Jōhatsu
L'espressione jōhatsu (蒸発?, lett. "evaporazione") è utilizzata in Giappone per indicare le persone che scompaiono volontariamente, abbandonando la loro vita precedente per vivere nell'anonimato.[1] Questo fenomeno può essere osservato in tutto il mondo, come negli Stati Uniti, in Cina, in Corea del Sud, nel Regno Unito e in Germania.[1][2] Tuttavia, è più diffuso in Giappone a causa di determinati fattori culturali.[2]
Contesto
[modifica | modifica wikitesto]È stato ipotizzato che la dura cultura del lavoro in Giappone, combinata con la mancanza di supporto familiare e comunitario, abbia contribuito alla diffusione dei jōhatsu a livello sociale.[2] Inoltre, nel contesto della cultura giapponese, licenziarsi da un'azienda è considerato vergognoso.[2] Di conseguenza, il suicidio, il lavoro fino alla morte (karoshi) e le sparizioni volontarie sono potenziali risultati. La scelta dei jōhatsu può anche risparmiare alla famiglia i costi elevati associati al suicidio, come debiti, spese di pulizia e tariffe di interruzione del servizio nel contesto dei suicidi sulle ferrovie.[2]
Pressioni sociali simili sono state teorizzate come fattori contribuenti alla diffusione del fenomeno degli hikikomori e a un tasso di suicidio relativamente elevato.[3]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il termine jōhatsu ha cominciato ad essere utilizzato negli anni '60.[1] In quel periodo, veniva usato nel contesto delle persone che decidevano di fuggire da matrimoni infelici piuttosto che sopportare procedure di divorzio formali.[1] Il decennio perduto degli anni '90 portò presto a un aumento dei jōhatsu e dei suicidi, poiché molti salaryman persero il lavoro o accumularono debiti.[4]
Diffusione del fenomeno
[modifica | modifica wikitesto]In Giappone, il tema dei jōhatsu è tabù nelle conversazioni normali, così come il tema del suicidio.[2] Si stima che 100 000 persone giapponesi scompaiano annualmente.[2] Tuttavia, la prevalenza di questo fenomeno potrebbe essere sottostimata nei numeri ufficiali.[2] Nel 2015, l'Agenzia nazionale di polizia del Giappone aveva registrato 82 000 persone scomparse, delle quali 80 000 sono state ritrovate entro la fine dell'anno.[2] A confronto, lo stesso anno, il Regno Unito ha ricevuto 300 000 chiamate di segnalazione, nonostante abbia circa la metà della popolazione del Giappone.[2] Inoltre, in Giappone non esiste un database delle persone scomparse.[3]
L'Associazione di supporto alla ricerca di persone scomparse del Giappone, un'organizzazione non-profit dedicata al sostegno delle famiglie dei jōhatsu, stima che centinaia di migliaia di persone scompaiano ogni anno.[2]
Cause
[modifica | modifica wikitesto]Le persone diventano jōhatsu per diverse ragioni, tra cui depressione, dipendenza, cattiva condotta sessuale e desiderio di isolamento.[2] Talvolta, viene utilizzato come mezzo per sfuggire alla violenza domestica, al debito da gioco d'azzardo, alle sette religiose, agli stalker, ai datori di lavoro e a situazioni familiari difficili.[2][3] Anche la vergogna per la perdita del lavoro, il divorzio e persino il fallimento di un esame possono motivare le persone a scomparire.[4][5]
In alcuni casi, diventare jōhatsu è un modo per ricominciare da capo.[2] Quando queste persone scompaiono, possono abbandonare le loro residenze precedenti, i lavori, le famiglie, i nomi e persino il loro aspetto.[2]
Industria
[modifica | modifica wikitesto]Le imprese che assistono i jōhatsu nella loro sparizione sono chiamate yonige-ya, che significa "negozi per la fuga notturna".[2] Tali stabilimenti sono relativamente accessibili e hanno i loro siti web.[2] Un tipico yonige-ya potrebbe addebitare dai ¥ 50 000 (450 $) ai ¥ 300 000 (2 600 $) per i suoi servizi, i quali dipendono da vari fattori.[2] Questi fattori includono: la quantità di beni, la distanza, se si tratta di un trasloco notturno, se sono inclusi bambini e se il cliente sta sfuggendo agli esattori.[2] Alcune persone scompaiono da sole senza l'aiuto di yonige-ya ed esistono anche guide pubblicate che possono aiutare le persone a diventare jōhatsu.[2]
Le agenzie investigative sono regolarmente utilizzate per trovare le persone scomparse.[2] Spesso, queste ultime vengono trovate a trascorrere del tempo nei locali di pachinko e in alberghi economici, e altre volte, possono essere scoperte dopo essersi già suicidate.[2] San'ya, una baraccopoli di Tokyo che in passato ospitava migliaia di lavoratori giornalieri, è segnalata come luogo di rifugio per i jōhatsu.[2] Kamagasaki a Osaka è un altro quartiere in cui è possibile vivere senza un documento di identità ed è quindi altrettanto favorito.[4] Queste comunità sono roccaforti della yakuza, poiché offrono lavori pagati in contanti.[3][4]
Nella maggior parte dei casi, specialmente in considerazione delle stringenti leggi sulla privacy del Giappone, i jōhatsu non possono essere rintracciati; gran parte dei casi giudiziari che li riguardano sono di natura civile, con dati personali non facilmente accessibili.[2][4] La polizia non interviene a meno che non avvenga un crimine o un incidente.[1]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e (EN) Bryan Lufkin, The companies that help people vanish, su BBC News, 3 settembre 2020. URL consultato il 28 febbraio 2024.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x (EN) Joseph Hincks, Japan's Missing People: On the Trail of the Johatsu, su TIME, 2 maggio 2017. URL consultato il 28 febbraio 2024.
- ^ a b c d (EN) JC Scull, The Johatsu: The Evaporated People of Japan, su Owlcation, 10 ottobre 2019. URL consultato il 28 febbraio 2024 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2019).
- ^ a b c d e (EN) Alina Simone, Japan's 'evaporated people' have become an obsession for this French couple, su The World from PRX, 25 aprile 2017. URL consultato il 28 febbraio 2024.
- ^ (EN) Léna Mauger, The Vanished: The "Evaporated People" of Japan in Stories and Photographs, Simon and Schuster, 20 settembre 2016, ISBN 978-1-5107-0828-0. URL consultato il 29 febbraio 2024.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Carla König, Jouhatsu. The Evaporating People of Japan, su The Perspective Magazine (a cura di), Issuu, 2021. URL consultato il 29 febbraio 2024.
- (EN) Andrew Zoll, Jouhatsu Part 2. Tracking Down Those Who Do Not Want to Be Found, su The Perspective Magazine (a cura di), Issuu, 2021. URL consultato il 29 febbraio 2024.
- (JA) 弘樹 中森, [論説] 行方不明の概念をどのように位置づけるべきか --近年の行方不明研究の動向とその論点の整理を中心に--, in 社会システム研究, vol. 21, 27 marzo 2018, pp. 191–206, DOI:10.14989/230660. URL consultato il 29 febbraio 2024.