Fuoco (ottica)

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La messa a fuoco influisce sulla profondità del campo inquadrato
Messa a fuoco lontana
Messa a fuoco vicina

Il termine fuoco in ottica indica il punto in cui i singoli raggi formanti un fascio di radiazioni elettromagnetiche distinte si incontrano, e quindi concentrano, in seguito ad un'applicazione del fenomeno di rifrazione, applicato ad esempio in una lente, o al fenomeno di riflessione applicato ad esempio in uno specchio concavo. È il seguito di un fenomeno di convergenza di raggi in un punto.

In realtà il fuoco non è sempre indicabile come un insieme di punti e solo teorizzando, nell'ambito dell'ottica geometrica si parla di unico punto focale.

Il termine deriva probabilmente dal gioco che si può fare con una lente di ingrandimento o altro rifrattore positivo (cioè che fa convergere i raggi) nelle giornate assolate o con fonti luminose diverse dal Sole ma comunque relativamente molto potenti: cioè quello di focalizzare i raggi in un punto su un pezzo di carta o altro combustibile e vederlo annerire e successivamente infiammarsi.

Il fuoco di una lente sottile[modifica | modifica wikitesto]

Il termine fuoco o focale in ottica indica il piano o il punto in cui singoli raggi fotonici formanti un fascio di radiazioni elettromagnetiche distinte e arrivate da un punto all'infinito, si incontrano e quindi si concentrano (ad esempio: in seguito all'applicazione del fenomeno di rifrazione in una lente o al fenomeno di riflessione di uno specchio concavo). La distanza tra il centro ottico della lente ed il piano focale, indica appunto la distanza focale come valore assoluto della lente (es: 50 mm); usata per catalogare anche gli obiettivi fotografici, la focale di un'ottica è sempre riferita alla maf all'infinito. A seguito del fenomeno di convergenza dei raggi in un punto, nella realtà il fuoco non è sempre indicato come un insieme di punti, infatti teorizzando nell'ambito dell'ottica geometrica, si parla di un unico punto focale (vedi: Aberrazione).

Partendo dalla legge di Snell, si può ricavare il valore della distanza focale valido per fasci di raggi luminosi parassiali e lenti sferiche sottili (la relazione è anche detta legge dei fabbricanti di lenti):

dove:

  • n è l'indice di rifrazione del materiale con cui è costituita la lente,
  • n' è l'indice di rifrazione dell'ambiente in cui la lente è immersa,
  • e sono i raggi della lente definiti positivi per lenti convesse.

Questa legge vale solo nell'approssimazione di lenti sottili e cioè quando lo spessore della lente è trascurabile rispetto al suo diametro o quando il raggio di curvatura è molto più grande del diametro e solo nella condizione di utilizzare, nei calcoli, i raggi parassiali. In caso contrario o nei casi reali, la luce bianca non si concentra mai esattamente "tutta" in un solo punto, ma mostra varie dispersioni derivate dai difetti ottici tipo l'aberrazione cromatica e l'aberrazione sferica. Le lenti oftalmiche (da vista) con basso potere diottrico possono essere considerate come lenti sottili, mentre le ottiche fotografiche devono essere progettate seguendo precisi schemi a gruppi di lenti (in strati di aria e vetro), per limitare il più possibile le numerose distorsioni e aberrazioni indotte ai fasci di luce che le attraversano.

Messa a fuoco[modifica | modifica wikitesto]

Il termine messa a fuoco deriva propriamente dal fatto che mettendo a fuoco il Sole su un pezzo di carta, usando una lente di ingrandimento come obiettivo, è molto probabile che il foglio prenda letteralmente fuoco, poiché la lente di ingrandimento sta concentrando l'immagine del disco solare in un disco molto più piccolo simile a un punto. Più potente è la lente e più piccolo sarà l'immagine del disco solare, e più concentrata sarà l'energia fotonica di quei raggi, e maggiore sarà la temperatura dell'immagine, fino a provocare la messa a fuoco del foglio.

Tutti i vari strumenti ottici (obiettivi fotografici, cannocchiali, binocoli, telescopi, lenti di ingrandimento, microscopi, etc.) catturano la luce e producono una immagine del reale. Le immagini sono formate sostanzialmente da punti immagine, che riflettono ognuno il diaframma di apertura dell'obiettivo in uso e sono punti circolari, ovvero dischi con una dimensione reale, che appaiono come punti. Questa immagine, in qualche modo, sarà messa a fuoco su un piano focale (foto-videocamera) o sulla retina (strumenti da osservazione), utilizzando la rispettiva regolazione di messa a fuoco. Quando la regolazione fornisce il risultato più nitido, si dice che l'immagine è a fuoco, in caso contrario si dice che è fuori fuoco o sfocata. Più i punti dell'immagine sono piccoli e più l'immagine è a fuoco.

Nell'occhio[modifica | modifica wikitesto]

Per analogia, l'occhio umano funziona proprio come una macchina fotografica, dove la parte anteriore (cornea, cristallinoe iride) è simile ad un obiettivo dotato di una determinata lunghezza focale (~ 16 mm), un diaframma automatico (tra f/11 e f/1,8 circa) e una messa a fuoco automatica (da ~ 7 cm all'infinito, per occhi emmetropi fino a 10 anni di età, poi la distanza minima tende ad aumentare verso i 25 cm e più, con l'invecchiamento e la presbiopia). Nella parte posteriore interna al bulbo oculare si trova la retina, che funziona più o meno come un sensore fotografico, in grado di fornire una determinata risoluzione d'immagine (equivalente a ~ da 6 a 24 MP), chiamata acutezza visiva.

Nell'occhio, è il cristallino a mettere a fuoco le immagini sulla retina (accomodazione), modificando la sua forma e dunque il suo potere di rifrazione (potere diottrico), tramite i muscoli detti ciliari.

Una differenza importante tra la messa a fuoco oculare e quella fotografica, è la semisfericità della retina rispetto alla planarità del sensore, che favorisce la costruzione delle lenti oftalmiche e che invece obbliga notevoli correzioni ottiche nelle lenti fotografiche, aumentandone la complessità.

Nella fotografia[modifica | modifica wikitesto]

Fotografia con il primo piano a fuoco, e lo sfondo fuori fuoco

La messa a fuoco viene attuata allontanando o avvicinando opportunamente, sull'asse ottico, l'intero gruppo ottico o alcune lenti dell'obiettivo, utilizzando la ghiera manuale o l'autofocus. In questo modo è possibile mettere a fuoco qualsiasi piano immagine ripreso tra la distanza minima e l'infinito, proiettandolo nitidamente sul piano focale del sensore (lastra, pellicola, etc.). L'allontanamento dell'ottica dal sensore provoca la maf di oggetti sempre più vicini alla fotocamera: i tubi di prolunga e i soffietti posti tra corpo macchina e ottica vengono utilizzati, in macrofotografia, appunto per ingrandire i soggetti riducendo la minima distanza di maf (il focus stacking è una tecnica di maf usata particolarmente nella fotografia macro "molto spinta", vicino alla microfotografia).

L'obiettivo stenopeico (dal greco: piccolo foro) funziona senza lenti ottiche e senza l'ausilio di regolazioni di maf, producendo un'immagine totalmente a fuoco (o quasi). Precisamente, più piccolo è il diametro del foro e più piccoli saranno i circoli di confusione dei punti immagine, rendendo più nitida o a fuoco la fotografia.

La corretta messa a fuoco di un particolare piano della profondità del campo inquadrato potrà essere effettuata soltanto con l'ausilio di un Mirino per il controllo del fuoco accurato. Oggi l'apparecchiatura digitale con Live view offre una semplificazione della maf tramite il focus peaking e lo zoom digitale (4x, 8x, 10x, etc) dei mirini elettronici. Altri metodi di controllo del fuoco accurato, con le mire ottiche, erano i "lentini" per ingrandire una piccola parte dello schermo smerigliato oppure gli stigmometri ed eventuali microprismi intorno (soppiantati oggi dagli schermi per l'autofocus).

In stretta relazione con la nitidezza, la messa a fuoco, o MAF, è da collegare direttamente ai circoli di confusione e alle aberrazioni ottiche.

Nei telescopi[modifica | modifica wikitesto]

Per i telescopi il problema di mettere a fuoco oggetti posti a diversa distanza non sussiste, dato che la distanza dalla Terra degli oggetti stellari è sempre tanto grande da poter essere di fatto considerata infinita.

La messa a fuoco costituisce però ugualmente un problema a causa dell'elevatissimo ingrandimento, che richiede un'altissima precisione: anche una lievissima irregolarità nella curvatura della lente o dello specchio basta a provocare un'imperfetta messa a fuoco. Non è solo un problema di fabbricazione ma anche di condizioni operative: ad esempio le variazioni di temperatura possono causare la dilatazione termica dello specchio e quindi alterarne la curvatura.

Nei telescopi rifrattori si aggiunge il problema del diverso indice di rifrazione per i vari colori, per il quale ogni colore ha un diverso fuoco. Solo sfruttando come espediente varie lenti convesse è possibile focalizzare colore per colore (lunghezza d'onda per lunghezza d'onda) nel punto desiderato, che si trova per comodità lungo l'asse ottico del tubo.

Per questa ragione, con le attuali tecnologie, è praticamente impossibile costruire telescopi rifrattori con lenti dal diametro maggiore di 1 metro circa. Si riesce invece a costruire telescopi riflettori con specchi che superano gli 8 metri di diametro (LBT, VLT). Anche in questi tuttavia far convergere la luce verso lo specchietto secondario che a sua volta la rifletterà verso l'oculare può essere problematico.

Dimensioni maggiori sono ottenute utilizzando specchi composti da più elementi, che vengono mantenuti nella corretta posizione da un sistema di controllo computerizzato.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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