Castellammare di Stabia, Piazza Giovanni Ventitreesimo, Castellammare di Stabia, Piazza Giovanni Xxiii 5, Castellammare di Stabia, Piazza Giovanni XXIII, 80053 Castellammare di Stabia (NA) e Piazza Giovanni Xxiii, 80053 Castellammare di Stabia
Coordinate40°41′40.95″N 14°28′47.13″E / 40.694708°N 14.479757°E40.694708; 14.479757
Caratteristiche
Istituzione2008
FondatoriFelice Cece
Apertura2008
Visitatori5 000 (2019) e (2022)
Sito web

Il Museo diocesano sorrentino-stabiese è un museo archeologico, ubicato a Castellammare di Stabia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Durante i lavori di costruzione della cappella del patrono, san Catello, prevista nell'ampliamento della cattedrale di Castellammare di Stabia, tra il 1875 e il 1879, venne rinvenuta una necropoli romana con resti di tombe, strade, case e botteghe, la quale insisteva lungo l'antica via che collegava Nuceria Alfaterna con Sorrentum: quest'area fu chiamata Area Christianorum[1]. I reperti vennero ospitati per volere del vescovo Vincenzo Maria Sarnelli, con l'aiuto dell'archeologo Giuseppe Cosenza, nella sala capitolare della cattedrale dove restarono fino al 1964 quando furono trasferiti all'Antiquarium stabiano[2], museo creato da Libero D'Orsi per custodire i resti provienienti dagli scavi dell'antica Stabia sulla collina di Varano.

I reperti restarono all'Antiquarium stabiano fino al 2007[3], nonostante questo fosse chiuso già dalla fine degli anni '90 del XX secolo, quando furono trasferiti nella sede del museo diocesano, inaugurato l'anno successivo dal vescovo Felice Cece e ubicato all'interno della chiesa dell'Oratorio[4].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Oltre a resti di colonne, lucerne, lapidi e capielli, il museo ospita un cippo miliare che venne posto sulla strada che collegava Nuceria Alfaterna a Sorrentum dopo la sua riapertura a seguito dell'eruzione del Vesuvio del 79[3], testimonianza della ripresa della vita nella zona dopo l'evento, diversi sarcofagi come quello di Caio Longinio Prisco, sul quale sono scolpite le figure di Apollo, Minerva e le Muse e quello di Bettia Felicita[3] e il coperchio del sarcofago di Cornelia Ferocia[5], mentre il resto è stato riutilizzato come altare nella cappella di San Catello[6].

Inoltre è custodita una fibula in osso[7], la Concordia Apostolorum, raffigurante l'abbraccio tra gli apostoli Pietro e Paolo[8], i resti di una statua in terracotta raffigurante San Biagio, proveniente dall'omonima grotta[1] e una tegola del IV secolo con il monogramma di Cristo[9].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Valcaccia, Tesori, p. 13.
  2. ^ Aiello, p. 25.
  3. ^ a b c MUDISS - Museo diocesano sorrentino stabiese, su beniculturali.it. URL consultato il 5 giugno 2022.
  4. ^ Maurizio Cuomo, Libero Ricercatore visita il Museo Diocesano, su liberoricercatore.it, 22 giugno 2009. URL consultato il 5 giugno 2022.
  5. ^ Valcaccia, Tesori, p. 15.
  6. ^ Valcaccia, Fragmenta, p. 9.
  7. ^ Valcaccia, Fragmenta, p. 13.
  8. ^ Valcaccia, Tesori, p. 16.
  9. ^ Valcaccia, Tesori, p. 20.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Lauro Aiello, La città di Stabia e San Catello suo patrono, Castellammare di Stabia, Nicola Longobardi Editore, 2007, ISBN 978-88-8090-254-6.
  • Egidio Valcaccia, Fragmenta stabiana - Storia, arte e cultura a Castellammare di Stabia, Castellammare di Stabia, Nicola Longobardi Editore, 2011, ISBN 978-88-8090-362-8.
  • Egidio Valcaccia, I tesori sacri di Castellammare di Stabia - Dall'Arte Paleocristiana al primo Rinascimento, Castellammare di Stabia, Nicola Longobardi Editore, 2013, ISBN 978-88-8090-409-0.

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