Lanciafiamme Mod. 41 d'assalto

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Lanciafiamme Mod. 41 d'assalto
Tipolanciafiamme leggero
OrigineBandiera dell'Italia Italia
Impiego
UtilizzatoriBandiera dell'ItaliaRegio Esercito
Bandiera dell'ItaliaEsercito Italiano
ConflittiSeconda guerra mondiale
Produzione
Data progettazione1941
CostruttoreServizio Chimico Militare
Date di produzione1941-1950
Entrata in servizio1941
Ritiro dal servizio1998
Descrizione
Le armi della fanteria italiana nella seconda guerra mondiale, Nicola Pignato, Albertelli Ed., 1978.
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Il Lanciafiamme Mod. 41 d'assalto fu un lanciafiamme impiegato dal Regio Esercito durante la seconda guerra mondiale. Il Regio Esercito era entrato in guerra con il lanciafiamme spalleggiato Mod. 35 ed i suoi derivati Mod. 40 e Mod. 41, destinati al genio ed alla fanteria. A questi nel 1941 si aggiunse il Mod. 41 d'assalto, un lanciafiamme estremamente leggero e compatto per equipaggiare i paracadutisti ed i guastatori[1]. Esso rimane in servizio anche dopo la guerra, in dotazione agli incursori, fino agli anni novanta. II lanciafiamme visto l'elevata efficacia doveva essere prodotto e procurato ai paracadutisti con circa 4000 mila modelli in costruzione.

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Un flammiere con tuta amiantata e Lanciafiamme Mod. 41 d'assalto a tracoll'arm.

L'arma Mod. 41 è composta essenzialmente da quattro elementi: il serbatoio, la "cartoccia", il sistema di accensione elettrico e quello di riserva.

Il serbatoio è costituito da un cilindro contenente il liquido infiammabile (costituito da 9 parti di gasolio o altro olio minerale ed 1 parte di benzina) ed il gas inerte di propulsione (azoto). L'estremità anteriore, costituita da una calotta, porta l'attacco per la "cartoccia" ed il bocchettone di caricamento del liquido. All'estremità posteriore è posizionato il magnete ad alta tensione attivato da una turbinetta. Sotto al corpo del cilindro è sistemata l'impugnatura a pistola con il grilletto e, davanti a questa, un maniglione.

La "cartoccia" è una flangia, regolabile in posizione, dalla quale fuoriesce il getto. Su di essa è posta la candela di accensione, il porta-"bengalotto" ed il mirino.

Il sistema d'accensione principale è costituito dalla turbinetta che al momento del lancio, attivata dal flusso del liquido sotto pressione, alimenta, tramite un cavo elettrico, la candela della "cartoccia", che a sua volta incendia il getto.

Il sistema di accensione di riserva è costituito dal "bengalotto", ovvero un ordigno pirotecnico a combustione lenta che va acceso per sfregamento in vista dell'utilizzo dell'arma e posizionato nell'apposito supporto sulla "cartoccia"; bruciando per 2 minuti, al momento del passaggio del getto di liquido infiammabile, comandato dal grilletto, esso incendia il getto.

Il lanciafiamme veniva impugnato come un fucile, con la mano forte sull'impugnatura e quella debole sul maniglione, appoggiando la parte posteriore del serbatoio alla spalla (a mo' di calcio) oppure sotto all'ascella.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pignato, op.cit. pag. 66.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Le armi della fanteria italiana nella seconda guerra mondiale, Nicola Pignato, Albertelli Ed., 1978.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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