Istituto Autonomo Case Popolari
Istituto Autonomo Case Popolari | |
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Sede nazionale e provinciale, a Roma | |
Sigla | IACP |
Stato | ![]() |
Istituito | 1903 |
da | Luigi Luzzatti |
L'Istituto Autonomo Case Popolari (in sigla IACP) è un tipo di ente italiano, avente lo scopo di promuovere, realizzare e gestire edilizia pubblica finalizzata all'assegnazione di abitazioni ai meno abbienti, segnatamente in locazione a canoni calmierati.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
La creazione nel 1903[modifica | modifica wikitesto]
La legge 31 maggio 1903, n. 254[1] (cd. Legge Luzzatti perché emanata su impulso e per volontà del deputato Luigi Luzzatti[2]) definisce gli organismi autorizzati ad operare nel settore dell’edilizia popolare. Prevede la possibilità di costituire enti a livello comunale e provinciale per promuovere, realizzare e gestire edilizia pubblica finalizzata all'assegnazione di abitazioni ai meno abbienti (i futuri IACP, appunto). La legge si basa sull'esperienza mutuata l'anno prima a Trieste, ove si era sperimentata la formula dell'Istituto Comunale per gli Alloggi Minimi.[3]
L'istituto non aveva un unico ordinamento nazionale, ma si articolava di fatto in più compagini che si formavano localmente a livello comunale o provinciale; la norma, infatti, prevedeva la possibilità di costituire enti di pari caratteristiche, in rango di ente economico. I primi enti iniziarono ad operare sull'area urbana di Roma, il cui allora sindaco, Prospero Colonna, aveva caldeggiato e ispirato la legge sul piano dei valori etici: "interpretazione fedele dei sentimenti delle classi diseredate dalla fortuna".[3]
Già nel 1906 l'ICP aveva completato le sue prime realizzazioni, fra le quali quelle al quartiere Flaminio, nel 1907 iniziarono quelle del rione San Saba[3] il cui completamento si ebbe negli anni venti e che per le soluzioni applicate ha nel corso del tempo acquisito valore urbanistico e progettuale autonomo e peculiare[4]. I progetti dell'allora giovane architetto Quadrio Pirani spiccano nelle citazioni di settore e San Saba nel tempo diviene, secondo Vittorio Sgarbi, "un momento essenziale della visita a Roma"[5].
Un intervento di analoga progressiva rivalutazione in epoche successive è quello che l'ICP attuò al quartiere Garbatella[3], per il quale progettarono Massimo Piacentini e Gustavo Giovannoni e la cui prima pietra fu posata dal re Vittorio Emanuele III il 18 febbraio 1920, ora "compleanno del quartiere"[6].
Sulla scia dell'esempio capitolino, nacquero altri Istituti di analogo oggetto in molte parti d'Italia. Solo per fare qualche esempio, nel 1908 l'IACP della provincia di Napoli[7], nel 1914 l'Istituto autonomo case popolari di Venezia[8] e quello di Treviso[9], nel 1919 quello di Varese[10] e nel 1937 l'Istituto fascista Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Viterbo[11].
In precedenza l'ambito delle case popolari era gestito dai comuni solitamente con la collaborazione di istituti bancari aventi scopo sociale (casse di risparmio ecc.), e affidandosi ai lasciti di terreni da parte dei privati. Oggi a causa di quest'origine sociale di lascito molte case pubbliche non sono privatizzabili (poiché le clausole del lascito lo impediscono in eterno).
La normativa fascista[modifica | modifica wikitesto]
Fra le due guerre il fascismo intervenne sull'urbanistica per far fronte alla crisi degli alloggi e previde facilitazioni per gli enti che si occupavano di realizzarne[12], fra i quali l'ICP o l'Unione Edilizia Nazionale o l'INCIS (Istituto Nazionale Case Impiegati dello Stato), l'IFACEP o altri ancora; queste realizzavano tanto il territorio metropolitano quanto quello coloniale, pertanto vi era fabbricazione di alloggi popolari anche nell'Africa Orientale Italiana,[13] e raccogliendo infine la materia nel testo unico di cui al R.D. 28 aprile 1938, n. 1165 che tuttavia risultò lacunoso in alcuni punti, ad esempio non definì un chiaro e preciso sistema di norme o di poteri relativi alla concessione dei mutui.
Dal secondo dopoguerra ad oggi[modifica | modifica wikitesto]
Nel secondo dopoguerra si ebbero varie riforme, come la legge 2 luglio 1949, n. 408 che stabilì i principi della legislazione in materia, e con la legge quadro 27 ottobre 1971 n. 865 che ebbe come risultato la trasformazione degli istituti in enti pubblici non economici; con l'evoluzione del decentramento amministrativo in Italia il successivo D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 -emanato in attuazione della legge 22 luglio 1975, n. 382 - e la successiva 8 giugno 1990, n. 142 si trasferì alle Regioni italiane la competenza sull'organizzazione degli istituti.
Nelle Regioni italiane[modifica | modifica wikitesto]
Campania[modifica | modifica wikitesto]
L'istituto autonomo per le case popolari della provincia di Napoli venne creato nel 1908 durante il governo Giolitti III per alleviare il disagio abitativo nella provincia di Napoli.
Lombardia[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1996 la Lombardia trasformò con una legge regionale gli IACP del territorio in Aziende lombarde per l'edilizia residenziale (Aler)[14], qualificati come enti pubblici di natura economica, con il compito di gestire il patrimonio edilizio secondo un criterio misto, non esclusivamente di tipo pubblico-assistenziale.
Il Regolamento approvato a marzo 2019 introduce graduatorie uniche per Ente proprietario a livello comunale, ammettendo le Forze dell'Ordine e i Vigili del Fuoco fra i possibili beneficiari degli alloggi[15].
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ LEGGE 31 maggio 1903, n. 254 Sulle case popolari, su gazzettaufficiale.it.
- ^ d'Amuri.
- ^ a b c d Ater Roma, su aterroma.it. URL consultato il 14 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2015).
- ^ Ettore Maria Mazzola (a cura di), "Contro storia" dell'architettura moderna: il caso di Roma, Volume 46 di Saggi e documenti di storia dell'architettura, Alinea Editrice, 2004 - ISBN 8881258765
- ^ Vittorio Sgarbi, L'Italia delle meraviglie, Bompiani, 2012 - ISBN 8858706951
- ^ Cosmo Barbato, Quel 18 febbraio 1920 nasceva il quartiere giardino Archiviato il 14 gennaio 2015 in Internet Archive.
- ^ Storiacity, su storiacity.com. URL consultato il 14 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2015).
- ^ Ater Venezia, su atervenezia.it. URL consultato il 14 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2015).
- ^ Ater Treviso
- ^ Aler Varese Archiviato il 14 gennaio 2015 in Internet Archive.
- ^ Ater Viterbo, su atervt.it. URL consultato il 14 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2015).
- ^ Alberto Clementi, Francesco Perego (a cura di), La Metropoli "spontanea": il caso di Roma - 1925-1981, sviluppo residenziale di una città dentro e fuori dal piano, Volume 18 de Il Politecnico (Bari, Italy), Edizioni Dedalo, 1983 - ISBN 8822008189
- ^ M. Barbot, A. Caracausi, P. Lanaro (a cura di), Lo sguardo della storia economica sull'edilizia urbana, Volume 4 di Città e storia, Editore Croma - Università Roma TRE, 2009 - ISBN 888368107X
- ^ Storia della ex ALER della Provincia di Varese, su alervarese.com. URL consultato il 10 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 31 marzo 2016).
- ^ Lombardia, nuovo regolamento Aler, su affaritaliani.it, 4 marzo 2019. URL consultato il 10 aprile 2019 (archiviato il 5 marzo 2019).
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Maria d'Amuri, La casa per tutti nell'Italia giolittiana: provvedimenti e iniziative per la municipalizzazione dell'edilizia popolare, 2013..