De casibus virorum illustrium

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
De casibus virorum illustrium
Boccaccio scrivente il 'De casibus'; un messaggero consegna l'opera a Mainardo de' Cavalcanti, Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibliotek, Cod. Gall. 6, fol. 10 Bayerische Staatsbibliothek.
AutoreGiovanni Boccaccio
1ª ed. originale1373
Genereracconto
Lingua originalelatino

Il De casibus virorum illustrium è un'opera latina di Giovanni Boccaccio, scritta dopo la "conversione all'umanesimo" tra gli anni '50 e '60 del XIV secolo e dedicata a Mainardo Cavalcanti[1].

Struttura[modifica | modifica wikitesto]

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

Opera in prosa composta da 174 capitoli[2] raggruppati in 9 libri[3], nel De viris illustribus Boccaccio ripercorre le sventure più celebri avvenute, nella storia dell'umanità, a partire dalla creazione al XIV secolo[4]. I protagonisti sono sia uomini che donne, sia virtuosi che viziosi[5], tratti sia dalla Bibbia che dalla storia (si ricordano Adamo ed Eva[6], Saul[7], Agamennone[8], Didone[9], Tarquinio il Superbo[10], Odoacre[11] fino a giungere a Giovanni II il Buono di Francia, il personaggio più vicino cronologicamente a Boccaccio[12]). Si ricordano anche casi di uomini politici che Boccaccio conobbe tramite fonti orali a lui vicine o addirittura di persona. Jacques de Molay, maestro dei templari messo al rogo nel 1314 (testimone oculare il padre)[13]; Gualtieri di Brienne, detto il Duca di Atene, cacciato da Firenze nel 1343[1].

Finalità[modifica | modifica wikitesto]

Il De casibus ha una finalità educativa. Boccaccio, infatti, dichiara di voler giovare alla patria[14], di ammorbidire i cuori di pietra dei suoi lettori (saxea corda[15]) con la forza degli esempi di coloro che in ogni età, dopo aver raggiunto lo splendore, hanno abbandonato la via giusta e sono miseramente caduti. In sostanza, nel De casibus Boccaccio cerca di delineare un modello etico retto ed onesto, volto a conformare lo spirito civile degli uomini per la costruzione di una società migliore[3][14]. Inoltre, Boccaccio riflette ancora sulla volubilità della Fortuna, tema a lui particolarmente caro, che scandisce l'intero susseguirsi degli eventi che mutano le sorti di tutti gli uomini, comprese le donne[16].

La tecnica della "visione" e i giudizi morali[modifica | modifica wikitesto]

Per mettere in scena questa raccolta, Boccaccio usa l'espediente della "visione" (in senso di epifania), ripreso già anni prima nell'Amorosa visione e che ritornerà, come tòpos, nel Corbaccio. L'autore/protagonista, nell'opera, è infatti contorniato da una moltitudine di infelici, da cui ne sceglie alcuni sulla base delle loro richieste di essere ricordati presso i posteri[1]. Tra questi, si ricordano: Cicerone, criticato durissimamente per la sua mancanza di coerenza tra l'oratio (cioè quanto si è predicato a parole) e la vita (intesa come esplicazione della dottrina morale esplicata nell'oratio)[17]; Dante: è l'unico degli autori passati che Boccaccio tratta con stima e lode. Infine, fa la sua apparizione Petrarca, nell'VIII libro, che rimprovera Boccaccio per la condotta licenziosa di vita[18].

Datazione[modifica | modifica wikitesto]

L'opera è datata in due fasi redazionali distinte: una prima fase risale agli anni tra il 1355 e il 1360[1]. Verso la fine della sua vita, Boccaccio riprese in mano l'opera, ampliandola quando fu presentata al siniscalco del Regno di Napoli, il fiorentino Mainardo Cavalcanti[1][3].

Fonti e modelli[modifica | modifica wikitesto]

  1. Valerio Massimo, i cui Dicta atque facta memorabilia sono il modello di riferimento principale[19].
  2. Il Chronicon di Girolamo-Eusebio[20].
  3. Divina Commedia, per il rimando alla tecnica della visione[3].
  4. De viris illustribus di Petrarca.

Fortuna[modifica | modifica wikitesto]

Del De Casibus è testimoniato un solo codice nella "Parva Libreria"[21] di Santo Spirito[22]. Non è stato tramandato alcun autografo. In generale, abbiamo 137 codici.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Branca, 1977, p. 107.
  2. ^ Calcolo ottenuto dalla conta dei racconti. Si consulti l'opera su Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium, su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 22 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  3. ^ a b c d Teresa Nocita, De casibus virorum illustrium, su internetculturale.it, Internet Culturale, 2012. URL consultato il 22 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
  4. ^ Branca, 1977, p. 107

    «È un'opera volta a dimostrare, con esempi di tutte le età, da Adamo fino a quelli del Duca d'Atene e di Sancia de' Cabanni...»

  5. ^ Bruni, p. 463.
  6. ^ Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium - De Adam et Eva parentibus primis, su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 22 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  7. ^ Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium - De Saule rege Israel., su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  8. ^ Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium - De Agamenone Micenarum rege., su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  9. ^ Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium - De Didone regina Cartaginensium., su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  10. ^ Giovanni Boccaccio, De Tarquinio Superbo, Romanorum rege., su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  11. ^ Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium - De Odoacre rutheno Ytalorum rege., su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  12. ^ Giovanni II di Valois fu catturato dagli inglesi nella battaglia di Crécy del 1347 dagli inglesi guidati da Edoardo III. Si veda: Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium - Pauci flentes et libri conclusio., su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
    «Sic et Iohannes, Francorum rex, execrabile infortunium suum damnabat, quod ab Anglis, inertissimis atque pavidis et nullius valoris hominibus, regnum suum rapinis exhaustum, occupationibus deminutum, incendiis atque cedibus passim fedatum sit; postremo, infausto certamine, fusis fractis consternatisque viribus suis cesisque nobilibus multis, ipse, Eduardi regis hostis sui captivus effectus et vinctus, in Angliam deportatus sit?»
  13. ^ Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium, su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 22 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
    «...ut aiebat Boccaccius, genitor meus, qui tunc forte Parisius negotiator honesto cum labore rem curabat augere domesticam et se his testabatur interfuisse rebus...»
  14. ^ a b
    (LA)

    «Exquirenti michi quid ex labore studiorum meorum possem forsan rei publice utilitatis addere»

    (IT)

    «A me che mi domandavo che cosa potessi, dalle fatiche dei miei studi, donare di utile allo Stato...»

    Copia archiviata, su ww2.bibliotecaitaliana.it. URL consultato il 4 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  15. ^
    (LA)

    «Bona igitur pace talium, quo inpellit dicendi impetus tendam, si forsan saxea hec corda tenui spiritu oris mei in salutem suam mollire saltem paululum queam.»

    Copia archiviata, su ww2.bibliotecaitaliana.it. URL consultato il 4 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  16. ^ Tateo, p. 225.
  17. ^
    (LA)

    «Quid multis habundo? Tantum lingua potuit quantum ad flectendam quo velis mentem cuiuscunque etiam obstinati sufficeret. Quod quidem non satis posteritati possunt relicta monstrare. Nam, ut alienis utar verbis, in Tullio magna pars Tullii abest quod legitur potius quam audiatur.»

    (IT)

    «Perché abbondo con molti dettagli? Tanto la lingua ha potuto quanto poté bastare per far distogliere la mente ove tu voglia, anche di qualunque testardo. Le testimonianze non possono abbastanza mostrare questa cosa ai posteeri. Infatti, per usare altre parole, in Tullio manca gran parte di sé stesso, poiché è nascosto piuttosto che essere ascoltato.»

    Copia archiviata, su ww2.bibliotecaitaliana.it. URL consultato il 4 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  18. ^ Giovanni Boccaccio, De Casibus - Et primo viri clarissimi Francisci Petrarce in auctorem obiurgatio, su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015).
  19. ^ Maldina, p. 80.
  20. ^ Tateo, p. 226.
  21. ^ Italia medioevale e umanistica., in Speculum, vol. 38, n. 4, 1963-10, pp. 676–677, DOI:10.2307/2851695. URL consultato il 24 marzo 2021.
  22. ^ Branca, 1991, p. 183.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Boccaccio, De casibus virorum illustrium, su ww2.bibliotecaitaliana.it, Biblioteca Italiana, 2007. URL consultato il 22 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015)., per la consultazione dell'opera
  • Teresa Nocita, De casibus virorum illustrium, su internetculturale.it, Internet Culturale, 2012. URL consultato il 22 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
Controllo di autoritàVIAF (EN312657439 · LCCN (ENno94012157 · GND (DE4432211-2 · BNF (FRcb120921095 (data) · J9U (ENHE987007585864205171