Eruzione del Vesuvio del 1944
Eruzione del Vesuvio del 1944 | |
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L'eruzione del 1944 vista da Napoli | |
Vulcano | Vesuvio |
Stato | Italia |
Comuni interessati | Terzigno, Pompei, Pagani, Scafati, Angri, Nocera Inferiore, Poggiomarino, Cava de' Tirreni, San Sebastiano, Massa di Somma, Cercola |
Eventi correlati | terremoto, eruzione esplosiva di ceneri e lapilli, colata di lava, colata di fango terminale |
Durata | 7 giorni |
Prima fase eruttiva | 18 marzo 1944 |
Ultima fase eruttiva | 24 marzo 1944 |
Metri cubi | 21×106 m³ (lava) 50×106 m³ (prodotti piroclastici) |
VEI | 3 (vulcaniana) |
Note | Distruzione dei centri abitati di S. Sebastiano e Massa di Somma. 12000 persone evacuate a Portici da S. Sebastiano, Massa e Cercola. |
L'eruzione del Vesuvio del 1944 è l'ultima sinora registrata per il vulcano campano; è avvenuta nel corso della seconda guerra mondiale[1].
L'evento eruttivo
[modifica | modifica wikitesto]Il 6 gennaio 1944 una frattura avvenuta sul fianco del conetto del vulcano determina un aumento del flusso di lava in uscita. Ne scaturisce una colata che, dopo aver invaso in meno di un'ora il settore ovest del cratere, si riversa all'esterno spingendosi per oltre 100 metri a valle. La fuoriuscita lavica continua verso l'esterno fino al 26 gennaio, mentre verso l'interno del conetto fino al 23 febbraio, giorno nel quale l'attività effusiva cessa del tutto.[2]
Ancora un altro crollo delle pareti del conetto avvenuto il 13 marzo 1944 determina la resa dell'attività del vulcano attraverso deboli lanci di scorie, la cui frequenza e copiosità aumenta nei tre giorni successivi. Nella notte tra il 17 e il 18 marzo, con importante crollo di una parte del conetto, cessa nuovamente ogni attività.
L'eruzione vera e propria, comunque, l'ultima del Vesuvio fino a oggi, inizia proprio nel pomeriggio del 18 marzo 1944.[3] L'attività iniziò anche questa volta con forti colate laviche che giunsero fino a Cercola, dopo aver invaso e parzialmente distrutto gli abitati di Massa di Somma e di San Sebastiano, uno dei comuni più colpiti dall'evento.[2]
Il 22 marzo mutò lo stile eruttivo del Vesuvio. Raggiunta la nube eruttiva un'altezza di 6 km, ai lati del cono si verificarono valanghe di detriti caldi e piccoli flussi piroclastici. L'intera giornata fu accompagnata inoltre da un'intensa attività sismica fino al mattino del 23 marzo, giorno in cui l'attività eruttiva si ridusse alla sola emissione di cenere.
Il 24 marzo l'attività eruttiva andò scemando, con le esplosioni che si ridussero gradualmente fino a scomparire il giorno 29, e con la persistenza delle sole nubi di polvere che fuoriuscivano dal cratere e che nel pomeriggio sparirono del tutto.[2]
Nell'area interessata le vittime furono 26, a causa dei crolli dei tetti delle abitazioni, provocati dalla ricaduta delle ceneri[4]. I paesi più danneggiati dai depositi piroclastici da caduta furono Terzigno, Pompei, Scafati, Angri, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pagani, Poggiomarino e Cava; mentre gli abitanti di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma e Cercola, furono costretti all'evacuazione. La città di Napoli, invece, fu favorita dalla direzione dei venti che allontanarono dalla città la nuvola di cenere e lapilli.[5]
L'eruzione del 1944 è a oggi l'ultima del Vesuvio e segna la transizione del vulcano da stato di attività a stato di quiescenza (riposo).
Gli anni della guerra
[modifica | modifica wikitesto]L'eruzione del 1944 avvenne durante la Seconda guerra mondiale, in piena campagna d'Italia. L'eruzione apportò danni non solo alle abitazioni civili dei comuni circostanti, ma anche alle strutture militari statunitensi e britanniche, ancora presenti nel napoletano dopo la liberazione dall'occupazione delle forze della Wehrmacht. Grazie alla presenza degli operatori stranieri in città per documentare la guerra, quella del 1944 è l'unica eruzione del Vesuvio documentata con immagini video riprese in tempo reale. Inoltre, numerose sono le testimonianze dei militari o dei reporter americani che descrissero l'attività eruttiva.
Norman Lewis, agente dei servizi segreti inglesi disse[6]:
«La lava si stava inoltrando tranquillamente lungo la strada principale, e ad una cinquantina di metri dal margine di questo cumulo di scorie che lentamente avanzava, una folla di diverse centinaia di persone, in gran parte vestite di nero, pregava inginocchiata. [...] La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all'ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall'edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L'intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch'esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch'esso crollò. Su tutte le statue che affrontavano la lava dominava in tutti i sensi, per dimensioni, per numero di persone che reggevano la piattaforma, quella dello stesso San Sebastiano.»
Dana Craig, attendente del 486º squadrone di soccorso americano scrisse sul suo diario[2]:
«Capimmo quello che stava succedendo la mattina del 23 marzo. Fino al giorno prima il Vesuvio aveva soltanto fumato. Ricorderò per sempre il momento in cui il Vesuvio ha eruttato. Non ho mai visto nessuna bomba fare tanto. Noi dovevamo lavorare tra pietre che cadevano e cenere. Tutti avevamo i giubbotti di protezione e i caschi. Poi arrivò l’ordine di evacuare verso Napoli.»
Altri operatori dell'epoca dimostrano come i credenti mostrarono al vulcano la statua di San Gennaro affinché il santo fermasse l'attività eruttiva.
L'eruzione in televisione
[modifica | modifica wikitesto]L'eruzione del 1944 è stata l'argomento di un documentario realizzato da The History Channel dal titolo Vesuvio: la furia di un vulcano. Attraverso immagini d'epoca e interviste sono stati mostrati gli effetti dell'eruzione nei comuni di San Sebastiano al Vesuvio e Nocera Inferiore.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Secondo Global Volcanism Program il vulcano è stato in eruzione dal 5 luglio 1913 al 4 aprile 1944. (EN) Global Volcanism Program - Vesuvius, su volcano.si.edu. URL consultato il 18 agosto 2019.
- ^ a b c d Rolandi e Pesce, Vesuvio 1944 - L'ultima eruzione, Magma 2000
- ^ "La fase terminale dell'eruzione del 1944 ha inizio alle ore 16.30 del 18 marzo del 1944" (G. Imbò, Comunicato apparso su Il Risorgimento del 25/3/1944, pag. 4).
- ^ Fonte: Osservatorio Vesuviano
- ^ Vesuvio, eruzione del 1944, su google.it. URL consultato il 5 giugno 2011.
- ^ Norman Lewis, Naples '44, 1978
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sull'eruzione del Vesuvio del 1944
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Video rarissimo dell'eruzione del Vesuvio del 1944, Vesuviolive.it, su vesuviolive.it.
- Giovanni Ricciardi, Maddalena De Lucia e Flora Giudicepietro (a cura di), Catalogo storico delle eruzioni del Vesuvio dal 1631 al 1944, su ov.ingv.it, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.