Cappella di Sant'Apollonia

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Cappella di Sant'Apollonia
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneTrentino-Alto Adige
LocalitàCaldes
Coordinate46°21′49.35″N 10°56′06″E / 46.363709°N 10.935°E46.363709; 10.935
Religionecattolica
TitolareApollonia di Alessandria
Arcidiocesi Trento
Inizio costruzioneFine XVII secolo
CompletamentoFine XVII secolo

La cappella di Sant'Apollonia, detta anche cappella o capitello del Crocifisso, è una cappella cattolica situata al margine occidentale del centro abitato di Caldes, in provincia di Trento; fa parte dell'arcidiocesi di Trento[1][2][3].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Interno

Il piccolo sacello venne costruito sul finire del Seicento per volontà di don Sigismondo Alfonso Manfroni (1659-1754), su un terreno di sua proprietà situato presso il confine tra Caldes e Terzolas. Si trattava, all'epoca, della quattordicesima e ultima stazione di una via Crucis che si snodava lungo la strada imperiale partendo dalla chiesa cimiteriale di San Rocco; questa via Crucis era venuta a costare mille fiorini, e secondo una testimonianza dell'epoca era considerata la migliore di tutta la diocesi[1][2][3].

Dagli atti visitali del 1742 si apprende che la cappella era stata benedetta, ed era fornita di un unico altare in pietra; vi si celebrò la Messa fino al 1751[1], e l'anno seguente venne sospesa perché in cattive condizioni[3]; nel 1766 don Paolo Manfroni, pronipote del fondatore, fece sostituire l'inferriata all'ingresso con una porta in legno[1]. Le stazioni della via Crucis risultavano in pessimo stato verso la fine del Settecento (in particolare, le tele sacre erano lacere e rovinate); venne dato ordine di rifare i dipinti ad un pittore di Mezzana, Pietro Paolo Dalla Torre, ma comunque nel 1838 la curia ordinò di rimuovere la via Crucis dalla strada, e di allestirla invece all'interno della chiesa di San Rocco[1].

Negli anni Trenta del Novecento, mentre delle altre edicole non rimaneva quasi più traccia, questa cappelletta risultava in buone condizioni; l'ingresso era di nuovo chiuso da una cancellata, a cui venne aggiunta una rete metallica per impedire la sottrazione delle offerte gettate sul pavimento[1]. L'intera struttura venne restaurata dal pittore Carlo Segatta nel 1943, e ulteriori rifacimento del tetto sono documentati nel maggio 1968 e nel gennaio 1971; l'ultimo restauro generale, che ha posto fine a un periodo di degrado, risale al 2012[1]. Fino agli anni Settanta, nella cappella erano presenti due statue lignee raffiguranti le sante Lucia e Apollonia[1]; quest'ultima è l'attuale intestataria della cappella, anche se non è chiaro dalle fonti quando sia avvenuto il passaggio dalla più antica dedicazione al santo Crocifisso.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'affresco in facciata

L'edificio è semplice, a base rettangolare, con facciata a capanna, bucata soltanto da un ingresso ad arco chiuso da una cancellata metallica; su ogni parete laterale, in posizione arretrata, è presente una finestra a lunetta. L'interno è ad aula unica, coperto da volta a botte e diviso in due sezioni da un piccolo arco santo; il pavimento, posato sull'originale battuto in calce, è risalente alla fine dell'Ottocento o all'inizio del Novecento, ed è composto da mattonelle con disegni geometrici e floreali[1].

Gli unici arredi dell'interno sono una grande croce lignea, incassata nella parete di fondo in un'apertura della stessa forma e affiancata da due nicchie vuote (un tempo ospitanti le statue delle sante Lucia e Apollonia), e un altare rettangolare in pietra, su cui è fissata una tavola recante la scritta S. APOLLONIA ORA PRO NOBIS, unico elemento superstite di una decorazione lignea che un tempo lo rivestiva probabilmente per intero[1].

Sopra all'entrata, all'interno di una preesistente apertura rettangolare poi tamponata, è presente un affresco realizzato probabilmente dalla famiglia dei Della Torre di Mezzana su commissione di don Paolo Manfroni, raffigurante la Madonna con Bambino e i santi Paolo e Giovanni Nepomuceno; nella parte bassa dell'immagine è presente lo stemma dei Manfroni, nella versione concessa alla famiglia dall'imperatore Giuseppe II nel 1766, insieme con il titolo di "de Manfort"[1][2]. Sulla parete posteriore della cappella è affrescata una croce sovrastante un triangolo, mentre le pareti interne sono ricoperte da motivi floreali e stellati[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l Zanon, pp. 48-54.
  2. ^ a b c Mosca, p. 326.
  3. ^ a b c Weber, p. 143.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alberto Mosca, Caldes - Storia di una nobile comunità, Comune di Caldes, 2015, ISBN 978-88-87439-40-3.
  • Simone Weber, Le chiese della Val di Sole nella storia e nell'arte, I, Mori, La Grafica Anastatica, 1992 [1937].
  • Romina Zanon, Segni di devozione popolare a Caldes, Comune di Caldes, 2013.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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