I.V.I. - Industria Vernici Italiane

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I.V.I. - Industria Vernici Italiane
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StatoBandiera dell'Italia Italia
Forma societariaSocietà per azioni
Fondazioneanni '10
Chiusura1994 fusione per incorporazione
Sede principaleMilano
SettoreChimico
ProdottiVernici e prodotti chimici

La I.V.I. acronimo per Industria Vernici Italiane è stata un'azienda italiana chimica specializzata nella produzione di vernici. Il suo logo era costituito dalle lettere maiuscole IVI, incluse in forme geometriche mutate nel corso del tempo. Fino al 1919 ha operato con un diverso nome, e dal 1966 con il nome di "Industrie Vernici Italiane", con cui amministrava una serie di altri stabilimenti. La sua sede principale era a Milano. È oggi un marchio, inutilizzato.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

1908 - 1919: la ditta Ing. Edoardo Piatti di Ing. Emilio Clerici & C.[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine del XIX secolo, nella zona della Bovisa, con la creazione di una serie di nuovi collegamenti ferroviari, vennero impiantate alcune fabbriche, soprattutto dei comparti tessile, metallurgico/metalmeccanico, e chimico; così, dopo la prima azienda (la Candiani, inaugurata nel 1882), e altre, nacque - il 30 giugno del 1908 - la Ditta Ing. Edoardo Piatti[1], di Ing. Emilio Clerici & C - Stabilimento Nazionale di Colori e Vernici, fondata dai due omonimi ingegneri, e pensata per fornire tinture sia per l'industria tessile sia per quella metalmeccanica, utilizzando metodi all'epoca sconosciuti in Italia (il sistema inglese) e prodotti quali la Kruptite[2], un antiruggine a base di manganese, e plusimon, una vernice a smalto in diversi colori[3]. Il marchio, estremamente elaborato secondo i canoni dell'epoca, era costituito da un'etichetta rettangolare in cui erano raffigurati, sullo sfondo, degli stabilimenti allineati dai camini fumanti, gru, navi in riparazione, una caldaia, una lampada ad arco e un gazometro e altri simboli anche astratti, a rappresentare le potenzialità del prodotto[4].

Nel 1911 l'azienda rimase al solo ing. Emilio Clerici, che ne espanse ulteriormente l'attività alla fornitura di smalti e vernici per mezzi pesanti e treni[5], e la amministrò con il nome originario[6].

1919 - 1945: la Industria Vernici Italiane Soc. An. - I.V.I.N.[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre 1919 vennero compiute due operazioni simultanee: il solo marchio fu ceduto alla neocostituita Ditta Clerici ing. Emilio[7] e contemporaneamente la Edoardo Piatti chiuse le attività[7] , cedendo - con un ulteriore passaggio - l'intera privativa industriale (stabilimenti, macchinari, e know how) alla neo costituita "Società Anonima Industria Vernici Italiane" (acronimo "IVIN"[8]) di cui Clerici fu presidente[9].

Gli stabilimenti iniziali in Bovisa vennero lasciati nel 1923, spostandosi - sempre nella medesima area - nella nuova sede di via G. La Masa 20 (all'epoca una via privata, presso la numerazione 19-21), dove, accanto alla ferrovia, svettava al quadrivio della Ghisolfa, presso il cavalcavia della linea delle Ferrovie Nord Milano, la propria torre[10]. La società si occupava essenzialmente della fabbricazione di vernici, smalti e pitture, destinate soprattutto all'industria navale, ferrotranviaria[11], ai mezzi pesanti (per cui venivano sviluppate miscele grasse e sintetiche ad alta resistenza quali la kruptite)[12], e all'allora nascente industria automobilistica, rappresentata essenzialmente da Ansaldo e Fiat, e per la quale erano prodotte, dal 1933, vernici nitrocellulosiche. Presidente nella prima fase di vita dell'azienda era l'ing. Emilio Clerici, vice presidente Alessandro Buzzi, mentre direttore tecnico era Luigi Albonico[9].

Nel 1940 l'azienda era espansa sull'intero territorio nazionale, con rappresentanti nelle maggiori città; distribuiva in eslcusiva il prodotto "Ripolin", la prima marca di vernice commerciale per uso domestico[13].

1945 - 1966: la Industria Vernici Italiane - I.V.I.[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1947 la FIAT entrava come azionista nella società IVI, permettendo la ricostruzione degli stabilimenti - danneggiati dai bombardamenti - e la loro espansione (da 10 000 m² a 70 000 m² di cui 25 000 coperti) e ammodernamento, anche in termini di macchinari; ne assumeva nel 1957 il controllo acquisendo la maggioranza delle azioni. In tale periodo, la IVI si dedicava alla ricerca di smalti a rapida essiccazione, quali lo iviex 4h[14], molto richiesti nel periodo della ricostruzione, dove occorrevano materiali economici e pratici nell'uso. Contemporaneamente, l'azienda mutava la propria denominazione, cancellando l'acronimo IVIN, per sostituirlo con il marchio "I.V.I."[15]. Al fine di promuovere l'utilizzo dei propri prodotti, venivano creati anche dépliant a cura dei primi pubblicitari dell'epoca (ad esempio, lo studio del grafico Antonio Boggeri creò - ingaggiato su commissione - una pubblicità per mostrare l'effetto dello smalto della IVI nella laccatura del legno).[16] Negli anni cinquanta continuò la ricerca di smalti e vernici per usi anche domestici, con la produzione della "iviolite", uno smalto bianco da parete, facilmente lavabile.

Nel 1963, pur lasciando stabilimenti e sede operativa a Milano, la sede legale dell'azienda fu portata temporaneamente a Torino[15] e nel 1966 l’IVI incorporò una serie di altre aziende di cui la Fiat si era interessata, quali la Sessa Cantù S.p.A. Nel 1967 la IVI aveva sviluppato una nuova verine di tipo acrilico, denominata acrivin[17]; l'obiettivo dell'azienda, pur appartenendo al gruppo Fiat, era quello di continuare lo sviluppo e la competitività in settori merceologici diversificati (smalti per l'industria, per l'edilizia, ecc.) in modo da non dover interamente dipendere dal mercato dell'automotive. Il marchio moderno era costituito dalle lettere IVI, maiuscole, raccolte all'interno di una figura quadrata con gli angoli smussati.

1966 - 1983: la Industrie Vernici Italiane - I.V.I.[modifica | modifica wikitesto]

L'acquisizione della INVES[modifica | modifica wikitesto]

Proseguendo la Fiat nel programma di integrazione aziendale e aggregazione finanziaria di settori legati al ciclo produttivo dell'auto, nel 1966, il 6 giugno, l'Assemblea straordinaria degli azionisti della IVI stabiliva la fusione della I.V.I. stessa con la INVES (Industria Nazionale Vernici e Smalti), azienda del settore chimico, con sede legale a Milano, fondata nel 1933 dall'ing. Pettazzi e dall'ing. Fracchia per la produzione di vernici isolanti. L'azienda, già fornitrice dal 1960, assieme a Max Mayer e alla stessa IVI, della Fiat[18], possedeva una sede di 80 000 m² a Quattordio (Alessandria). Divenendo di fatto una holding di più aziende, la Società veniva ridenominata "Industrie Vernici Italiane" s.p.a. Nello stesso anno, veniva progettato uno stabilimento produttivo a Napoli per i mercati del Sud Italia. A questi, si aggiungeva una fabbrica a Buenos Aires per il mercato argentino[19]. Alla fine degli anni sessanta, in occasione dell'autunno caldo, legato a rivendicazioni operaie e alla contemporanea crisi dell'industria italiana, la IVI di Milano divenne bersaglio di una serie di attacchi; il 15 ottobre, venne assalita e danneggiata assieme ad altre fabbriche quali la Beiersdorf, Essex, Industria Chimica Bracco, Italver e altre.

La IVI Sud S.p.A.[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1971 la Fiat, attraverso la I.V.I. - sfruttando l'area per lo sviluppo industriale (ASI) di Caserta - finì di costruire a Caivano di Napoli, sulla SS 87, km 16 + 460, in località Pascarola, il nuovo stabilimento, la cui produzione iniziò nel 1973, con una propria ragione sociale distinta dalla IVI: Industria Vernici ed Affini - IVI Sud S.p.A[20]. Si trattava di una sede pensata per fornire smalti e vernici per lo stabilimento I.N.C.A. (Industria Napoletana Costruzioni Autoveicoli Alfa Romeo Alfasud S.p.A.) di Pomigliano d'Arco, dove si assemblava l'Alfasud, che infatti utilizzò (anche) vernici prodotte dalla IVI Sud[21]. Nel 1980 erano operativi reparti per la produzione degli smalti, produzione che si estese ad altri componenti nel corso del decennio, cessando la creazione di mastici e sigillanti a base di nafta solo nel 1992[22].

Gli anni settanta[modifica | modifica wikitesto]

A quel punto la IVI costituiva una multinazionale con tre sedi in Italia (Quattordio, Milano e Napoli), e una all'estero. Utilizzando le diverse tecnologie e know how delle sedi, la IVI poteva presentava dei cataloghi ampi ed estesi a diversi settori: decorazioni per interni, mobili e macchine per ufficio, unità navali, attrezzature aeronautiche, ferrovie, e vernici per autovetture, che venivano prodotte essenzialmente presso Napoli (per la Alfasud e le successive auto del gruppo assemblate in tal sede) e nello stabilimento madre di Milano Bovisa (per Fiat, Lancia, Autobianchi e - dopo la sua acquisizione da parte di Fiat - anche Alfa Romeo).

Nel 1973 al settore ricerca e sviluppo viene assunto Enrico Bondi, che lascerà l'incarico solo due anni dopo, passando alla Snia[23]. Nel corso del decennio, con il comprato in crisi a causa dei costi dell'energia e della concorrenza di prodotti a costo minore, anche la IVI entrò in crisi, subendo una serie di ristrutturazioni, operate da parte di alcuni manager inviati da Fiat.[24]

Alla fine degli anni settanta, allorché il settore chimico pur era in espansione, l'impresa italiana, avendo frenato sulla ricerca e negli investimenti in sviluppo tecnologico e produttivo, si trovava a scontare un'arretratezza difficilmente recuperabile. In Italia, tre erano - nel 1978 - i principali player nel comparto vernici e smalti: la Max Meyer, l’Industria vernici italiane, la Duco e la Veneziani Zonca, qyeste ultime due facenti capo al gruppo Montedison. Allorché, nel 1980, si costituì una holding (Max Meyer - Duco - Mmd), questa di fatto acquisì l'intero mercato[25], marginalizzando ulteriormente la IVI che, pur partecipata al 70% da Fiat s.p.a. e al 30% da Fidis s.p.a., e quindi con un valore della produzione assicurato dalle commesse del gruppo Fiat era di per sé in crisi[26], aggravando la posizione del blocco delle altre aziende (Fratelli Borletti s.p.a., Weber s.p.a., Magneti Marelli s.p.a., ecc.) che il gruppo Fiat aveva acquisito e internalizzato negli anni.

Così, già dall'inizio degli anni ottanta, la I.V.I. era considerata fra le aziende che - sul territorio nazionale - si trovavano in una situazione di crisi industriale difficilmente superabile.[27]

1983 - 2003: la cessione e la chiusura[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1983 si realizzò un primo accordo fra Fiat e la filiale italiana (PPG Industries Italia S.r.l.) della multinazionale americana PPG; la FIAT cedeva il 65% delle azioni del gruppo IVI alla multinazionale PPG, riconoscendo alla stessa la facoltà di acquistare un ulteriore 20% entro dicembre 1988 e la quota restante entro la fine del 1992[28]. Nel 1986 la IVI Sud venne frattanto reincorporata dalla IVI.

Di fatto, la filiale italiana (PPG Industries Italia S.r.l.) della multinazionale americana PPG terminò - nel 1994 - l'acquisizione della IVI e delle sue fabbriche in Italia, attraverso una fusione per incorporazione. La produzione continuò inizialmente nelle diverse sedi, anche se il marchio I.V.I. venne progressivamente dismesso sui fusti delle vernici e sugli sticker apposti nei veicoli dipini con i colori creati nello stabilimento milanese. Continuò la collaborazione con il gruppo Fiat.

La produzione negli stabililmenti di Quattordio[29] e Caivano[22] proseguì, con una serie di riconversioni, sotto la nuova proprietà. Senza più connessione con la iniziale IVI, trattandosi di aziende rispettivamente nate indipendenti e poi acquisite (la INVES), o create come soggetti esterni, e poi incorporate (la Industria Vernici ed Affini - IVI Sud S.p.A).

La casa madre IVI di Milano - e la produzione di vernici per auto, che era concentrata là - andò incontro a un destino diverso. Negli anni novanta, infatti, l'intera area della Bovisa scontava la vetustà degli insediamenti (risalenti, nel loro nucleo originario, e quindi nella concezione degli spazi e della logistica, a fine Ottocento - inizio Novecento), e l'impossibilità di aggiornare le strutture e le vie di collegamento se non a costi esorbitanti. Per questo motivo, progressivamente, i vari imprenditori iniziarono a chiudere le ditte, spostandole altrove. In tale ottica, la PPG optò, per la ex I.V.I., per uno stop alle produzioni, essendo peraltro già attrezzata a produrre altrove le tinture per autoveicoli.

Lo stabilimento IVI Bovisa cessò quindi definitivamente le proprie attività nei primi anni del duemila; alcuni fusti delle vernici residue, prodotte su commissione di Fiat, furono stoccate altrove e, in parte, impiegate negli anni successivi da parte dell'azienda automobilistica.

Gli ex stabilimenti della I.V.I.[modifica | modifica wikitesto]

L'area industriale, che era stata abbandonata anche a causa delle infiltrazioni - nel terreno[30] - degli scarti, tossici, delle lavorazioni effettuate effettuate per circa un secolo, ha iniziato a essere demolita nel 2003, con abbattimenti progressivi, estesi ai capannoni delle aziende che via via lasciavano la sede. Gli edifici e la torre della IVI, abbandonati nel 2003, sono stati fra gli ultimi a essere interessati dall'attività demolitoria delle ruspe, fra la fine di tale anno ed il 2004, in un progetto di riqualificazione della zona e di rilancio del sistema ferroviario[31] proseguito poi per anni. Oggi, della IVI non resta alcuna traccia.

Il marchio I.V.I. - Industria Vernici Italiane[modifica | modifica wikitesto]

Il marchio, appartenente a soggetti terzi, risulta essere in completo disuso.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso della sua storia la I.V.I., grazie alla sperimentazione, ha creato le cromie per le diverse auto del gruppo Fiat (incluse le Autobianchi degli anni 1980, a cui forniva in esclusiva le vernici), fino a produrre i colori anche per le auto Alfa Romeo (incluso il celebre "Rosso Alfa") successivamente all'acquisizione dell'Alfa Romeo da parte della Fiat Auto S.p.a. Le gamme cromatiche della I.V.I. sono state impiegate anche per alcune serie limitate di auto del gruppo anche dopo la chiusura dello stabilimento, impiegando i fondi di magazzino. Con i fusti del colore nero carbonio wr.hwb 876, creato e prodotto nell'ultimo periodo di esistenza dell'azienda, saranno verniciati ad esempio alcuni telai dell'Alfa Romeo GT assemblati per il mercato estero.

Le vernici come strumento di street art[modifica | modifica wikitesto]

Curiosamente, in un tentativo di valorizzare l'uso delle vernici industriali come forma d'arte, in controtendenza rispetto ai tempi, già all'inizio degli anni 1980 - un inizio decennio in cui, a Milano, nel 1983, Elio Fiorucci faceva dipingere a Keith Haring il suo flagship store in Piazza San Babila[32] - la I.V.I. promuoveva la "street art" al punto di finanziare anche una mostra al riguardo, e il suo catalogo[33].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ AA.VV., Bicocca - Aree ex Marelli-ex Falck - Parco Nord, in Conoscere Milano - I luoghi della trasformazione, vol. 1, n. 1, 2002.
  2. ^ Digitami - Opera [collegamento interrotto], su digitami.it. URL consultato il 31 marzo 2022.
  3. ^ Edoardo Piatti - cartello pubblicitario.
  4. ^ Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia - attestati di trascrizione di marchi e segni distintivi di fabbrica e di commercio rilasciati nella prima quindicina del mese di luglio 1909, 1909, p. 6018.
  5. ^ Rassegna dei lavori pubblici e delle strade ferrate, 1911.
  6. ^ Trasferimenti di privative industriali, in Gazzetta Ufficiale, n. 199, agosto 1923.
  7. ^ a b Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, n. 131, 1926, p. 2351.
  8. ^ Vernici Italiane su Automobili Italiane, in La Carrozzeria - L'eleganza italiana dell'automobile - Organo Ufficiale della Scuola di Carrozzeria - Torino, IV, n. 3.
  9. ^ a b Annuario industriale della Provincia di Milano, 1933.
  10. ^ https://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-t3010-0000098/
  11. ^ Ispettorato generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione, Trasporti pubblici. Volume Settimo, Istituto poligrafico dello stato, 1950.
  12. ^ IVI, Brevetto Kruptite (JPG), 1947.
  13. ^ Guida di Milano e Provincia 1940 1941, C.Correnti 17, Milano, Società Editrice Savallo dei F.lli Fontana, 1940.
  14. ^ http://dati.acs.beniculturali.it/oad/uodMarchi/MR073617
  15. ^ a b http://dati.acs.beniculturali.it/oad/uodMarchi/MR158745
  16. ^ BOGGERI Studio, (Le) Laccature del legno, a cura di I.V.I. Industria Vernici Italiane, Tip. A. Lucini & C., 1948.
  17. ^ http://dati.acs.beniculturali.it/media/bm/wtmk/ACS_016/P003118_164501-164600/WEB/164501-164600_0034.jpg
  18. ^ https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=55791
  19. ^ Industrie Vernici Italiane, Industrie Vernici Italiane, 1966.
  20. ^ Sheila Lewenhak, The Role of the European Investment Bank (RLE Banking and Finance), Routledge, 2012.
  21. ^ Raffaele Cercola, L'intervento esterno nello sviluppo industriale del Mezzogiorno: analisi della situazione attuale e delle tendenze recenti, Guida Editori, 1984.
  22. ^ a b Giunta Regionale della Campania - Area Generale di Coordinamento Ecologia - Settore Provinciale Ecologia di Napoli, RAPPORTO TECNICO DELL’IMPIANTO.
  23. ^ https://www.ilsussidiario.net/news/cronaca/chi-e/2012/5/1/enrico-bondi-chi-e-il-commissario-straordinario-per-la-spending-review-scheda/273685/
  24. ^ https://www.ilgiornale.it/news/fiat-loperaio-diventato-primo-marchionne.html
  25. ^ https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-varasi_%28Dizionario-Biografico%29/
  26. ^ FIAT, 1980 - 75^ Esercizio - Assemblea Ordinaria e Straordinaria degli Azionisti, 30 Giugno 1981.
  27. ^ RIVA, NEBBIA, ONORATO, FIORI, ONGARO BASAGLIA, ALBERTI. e Senato della Repubblica, Interpellanza 2-00199 - Per conoscere quali variazioni siano intervenute nella mappa delle industrie a rischio esistenti in Italia rispetto ai dati contenuti nei documenti dell'ISPESL della primavera del 1986, 181 Seduta, 9 novembre 1988.
  28. ^ SIUSA - IVI, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 31 marzo 2022.
  29. ^ (EN) Dove si creano vernici per auto di lusso: dentro la Ppg di Quattordio, su lastampa.it, 12 novembre 2021. URL consultato il 31 marzo 2022.
  30. ^ TRIBUNALE DI MILANO, Atto di citazione per danni ambientali.
  31. ^ https://www.skyscrapercity.com/threads/milano-storia-dei-trasporti-pubblici.1553988/page-86#post-101372859
  32. ^ Giulio Dalvit, Milano – New York et retour: un murales dimenticato di Keith Haring in via Laghetto?.
  33. ^ F. Alinovi, Arte di frontiera. New York Graffiti, catalogo della mostra (Milano, Sagrato del Duomo, giugno-agosto 1984), 1984.