Mohammed Farah Aidid
Mohammed Farah Hassan | |
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Soprannome | Aidid |
Nascita | Belet Uen, 15 dicembre 1934 |
Morte | Mogadiscio, 1º agosto 1996 (61 anni) |
Cause della morte | ucciso in azione |
Dati militari | |
Paese servito | ![]() ![]() |
Forza armata | ![]() ![]() |
Anni di servizio | 1960 -1996 |
Grado | Brigadier generale Comandante supremo |
Guerre | Guerra dell'Ogaden Guerra civile in Somalia |
Battaglie | Battaglia di Mogadiscio |
Comandante di | Congresso della Somalia Unita |
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Mohammed Farah Hassan (detto Aidid ovvero "il Vittorioso", in lingua somala: Maxamed Faarax Caydiid; Belet Uen, 15 dicembre 1934 – Mogadiscio, 1º agosto 1996) è stato un politico, generale e signore della guerra[1] somalo della tribù degli Habr Ghedir[2] del gruppo Hauia[3].
Fu sospettato, al pari del suo principale antagonista, Ali Mahdi Mohamed, di essere al centro di traffici di armi e rifiuti tossici, per indagare sui quali i giornalisti Rai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin vennero uccisi nel centro di Mogadiscio pochi giorni prima del ritiro del contingente italiano, il 20 marzo 1994.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Carriera militare e collaborazione con Siad Barre[modifica | modifica wikitesto]
Benché nato a Belet Uen, nella regione dello Hiran, la sua cabila è originaria della regione del Mudugh. Ricevette la sua educazione a Roma e a Mosca e servì nella polizia post-coloniale italiana negli anni '50. Successivamente fece carriera nell'esercito, soprattutto sotto il regime di Siad Barre, fino a diventare generale, grado con cui partecipò nel 1977-1978 alla Guerra dell'Ogaden contro l'Etiopia[4]. Già collaboratore di Siad Barre, da cui fu nominato ambasciatore della Somalia in India, fu anche il suo capo dei servizi segreti[5].
Caduta di Barre[modifica | modifica wikitesto]
Barre sospettò in seguito che Aidid stesse organizzando un colpo di Stato e lo fece imprigionare per sei anni. In effetti gli Hauia, di cui Aidid era un membro e che occupavano fin dall'indipendenza le principali cariche amministrative e ancor più quelle militari, da tempo erano il principale focolaio d'opposizione alla dittatura; infatti furono soprattutto gli Hauia a fondare il Congresso della Somalia Unita (United Somali Congress, USC), nel 1987. Aidid vi entrò nello stesso anno, e divenne capo della sua ala militare. Fu proprio Aidid a guidare le truppe che all'inizio del 1991 invasero Mogadiscio e si scontrarono con le forze governative, sconfiggendo Barre e costringendolo a lasciare la città la sera del 26 gennaio.
Guerra civile e intervento ONU[modifica | modifica wikitesto]
Dopo la destituzione di Barre l'USC scelse Ali Mahdi Mohamed come Presidente ad interim di un governo provvisorio per la gestione della fase di transizione, che a fine febbraio avrebbe dovuto portare alla scelta definitiva di un nuovo leader. Aidid, che era a capo dell'ala militare, contestò fortemente la scelta e, sostenuto dalla sua tribù, iniziò un'opposizione armata al nuovo governo di Mahdi, dando inizio alla guerra civile somala. Nel luglio del 1991 la Conferenza di pace di Gibuti confermò Mahdi Presidente, e Aidid, in risposta, proseguì ancor più violentemente la lotta armata, facendo vivere alla Somalia i mesi forse più sanguinosi della sua storia.
Si confrontò con Ali Mahdi Mohamed per il controllo della Somalia, in quella che fu una vera e propria battaglia campale, in seguito alla quale il centro di Mogadiscio fu diviso dalla cosiddetta Linea Verde.
Aidid e la sua Alleanza Nazionale Somala, divennero nel 1992 uno dei principali obiettivi dell'operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite Restore Hope e UNOSOM II. Le forze di Aidid attaccarono prima le truppe pakistane il 5 giugno del 1993, lasciando sul campo 23 militari pakistani nella cosiddetta battaglia della Radio, e poi il 2 luglio quelle italiane nella battaglia del Pastificio, uccidendo 3 soldati. Tra il 3 ed il 4 ottobre 1993 i miliziani di Aidid si scontrarono contro le forze ONU nella battaglia di Mogadiscio, mettendole in seria difficoltà con l'uccisione di 18 statunitensi e 1 malese. Le missioni delle forze internazionali non pacificarono le fazioni somale in lotta e non portarono alla cattura di Aidid, e statunitensi e italiani lasciarono il paese nel marzo 1994. L'ONU lasciò la Somalia nel marzo 1995.
Presidente e morte[modifica | modifica wikitesto]
Aidid, dopo la fuoriuscita delle truppe delle Nazioni Unite dalla Somalia, nel giugno 1995 si dichiarò Presidente della Somalia[6]. Così facendo pose fine al potere di Ali Mahdi, peraltro quasi sempre stato puramente formale, ma il suo governo non fu riconosciuto internazionalmente. Anche nei fatti esercitò un controllo debole sulla Somalia e perfino sulle sue roccaforti, Mogadiscio e il sud del paese, soprattutto perché insidiato violentemente dalle milizie di Ali Mahdi, ancora molto attive. Continuò quindi a regnare il caos, stavolta anche a livello istituzionale, visto che la Somalia fino al 2000 non avrebbe avuto nessun governo o Presidente ufficiali.
Nel settembre 1995 i miliziani di Aidid attaccarono la città di Baidoa, uccidendo 10 somali e catturando 20 cooperanti stranieri[7][8].
Il 24 luglio 1996, Aidid e i suoi uomini si scontrarono con le milizie di Ali Mahdi e dell'ex alleato Osman Ali Atto, ex sostenitore e finanziatore di Aidid e dello stesso clan. Aidid subì una ferita da arma da fuoco nella battaglia. Morì di infarto il 2 agosto, durante o dopo l'intervento chirurgico per curare le sue ferite.
Discendenti[modifica | modifica wikitesto]
Suo figlio Hussein, emigrato negli Stati Uniti all'età di 17 anni, ottenne asilo e nel 1987 prestò servizio nel Corpo dei Marines. Dopo aver fatto ritorno in Somalia, ricopre ora vari incarichi politici. Dopo la morte del padre si proclamò anch'egli Presidente, e come lui non fu mai riconosciuto. Avrebbe rinunciato alle pretese alla presidenza del paese nel 1997. Abdiqasim Salad Hassan, che nel 2000 sarebbe diventato ufficialmente Presidente della Somalia, il primo dai tempi di Mahdi, è cugino di Aidid.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Andrew Purvis, Wanted: Warlord No. 1, Time, 28 giugno 1993. URL consultato il 2 gennaio 2007 (archiviato dall'url originale il 28 aprile 2007).
- ^ Libri di lingua italiana sul gruppo degli Habr Ghedir, su google.it.
- ^ Libri di lingua italiana sul gruppo degli Hauia.
- ^ Andrew Purvis, Wanted: Warlord No. 1, Time, 28 giugno 1993. URL consultato il 2 gennaio 2007 (archiviato dall'url originale il 28 aprile 2007).
- ^ Somali faction leader Aidid dies Archiviato il 9 settembre 2007 in Internet Archive., CNN, August 2, 1996.
- ^ President Aidid's Somalia, su h-net.org, settembre 1995. URL consultato il 4 febbraio 2007 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2009).
- ^ https://news.google.com/newspapers?nid=1310&dat=19950919&id=7nAVAAAAIBAJ&sjid=E-sDAAAAIBAJ&pg=5828,4765554
- ^ Copia archiviata, su timelines.ws. URL consultato il 16 novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 16 dicembre 2008).
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Binney, Michael. Joint Close Air Support in the Low Intensity Conflict (tesi). Monterey, California: Naval Postgraduate School. Giugno 2003.
- Bowden, Mark. Black Hawk Down: A Story of Modern War. Berkeley, California: Atlantic Monthly Press. Marzo 1999.
- Somali faction leader Aidid dies, CNN, 2 agosto 1996.
- Lutz, David. Hannover Institute of Philosophical Research. The Ethics of American Military Policy in Africa (research paper). Front Royal, Virginia: Joint Services Conference on Professional Ethics. 2000.
- McKinley, James. How a U.S. Marine Became a Warlord in Somalia. New York: The New York Times. 16 agosto, 1996.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- (EN) Mohammed Farah Aidid, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 27879793 · ISNI (EN) 0000 0000 8367 3665 · LCCN (EN) n89298273 · GND (DE) 119357542 · J9U (EN, HE) 987007451017905171 · WorldCat Identities (EN) lccn-n89298273 |
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