Farmaco

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Disambiguazione – Se stai cercando l'isola greca del Dodecaneso ed ex possedimento italiano, vedi Farmaco (isola).
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Un farmaco in compresse

In farmacologia, un farmaco è un prodotto, realizzato con molecole, imprescindibilmente conformi alle EUGMP[non chiaro], classificate quali API (active pharmaceutical ingredient), esogene, organiche o inorganiche, naturali o sintetiche, capaci di indurre modificazioni funzionali in un organismo vivente, positivamente o negativamente, attraverso un'azione fisica, chimica o fisico-chimica.[1][2] La parola farmaco deriva dal greco pharmakon, che vuol dire "rimedio, medicina", ma anche "veleno". È un termine dal significato più ampio di medicamento, che indica i prodotti usati a scopo terapeutico per curare le varie patologie mediche[3]. Il Farmacista e il Farmacologo (lo specialista in Farmacologia) sono le figure professionali competenti per l'impiego degli API (active pharmaceutical ingredient) conformi alle EUGMP nella realizzazione dei farmaci.

Cenni storici

(LA)

«Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit.[4]»

(IT)

«Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.»

La storia del farmaco è lunga quanto la civiltà. Nel passato la preparazione di un farmaco era soggetta a precisi rituali che ne consentivano la trasmissione nel tempo. Ad esempio la teriaca di Andromaco, una panacea composta da duecento elementi, è giunta alle soglie della nostra epoca, infatti si trovano ordinanze sindacali che ne regolano la vendita nelle principali città fino al 1916. La storia recente del farmaco in Italia è legata alla nascita delle prime industrie farmaceutiche, dovute all'iniziativa di farmacisti, come Francesco Angelini, Archimede Menarini, Carlo Erba, Franco Dompè, Giacomo Chiesi e Giovanni Battista Schiapparelli, che realizzarono i primi stabilimenti dopo aver avuto successo con le loro specialità preparate in laboratorio. Fra le due guerre si impone la chemioterapia, negli anni trenta il sulfamidico, nel decennio successivo l'antibiotico.

Descrizione

Un farmaco può essere utilizzato o somministrato allo scopo di ripristinare, correggere, modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, oppure per stabilire una diagnosi medica. Un farmaco può anche essere utilizzato per sospendere o far cessare funzioni fisiologiche.

Affinché possa essere commercializzato (Italia compresa), un farmaco deve possedere tre caratteristiche: qualità, sicurezza ed efficacia. A queste si possono aggiungere limitazioni imposte da diversi stati in cui viene commercializzato o non commercializzato un farmaco. Ogni farmaco terapeutico tipicamente presenta uno o più principi attivi, una destinazione d'uso, una modalità d'uso, una posologia, controindicazioni ed effetti collaterali, tipicamente descritti all'interno del cosiddetto foglietto illustrativo. In generale vale il principio di sommo buon senso secondo il quale ogni farmaco è prescritto dal medico curante al paziente in virtù dei suoi effetti curativi che superino gli effetti collaterali (benefici maggiori degli svantaggi) con modalità e tempi di assunzione che possono variare da soggetto a soggetto in virtù della sua personale risposta al farmaco, dunque in stretta collaborazione tra medico e paziente.

Poiché l'assunzione di farmaci senza la necessaria competenza può portare svariati effetti collaterali fino al decesso, è istituito uno speciale regime di vendita che varia da nazione a nazione. I farmaci possono essere suddivisi in tre categorie: OTC (over the counter, i cosiddetti farmaci da banco), SOP (senza obbligo di prescrizione, prevalentemente ad appannaggio del farmacista) e farmaci dispensabili solo dietro presentazione di ricetta medica. Questi ultimi, che per alcune caratteristiche o per la modalità d'impiego potrebbero comportare dei seri rischi se usati in modo inappropriato, possono essere dispensati solo da un farmacista abilitato in farmacia e presentando la relativa prescrizione scritta redatta esclusivamente da un medico abilitato. Certe particolari classi di farmaci, come gli stupefacenti e i loro derivati, sono soggette a restrizioni ancora maggiori (ricetta ministeriale a ricalco, RMR), mentre alcune classi di farmaci possono essere prescritte solo da determinati medici specialisti (ricetta limitativa).

In generale, i farmaci vanno conservati al buio in luogo fresco e asciutto, fuori dalla portata dei bambini. Si conservano di solito per un periodo di tempo che va da 2 a 5 anni. Lo smaltimento dei farmaci deve essere effettuato in contenitori presenti nelle farmacie, perché le sostanze presenti in essi, se trattate negli impianti di smaltimento tradizionali insieme con gli altri rifiuti, possono dare origine a tossicità. Sperimentazione, commercializzazione e modalità di impiego dei farmaci sono soggetti alla autorizzazione della Agenzia italiana del farmaco, Food and Drug Administration negli USA, Medicine and Healthcare products Regulatory Agency nel Regno Unito.

Aspetto e composizione

Il componente principale di un medicinale è il suo principio attivo, cioè la sostanza che è la principale responsabile del suo effetto terapeutico.Al/i principio/i attivo/i vengono aggiunte una serie di eccipienti, ottenendo una determinata formulazione che ne permette la somministrazione ai pazienti nel modo più sicuro e idoneo (per esempio compresse, pastiglie, sciroppo, granulati, supposte, pomate, liquido per iniezioni ecc.): alcuni principi attivi sono presenti sul mercato in decine di formulazioni diverse, adatte a pazienti di ogni età e in ogni condizione.

Numerosi medicinali o forme farmaceutiche, contengono anche eccipienti particolari in grado di modificare alcune caratteristiche del principio attivo, come il tempo d'azione (effetto retard o prolungato), il sito d'azione o la solubilità apparente e quindi l'efficacia, la conservatività, ecc.[5]

Forme farmaceutiche

Lo stesso argomento in dettaglio: Somministrazione (farmacologia).

Preparati galenici

Oltre ai medicinali industriali preconfezionati, esistono anche preparazioni farmaceutiche che sono allestibili dal farmacista nel laboratorio della farmacia aperta al pubblico od ospedaliera, i cosiddetti preparati galenici( da non confondersi con gli integratori alimentari galenici, i prodotti erboristici galenici, con i prodotti cosmetici galenici, i quali nulla hanno a che fare con il settore dei farmaci sebbene anch'essi realizzabili in farmacia o nelle imprese di settore, alimentare, erboristico, cosmetico, ecc con molecole non API e non EUGMP ). Essi si dividono in due categorie:

  • Galenici officinali: sono quei medicinali allestibili sia dalle officine farmaceutiche (previo ottenimento della relativa AIC) come multipli industriali preconfezionati e dal farmacista in farmacia (nel rispetto delle NBP, EUGMP) come multipli da detenere in attesa della vendita o anche come preparazione singola se specificatamente richiesta.

Possono o meno, richiedere ricetta medica per la dispensazione al pubblico.

  • Galenici magistrali: sono preparazioni estemporanee che possono essere preparate dal farmacista in farmacia (ospedaliera o aperta al pubblico), solo dietro presentazione di ricette personalizzate redatte dal medico. Il farmacista è responsabile della corretta preparazione. Anche in questo bisogna distinguere i prodotti classificati quali farmaci (medicinali) realizzati con molecole API ( active pharmaceutical infredients ), nonché secondo le EUGMP, dai galenici alimentari, galenici erboristici, galenici cosmetici, etc che nulla hanno a che vedere con il settore dei farmaci (medicinali) essendo di libera vendita ed inoltre realizzati anche al di fuori della farmacia da industrie del settore alimentare, cosmetico, erboristico, etc.

Farmaci generici o equivalenti

Si tratta di farmaci il cui brevetto è scaduto e che pertanto sono producibili anche da case farmaceutiche diverse da quella che ha depositato il brevetto, tenendone l'esclusiva di produzione per un periodo che dovrebbe servire a ripagare i costi di ricerca e sviluppo sostenuti.

Tale prodotto per via della concorrenza, dei costi di ricerca non sostenuti dai nuovi produttori e di pubblicità che possono non essere necessari se il prodotto gode di un ampio mercato, consentono una riduzione del prezzo al cliente finale che si assesta fino a una media del 30%. Vige il vincolo di legge che il generico di un medicinale di marca oltre ad avere lo stesso principio attivo deve essere bioequivalente: ovvero possedere le stesse capacità curative, deve liberare le stesse quantità di farmaco nel tempo e deve raggiungere le stesse concentrazioni ematiche rispetto al farmaco di marca con uno scarto che non può essere superiore al ± 20%. Meno nette sono le specifiche sulla percentuale e la tipologia di eccipienti usati.

Negli Stati Uniti (ed in molte nazioni europee), esiste una precisa regolamentazione sulla denominazione dei farmaci generici (nome del principio attivo - nome dell'azienda che lo commercializza; es.: 'Nimesulide - Merck Generics Italia') che ne consente un immediato riconoscimento, dal momento che i farmaci 'originali' utilizzano invece nomi di fantasia, come 'Aulin' - Marchio Registrato di Roche. In Italia, invece, l'appartenenza o meno di un farmaco alla categoria dei farmaci generici è più difficile da cogliere, dal momento che la procedura di registrazione non comporta necessariamente il cambiamento del nome.

In base al decreto Storace del giugno 2005, ogni farmacia deve esporre l'elenco dei generici corrispondenti ai farmaci di fascia A e C e informare il cliente se esiste un generico a prezzo minore. Inoltre il decreto ha introdotto uno sconto praticabile in farmacia massimo del 20% sui farmaci OTC (farmaco da banco), precisando che lo sconto sia uguale per tutti i prodotti e per tutti i clienti, lasciando al farmacista la scelta della percentuale di sconto da applicare.

Anche per i farmaci di fascia C, completamente a carico del cittadino, come già accadeva prima del decreto per quelli di fascia A, il farmacista può sostituire il farmaco con un generico equivalente se il medico non ha scritto sulla ricetta "farmaco non sostituibile".

L'espressione «farmaco equivalente» per definire questi medicinali è stata introdotta con la legge n. 149 del 26 luglio 2005 («Conversione in legge con modificazioni del decreto legge n. 87/05 recante disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal SSN»). La legge, all'articolo 1, dispone che le aziende farmaceutiche appongano la nuova dicitura, considerata più precisa, nelle confezioni dei medicinali in commercio: il termine «generico» è dunque destinato in breve tempo ad essere sostituito. Infatti, l'uso del termine «generico» si è rivelata infelice poiché suggerisce l'idea di un farmaco non specifico, ad azione "generica", cosa che non corrisponde alla realtà; si è pensato quindi di coniare «equivalente», un'espressione più appropriata perché rimanda all'idea di un farmaco esattamente equivalente dal punto di vista qualitativo e quantitativo all'analogo farmaco brevettato.

I farmaci generici di importazione (ad esempio da India e Cina) sono sottoposti ai controlli sanitari previsti dalle normative dei Paesi di origine, non agli stessi controlli dei farmaci italiani.[senza fonte]

Farmaci personalizzati

Nel terzo millennio le cure personalizzate, quindi rivolte a un numero ristretto di persone o al singolo individuo sono aumentate. In alcuni casi, come nel 2005 con il farmaco DiBill studiato per gli afroamericani, si è sollevata l'accusa di razzismo. A seguire i foglietti illustrativi di alcuni farmaci sono stati modificati in base alle osservazioni cliniche della farmacovigilanza. Un esempio è l'episodio accaduto nel 12 dicembre 2007 dove l'FDA ha modificato il foglietto illustrativo della carbamazepina, un antiepilettico, segnalando un maggiore rischio di ipersensibilità cutanea al farmaco nella popolazione cinese e indiana.

Fasce farmacologiche

In Italia si hanno le seguenti fasce farmacologiche:

Farmaci da banco

Farmaco e tutela della proprietà intellettuale

La produzione di un farmaco può richiedere anni di ricerche molto costose, che non necessariamente portano ad un risultato commerciale. Possono tradursi in sostanze inefficaci contro una malattia, o in un farmaco che ha eccessivi effetti collaterali, e del quale le autorità sanitarie non autorizzano l'immissione in commercio.

La ricerca e innovazione è associabile a un notevole esborso finanziario e a dei rischi, per i quali chi investe richiede un'adeguata remunerazione.

Il cosiddetto leader di mercato sostiene tali costi, che invece sono evitati da quanti imitano prodotti già presenti in commercio (follower).

Leggi nazionali per il copyright tutelano la proprietà intellettuale del farmaco con brevetti che creano un monopolio legale, per una durata di tempo ritenuta sufficiente a ripagare i costi di ricerca e sviluppo del farmaco. Il tempo di pay-back di un investimento, maggiorato di un adeguato mark-up, che tiene conto dei rischi finanziari, è un indicatore economico calcolabile con una formula precisa. Una durata superiore dei brevetti avviene in deroga ai principi della libera concorrenza e del libero mercato.

In Italia la durata di tali brevetti è di 25 anni, dopodiché possono essere prodotti farmaci equivalenti. Il produttore può ottenere però un nuovo brevetto se ripresenta lo stesso principio attivo modificato, potendo prolungare la vita utile del farmaco teoricamente a oltranza. La normativa italiana non precisa dei requisiti minimi di innovazione per i quali un principio attivo possa essere di nuovo brevettabile, né che il richiedente debba documentare di aver sostenuto nuove ingenti spese di ricerca da recuperare con un nuovo periodo di tutela della proprietà intellettuale. Il rinnovo di un brevetto è una decisione contestabile davanti alla magistratura ordinaria.

I produttori intraprendono attività di lobbying per diffondere la tutela della proprietà intellettuale, o aumentare la durata dei brevetti.

Nel caso del farmaco, i prezzi più elevati nei primi periodi, e una concorrenza inesistente si scontrano con la necessità di garantire un servizio sanitario di pubblica utilità, e il diritto alla salute dei cittadini. Il problema si pone in particolare per i farmaci salvavita, a carico dei cittadini, o delle limitate risorse che i bilanci pubblici talora riescono a destinare a un servizio primario come la salute.

Nei Paesi più poveri, la presenza di malattie epidemiche e il costo di alcuni farmaci salvavita ancora sotto brevetto risultano proibitivi per il reddito medio delle famiglie e per le finanze statali.

India e Brasile si sono dotate di leggi nazionali in materia che subordinano il diritto della proprietà intellettuale a quello della salute, e autorizzano la produzione nel territorio di farmaci, anche se ancora coperti da brevetti internazionali, per un consumo interno, e per l'esportazione verso Paesi con analoghi problemi sanitari che non ancora non abbiano leggi e strutture produttive proprie.

Nelle normative occidentali, la concessione del brevetto, in particolare per i salvavita, non è subordinata alla determinazione del prezzo secondo un criterio orientato ai costi. L'introduzione di un monopolio legale può quindi garantire alle case farmaceutiche non solo un equo ripagamento dei costi di ricerca e sviluppo con un adeguato margine di guadagno, ma profitti largamente al di sopra di quelli possibili in un mercato concorrenziale.

Lo stesso argomento in dettaglio: Licenza obbligatoria.

Caratteristiche

Principio attivo ed eccipienti

Ciascun farmaco possiede uno o più principi attivi a cui si attribuisce in massima parte la sua efficacia terapeutica e i cosiddetti eccipente.

Indicazione terapeutica

Con indicazione terapeutica si indica tipicamente la destinazione d'uso del farmaco che può riguardare una o più patologie.

Posologia

Con posologia si intende invece le dosi da assumere spesso suddivise per fasce d'età.

Controindicazioni ed effetti collaterali

Un ulteriore aspetto è quello legato alle controindicazioni, ovvero tutti i casi in cui non è consigliabile assumere il farmaco, e agli effetti indesiderati o collaterali possibili in seguito all'assunzione.

Interazione tra farmaci

Un campo di studio dell'attività terapeutica dei farmaci è lo studio degli effetti dell'interazione tra più farmaci assunti con effetti possibili di neutralizzazione, potenziamento o altri effetti indesiderati.

Foglietto illustrativo

Tutte queste informazioni sono tipicamente inserite nel cosiddetto foglietto illustrativo allegato al farmaco.

Farmacocinetica: azioni dell'organismo sul farmaco

Lo stesso argomento in dettaglio: Farmacocinetica.

Assorbimento

Una volta introdotto il farmaco nell'organismo è necessario che esso vi si diffonda attraverso i vasi sanguigni in modo che l'azione curativa possa verificarsi. Questo procedimento ha il nome di assorbimento.

Quando per effetto dell'assorbimento un farmaco entra in circolo, quasi mai si distribuisce in modo uniforme nelle varie parti dell'organismo. Infatti, spesso, entrano in azione fattori di solubilità, di caratteristiche chimiche, di affinità tra il farmaco e la composizione dei singoli tessuti, per cui l'iniziativa terapeutica esercitata dal farmaco stesso si espleta completamente o parzialmente in un determinato organo. Questa tendenza, da parte delle sostanze, di fissarsi in modo elettivo in un determinato organo viene espressa in medicina con il termine organotropismo. Ad esempio, si parla di farmaci neurotropi, quando la loro azione avviene elettivamente sul tessuto nervoso, o di farmaci dermotropi quando agiscono in modo elettivo sulla pelle.

Distribuzione

La distribuzione dei farmaci nell'organismo viene causata in maggior misura da alcuni fattori, come ad esempio alcune condizioni patologiche che creano una barriera inattaccabile dal farmaco là dove, in condizioni normali, vi sarebbe una facile solubilità, o da determinate strutture che proteggono il sistema nervoso dall'effetto di sostanze dannose (in quanto esso è estremamente sensibile) e che cessano di svolgere questa loro rilevante funzione non appena alterate.

Metabolismo

Il farmaco prima di essere eliminato dall'organismo, dev'essere metabolizzato per permettere una migliore eliminazione. Questo processo è suddiviso in due fasi. Le fasi non sono necessariamente consecutive, e possono avvenire anche singolarmente, ovvero una molecola farmacologica può subire solo un metabolismo di fase I o solo un metaboliamo di fase II.

  • Fase I: il farmaco segue reazioni di ossido-riduzione e di idrolisi, da questi si formeranno dei metaboliti più idrosolubili.
  • Fase II: i metaboliti attivi vengono coniugati con i solfati e i glucoronati, rendendo la sostanza finale ancora più idrosolubile per poterne migliorare l'eliminazione dall'organismo.

queste reazioni sono catalizzate da diversi enzimi, tra questi il più importante è il citocromo P450 che facilita le reazioni di ossidazione. Le fasi del metabolismo servono sostanzialmente a rendere la molecola più facilmente eliminabile, ma non per questo meno attiva. Sebbene nella maggior parte dei casi un metabolismo ossidativo comporta la perdita di attività farmacologica, spesso accade che tali metabolismi siano essenziali per l'attivazione del principio farmacologico, come nel caso delle prodrug.

Escrezione

Quando i farmaci arrivano negli organi ai quali sono destinati, subiscono delle modificazioni (distruzione metabolica) per poi passare nel circolo sanguigno ed essere eliminati più o meno rapidamente. Questo processo fisiologico di eliminazione è detto escrezione. Queste alterazioni metaboliche, nella maggior parte dei casi, sono delle vere e proprie reazioni chimiche o fisico-chimiche che formano nuovi composti, per scissione o per sintesi, i quali, o intervengono in altre azioni terapeutiche, o si modificano ulteriormente in modo tale da essere più facilmente eliminati.

Le più comuni vie di eliminazione sono l'apparato respiratorio, l'apparato digerente, l'apparato urinario e la cute. Ogni farmaco generalmente predilige una o più vie di eliminazione, le quali sono in relazione alla via di somministrazione e alle sue caratteristiche chimico-fisiche. L'organo o l'apparato attraverso cui avviene l'eliminazione del farmaco può rappresentare l'ultima sede dove avviene l'azione farmacologica.

Farmacodinamica: azioni del farmaco sull'organismo

Nascita di un nuovo farmaco

Lo stesso argomento in dettaglio: Criticità dell'innovazione farmaceutica.

Ogni nuovo farmaco nasce dall'individuazione, da parte dei chimici farmaceutici e dei ricercatori, di un'ipotesi di bersaglio farmacologico, ossia un meccanismo o un processo biologico su cui intervenire per modificare il decorso di una malattia. A partire da questa ipotesi, si scelgono i cosiddetti composti guida (lead compounds in inglese), che sono i precursori del futuro principio attivo, costituiti da piccoli gruppi funzionali detti farmacofori: cioè una serie di sostanze chimiche presumibilmente in grado di influenzare tale meccanismo e di ottenere un effetto terapeutico.

In passato molte aziende, soprattutto con grandi capacità sintetiche, facevano screening a tappeto su numerose sostanze, testandone le potenziali attività biologiche; ma con tale metodo solo con un colpo di fortuna potevano essere individuate molecole aventi attività farmacologiche. Quest'approccio è utilizzato ancora, avvalendosi della sintesi combinatoriale e delle analisi High Throughput, che sono in grado di garantire la sintesi di numerosissime nuove molecole in poco tempo, e di testarle quali potenziali nuovi farmaci in tempi molto rapidi e attraverso procedure altamente automatizzate.

Alcuni farmaci sono stati ottenuti partendo dalla valutazione di effetti collaterali di altri farmaci già disponibili. È questo il caso, per esempio, di alcuni ipoglicemizzanti orali appartenenti alla classe delle sulfaniluree, che sono stati sviluppati a partire da sulfamidici che presentavano come effetto collaterale l'abbassamento della glicemia. Le sulfaniluree sono state preparate così per derivatizzazioni e modificazioni mirate sulla struttura dei sulfamidici.

Molti farmaci sono stati scoperti dallo studio dell'attività farmacologica posseduta da estratti di piante di cui erano noti effetti tossici od esisteva un uso terapeutico tradizionale. Ancora oggi lo studio della composizione chimica di nuove piante è di estremo interesse in campo farmaceutico (e non solo), al fine di individuare nuovi costituenti dotati di interessanti attività biologiche.

Un approccio sperimentale molto usato in chimica farmaceutica è lo studio della relazione struttura-attività (SAR). In pratica si operano modifiche strutturali su molecole dotate di attività farmacologica, al fine di individuare le porzioni della molecola che interagiscono direttamente con i recettori, tenendo sempre presente la regola di Lipinski: un algoritmo contenente semplici regole che consentono l'efficacia del farmaco.

Oggi, con l'avanzamento delle tecnologie informatiche e il progredire delle conoscenze di farmacologia molecolare, è nato un nuovo approccio alla progettazione di nuovi farmaci, che si basa su simulazioni di interazione farmaco-recettore. Tale metodo di indagine è noto come molecular modelling, e prevede comunque la conoscenza molecolare del bersaglio del farmaco che si vuole progettare. Ovviamente i farmaci così progettati dovranno essere sintetizzati, ed in seguito testati in vitro.

Attualmente gli oligonucleotidi, una nuova classe chimica di farmaci, stanno prendendo campo e in un prossimo futuro potrebbero occupare un ruolo importante nel mercato. Essi agiscono inibendo la sintesi di proteine in modo specifico. Gli oligonucleotidi sono costituiti da DNA monocatenario al massimo da 20 o 30 basi, e sono in grado di riconoscere una sequenza di un gene specifico o una sequenza di mRNA ed inibirla. In tal modo la proteina corrispondente non potrà essere sintetizzata. Bloccando proteine coinvolte in patologie, gli oligonucleotidi potranno probabilmente essere utilizzati in futuro come farmaci. Gli oligonucleotidi sono semplici da progettare, in quanto basta conoscere la sequenza che si vuole inibire. L'ostacolo maggiore nell'utilizzo di queste molecole sta nella difficoltà di somministrazione, e nell'inefficienza con cui raggiungono i siti bersaglio. Attualmente sono in via di studio numerosi oligonucleotidi potenzialmente utili per la gestione di malattie degenerative, deficit cardiovascolari, tumori ed infezioni virali.

La sperimentazione pre-clinica

Poiché all'origine della ricerca vi sono solo delle ipotesi teoriche e delle aspettative di efficacia, il preparato, prima di essere sperimentato sull'uomo viene testato su un cosiddetto modello sperimentale della malattia, vale a dire un sistema che esibisce lo stesso bersaglio farmacologico per cui si studia il farmaco. L'efficacia potenziale del farmaco viene testata inizialmente tramite modelli teorici (in-silico), successivamente su colture cellulari (in-vitro). Appurata l'efficacia potenziale sulle colture cellulari si passa alla sperimentazione animale (in-vivo)[6]. Nel caso di farmaci per il derma, tessuti artificiali che riproducono le caratteristiche dell'epidermide umana (episkin).

Nella fase in-silico e in-vitro si sperimentano tipicamente moltissimi composti simili tra loro, per misurare la loro attività e il loro grado di efficacia. Da questa prima serie di test si scelgono i composti da modificare e provare poi su cavie e animali da laboratorio. Durante questa fase si iniziano a valutare i rischi e la potenziale tossicità per l'uomo, e vengono a volte introdotte delle modifiche alla composizione chimica del composto-guida, in vista della formulazione prevalente che si prevede verrà usata negli studi clinici sull'uomo.

La fase preclinica, coinvolge non solo gli studi di farmacodinamica ma anche di farmacocinetica.

La sperimentazione clinica

Lo stesso argomento in dettaglio: Studio clinico.

Accertato che il composto in esame ha l'efficacia desiderata sul bersaglio farmacologico, e un accettabile grado di sicurezza per l'utilizzo, bisogna verificarne la reale tollerabilità ed efficacia sull'uomo. Per questo sono previste tre fasi distinte e successive: fase I farmacologia clinica, fase II studio di efficacia e fase III studio multicentrico.

FASE I - Farmacologia clinica

Lo scopo di questa fase della sperimentazione è quello di fornire elementi preliminari per una valutazione della sicurezza del principio attivo e per accertarne la tolleranza dell'organismo. Per questo è necessario richiedere l'autorizzazione alla sperimentazione dal Ministero della Sanità, e se il principio attivo non è mai stato sperimentato prima sull'uomo, anche il parere dell'Istituto Superiore di Sanità. Si seleziona un limitato numero di volontari sani (60 - 80), di sesso preferibilmente maschile (per evitare interferenze con il ciclo ormonale femminile) che sotto rigoroso controllo medico assumono dosi crescenti di farmaco, al di sotto della dose tossica rilevata dagli studi preclinici in vivo. In questa fase si studia la sicurezza e la tollerabilità del farmaco, insieme alla valutazione di parametri farmacocinetici. Inoltre, viene valutata in prima istanza la presenza di eventuali effetti collaterali.

In questo stadio si apportano gli ultimi ritocchi alla molecola del principio attivo, sia in termini di composizione chimica che di processo di produzione: se dopo questa fase vengono apportate modifiche alla molecola e/o al processo produttivo, il prodotto viene sottoposto di nuovo a tutte le sperimentazioni precliniche e cliniche.

Il motivo di questa disposizione è che variazioni anche minime al processo produttivo possono influenzare in modo imprevedibile il prodotto finale: è tristemente noto il caso del triptofano, un aminoacido essenziale: nel 1989 in seguito ad un nuovo metodo di purificazione della molecola adottato dal produttore, si verificarono alcune morti in seguito all'assunzione del farmaco: si scoprì che durante il nuovo processo, due molecole di triptofano potevano unirsi dando origine ad un composto velenoso, che era presente nel farmaco finale in concentrazione dello 0,1%.

Nel caso di farmaci volti alla cura di patologie gravi (ad esempio neoplasie o AIDS), le sperimentazioni di fase I non sono richieste dalle autorità competenti; dalla fase preclinica si passa direttamente alla fase II.[6]

FASE II - Studio di efficacia

Terminata l'analisi farmacocinetica e sulla sicurezza e tollerabilità, si passa a determinare l'efficacia terapeutica del nuovo farmaco. In alcuni centri ospedalieri selezionati e dotati di comitati etici di controllo, che devono autorizzare sia il protocollo generale di sperimentazione che ogni singolo passo della sperimentazione stessa, vengono realizzati gli studi clinici. Gli studi clinici di fase II comportano la valutazione dell'efficacia del farmaco, analizzando i cosiddetti "end-point" ovvero parametri clinici (ad esempio abbassamento della pressione arteriosa nel caso di anti-ipertensivi) precedentemente identificati nel protocollo sperimentale. Inoltre gli studi di fase II comprendono un ulteriore affinamento dell'analisi sulla tossicità e sugli effetti collaterali. La valutazione dell'efficacia del farmaco viene fatta seguendo diversi protocolli, il più utilizzato e il più affidabile è il protocollo in doppio cieco, dove i pazienti vengono divisi in due gruppi di trattamento, placebo o farmaco, e in cui gli operatori sanitari non sono a conoscenza della natura del trattamento. Ad oggi, molti protocolli non prevedono un placebo ma un "golden-standard" ovvero un farmaco già registrato ed efficace per la determinata patologia in esame. Ogni paziente che partecipa alla sperimentazione deve essere informato puntualmente degli effetti del nuovo farmaco e dei potenziali rischi previsti, e firmare una dichiarazione di consenso informato.

FASE III - Studio multicentrico

Terminato lo studio dell'efficacia clinica del nuovo farmaco, si continua la sperimentazione allargando il numero di centri, cioè di ospedali e cliniche coinvolte, con l'obiettivo di confermare l'efficacia, affinare i dosaggi e la formulazione scelta, valutare il valore terapeutico, meglio definire il rapporto sicurezza efficacia, e superare il problema della variabilità individuale, cioè il problema delle possibili diverse reazioni su pazienti diversi. Terminata questa fase di sperimentazione si fa domanda di registrazione presso l'Agenzia Europea del Farmaco EMA, per ottenere l'autorizzazione alla commercializzazione della nuova specialità farmaceutica (il medicinale vero e proprio).

Durante le prime fasi della sperimentazione clinica (fase III compresa), il farmaco non è ancora in vendita ma può essere usato soltanto negli ospedali e soltanto sui pazienti che partecipano allo studio.

Lo stesso argomento in dettaglio: Cura compassionevole.

FASE IV - Studi condotti dopo la commercializzazione del farmaco

Anche dopo la commercializzazione il nuovo farmaco viene tenuto sotto controllo per rilevare effetti collaterali e/o problemi eventualmente sfuggiti ai test clinici precedenti, perché si manifestano molto raramente o a lungo/lunghissimo termine, o solo in condizioni particolari. Gli studi eseguiti dopo che un farmaco è stato messo in uso riguardano milioni di pazienti, e consentono valutazioni statistiche più accurate, con un campione di scala grande a sufficienza per mettere in risalto effetti che riguardano il 2% della popolazione, come un aumento della mortalità pari al 2%, una percentuale non rilevabile negli studi preliminari su piccoli gruppi di pazienti.

I medesimi obiettivi sono perseguiti dall'attività di farmacovigilanza; introdotta nel 1970 in Francia da un gruppo di tossicologi, ed accettata a livello mondiale negli anni ottanta.

Nel settembre del 2002, (con Circolare n.6, 2 settembre 2002) il Ministero della Salute ha regolamentato gli studi condotti dopo la commercializzazione del farmaco, definendo nuove entità denominate Studi Osservazionali. Si tratta di studi nei quali i farmaci vengono utilizzati secondo consuetudine ed acquistati dai Centri che partecipano alla sperimentazione. In tali studi vengono registrati alcuni parametri di particolare interesse per valutare meglio la tollerabilità, e in alcuni casi l'efficacia, del farmaco su grandi numeri di pazienti.

Pubblicazione degli studi

Gli studi clinici sono pubblicati e accessibili sul sito ufficiale Clinical trial.gov americano[7] e su quello italiano dell'AIFA[8]. I risultati, qualora positivi, sono disponibili nella loro interezza, fino a dopo 10 dalla registrazione del farmaco, affinché il farmaco possa essere prodotto come generico[9].

La pubblicazione dei risultati clinici può avvenire anche su di articoli scientifici dedicati. La comunicazione scientifica prevede la revisione dei contenuti da parte di un gruppo di esperti indipendenti, che non hanno relazioni di parentela o economiche con gli autori dello studio e i loro finanziatori.

In alcuni casi, quali la Food and Drug Administration, l'authority pubblica nel proprio sito istituzionale gli esiti delle fasi di sperimentazione clinica che portano all'approvazione/bocciatura di un farmaco.

La pubblicazione include i criteri di scelta del campione statistico, notizie sui potenziali conflitti di interesse dei ricercatori e dei revisori, la documentazione clinica dei singoli casi esaminati, oltre ai dati aggregati che concludono lo studio.

Per una maggiore trasparenza, gli autori degli studi rendono disponibile la documentazione in database pubblici, che aggiornano mentre progrediscono le ricerche, non solamente alla loro conclusione.

Esistono iniziative per applicare un approccio open-source alla ricerca farmacologica. Si tratta di database consultabili e aggiornabili gratuitamente, che prevedono delle credenziali per chi inserisce i contenuti, e degli standard per la documentazione da fornire, contributi volontari per l'inserimento e la revisione, quali l'Open Archives Initiative.

Farmacopea

La Farmacopea è il testo che funge da regolamento tecnico in campo farmaceutico. Essa è fonte secondaria del diritto, in quanto emanata dal Ministero della Sanità, e viene compilata da una Commissione. Nell'ordinamento italiano, la Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana (abbreviata con FU) è prevista già nel Testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934; oggi, in base ad una Convenzione del Consiglio d'Europa datata 1964, accanto alla FU si trova la Farmacopea Europea (abbreviata con EP), testo di armonizzazione sovranazionale delle singole Farmacopee, a cui spesso si richiama FU, soprattutto nelle ultime due edizioni. La Farmacopea è rivista ogni cinque anni; quella attualmente in vigore è l'XII edizione per la FU e la VI per EP.

La Farmacopea (italiana od europea che sia) contiene tutte le norme tecniche ed amministrative riguardanti i farmaci, sia come sostanze componenti che come controllo di qualità e linee guida per la produzione (chiamate Norme di Buona Fabbricazione nel caso di farmaci industriali e Norme di Buona Preparazione per i farmaci preparati in farmacia). Le schede che contengono le informazioni per le sostanze (materie prime o eccipienti), per le caratteristiche delle forme farmaceutiche e delle preparazioni magistrali od officinali sono chiamate monografie.

La FU XII edizione è divisa in cinque capitoli:

  1. Capitoli generali concernenti prescrizioni generali della Farmacopea Europea e della Farmacopea Italiana, metodi di analisi, metodi analitici, materiali, contenitori, confezionamento e specifiche dei reattivi).
  2. Monografie generali riferite a forme farmaceutiche, a sostanze, a preparazioni di forme farmaceutiche, a preparazioni omeopatiche.
  3. Tabelle.
  4. Norme di buona preparazione dei medicinali in farmacia.
  5. Norme di buona preparazione dei radiofarmaci per medicina nucleare.

Il capitolo "Tabelle", è importante in quanto contiene le tabelle di riferimento in normativa; di seguito è riportato l'elenco delle tabelle così come introdotte dal DPR 309/90 e modificate dalle leggi 12/01 e 49/06:

  1. Masse atomiche relative;
  2. Sostanze medicinali di cui le farmacie debbono essere obbligatoriamente fornite.
  3. Sostanze da tenere in armadio chiuso a chiave (le rispettive monografie sono accluse nella F.U.).
  4. Elenco dei prodotti da vendere solo dietro presentazione di ricetta medica.
  5. Elenco dei prodotti da vendere solo dietro presentazione di ricetta medica da rinnovare ogni volta.
  6. Apparecchi ed utensili obbligatori in farmacia.
  7. Elenco delle sostanze, loro sali e preparazioni ad azione stupefacente o psicotropa (legge 22 dicembre 1975 n. 685 e successive).
  8. Dosi dei medicinali per l'adulto oltre le quali il farmacista non può fare la spedizione senza una dichiarazione specifica del medico.

Farmacovigilanza

Gli effetti collaterali possono emergere soltanto con migliaia di somministrazioni e non sono del tutto visibili in fase di sperimentazione. Sostanzialmente buona parte degli effetti collaterali elencati nel foglietto illustrativo (meglio noto come bugiardino) sono scoperti quando il farmaco è già in commercio, e non durante la fase sperimentale. Per controllare gli effetti collaterali è stata istituita la farmacovigilanza, che consiste in programmi - spesso pubblici e di competenza del Ministero della Salute, a volte indipendenti - per il controllo e la sorveglianza dei farmaci in commercio.

Il Sistema Nazionale di Farmacovigilanza si attiene a regole e metodi concordati con gli organismi sanitari dell'Unione europea e definiti dall'Agenzia europea per i medicinali (EMEA). Fa capo all'Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Esso tiene un "Registro nazionale degli eventi avversi" nel quale ogni marca di farmaco in commercio è associata agli effetti collaterali segnalati. Se il paziente lamenta dei disturbi a seguito dell'assunzione di un medicinale, il medico generico è obbligato per legge a farne segnalazione; l'ASL locale periodicamente riceve dalla Farmaco Vigilanza l'elenco dei farmaci in commercio, e a sua volta registra le segnalazioni portate dai medici di famiglia e ne trasmette copia all'Ufficio di Farmacovigilanza.

Altri 62 Paesi come l'Italia obbligano i medici generici a segnalare gli effetti collaterali sospetti di un farmaco. L'Italia ha l'80% in meno di segnalazioni rispetto a Svezia, Paesi Bassi, Belgio.

Fino a due anni fa, in Italia vigeva una normativa che puniva con sanzioni pecuniarie e penali le segnalazioni non conformi. Questa normativa è stata rimossa per incoraggiare le segnalazioni dei medici di famiglia, anche di effetti collaterali di media entità, non solo quelli di gravità estrema.

Glossario

Lo stesso argomento in dettaglio: Glossario delle attività terapeutiche.

Farmaco adiuvante

Medicamento che può rafforzare l'effetto del medicamento principale.

Nei chemioterapici è una terapia utilizzata anche al fine di ridurre la massa di un tumore prima di un'operazione. La massa tumorale così ridotta rende più facile l'asportazione.

Note

  1. ^ LESSICO UNIVERSALE ITALIANO, Roma, Istituto Enciclopedia Italiana, 1971.
  2. ^ Farmaco - Vocabolario Treccani
  3. ^ farmaco, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  4. ^ Opera Omnia, p. 254.
  5. ^ Farmaci in oftalmologia, su carlomasci.it. URL consultato il 15 marzo 2015.
  6. ^ a b Come nasce un farmaco, su agenziafarmaco.gov.it. URL consultato il 15 marzo 2015.
  7. ^ Clinical trial, su Clinical trial.gov - A service of the U.S. National Institutes of Health. URL consultato il 15 marzo 2015.
  8. ^ Registro degli studi clinici, su agenziafarmaco.gov.it.
  9. ^ Silvia Merli, Il brevetto nel settore farmaceutico (PDF), su pharmastar.it. URL consultato il 15 marzo 2015.

Bibliografia

  • a.a.v.v., LESSICO UNIVERSALE ITALIANO, Roma, Istituto Enciclopedia Italiana, 1971.
  • Roberto Suozzi, Dizionario dei farmaci, Editori Riuniti, 1997

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