Energia nucleare nel mondo: differenze tra le versioni

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L''''abbandono dell'energia nucleare''' è l'ipotetica rinuncia all'uso di [[energia elettrica]] derivante da centrali elettronucleari; in pratica consiste nel non costruirne di nuove e di chiudere tutte quelle esistenti anche prima della conclusione del loro ciclo vitale (l'attuazione immediata di quest'ultima decisione, in tutta la storia più che sessantennale dell'energia nucleare, è stata presa solo in [[Italia]] nel [[1988]]). In realtà in Italia il 18% dell'energia elettrica è tuttoggi [[2008]] di origine elettronucleare, viene prodotta prevalentemente in Francia ed importata (mediante triangolazione) da Francia, Svizzera, Austria e Slovenia.<ref>{{en}}[http://www.ans.org/const/international/ansglobe/ The Globe of the Internationa Committee of the ANS]</ref>
L''''abbandono dell'energia nucleare''' è l'ipotetica rinuncia all'uso di [[energia elettrica]] derivante da centrali elettronucleari; in pratica consiste nel non costruirne di nuove e di chiudere tutte quelle esistenti anche prima della conclusione del loro ciclo vitale (l'attuazione immediata di quest'ultima decisione, in tutta la storia più che sessantennale dell'energia nucleare, è stata presa solo in [[Italia]] nel [[1988]]). In realtà in Italia il 18% dell'energia elettrica è tuttoggi [[2008]] di origine elettronucleare, viene prodotta prevalentemente in Francia ed importata (mediante triangolazione) da Francia, Svizzera, Austria e Slovenia.<ref>{{en}}[http://www.ans.org/const/international/ansglobe/ The Globe of the Internationa Committee of the ANS]</ref>


La moratoria temporanea alla costruzione di nuove centrali è stata decisa (e fino ad ora rispettata) unicamente in cinque paesi sui trentacinque in totale che dispongono di almeno un reattore nucleare di potenza per l'elettrogenerazione: in [[Svezia]] nel [[1980]], in [[Spagna]] nel [[1983]], in [[Italia]] nel [[1988]], in [[Belgio]] nel [[1999]] e in [[Germania]] nel [[2000]]. <br>
Va evidenziato che la moratoria temporanea alla costruzione di nuove centrali è stata decisa (e fino ad ora rispettata) unicamente in cinque paesi sui trentacinque in totale che dispongono di almeno un reattore nucleare di potenza [[NPP]] per l'elettrogenerazione: in [[Svezia]] nel [[1980]], in [[Spagna]] nel [[1983]], in [[Italia]] nel [[1988]], in [[Belgio]] nel [[1999]] e in [[Germania]] nel [[2000]]. <br>
Attualmente [[2008]] i reattori nucleari per la produzione di energia elettrica al mondo sono 441 e producono il 16% dell'intera energia elettrica mondiale (33% nei 22 Paesi dell'[[OCSE]]). Altri 40 - 50 impianti nucleari di potenza sono in costruzione in molti Paesi sviluppati (Finlandia, Francia), o in via di sviluppo (Cina, India e numerosi altri).
Attualmente [[2008]] i reattori nucleari per la produzione di energia elettrica al mondo sono 441 e producono il 16% dell'intera energia elettrica mondiale (33% nei 22 Paesi dell'[[OCSE]]). Altri 40 - 50 impianti nucleari di potenza sono in costruzione in molti Paesi sviluppati (Finlandia, Francia), o in via di sviluppo (Cina, India e numerosi altri).<ref>>{{en}} [http://www.world-nuclear.org Directory of Nuclear Power Plants]</ref>


Le preoccupazioni sull'uso dell'energia nucleare nascono da considerazioni di carattere sociale, politico, ambientale nonché sulla sicurezza di questa tecnologia.
Le preoccupazioni sull'uso dell'energia nucleare nascono da considerazioni di carattere sociale, politico, ambientale nonché sulla sicurezza di questa tecnologia.

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Centrale elettronucleare Grafenrheinfeld KKG (Bayern, Bassa Franconia, Germania) dotata di un reattore PWR da 1 345 MWe commercialmente attivo dal 17 giugno 1982.

L'abbandono dell'energia nucleare è l'ipotetica rinuncia all'uso di energia elettrica derivante da centrali elettronucleari; in pratica consiste nel non costruirne di nuove e di chiudere tutte quelle esistenti anche prima della conclusione del loro ciclo vitale (l'attuazione immediata di quest'ultima decisione, in tutta la storia più che sessantennale dell'energia nucleare, è stata presa solo in Italia nel 1988). In realtà in Italia il 18% dell'energia elettrica è tuttoggi 2008 di origine elettronucleare, viene prodotta prevalentemente in Francia ed importata (mediante triangolazione) da Francia, Svizzera, Austria e Slovenia.[1]

Va evidenziato che la moratoria temporanea alla costruzione di nuove centrali è stata decisa (e fino ad ora rispettata) unicamente in cinque paesi sui trentacinque in totale che dispongono di almeno un reattore nucleare di potenza NPP per l'elettrogenerazione: in Svezia nel 1980, in Spagna nel 1983, in Italia nel 1988, in Belgio nel 1999 e in Germania nel 2000.
Attualmente 2008 i reattori nucleari per la produzione di energia elettrica al mondo sono 441 e producono il 16% dell'intera energia elettrica mondiale (33% nei 22 Paesi dell'OCSE). Altri 40 - 50 impianti nucleari di potenza sono in costruzione in molti Paesi sviluppati (Finlandia, Francia), o in via di sviluppo (Cina, India e numerosi altri).[2]

Le preoccupazioni sull'uso dell'energia nucleare nascono da considerazioni di carattere sociale, politico, ambientale nonché sulla sicurezza di questa tecnologia.


Introduzione

La capacità di produzione delle centrali nucleari installate crebbe molto velocemente a partire dagli anni cinquanta, e più lentamente dagli anni ottanta, fino a raggiungere i 366e GW nel 2005, grazie all'espansione nucleare della Cina. Tra il 1970 ed il 1990, erano in progetto più di 50 GWe di nuova capacità produttiva (con picchi di oltre 150 GWe a cavallo del 1980). Più di due terzi dei progetti di nuove centrali nucleari per dopo il gennaio 1970 sono stati cancellati[3] e negli Stati Uniti, oltre che in Germania e in Francia, i privati non costruiscono nuove centrali dal 1978[4].

Nel 1983 un'inaspettata caduta nel prezzo del carburante fossile bloccò la costruzione di nuove centrali elettriche nucleari. Negli anni ottanta negli Stati Uniti e negli novanta in Europa, la liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica ha giocato un ruolo importante nell'aumento di rischio finanziario per le iniziative collegate alla produzione di energia nucleare.

Il movimento popolare contro l'energia nucleare ha guadagnato forza nel mondo occidentale in conseguenza dell'aumentata paura di possibili incidenti nucleari e di radiazioni latenti. Gli incidenti di Three Mile Island nel 1979 e di Chernobyl nel 1986 hanno avuto un ruolo centrale nel bloccare la costruzione di nuove centrali in molti paesi, anche se è ormai acclarato che il primo non ha provocato vittime, mentre il numero "globale" di vittime accertate del secondo è risultato inferiore a 100 fino alla data odierna.[5]

Diverse nazioni, soprattutto europee, hanno deciso di abbandonare lo sfruttamento dell'energia nucleare a partire dal 1987. L'Austria nel 1978, la Svezia nel 1980 e l'Italia nel 1987 hanno votato dei referendum a favore dell'abbandono dell'energia nucleare, mentre il movimento di opposizione in Irlanda è riuscito a evitare nel paese l'attuazione del programma nucleare. I paesi che non hanno centrali nucleari e che hanno limitato la costruzione di nuovi impianti comprendono l'Australia, l'Austria, la Danimarca, la Grecia, l'Irlanda e la Norvegia. La Polonia ha interrotto la costruzione di una centrale, mentre Belgio, Germania, Olanda, Spagna e Svezia hanno deciso di non costruirne di nuove o hanno deciso di abbandonare questo tipo di energia, nonostante facciano affidamento tuttora principalmente sull'energia nucleare. La Svizzera ha sospeso la costruzione di nuove centrali per dieci anni ma, in seguito a un referendum nel 2003, ha deciso di non rinnovare la moratoria.

La decisione del parlamento finlandese del 2002 di costruire una quinta centrale nucleare è stata vista come una decisione significativa, in quanto da più di dieci anni nell'Europa occidentale non era stata presa una decisione simile.

L'energia nucleare ha continuato a contribuire alla produzione di energia in molte altre nazioni come la Francia, il Giappone, l'ex URSS e recentemente la Cina. Anche gli USA progettano di costruire nuove centrali per una capacità di 25 GW. Argentina, Brasile, Canada, Cina, Finlandia, India, Iran, Corea del Nord, Russia, Pakistan, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Ucraina, Romania, Slovacchia, Turchia, Bulgaria, Egitto, Indonesia e gli USA progettano di costruire nuovi reattori o di rimetterne in esercizio altri[6][7].

Secondo l'AIEA, l'utilizzo di energia nucleare aumenterà fino ad arrivare al 17% della produzione mondiale di elettricità entro il 2020. Questo sarà possibile con l'installazione di 60 nuovi impianti nei prossimi 15 anni[8][9].

In generale, il nucleare è una fonte energetica in declino: nel 1985 soddisfaceva il 4,5% del fabbisogno di energia primaria a livello mondiale; nel 2003 era al 6,4%, quando prima del disastro di Chernobyl si prevedeva una crescita fino al 15%; nel 2000 solo il 3% della nuova potenza elettrica installata era da nucleare, e nel 2001 l'AIEA ritenne che la tendenza sarebbe rimasta costante almeno per tutto il decennio[10].

Il nucleare in Europa produce il 30% della corrente elettrica, se si considera quindi solamente la produzione di energia elettrica e non la produzione totale di energia in Europa il nucleare è la prima fonte energetica.

I paesi che abbandonano l'energia nucleare devono trovare forme alternative di generazione dell'energia se non vogliono essere dipendenti dalle importazioni energetiche per soddisfare i propri fabbisogni. Per questo motivo, la discussione sul futuro dell'energia atomica è accompagnata dalla discussione delle forme di energia rinnovabili. Le alternative più dibattute includono l'energia idroelettrica, i combustibili fossili,l'energia eolica, l'energia solare, e la biomassa. Quest'ultima forma di energia, recentemente, ha generato un dibattito piuttosto acceso fra i suoi sostenitori perché, pur valida sul piano ambientale, sta modificando sostanzialmente le scelte di politica agricola in molti Paesi del Terzo Mondo che stanno riducendo i terreni fertili destinati all'uso alimentare rsipetto a quelli destinati alla produzione di vegetali ad uso energetico.

La questione è molto complessa e si articola in numerose sotto-questioni, che vanno valutate attentamente per operare una scelta consapevole, tenendo conto dell'incertezza che domina questo argomento.

Questioni ambientali

Una delle preoccupazioni principali dovute all'uso di energia nucleare per la produzione di elettricità è la sicurezza dell'ambiente e delle persone. Alcuni incidenti nucleari del passato hanno provocato una contaminazione radioattiva. Il più grande, il disastro di Chernobyl, ha ucciso delle persone (vedere disastro di Chernobyl per la controversa stima delle vittime, che varia da 41 a centinaia di migliaia a seconda delle fonti), provocato feriti e danneggiato e reso inutilizzabili per decenni grandi estensioni di terra. Si teme che possano accadere altri incidenti in futuro (anche se uno come quello di Chernobyl è improbabile che si ripeta). Si deve tuttavia tener conto che i due fattori principali che hanno portato a gravi conseguenze per la popolazione e per molti militari e civili sono stati (1) la decisione di non avvertire immediatamente la popolazione del rischio che correvano, esponendoli così inutilmente ad alte dosi di radiazioni e quella (2), in parte inevitabile dato la scarsità di mezzi e di uomini, di far lavorare coloro che intervennero per contenere il danno senza le necessarie protezioni.

La fusione del nocciolo oggi non è più possibile con le moderne centrali di terza generazione, mentre lo sviluppo di centrali a neutroni veloci dovrebbe ridurre consistentemente in futuro le scorie radioattive e soprattutto aumentare di circa il 300% la vita media di una centrale nucleare.

I gruppi ambientalisti criticano i rischi di contaminazione radioattiva nelle fasi di estrazione, arricchimento, deposito a lungo termine di combustibile nucleare esaurito e smaltimento delle scorie nucleari; richiedono il rispetto rigoroso del principio di precauzione, in virtù del quale si prendono in considerazione solo quelle tecnologie che dimostrino di non causare un danno significativo alla salute dei viventi o della biosfera.

Un altro problema che accomuna questo tipo di centrali a quelle termoelettriche è l'elevata quantità di acqua necessaria per il raffreddamento e l'immissione delle acque surriscaldate nei sistemi idrici: ciò in alcuni ecosistemi può causare pericoli per la salute delle forme di vita acquatica, come talune specie di pesci già a rischio di estinzione.[senza fonte] Tali difficoltà possono essere notevolmente ridotte usando torri di raffreddamento, che di solito sono collocate in quei luoghi dove si ritiene inaccettabile un surriscaldamento eccessivo delle acque, oppure costruendo le centrali vicino agli oceani dove il calore viene disperso in enormi quantità d'acqua. Gli impianti di cogenerazione hanno anche le potenzialità di ridurre il calore totale "di scarto", aumentando l'efficienza di tutti i tipi di centrale dove si usa vapore. In Francia la creazione di un sistema di allevamento ittico ha permesso l'utilizzo economicamente conveniente del calore (che agevola l'itticoltura) e allo stesso tempo la salvaguardia dell'ecosistema[senza fonte].

Emissioni atmosferiche e gas serra

Le centrali nucleari, a differenza delle termoelettriche, non hanno emissione di fumi poiché non sfruttano il principio della combustione per la produzione di calore e non provocano quindi alcun inquinamento atmosferico, ad eccezione del vapore acqueo proveniente dalle torri di raffreddamento dell'acqua di condensazione, che comunque condensa in poco tempo. Recentemente c'è stato un rinnovato interesse nell'energia nucleare come soluzione alla diminuzione delle riserve di petrolio e al riscaldamento globale perché la richiesta di elettricità sta aumentando e l'energia nucleare genera pochi gas serra (nelle fasi di estrazione e preparazione del combustibile nucleare), contrariamente alle alternative più comuni quale il carbone: si è discusso dell'energia nucleare come soluzione all'effetto serra (per esempio "le centrali nucleari sono verdi" [11]). In base a ciò l'Unione Europea ha recentemente definito il nucleare come uno strumento importante per la lotta contro il riscaldamento climatico.[12] Questa affermazione è contestata da molte organizzazioni ambientaliste[13].

I reattori nucleari non emettono gas serra o ceneri durante le operazioni normali; tuttavia, l'estrazione mineraria e il trattamento dell'uranio generano delle emissioni. Le emissioni prodotte nell'intero ciclo di vita sono paragonabili a quelle dell'energia eolica. Comunque, un tema controverso è che le emissioni di gas serra dovute all'estrazione mineraria, alla lavorazione e all'arricchimento potrebbero essere molto maggiori in futuro mentre le riserve mondiali di uranio di prima qualità andranno via via esaurendosi e si userà sempre più uranio di bassa qualità (si veda anche il paragrafo Bilancio energetico del termonucleare).

In un documento semitecnico intitolato Is Nuclear Power Sustainable? («L'energia nucleare è sostenibile?») e nel documento successivo del maggio 2002 initolato Can Nuclear Power Provide Energy for the Future; would it solve the CO2-emission problem? («L'energia nucleare può fornire energia per il futuro? Risolverebbe il problema delle emissioni di CO2?»), Storm van Leeuwen e Smith hanno sostenuto che l'energia nucleare alla fine supererà i combustibili fossili nelle emissioni di gas serra man mano che scarseggerà il minerale di alta qualità. I due hanno messo in dubbio la sua sostenibilità all'interno di un piano di tutela ambientale. Questo documento è stato liquidato come falso dal settore nucleare poiché i risultati pubblicati sull'estrazione del minerale mostrano un vantaggio del 99% della generazione di energia nucleare nei confronti dei combustibili fossili sul versante delle emissioni di CO2. Gli autori hanno attenuato molto le affermazioni contenute nel loro documento e l'hanno ri-pubblicato nel 2005, omettendo la maggior parte dei valori numerici usati, ma le affermazioni rimanenti sono ancora contraddette da alcuni studi sul ciclo di vita (ad esempio Vattenfall). Tutto ciò mette fortemente in dubbio l'articolo le cui previsioni si pensa siano sbagliate perché si basano su elementi smentiti dai dati attuali, talvolta di 3:1. Va fatto notare che le affermazioni del settore si basano sul minerale di alta qualità attualmente disponibile, mentre quelle di Storm van Leeuwen e Smith si fondano sulle loro proiezioni delle qualità di minerale disponibili in futuro.

La Germania ha affiancato all'abbandono dell'energia nucleare lo sviluppo dell'energia rinnovabile e intende aumentare l'efficienza delle centrali elettriche fossili per ridurre la dipendenza dal carbone. Secondo il ministro tedesco Jürgen Trittin nel 2020 questo diminuirà le emissioni di anidride carbonica del 40% rispetto ai livelli del 1990. La Germania è diventata un paese modello per gli sforzi compiuti per rispettare il protocollo di Kyōto. Fra l'altro la Germania ha conseguito ottimi risultati in materia di risparmio energetico, grazie agli sforzi compiuti a partire dalla crisi energetica degli anni '70. I critici della politica tedesca ritengono una contraddizione l'abbandono dell'energia nucleare a favore dell'energia rinnovabile, dato che entrambe hanno emissioni molto basse di CO2.

Tutti gli altri prodotti di scarto delle centrali nucleari vengono raccolti e depositati in isolamento, a differenza delle altre fonti energetiche come il petrolio ed il carbone i cui residui inquinanti sono immessi nell'ambiente circostante. Senza centrali nucleari, se fossero costretti a sostituirle con centrali a combustibile fossile, ogni anno gli Stati Uniti produrrebbero quasi 700 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica in più, una cifra all'incirca pari alla quantità di anidride carbonica prodotta annualmente dalle automobili statunitensi.

Le scorie radioattive

Non sono ancora stati completamente risolti i problemi relativi al confinamento di scorie nucleari a lungo termine. In effetti, una volta esaurito l'elemento fissile del combustibile, restano i suoi sottoprodotti, che non sono fissili ma radioattivi. Questi sottoprodotti sono una gamma di isotopi con tempo di dimezzamento molto vario, ma che può arrivare anche ad alcune migliaia di anni: le scorie prodotte dai reattori si mantengono radioattive a lungo nel tempo, fino al caso estremo del Cesio (135Cs) che impiega 2,3 milioni di anni per dimezzare la propria radioattività. Le scorie nucleari hanno altresì un volume minimo e in termini di volume costituiscono meno dell'1% dei rifiuti altamente tossici nel tempo nei paesi industrializzati, sebbene la loro tossicità non sia paragonabile.

File:Vitrification1.jpg
Esperimento di vetrificazione di scorie radioattive

La quantità di scorie potrebbe essere ridotta in diversi modi, sia tramite ritrattamento nucleare sia con reattori autofertilizzanti veloci; i reattori subcritici e i reattori autofertilizzanti veloci possono ridurre di molto il tempo di confinamento sia delle scorie neoprodotte, sia di quelle già esistenti. Il 96% delle scorie altamente radioattive potrebbe essere riciclato e riutilizzato se i rischi aggiuntivi di proliferazione fossero ritenuti accettabili. Questi progetti vengono approfonditi fin dai primi anni '90, e prevedono due alternative:

  1. l'incenerimento (incineration), cioè il bombardamento dei radionuclidi con neutroni prodotti per "spallazione" da un bersaglio colpito con protoni accelerati con un apposito acceleratore di particelle (accelerator driven system);
  2. colpire i radionuclidi con i raggi gamma prodotti con un apposito laser.

Nonostante i notevoli investimenti i tempo e denaro, non si è ancora giunti a risultati definitivi su queste procedure, che comunque richiedono investimento nell'ordine del miliardo e mezzo di euro per ogni impianto[14], gettando così un'ulteriore, pesante incognita sui costi dell'elettricità nucleare. Il plutonio, che è contenuto nelle barre di combustibile esaurito, è estratto nell'impianto di COGEMA a La Hague (Francia) e a Sellafield (Gran Bretagna). In questo processo in passato sono state rilasciate in mare grandi quantità di rifiuti radioattivi, pratica ora vietata.

È necessario prevedere sia delle aree di stoccaggio in cui gli isotopi più radioattivi abbiano il tempo di decadere, sia dei siti di immagazzinamento definitivo in cui riporre il restante materiale radioattivo a lunga vita (almeno per alcuni secoli). Le scorie radioattive attualmente vengono conservate in contenitori di cemento vicini ai reattori nucleari: la massima parte è ammassata in depositi provvisori perché non si è trovata ancora una soluzione definitiva sicura ed economica. Nonostante sia un punto molto controverso, i sostenitori del nucleare affermano che la soluzione dello smaltimento sotterraneo permanente delle scorie - un'idea che diversi paesi hanno preso in considerazione - sia ben testata e provata; fanno notare l'esempio naturale di Oklo, il deposito naturale di scorie radioattive, dove le scorie sono confinate da circa 2 miliardi di anni con una contaminazione minima dell'ecosistema circostante. Tuttavia, il deposito sotterraneo statunitense della Yucca Mountain in Nevada, costruito dopo un lungo percorso di 20 anni e costato al governo federale 8 miliardi di dollari, progettato per essere a tenuta d'aria e a prova di infiltrazione per 10 000 anni, già adesso non lo è più, come accertato dall'Epa[15].

Scorie nucleari, se pure molto poco durevoli in termini di radiotossicità, sono anche grandi parti delle strutture delle centrali nucleari. La radioattività indotta da neutroni e gli elementi, ad alta attività ma breve vita, rilasciati dall'operazione quotidiana del ciclo di raffreddamento sulle parti a contatto con il fluido primario, determinano la necessità tecnica, per evitare alti costi e rischi per il personale, di attendere lunghi periodi, dopo la fine delle operazioni produttive e lo spegnimento del reattore, prima di iniziare lo smantellamento. In Inghilterra, dove per centrali come quella di Calder Hall sono previsti cento anni di chiusura dopo lo spegnimento, il costo dello smantellamento si prospetta molto più basso (molte decine di volte minore) di quello che scontano ad esempio reattori come quelli Italiani, il cui smantellamento "accelerato" è stato deciso per ragioni politiche nella tredicesima legislatura, con un decreto dell'allora ministro Bersani, per i quali il costo di smantellamento potrà essere alla fine anche due o tre volte superiore a quello di costruzione.

In molti paesi non è ancora stato stabilito chi debba coprire i costi di gestione delle aree di confinamento delle scorie nucleari. Al momento sembra che probabilmente, almeno in Germania, lo Stato pagherà i costi per le scorie dirette (barre esaurite) e i materiali contaminati delle centrali o prodotti nell'estrazione del plutonio e dell'uranio, così come le altre scorie nucleari, perché l'industria non dispone di mezzi sufficienti. Negli Stati Uniti, le società di servizi pagano una tassa fissa per chilowattora in un fondo monetario per lo smaltimento amministrato dal Dipartimento per l'energia (che si dubita possa riuscire a coprire i costi senza un intervento pubblico).

In Gran Bretagna, nell'aprile 2005 questo problema ha portato alla creazione dell'Autorità Nazionale per lo smantellamento.

La sicurezza

Lo stesso argomento in dettaglio: [[[[Centrale_nucleare#Sicurezza|Centrale_nucleare § Sicurezza.
Elemento di combustibile: assemblaggio di barre in reticolo quadrato 17x17

La sicurezza delle centrali nucleari è stata spesso messa in questione, dal momento che le loro strutture (specialmente le torri di raffreddamento), spesso sono fragili, sono visibili da chilometri, e potrebbero essere facili obiettivi di attacchi terroristici, ad esempio da parte di kamikaze che impiegassero aerei di linea per colpirle (questo dibattito è stato molto acceso in Germania). Secondo i sostenitori del nucleare, questi attacchi potrebbero rendere le centrali inattive ma non potrebbero produrre contaminazioni radioattive dato che il nucleo delle centrali è protetto da mura di cemento armato spesse diversi metri: eventuali aerei kamikaze non sarebbero in grado di rompere i muri esterni a meno di utilizzare cariche esplosive estremamente potenti. D'altronde non è detto che gli attacchi debbano essere attuati attraverso esplosioni esterne all'edificio. Le centrali nucleari, secondo i loro sostenitori, vengono sorvegliate con estrema attenzione, anche se molti lo mettono in dubbio; dei giornalisti provando ad avvicinarsi a una centrale hanno detto di non aver incontrato ostacoli e ne hanno criticato la sicurezza.[senza fonte] Uno studio condotto dalla commissione statunitense che controlla il settore nucleare (Nuclear Regulatory Commission) ha evidenziato che più di metà delle centrali nucleari statunitensi non sono state in grado di prevenire una simulazione di attacco[16].
La sicurezza della tecnologia nucleare comunque andrebbe garantita non solo per il nucleo ma su tutto il ciclo di produzione, che comprende anche deposito, trattamento, trasporto e stoccaggio delle scorie.

I sostenitori del nucleare sottolineano altresì l'alto livello di sicurezza vigente per gli addetti impiegati nel settore (che del resto sono inevitabilmente meno, essendo il nucleare un attribuite ad altre fonti: 342 all'energia prodotta dal carbone, 85 al metano e 883 all'energia idroelettrica.

Fughe radioattive

Secondo gli attivisti contrari al nucleare, in generale le fuoriuscite di materiale radioattivo mettono a rischio la sicurezza delle centrali nucleari. Si teme che le radiazioni fuoriuscite costituiscano un pericolo per la salute. Per far fronte a questi timori, tutti gli operatori nucleari sono obbligati a misurare le radiazioni all'interno dei siti ed attorno a essi e a render note tutte le particelle e le radiazioni emesse. Ciò deve essere certificato da un organo di valutazione dipendente. Questa pratica è sostanzialmente identica in tutti i paesi membri dell'AIEA. Nel caso le sostanze fuoriescano in quantitativi considerevoli, cioè al di sopra dei limiti fissati dal NCRP (National Council on Radiation Protection and Measurements, Consiglio Nazionale sulla Misurazione e la Protezione dalle radiazioni) degli Stati Uniti e obbligatorio per tutti i membri AIEA, bisogna mettere al corrente l'AIEA ed è necessario che venga assegnato almeno un livello 5 della scala INES, un evento molto raro. Tutte le attrezzature vengono controllate regolarmente. Inoltre, tutti gli operatori sono obbligati a divulgare pubblicamente gli elenchi completi delle misurazioni. Un individuo che viva vicino ad una centrale in media ne riceverà circa l'1% dei livelli di radiazione naturali, molto al di sotto dei limiti di sicurezza. In Gran Bretagna studi approfonditi condotti dal Comitato sugli Aspetti Medici delle Radiazioni nell'Ambiente (COMARE) nel 2003 non hanno riscontrato prove di una maggior incidenza del cancro tra i bambini che vivono vicino alle centrali nucleari. Hanno invece rilevato un numero abnorme di leucemie e di linfoma non-Hodgkin (LnH) vicino ad altre installazioni nucleari, come quelle di AWE a Burghfield, di UKAEA a Dounreay e di BNFL a Sellafield sebbene COMARE abbia giudicato improbabile un legame tra questo e il materiale nucleare. Secondo COMARE, «è improbabile che le incidenze abnormi attorno a Sellafield e Dounreay siano un fatto casuale, anche se attualmente non esiste una spiegazione convincente del fenomeno».

I promotori del nucleare sostengono che l'incidente di Chernobyl sia stato unico e sia accaduto soltanto a causa della combinazione di un progetto estremamente carente riguardo agli aspetti di sicurezza (soprattutto la mancanza di strutture intere di contenimento) con l'esecuzione da parte del personale di prove non autorizzate dai progettisti per determinare le capacità di produzione "inerziale" di energia. Precisano che nessun incidente paragonabile è accaduto nei reattori occidentali, che attualmente sono del tipo di gran lunga più diffuso nel mondo.

Un esempio comunemente citato è l'incidente di Three Mile Island, che non determinò la fuoriuscita di quantità significative di particelle radioattive, malgrado la fusione del nocciolo; questo fatto è attribuito alla presenza delle strutture di contenimento del reattore americano rispetto a quello sovietico. Quanto alla "superiorità" di un impianto o dell'altro, al di là di quanto accaduto, va evidenziato che a Chernobyl un incidente del tipo di quello di Three Mile Island sarebbe stato estremamente improbabile, date le caratteristiche di raffreddamento del reattore.

Questi sono i più noti e gravi episodi di incidenti a centrali civili, anche se un discreto numero di episodi si è verificato nel corso degli anni passati (ad esempio a Sellafield in Gran Bretagna o a Browns Ferry negli USA[17]) e continua a verificarsi tuttora, ad esempio con vari scandali in Giappone.[18]

Questioni di politica energetica

In alcune nazioni possono non esserci alternative, secondo alcuni. Come dicono dei francesi, «non abbiamo carbone, noi non abbiamo petrolio, noi non abbiamo gas, noi non abbiamo scelta». I critici dell'abbandono dell'energia nucleare sostengono che le centrali nucleari non potrebbero essere sostituite e prevedono una crisi energetica, oppure sostengono che soltanto il carbone potrebbe sostituire l'energia nucleare, ma le emissioni di CO2 aumenterebbero spaventosamente (con l'uso del petrolio e dei combustibili fossili) e si dovrebbe importare energia prodotta o dal nucleare o dal petrolio. L'energia nucleare non è stata sostanzialmente toccata dagli embarghi, e l'uranio è estratto in paesi "sicuri" quali l'Australia e il Canada, al contrario di altri, come alcuni grandi fornitori di gas naturale, fra cui l'ex URSS.

Per quanto riguarda i costi, è noto che negli ultimi anni le materie prime fossili come il petrolio hanno avuto un incremento notevole, che ha portato per esempio nel 2005 il costo medio dell'energia elettrica negli Stati Uniti a 5 centesimi di euro il kWh. Nella produzione di elettricità da nucleare, il costo del combustibile è, almeno attualmente, una voce trascurabile del complesso dei costi (costruzione, sicurezza ecc.): ma si veda sotto per la disponibilità di uranio.

Secondo molti, le ragioni della rinuncia all'uso di questa fonte energetica sono da cercare più che altro nelle forti pressioni che la lobby del petrolio esercita sui governi., dal momento che il ricorso all'energia nucleare porterebbe a una significativa riduzione della dipendenza dai carburanti fossili, e naturalmente dai gruppi industriali che basano le loro attività sul loro commercio.

Disponibilità di uranio

Lo stesso argomento in dettaglio: [[[[Uranio#Disponibilit.C3.A0_in_natura|Uranio § Disponibilit.C3.A0_in_natura.
Pastiglie di ossido d'uranio da inserire nella barra di combustibile

I costi del combustibile fissile potrebbero in futuro aumentare esponenzialmente, perché è impossibile stimare con precisione le riserve di uranio ancora estraibile, ma bisogna considerare che il necessario uranio 235 è molto raro, e che dove non è presente in quantità sufficienti la sua estrazione diventa ancora più decisamente antieconomica se non impossibile. Molti perciò stimano che le riserve basteranno ancora per pochi decenni, e che insomma con l'uranio ci si ripresenteranno gli stessi problemi che si hanno col petrolio: ad esempio l'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) calcola che i giacimenti di uranio attualmente conosciuti basteranno a soddisfare il fabbisogno fino al 2035 nel caso di una domanda media, e fino al 2026 nel caso di una domanda elevata come quella sostenuta dai fautori del nucleare.[19] Come succede col petrolio, c'è invece chi stima che le riserve accertate di uranio (non solo del pregiato uranio 235, quindi) economicamente sfruttabili con le tecnologie attuali basteranno ancora per un millennio, valutandole in 200 Gtep (miliardi di tonnellate di petrolio equivalenti), contro i 300 Gtep complessivi di petrolio e gas naturale:[20] si noti comunque che anche questi dati dimostrerebbero che c'è meno uranio che petrolio e gas.

Per circa cinque decenni, dal 1950 al 2000, il prezzo dell'ossido di uranio (naturale, quindi da arricchire successivamente: U3O8, concentrato di uranio, yellowcake) è stato generalmente basso e comunque quasi sempre in discesa considerando i prezzi al netto dell'inflazione[21], fatta eccezione per la seconda metà degli anni '70, quando salì come le materie prime in generale in seguito alle crisi petrolifere del 1973 e 1979.[22] Tale situazione favorevole era chiaro segno di una sempre maggiore disponibilità, nonostante la costante crescita dei consumi.

Tuttavia, nel primo decennio del nuovo secolo tale andamento si è bruscamente invertito, facendo crescere il prezzo del materiale fino a livelli reali mai raggiunti in precedenza (pur considerando l'effetto inflattivo sul dollaro),[21] anche con forti oscillazioni: in pochi anni si è passati da meno di 10$/lb del 2002 a oltre 130$/lb di metà 2007, con un successivo calo attorno a 85$/lb.[23]

Le centrali nucleari attualmente consumano circa 80 milioni di chilogrammi di uranio arricchito all'anno, contro una produzione di 45; circa 35 vengono dalle scorte pubbliche, e solo 16 sono scambiati sul mercato. Molti speculatori scommettono su un rialzo a breve termine del prezzo dell'uranio, e investono il proprio denaro in diritti di sfruttamento; le società di estrazione valutano la riapertura di molte miniere o filoni abbandonati in passato perché antieconomici, che ora possono al contrario risultare molto profittevoli.[24] Si ritiene che questo repentino aumento del prezzo sia dovuto alla riduzione dell'uranio proveniente dallo smantellamento delle armi nucleari russe e dall'aumento di richiesta dell'uranio che ha ridotto le scorte dei produttori. L'aumento delle attività estrattive dovrebbe ridurre il costo della materia prima,[25] che comunque al 2001 incide solamente per il 5-7% del totale dei costi riguardanti la produzione di energia nucleare.[26]

L'utilizzo di reattori autofertilizzanti potrebbe innalzare significativamente l'efficienza di utilizzo dell'uranio portando dal 5% degli attuali reattori ad un teorico 100% dei reattori autofertilizzanti di nuova generazione.[27] L'innovazione introdotta da questa nuova tecnologia (FBR, Fast Breeder Reactor) sfrutta la conversione dell'isotopo non fissile uranio 238 (circa 140 volte più abbondante dell'isotopo fissile con numero di massa 235) in plutonio 239. Tuttavia il plutonio è materiale adatto alla realizzazione di armamenti ed è chimicamente tossico (oltre che molto radioattivo), per cui la sua produzione è problematica. Questi reattori nuova generazione sono stati sperimentati in passato con scarso successo con alcuni modelli: uno di essi era il francese Superphénix, oggi chiuso per problemi tecnici; altri sono ancora operativi. Ultimamente l'interesse è cresciuto perché il progressivo esaurimento dell'uranio potrebbe renderli molto convenienti e sono in corso studi per nuove generazioni che si prevede entrino in funzione dal 2030.

Per far fronte a questo problema sono state sviluppate inoltre delle centrali nucleari che utilizzano il torio al posto dell'uranio come combustibile nucleare. Poiché il torio è molto più comune dell'uranio potrebbe fornire combustibile per moltissimi secoli, anche se è necessario un procedimento di fertilizzazione del torio per trasformarlo in uranio fissile. Come ulteriore vantaggio non sono note, a tutt'oggi, tecniche per produrre armi nucleari a partire dal torio e dai rifiuti nucleari delle centrali che lo usano. In India sono già operative alcune centrali nucleari a torio, la scelta di questo combustibile è stata particolarmente vantaggiosa per la nazione asiatica che possiede numerose miniere dell'elemento sul suo territorio.[28]

Incremento della produzione

I promotori del nucleare sostengono che sia possibile aumentare in maniera relativamente rapida il numero di centrali: in media la costruzione di reattori di ultima generazione dura dai tre ai quattro anni; secondo altri invece ne servono non meno di cinque, e in ogni caso è molto di più di quanto serva per costruire ad esempio una centrale elettrica a metano (uno o due anni). I soli costi di costruzione, che ammontano ad almeno due miliardi di dollari per centrale, abbinati al lungo tempo necessario, rendono in ogni caso molto difficile incrementare sensibilmente la produzione di elettricità da nucleare in breve termine: raddoppiare la produzione statunitense come molti sostengono che si debba fare costerebbe un migliaio di miliardi di dollari[29].

Molti dei sostenitori del nucleare demoliscono le obiezioni sulla base delle caratteristiche delle centrali di quarta generazione: il progetto relativo però punta a giungere a un prototipo solo nel 2030 (una centrale a fusione nucleare è prevista dal progetto ITER per il 2050, anche se la probabile data di possibile utilizzo della fusione nucleare per la produzione di energia elettrica viene rinviata da decenni), perciò appare irrealistico considerarle all'interno di una politica energetica nazionale a breve termine quando ci sono alternative molto più vicine e semplici da sviluppare con risultati forse migliori. Per questo, in Italia nel 2006 il Presidente del consiglio Prodi ha liquidato i suggerimenti dell'opposizione di riconsiderare l'abbandono del nucleare con un secco «se ne riparla fra vent'anni».

Produzione centralizzata contro generazione distribuita

Il nucleare è il metodo di produzione di elettricità che realizza in massimo grado la concentrazione e centralizzazione della produzione tipica del passato (a partire dalle prime centrali elettriche), e di tutte le centrali elettriche alimentate da combustibili fossili. Secondo questo modello, la produzione è concentrata in pochi punti da dove poi l'elettricità è distribuita attraverso poderose reti elettriche fin dove serve. In questo modo, prima di tutto si rendono necessari grandi investimenti per la costruzione e manutenzione delle reti, e in secondo luogo si crea un forte potere di controllo della vita (non solo economica) delle persone accentrato nelle mani di pochi. Questo risulta evidente ad esempio quando un paese (o una società) forte produttore di gas dimostra di poter decidere unilateralmente di diminuire le esportazioni lasciando sprovvisti i paesi consumatori ed esponendoli a gravissimi rischi economici e vitali, ma anche quando la rottura di un solo elettrodotto mette al buio un intero Paese (l'Italia ha subito entrambe le evenienze).

Infatti ormai l'elettricità è fondamentale per qualsiasi attività umana, e non è più accettabile come in passato il rischio di esserne privati: non si tratta più di poter tenere accesa qualche lampadina elettrica invece di un lume a petrolio come all'inizio dell'era elettrica, ma di sopravvivere: a partire dalle riserve alimentari conservate nei frigoriferi fino ad arrivare al caso estremo degli ospedali, dove una carenza di elettricità può facilmente determinare la morte di pazienti in situazioni critiche.

L'unico modo per risolvere questi problemi è distribuire la produzione: sparpagliare per tutto il territorio piccoli impianti di produzione vicini ai consumatori, più facilmente controllabili da parte degli stessi e soprattutto impossibili da disattivare con conseguenze disastrose come quelle che possono derivare dallo spegnimento di una centrale elettrica da 1000 MW in un momento di picco della domanda. In questo modo si realizzerebbe una vera democratizzazione dell'elettricità. Tutto ciò è possibile grazie allo sviluppo delle conoscenze tecnologiche in merito alle fonti rinnovabili: solare, eolico, microidroelettrico, geotermico e biomasse sono tutte fonti che si potrebbero prestano a uno sviluppo in funzione dell'obiettivo di cui sopra.

Per chi propugna l'idea della produzione diffusa, la crescita del prezzo dei combustibili fossili è un'occasione di ripensare il vecchio modello e di adottare il nuovo, che il ritorno del nucleare ci farebbe sprecare[30].

Questioni economiche

Economicità dell'elettricità da nucleare

I costi di costruzione di una centrale nucleare sono notoriamente molto maggiori che in una centrale tradizionale a causa delle misure di sicurezza da adottare, ma una volta costruita, secondo diversi studi, produce energia a costi maggiormente competitivi.[31][26][32] I principali punti su cui si fondano tali tesi, tralasciando il vantaggio ambientale derivato dall'abbattimento delle emissioni di gas serra, si possono così riassumere:

  • l'incidenza del costo della materia prima e dell'intero ciclo del combustibile, compresa la gestione del combustibile esaurito, incide in maniera modesta sul costo totale di produzione;
  • non viene utilizzato un combustibile presente in quantità in progressivo esaurimento e fortemente legato a fluttuazioni del costo anche in ragione di contingenze geopolitiche, come nel caso dei combustibili fossili;
  • le risorse di uranio sono disponibili in quantità sufficiente per continuare la produzione di energia nucleare a lungo termine e a costi stabili (anche in relazione alle diverse tipologie di reattori attualmente esistenti o sviluppabili in futuro);
  • l'investimento di capitale è molto spesso in gran parte ammortizzato.

Alcuni studiosi sostengono che l'energia nucleare sia economicamente svantaggiosa e che gli enormi capitali necessari alla costruzione di un impianto non possono essere compensati dalla produzione di energia. Paine ha dichiarato: «L'analisi [...] suggerisce che anche nelle condizioni più ottimistiche (dove i costi sono considerevolmente tagliati ed i redditi salgono notevolmente), le centrali nucleari dell'attuale generazione, nel corso della loro vita, possono arrivare al massimo a coprire i costi[33]».

I punti principali nella sua argomentazione sono:

  • è improbabile che i costi di costruzione siano recuperati con l'attività dell'impianto, considerata la sua durata e il guadagno attesi;
  • il costo delle altre fonti di energia (come petrolio, gas naturale, carbone) dovrebbe salire in modo non realistico affinché il nucleare diventi competitivo (mentre il costo delle fonti rinnovabili, già inferiore in alcuni casi, è destinato a scendere sempre più col migliorare delle tecnologie);
  • l'impianto raramente funziona a pieno regime, solitamente è sfruttato soltanto in parte (Paine sostiene che il 58% sia la norma) dal momento che alcuni impianti periodicamente devono essere fermati per controlli di sicurezza. Aumentare questa percentuale ci esporrebbe inevitabilmente a un rischio;
  • a conti fatti, l'energia nucleare sarebbe un investimento proficuo solo negli scenari più ottimisti (durata della vita massima, miglioramento della tecnologia, costi d'esercizio e dell'energia).

Paine non discute delle problematiche ambientali come lo smaltimento delle scorie. Lamenta anche il fatto che i dati precisi sulla convenienza in termini economici dell'energia atomica non sono disponibili al pubblico.

Il prezzo di un kWh nucleare ammonta in definitiva a circa 6,1 centesimi di euro, secondo prudenti stime del ministero dell'energia degli Stati Uniti, includendo anche una stima dei costi di confinamento delle scorie: si tratta di un prezzo molto superiore non solo a quello di un kWh a carbone o a gas, ma anche di quelli eolico e da biomasse)[34] (ricordiamo che negli Stati Uniti non si costruiscono nuove centrali dal 1978). Per valutare questo dato, è necessario un più generale confronto coi costi di tutte le altre fonti energetiche alternative, soprattutto nel medio-lungo periodo (si veda sotto).

Queste argomentazioni sono state messe negli ultimi anni in dubbio dato che lo sviluppo di centrali nucleari di terza e quarta generazione aumenta l'efficienza e riduce i costi raddoppiando la vita utile delle centrali. D'altronde, questo non inficia le obiezioni relative ai costi di costruzione e smantellamento delle centrali e soprattutto di confinamento delle scorie.

Per molti, la dimostrazione finale e incontestabile della non economicità dell'elettricità da fissione nucleare è che da decenni nessuna azienda privata ha pensato di costruire una nuova centrale, se non dove sussistono ingenti sovvenzioni statali in seguito a una precisa scelta puramente politica, come per certe fonti rinnovabili (ad esempio il fotovoltaico), che senza contributi statali non avrebbero alcuna convenienza economica, se non in casi particolari.

Esternalità

Il nucleare ha anche uno dei più bassi costi esterni, ad esempio in termini di ambiente e persone, anche se stime di questo genere sono estremamente inaffidabili perché il costo principale, e cioè il confinamento per secoli o millenni di migliaia di tonnellate di rifiuti radioattivi in siti sicuri (insieme allo smantellamento delle centrali vecchie), presenta incognite insuperabili. Per i sostenitori dell'energia atomica, invece, essa è la sola fonte di energia che nei costi totali include esplicitamente i costi stimati per il contenimento delle scorie e per lo smantellamento dell'impianto (ma questi costi sono difficilmente stimabili e stime al ribasso costringeranno i governi a spendere denaro pubblico per pagare lo smaltimento dei rifiuti pericolosi), e il costo dichiarato degli impianti a combustibile fossile è basso in modo fuorviante per questo motivo (il protocollo di Kyōto, inserendo nei costi le esternalità ambientali a livello di effetto serra, dovrebbe correggere questo punto: il nucleare, considerando gli effetti esterni associati a ogni modo di produrre energia, sarebbe quindi un modo economicamente competitivo e rispettoso dell'ambiente per produrre energia rimpiazzando i combustibili fossili[35]. Secondo alcune stime, nel Regno Unito per esempio i costi esterni per il nucleare ammontano a 0,25 centesimi di euro al kWh, cioè poco più che per l'eolico (0,15 centesimi di euro per kWh), ma molto meno che per il carbone (da 4 a 7 centesimi di euro per kWh), il petrolio (da 3 a 5 centesimi di euro per kWh), il gas (da 1 a 2 centesimi di euro per kWh) e le biomasse (1 centesimo di euro per kWh)[36].

Confronto con altre fonti energetiche

L'economicità dell'energia nucleare dipende anche dai costi delle fonti alternative: per questo in molti paesi, se l'energia atomica non è popolare, in tempi di crescita dei prezzi per i combustibili fossili, le argomentazioni a sostegno dell'energia nucleare riemergono[37].

In alcuni luoghi, specialmente dove le miniere di carbone sono molto lontane dagli impianti, l'energia atomica è meno costosa, mentre in altri risulta avere un prezzo all'incirca pari o maggiore. Gli stessi paragoni possono essere fatti con gas e petrolio.

Inoltre, il costo dichiarato di molte energie rinnovabili aumenterebbe se fosse inclusa la fornitura delle fonti di riserva necessarie nei periodi in cui la natura intermittente di sole, vento, onde, eccetera non permette di produrre energia. Considerando questo è stato calcolato che l'energia eolica, una delle più grandi speranze per l'abbandono del nucleare, costerebbe il triplo del costo medio dell'elettricità in Germania[38]. D'altro canto il collegamento di tutte le reti elettriche nazionali permette di compensare le carenze di produzione temporanee di un luogo con le eccedenze di un altro; inoltre nessuno sostiene che l'elettricità debba essere prodotta esclusivamente con eolico e fotovoltaico, che dovranno sempre (o comunque per tempi ancora molto lunghi) essere integrati con produzioni più controllabili quali la combustione di biomasse.

Diversi studi hanno mostrato come l'energia nucleare, se si tenesse conto dei costi necessari per lo smaltimento delle scorie, risulta molto più costosa di molte altre fonti energetiche.

Bilancio energetico dell'elettronucleare

Non è esatto dire che il bilancio energetico del nucleare sia in effetti totalmente positivo nella produzione di energia, perché il processo completo, dall'estrazione del combustibile sino alla fissione, può consumare più energia di quella prodotta. La centrale elettronucleare in questo caso produce complessivamente meno energia rispetto all'energia consumata per permettere le attività di estrazione mineraria, la purificazione chimica e l'arricchimento isotopico. Un paese che compra il combustibile fissile da un altro paese, in pratica, comprerebbe indirettamente l'energia che il primo paese ha utilizzato nell'estrazione e nel raffinamento di combustibile, usando probabilmente anche combustibili non rinnovabili come fonte di energia, fra cui anche il petrolio, dalla cui economicità dipenderebbe quindi quella del nucleare (il che è un paradosso, visto che l'aumento dei costi del petrolio è uno degli argomenti favoriti dai sostenitori del nucleare). È noto che la validità di questa affermazione dipende fortemente dalla purezza iniziale del minerale nativo estratto. Questo bilancio viene chiamato EROEI e per una centrale nucleare può variare da meno di 1 (resa negativa) fino ad arrivare a 100 (rapporto molto conveniente).

Il problema dei costi assicurativi e legali

Vista l'entità del rischi che comportano, nella maggior parte di paesi le centrali nucleari non possono essere assicurate solamente da assicuratori privati, a causa degli alti costi prospettati nel caso di un incidente grave: nessuna società di assicurazioni. Nel 2005 il governo statunitense ha fissato a 300 milioni di dollari la cifra massima stipulabile per un'assicurazione in questo campo, mentre il rischio di un grave incidente nucleare sarebbe molto maggiore (anche se questo non è successo nel caso di Three Mile Island). Per questo motivo i governi devono sostenere le spese assicurative[39]. Questa pratica è simile a quella per le banche, che sono anch'esse sostenute con garanzie pubbliche per risarcire i risparmiatori in caso di fallimento (evento esremamente improbabile, oggigiorno, nei Paesi occidentali).

La legge Price-Anderson Act, la prima legge completa al mondo sulla responsabilità nucleare, è fondamentale nella risoluzione della questione della responsabilità per gli incidenti nucleari dal 1957. Viene rinnovata ogni dieci anni circa, con un forte sostegno bipolare, e stabilisce che gli operatori individuali sono responsabili per due livelli di copertura assicurativa:

  1. il primo livello riguarda l'obbligo per ogni sito nucleare di sottoscrivere una polizza con copertura di 300 millioni di dollari presso assicuratori privati;
  2. al secondo livello, se richiesto, fanno fronte congiuntamente tutti gli operatori di reattori degli Stati Uniti; questo livello viene finanziato con pagamenti retroattivi fino a 96 milioni di dollari per ogni reattore, raccolti in rate annue di 15 milioni e adeguate tenenedo conto dell'inflazione.

La cifra totale supera i 10 miliardi di dollari (il ministero dell'energia fornisce 9,5 miliardi per le proprie attività nucleari). Indipendentemente dalla responsabilità, il Congresso, in qualità di assicuratore ultimo, deve decidere come disporre i risarcimenti nel caso in cui le richieste avanzate superino la cifra coperta di 10 miliardi. Nel 2005, la legge è stata nuovamente rinnovata dal Congresso all'interno della Legge sulla politica energetica del 2005.

Una critica che talvolta viene sollevata è che più di 40 anni di ricerca non sono riusciti a creare un settore abbastanza sicuro da coprire i propri costi assicurativi. I sostenitori del nucleare tuttavia asseriscono che questo problema verrà risolto da progetti più sicuri come il reattore modulare nucleare pebble bed.

La proliferazione nucleare

Un'altra argomentazione contro l'energia nucleare è il rischio costituito dall'aumento di scorie e combustibili nucleari prodotti, in circolazione e depositati temporaneamente in magazzini di fortuna. Infatti, anche materiale fissile di bassa qualità può essere adoperato per costruire le cosiddette bombe sporche, dove la maggior parte del potere deflaglatorio è fornito da esplosivi tradizionali, con del materiale fissile che, pur non potendo innescare una reazione a catena degna di una vera e propria bomba atomica, facilmente diffonde grandi quantità di radiazioni e polveri radioattive comunque molto rischiose per la salute, il che le renderebbe fra l'altro un ottimo strumento per fini terroristici, anche grazie alla relativa facilità della preparazione.

Un' eventualità ancora più rischiosa è il potenziale collegamento fra usi civile e militare (che nella maggior parte dei paesi sono mantenuti rigorosamente separati), che potrebbe portare a un aumento dei Paesi possessori di bombe atomiche.

Nelle barre di combustibile nucleare industriali, la frazione di isotopo di uranio fissile 235 deve essere incrementata dalla percentuale naturale dello 0,7% fino al 5% per potere generare una reazione a catena; fanno eccezione quegli impianti che usano acqua pesante o grafite come moderatori, come i reattori CANDU o i reattori RBMK. Una centrale per l'arricchimento di uranio (per esempio quella tedesca di Gronau) potrebbe – con grande difficoltà – aumentare la quantità dell'U 235 fino all'80% o più in modo da poter realizzare delle armi nucleari. Di conseguenza, alcune delle tecniche per l'arricchimento dell'uranio sono mantenute segrete (per esempio la diffusione gassosa, la centrifuga del gas, l'AVLIS e il ritrattamento nucleare).

Gli oppositori del nucleare sostengono che non è possibile distinguere fra uso civile e uso militare e quindi l'energia nucleare contribuisce alla proliferazione delle armi nucleari. Mentre è possibile far funzionare una centrale nucleare con materiali non affini alle armi, il possesso di un reattore comporta l'accesso a materiali ed impianti che possono essere usati in speciali reattori militari a bassa combustione e ritrattati per produrre plutonio, l'elemento essenziale per la costruzine di armi nucleari ad alta resa. Questo è ciò che è accaduto in Israele, in India, in Iran, in Corea del Nord e in Sudafrica (che in seguito ha consegnato le proprie armi nucleari): tutti hanno dato il via a programmi "pacifici" per l'energia nucleare con reattori che poi sono stati usati per produrre plutonio adatto per le armi; si teme molto che il programma iraniano abbia lo stesso scopo. Israele, Iran e Corea del Nord attualmente non dispongono di centrali nucleari, mentre il Sudafrica ne ha aperta una molto dopo essersi dotato di armi nucleari. A molti pare una stridente contraddizione che George Bush nel 2006 abbia fortemente sostenuto l'opzione del nucleare come fonte energetica sicura, economica e pulita opponendosi contemporaneamente con tutte le proprie forze al programma nucleare iraniano, fino al punto di minacciare un intervento militare: se nonostante tutte le assicurazioni dell'Iran che lo scopo del progetto è puramente civile la sola possibilità che non sia così è sufficiente perché il rischio che si producano armi atomiche sia considerato tanto grave da imporre interventi tanto pesanti, allora è insostenibile la posizione di chi sostiene che le centrali nucleari non costituiscano un rischio di proliferazione nucleare.

Gran parte del timore popolare per la possibile proliferazione delle armi deriva dalla considerazione dei materiali fissili. Ad esempio, a proposito del plutonio contenuto nel combustibile esaurito che ogni anno viene generato dai reattori nucleari commerciali di tutto il mondo, è corretta ma fuorviante l'affermazione secondo cui servono solo pochi chili di plutonio per fare una bomba: tutti i paesi infatti dispongono di uranio in quantità tali da poter costruire alcune armi (l'uranio andrebbe però arricchito).

Il plutonio è una sostanza con proprietà variabili a seconda della fonte. È composta da diversi isotopi, come Pu-238, Pu-239, Pu-240 e Pu-241. Si tratta sempre di plutonio ma non tutti questi tipi sono fissili: solo Pu-239 e Pu-241 possono essere sottoposti alla normale fissione in un reattore. Il plutonio 239 è un combustibile nucleare eccellente; è stato anche molto usato nelle armi nucleari perché ha un tasso di fissione relativamente basso e una bassa massa critica: di conseguenza, il plutonio 239, con soltanto una piccola percentuale di altri isotopi presenti, è spesso definito plutonio "weapons-grade" in inglese ("per le armi"). È stato usato nella bomba di Nagasaki nel 1945 e in molte altre armi nucleari.

D'altro canto, questo plutonio è totalmente diverso da quello usato nei reattori, che viene normalmente prodotto in tutti i reattori delle centrali nucleari commerciali e che può essere separato ritrattando il combustibile esaurito. Il plutonio dei reattori contiene un'alta percentuale (fino al 40%) di isotopi di plutonio più pesanti, soprattutto il Pu-240, perché è dovuto rimanere nei reattori per un periodo di tempo relativamente lungo. Questo non costituisce un problema particolare per il riutilizzo del plutonio in combustibile ossido misto (MOX) per i reattori, ma influisce pesantemente sull'idoneità dell'impiego del materiale nelle armi nucleari. A causa della fissione spontanea del Pu-240, nel materiale per la produzione di armi ne è tollerabile solo un quantitativo molto limitato. La progettazione e la costruzione di esplosivi nucleari con il normale plutonio usato per le armi sarebbero difficili ed inaffidabili e finora nessuno le ha mai perseguite; tuttavia è stato creato un ordigno nucleare con plutonio a bassa combustione proveniente da un reattore nucleare Magnox. Testato nel 1962, la sua composizione non è mai stata ufficialmente resa nota, ma chiaramente si aggirava attorno al 90% di Pu-239 fissile. Tale metodo di produzione era molto costoso, inaffidabile e facilmente individuabile (il combustibile deve restare nel reattore per un periodo di tempo relativamente breve, ossia poche settimane, rispetto al normale uso, pari ad alcuno anni, e con una resa relativamente limitata). Tutti questi fattori hanno contribuito al fatto che non si ripetessero altre esperienze analoghe a quella dell'ordigno del 1962.

Il plutonio ad alta concentrazione può essere usato per la costruzione di armi nucleari, ma in pratica è usato ancora nelle centrali nucleari in barre di combustibile di MOX. I fautori nel nucleare rispondono affermando che esistono diverse tipologie di centrali nucleari che utilizzano tecnologie che non possono aver applicazioni militari e i paesi del primo mondo potrebbero vendere queste tecnologie agli altri paesi per evitare la proliferazione nucleare. Difatti, molti studi sulle centrali nucleari al Torio partono proprio da questo genere di considerazioni.

Quadro della situazione nei vari Paesi

Europa (compresa la Federazione Russa)

Italia

L'Italia tra gli anni '60 e '70 decise di dotarsi del nucleare, avviando in tal modo la costruzione di centrali; qualche anno dopo, nel 1987, ha tenuto tre referendum[40] riguardanti il finanziamento pubblico e gli incentivi alla costruzione di centali, nonché il divieto per l'ENEL di parteciparvi; l'anno successivo pertanto si è sospesa la costruzione di nuove centrali e si sono avviate le procedure di chiusura delle quattro attive: la moratoria su questo punto, inizialmente valida dal 1988 al 1993 è stata prolungata a tempo indeterminato. Il risultato del referendum è stato successivamente interpretato come una volontà di chiudere le quattro centrali nucleari esistenti e di fermare gli investimenti in tal senso (non di vietare l'atomo e la ricerca). Questo processo terminò con la chiusura dell'ultima centrale nel 1990. La questione è molto delicata e controversa: l'Italia importa comunque notevoli quantità di energia elettrica prodotta da centrali nucleari dalla Francia e dalla Svizzera, e alcuni ritengono che il contenuto di uno dei tre referendum sia stato disatteso in quanto l'Enel sta collaborando con importanti aziende europee in fatto di nucleare; inoltre molti ritengono che il risultato del referendum fu dovuto esclusivamente all'impatto emozionale causato da Chernobyl (che portò a pensare al fatto che il nucleare non fosse sicuro) e non a una profonda riflessione sulle politiche energetiche.

Specie ultimamente si discute nuovamente del ritorno all'atomo, dipinto dai suoi sostenitori più convinti come una facile soluzione ai problemi energetici dell'Italia, uno dei paesi europei dove l'elettricità costa di più (secondo loro proprio a causa della rinuncia al nucleare)[41].
Secondo altri osservatori, il costo dell'energia in italia è invece alto a causa di una mancata liberalizzazione completa del mercato dell'energia italiano, anche perché la discrepanza di costo è costante sia nei confronti dei paesi europei nuclearizzati, che in confronto agli altri [42].

Gli investimenti italiani nel nucleare

Grazie al decreto Marzano del 2003[senza fonte] l'Enel ha potuto acquistare nel novembre 2004 il 66% della Slovenke Elektarne (SE), massima produttrice di elettricità in Slovenia e seconda dell'Europa centro-orientale coi suoi 7 000 MWe di potenza, di cui 2 600 MWe da 6 reattori nucleari VVER 400. L'Enel si è offerta di finanziare la costruzione in Slovacchia di due nuovi reattori rimasti allo stadio di progetto dal 1991 per mancanza di fondi.

Nel 2005 inoltre l'ENEL ha sottoscritto un accordo con EdF per partecipare allo sviluppo del nucleare di terza generazione, l'EPR (European Pressurized water Reactor): dovrebbe partecipare alle spese per il 12,5%, con un investimento preventivato in 375 milioni di euro per la costruzione di una nuova centrale da 2 000 MWe in Normandia, a Flamville (penisola di Cotenten); in cambio otterrebbe la possibilità di mandare propri dipendenti a condurre dei tirocini in loco, acquisendo così le competenze e le risorse umane necessarie per un eventuale ritorno al nucleare in patria.

Inoltre è in fase di studio un ulteriore accordo tra ENEL e EdF attraverso il quale quest'ultima darebbe in gestione 4 o 5 delle proprie centrali nucleari in territorio francese ad ENEL (tramite la costituzione di una società mista) in cambio dello sblocco da parte del governo italiano della partecipazione di maggoranza che Edf ha in Italenergia Bis (la holding che controlla Edison, il secondo produttore elettrico italiano dopo ENEL).

Anche l'Ansaldo Energia ha fatto tornare in attività una sua divisione, la Ansaldo Nucleare, che fa capo a Finmeccanica e con 150 dipendenti si occupa attualmente della costruzione del secondo reattore della centrale rumena di Cernavoda (ad uranio naturale), che soddisfa il 10% dei consumi nazionali, ma non ha mai smesso le proprie collaborazioni in Armenia, Ucraina (compresa Chernobyl), Cina e Francia. [43]

Inoltre, si dice che l'Italia potrebbe partecipare allo sviluppo del nucleare di quarta generazione, entrando a far parte del IV Generation Forum (Gen IV).

Belgio

In Belgio l'abbandono del nucleare è stato legiferato nel luglio del 1999 dai liberali, dai socialisti e dall'AGALEV (ora Groen!), il partito dei verdi. La legge in questione ha stabilito la chiusura di tutti i sette reattori belgi dopo 40 anni di funzionamento, senza che in seguito venissero costruiti nuovi reattori. Dopo l'approvazione di questa legge si è vociferato sul fatto che la decisione potesse essere revocata quando fosse salita al potere un nuovo esecutivo non comprendente i verdi.

In effetti nel 2003 si è insediato un nuovo governo senza l'apporto dei verdi. Tuttavia, nel 2005, non c'è nessuna indicazione che possa far presumere che il governo corrente revocherà la legge sull'abbandono nucleare, dopo che l'incidente di Tihange del 22 novembre 2002 ha spinto l'opinione pubblica contro l'energia nucleare. Nel settembre 2005 il governo belga ha però deciso di posporre l'abbandono del nucleare per altri 20 anni, con la possibilità di ulteriori rinvii. Non è ancora stata decisa la costruzione di nuovi impianti, anche se essa sembra probabile. Il motivo del cambiamento di rotta è dovuto al fatto che il governo ha giudicato irrealistica la sostituzione del nucleare con fonti alternative come sperato dai verdi. Le altre opzioni sarebbero l'aumento dell'uso dei combustibili fossili (incompatibile con i dettami del protocollo di Kyōto) o l'importazione di energia dall'estero (che renderebbe il paese meno indipendente energeticamente e che sarebbe comunque di origine nucleare).

Nel mese di luglio del 2005, l'autorità nazionale di pianificazione ha pubblicato un nuovo rapporto dichiarando che il petrolio e altri combustibili fossili coprono il 90% del fabbisogno belga di energia, l'energia nucleare soltanto il 9% e l'energia rinnovabile il restante 1%. Bisogna notare che la produzione di elettricità incide solo per il 16% dei consumi energetici. Anche se il paese dipende solo al 9% dal nucleare, nelle Fiandre ed in altre aree l'energia elettrica di origine nucleare copre il 50% dell'elettricità richiesta da case e aziende; questo è uno dei principali motivi per cui il paese ha cambiato rotta, infatti era impossibile coprire con energie alternative più del 50% della domanda, né si poteva passare al carbona a causa del protocollo di Kyōto. Le attuali proiezioni prevedono che entro 25 anni l'energia rinnovabile aumenterà al 5%, a causa degli alti costi delle altre fonti. Il programma attuale del governo assicura che tutte le centrali nucleari cesseranno il loro funzionamento entro il 2025. Il rapporto suscita inquietudini circa i gas a efftto serra e la sostenibilità.

Nel mese di agosto del 2005 il gruppo Suez francese si è offerto di comprare l'Electrabel belga, azienda che gestisce le centrali nucleari. Alla fine del 2005 Suez deteneva circa il 98,5% di tutte le azioni Electrabel; all'inizio del 2006 Suez e Gaz de France hanno annunciato una fusione.

Bulgaria

Federazione Russa

La Russia ha programmi per aumentare il numero di reattori in funzione da 29 a 59, finanziati con prestiti dell'Unione Europea. I vecchi reattori saranno potenziati e aggiornati, comprese le unità di RBMK, simili al reattore di Chernobyl.

Finlandia

Francia

La società elettrica francese EDF ha approvato la costruzione di un reattore EPR da 1630 MWe a Flamanville in Normandia, che dovrebbe cominciare alla fine del 2007 per essere completata nel 2012.

Germania

Nel 2000, il governo tedesco, comprendente Alleanza '90 - I Verdi ed il SPD ha annunciato ufficialmente l'intenzione di abbandonare l'uso dell'energia nucleare. Jürgen Trittin (membro dei Verdi), come assessore all'ambiente, della conservazione della natura e della sicurezza nucleare, ha raggiunto un accordo con le aziende di energia sulla graduale interruzione del funzionamento delle diciannove centrali nucleari del paese e sulla cessazione dell'uso civile dell'energia nucleare entro il 2020. Tale decisione è stata promulgata nella legge sull'uscita dal nucleare. Sulla base della valutazione in 32 anni del periodo medio di funzionamento per una centrale nucleare, l'accordo fissa in modo preciso la quantità di energia che una centrale elettronucleare può produrre prima di essere chiusa.

Le centrali elettriche di Stade e di Obrigheim sono state spente rispettivamente il 14 novembre 2003 e 11 maggio 2005, e il loro smantellamento è previsto per il 2007.

Una legge sulle fonti d'energia rinnovabili ha istituito un'imposta a favore dell'energia rinnovabile. Sostenendo che la tutela del clima è un tema centra della sua politica, il governo tedesco ha annunciato l'obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 25% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2005. Nel 1998 in Germania l'uso di energie rinnovabili ha raggiunto la quota di 284 PJ del fabbisogno energetico primario, che equivale al 5% della domanda elettrica totale. Il governo tedesco vuole raggiungere il 10% entro il 2010.

Gli attivisti antinucleari criticano l'accordo: pensano che esso sia una garanzia sul funzionamento piuttosto che un'uscita dall'energia nucleare. Inoltre hanno contestato la scadenza del piano ritenendola troppo estesa ed hanno criticato il fatto che il divieto di costruzione di nuove centrali nucleari di uso commerciale usate non si sia applicato agli impianti per scopi scientifici: alcuni di questi sono stati messi in funzione (per esempio München II). Inoltre non è stato applicato un divieto agli impianti per l'arricchimento dell'uranio e alla stazione di arricchimento di Gronau in seguito è stato esteso il permesso di funzionamento. Successivamente, il ritrattamento del combustibile nucleare non è stato vietato con effetto immediato, ma bensì permesso fino a metà 2005.

Anche se i reattori in Obrigheim sono stati chiusi, lo smantellamento di tali impianti comincerà soltanto nel 2007. Di conseguenza, potrebbe essere possibile decidere di rimetterli in funzione dopo la successiva elezione federale di settembre (questo provvedimento era stato proposto dalla CDU, allora forza di opposizione).

Gli attivisti antinucleari hanno contestato il governo tedesco, che non avrebbe fatto altro che sostenere l'energia nucleare fornendo le garanzie finanziarie per i produttori di energia. Inoltre è stato precisato che non esistono, finora, programmi per il deposito finale delle scorie radioattive. Rendendo più restrittive le norme di sicurezza e incrementando la tassazione, si potrebbe forzare un più rapido abbandono dell'energia nucleare. La chiusura graduale delle centrali nucleare è stata accompagnata da concessioni in materia di sicurezza per la popolazione dei trasporti di scorie nucleari attraverso la Germania. Quest'ultimo punto non è stato applicato dal ministro dell'ambiente, della conservazione della natura e della sicurezza nucleare.

A causa dei prezzi in aumento dei combustibili fossili, sono ancora riprese con vigore le discussioni sull' abbandono dell'abbandono. Nella campagna per l'elezione federale nel 2002, Edmund Stoiber, il candidato per la carica di cancelliere del CDU/CSU, ha promesso, nel caso di vittoria, di annullare l'uscita dall'energia nucleare. Il suo successore e attuale cancelliere, Angela Merkel, ha annunciato di voler negoziare con le aziende di energia la scadenza per la interruzione delle centrali nucleari.

Chi critica l'abbandono dell'energia nucleare in Germania sostiene che le centrali nucleari potrebbero non essere adeguatamente rimpiazzate e predice una crisi energetica, oppure sostiene che soltanto il carbone potrebbe sostituire l'energia nucleare. Le emissioni di CO2 aumenterebbero enormemente (con l'uso del petrolio e dei combustibili fossili); altrimenti, si dovrebbe importare elettricità dalle centrali nucleari francesi o gas naturale della Russia, vista come un alleato di cui non ci si può ancora fidare.

Gran Bretagna

Un sondaggio in Gran Bretagna effettuato nel 2003 a nome di Greenpeace ha mostrato un grande sostegno all'energia eolica. Il futuro del nucleare nel paese è attualmente oggetto di un attento esame. Sono presenti nel paese molti reattori che stanno raggiungendo la fine del loro ciclo di vita e non si sa ancora come sostituirli. Il Regno Unito inoltre non ha mantenuto i propri obiettivi di riduzione di emissioni di anidride carbonica e la situazione potrebbe peggiorare se non si costruissero nuove centrali nucleari. Nel paese esistono molte centrali alimentate a gas che producono relativamente poca anidride carbonica, ma ultimamente si sono riscontrati problemi nella fornitura di gas in quantitativi adeguati. Il governo ha da poco nominato un nuovo ministro dell'energia favorevole al nucleare.

Lituania

Paesi Bassi

Nei Paesi Bassi, nel 1994, il Parlamento ha votato a favore dell'abbandono dopo una discussione sulla gestione delle scorie nucleari. La centrale elettrica di Dodewaard fu chiusa 1997. Nel 1997 il governo ha deciso di far scadere la licenza di funzionamento dell'impianto di Borssele alla fine del 2003. Nel 2003, però, lo smantellamento fu rinviato al 2013 dal governo conservatore[44].

Nel 2005 la decisione fu annullata e sono stati stanziati fondi per ricerche nel campo dell'energia nucleare. Questo cambiamento è stato preceduto dalla pubblicazione di un fascicolo da parte dell'Alleanza Cristiano-Democratica sull'energia sostenibile; poi gli altri partiti della coalizione si allinearono. Nel 2006 il governo ha deciso che Borssele resterà aperta fino al 2033 se riuscirà ad ottemperare alle più severe norme in ambito di sicurezza. I proprietri, Essent e Delta, investiranno cinquecento milioni di euro nell'energia sostenibile insieme al governo, denaro che altrimenti secondo il governo avrebe dovuto essere versato ai proprietari delle centrali a titolo di risarcimento[45].

Repubblica Ceca

Romania

Slovacchia

Slovenia

La Slovenia chiuderà la sua unica centrale nucleare di Krško (gestita ora dall'ENEL) solo nel 2023, mentre ha recentemente deciso 2007 di costruire un'altra centrale nucleare.

Spagna

In Spagna è stata promulgata una moratoria dal governo socialista nel 1983 e si sono discussi a lungo i programmi per l'abbandono dell'energia nucleare. Si è puntato molto sull'eolico, che ormai soddisfa quasi per intero i consumi elettrici dell'Andalusia, permettendo alla Spagna di vantare il secondo posto al mondo dopo la Germania per produzione di energia eolica e un totale del 16,52% di elettricità prodotta da fonti rinnovabili.

Nel 2004 il Presidente Zapatero disse «Manterremo il nostro compromesso di sostituzione graduale di energia atomica per altre più sicure, pulite e meno costose, in modo ordinato nel tempo e con il massimo di consenso sociale»; nel settembre del 2006 ha promesso che non rinnoverà il permesso alla centrale termonucleare più vecchia del Paese, quella di Garoña, che fu costruita negli anni '70 e nel 2005 produceva l'1,25% dell'elettricità del Paese, sul 23,8% totale da nucleare, e che dovrà pertanto chiudere nel 2009. Zapatero ha promesso di non rinnovare il permesso a nessuna delle altre nove centrali, che dovranno pertanto chiudere entro il 2014, come da programma di Joaquín Almunia, che nel 1999 aveva detto «Chiuderò tutte le centrali in 15 anni e Garoña subito[46]».

Svezia

Dopo l'incidente alla Three Mile Island nel 1979, ci fu un referendum in Svezia giudicato iniquo da alcuni osservatori, perché prevedeva come scelte possibili, solo tre "no al nucleare", più o meno pesanti. Dopo che il Parlamento svedese decise nel 1980 che nessuna ulteriore centrale nucleare sarebbe stata costruita, l'abbandono svedese dell'energia nucleare dovrebbe essere completata entro il 2010. Dopo l'incidente di Chernobyl in Ucraina nel 1986, la questione della sicurezza dell'energia nucleare è stata sollevata di nuovo. Nel 1997 il Riksdag, il Parlamento svedese, decise di fermare uno dei reattori a Barsebäck entro l'1 luglio 1998 e il secondo prima del 1º luglio 2001 a condizione che l'energia da loro prodotta sarebbe stata compensata. Il governo conservatore seguente ha provato ad annullare la decisione ma, dopo le proteste, ha deciso di rinviare la scadenza al 2010. A Barsebäck, il blocco 1 è stato fermato il 30 novembre 1999, il blocco 2 l'1 giugno 2005.

L'abbandono dell'energia nucleare è un tema controverso in Svezia. Si teme che la Svezia perderà la relativa competitività internazionale. La produzione di energia delle centrali nucleari rimanenti è stata aumentata considerevolmente negli ultimi anni per compensare la dismissione di Barsebäck. Nel 1998, il governo ha deciso di non costruire ulteriori impianti idroelettrici per proteggere le risorse idriche nazionali. Nonostante i vasti sforzi sulle fonti alternative all'energia nucleare, per esempio i combustibili fossili, non è probabile che la Svezia possa completare l'abbandono dell'energia nucleare entro il 2010. È stato valutato che le attuali centrali nucleari resteranno in funzione fino al 2050.

Nel marzo 2005, un sondaggio di opinione su un campione di 1027 persone mostrò che l'83% era favorevole al mantenimento o all'incremento della produzione di energia nucleare. Un altro sondaggio del mese di maggio che ha interpellato chi abitava nei dintorni di Barsebäck ha mostrato che il 94% voleva che rimanesse. Nel giugno 2005 ci fu una perdita di liquidi radioattivi dal deposito di scorie nucleari di Forsmark: la quantità di cesio radioattivo in un campione d'acqua era dieci volte superiore alla norma. Questo, tuttavia, non ha provocato un grande ripensamento da parte dell'opinione pubblica. Nel 2006 il Partito Centrista, un partito di opposizione favorevole allo smantellamento, ha annunciato di non voler più opporsi all'energia nucleare, almeno per il momento, poiché era irrealistico pensare di poter abbandonare il nucleare a breve. Il partito ha reso noto che sosterrà l'opposizione, che è più favorevole al nucleare rispetto al governo.

Nell'agosto 2006 tre dei dieci reattori nucleari del paese sono stati chiusi per motivi di sicurezza a seguito di un incidente alla centrale nucleare di Forsmark, in cui due dei quattro generatori di emergenza non sono entrati in funzione, causando così una carenza d'energia. Tuttavia i sistemi di raffreddamento hanno funzionato e lo spegnimento è riuscito senza incidenti. Un altro reattora a Forsmark e un quinto della centrale di Ringhals sono stati scollegati per lavori di manutenzione. Con cinque dei dieci reattori totali fuori uso, la capacità di produrre energia della Svezia è calata di quasi un quinto.

Ringhals, la più potente centrale nucleare svedese, situata a circa 10 km a sud di Göteborg, con quattro reattori produce circa 24 TWh l'anno, il 21% del fabbisogno elettrico svedese.

Svizzera

In Svizzera ci sono stati molti referendum sull'energia nucleare, a partire da quello del 1979 per la sicurezza nucleare su iniziativa dei cittadini, che fu bocciato. Nel 1984, ci fu una votazione su un'iniziativa "per un futuro senza centrali nucleari", in cui si raccolse il 55% di voti contrari contro il 45% di favorevoli. Il 23 settembre 1990 in Svizzera si tennero due nuovi referendum: l'iniziativa "Fermiamo la costruzione di centrali nucleari", che proponeva una moratoria di dieci anni sulla costruzione di nuove centrali nucleare, fu approvata con il 54,5% contro il 45,5%, mentre la proposta di abbandonare l'energia nucleare fu bocciata con il 53% contro il 47%. Nel 2000 ci fu una votazione su una tassa verde per sostenere l'energia solare, proposta che fu rifiutata col 67% dei voti. Il 18 maggio 2003 ci furono due referendum: "Elettricità senza nucleare", che chiedeva una decisione sull'abbandono dell'energia nucleare, e "Moratoria più", per un'estensione della moratoria alla costruzione di nuovi impianti. Entrambi furono bocciati. I risultati furono: Moratoria Più 41,6% Sì, 58,4% No; Elettricità senza nucleare 33,7% Sì, 66,3% No.

Il programma della petizione "Elettricità senza nucleare" prevedeva di chiudere tutte le centrali nucleari entro il 2033: prima le unità 1 e 2 delle centrali di Beznau, poi Mühleberg nel 2005, Gösgen nel 2009 e Leibstadt nel 2014. "Moratoria più" sosteneva l'estensione della moratoria per altri 10 anni e un termine di 40 anni per la chiusura di tutte le centrali. Per rimandare la scadenza di altri dieci anni si sarebbe dovuto tenere un altro referendum, che sarebbe costato molto denaro. Il rifiuto di "Moratoria più" sorprese molti perché i sondaggi di opinione prima del referendum avevano mostrato un buon consenso. I motivi del rifiuto in entrambi i casi sono stati individuati nel peggioramento della situazione economica.

Al 2005, la Svizzera ha quattro reattori nucleari a Beznau (Beznau 1), Gösgen, Leibstadt e Mühleberg e circa il 40 per cento della sua elettricità è prodotto in centrali nucleare. Il rimanente 60% viene dalla produzione idroelettrica. Nel 2004 e nel 2005 la centrale di Leibstadt è stata spenta due volte per delle difficoltà tecniche.

Ucraina

Ungheria

Africa

Sudafrica

Il Sudafrica è l'unico paese del continente dotato di centrali nucleari. Dispone di una centrale a Koeberg, nonché di un'impianto per l'arricchimento a Pelindaba. È attualmente perseguita una politica d'espansione pasata sul reattore nucleare modulare pebble bed ed è in cantiere l'esportazione in Cina, nonostante l'opposizione di gruppi quali Earthlife Africa e Koeberg Alert.

America del Nord

Canada

Messico

Stati Uniti d'America

Negli Stati Uniti non si stanno costruendo nuove centrali ma 39 reattori hanno ottenuto il rinnovo della licenza. Sono state presentate tre domande per ottenere un Early Site Permit (permesso preventivo) e tre consorzi hanno fatto richiesta per la Combined Construction-Operating Licence in virtù del programma sull'energia nucleare del 2010. inoltre, la legge sulla politca energetica del 2005 contiene degli incentivi per dar ulteriore spazio all'energia nucleare. [41]

America del Sud

Argentina

In Argentina, il 6% circa dell'elettricità è prodotta da due reattori in funzione: la centrale di Embalse Río Tercero con un reattore CANDU6 e la centrale Atucha 1, un reattore ad acqua pesante pressurizzata tedesco. Nel 2001, l'impianto è stato modificato per usare l'uranio leggermente arricchito, trasformandolo così nel primo reattore ad acqua pesante pressurizzata al mondo ad usare questo combustibile. Inizialmente Atucha sarebbe dovuto essere un complesso comprendente diversi reattori. Si è ormai già provveduto alla costruzione di più della metà di Atucha 2 (simile ad Aucha 1 ma più potente), anche se non è mai entrato in funzione. L'Argentina dispone altresì di altri reattori usati a fini di ricerca ed esporta tecnologia nucleare.

Brasile

In Brasile, l'energia nucleare, prodotta da due reattori a Angra, costituisce circa il 4% dell'elettricità del paese, circa 13000 GWh all'anno.

Asia

Armenia

Cina

La Cina sta costruendo cinque reattori e altri venticinque sono in progetto.

Corea del Nord

In Corea del Nord si stavano costruendo due reattori ad acqua pressurizzata a Kumho, finché nel novembre 2003 le operazioni non vennero sospese. Il 19 settembre 2005 il paese si è impegnato ad abbandonare la costruzione di armi nucleari e ha accettao le ispezioni internazionali in cambio di aiuti energetici, che potrebero includere uno o più reattori ad acqua leggera. Nell'accordo si legge: "Le altre parti hanno espresso i propri punti di vista e hanno convenuto di discutere al momento opportuno l'argomento della fornitura di un reattore ad acqua leggera".

Corea del Sud

Dal 2005 la Corea del Sud ha diciotto reattori nucleari in funzione, ne sta costruendo altri due che dovrebbero essere attivati entro il 2004. Aumenta lentamente l'incidenza dell'energia rinnovabile, soprattutto idroelettrica.

Filippine

Nelle Filippine nel 2004 il presidente Gloria Macapagal-Arroyo ha esposto la sua politica energetica. Ha intenzione di aumentare le riserve di gas e petrolio nazionali con nuovi sondaggi, di sviluppare le risorse energetiche alternative, di imporre lo sviluppo del gas naturale come combustibile e del diesel di cocco come combustibile alternativo, nonché di creare delle partnerships con l'Arabia Saudita, i paesi asiatici, la Cina e la Russia. Ha anche reso pubblici i progetti di conversione della centrale nucleare di Bataan in un impianto alimentato a gas.

Giappone

Il Giappone sta costruendo tre reattori.

India

L'India ha otto reattori in fase di costruzione e altri ventiquattro sono in progetto.

Iran

Kazakistan

Pakistan

Note

  1. ^ (EN) The Globe of the Internationa Committee of the ANS
  2. ^ >(EN) Directory of Nuclear Power Plants
  3. ^ (EN) iaea.org: 50 years of nuclear energy (PDF)
  4. ^ La Nuova Ecologia n. 4 anno XXVI, aprile 2006.
  5. ^ (EN) Chernobyl Forum 2003-2005, Chernobyl's Legacy: Health, Environmental and Socio-Economic Impacts, documento .pdf
  6. ^ (EN) world-nuclear.org: Plans For New Reactors Worldwide
  7. ^ (EN) iaea.org: 50 years of nuclear energy (PDF)
  8. ^ (EN) world-nuclear.org: Plans For New Reactors Worldwide
  9. ^ (EN) iaea.org: luglio 2004 (PDF)
  10. ^ La Nuova Ecologia n. 4 anno XXVI, aprile 2006.
  11. ^ (EN) ecolo.org: James Lovelock, Nuclear power is the only green solution e issues2000.org: George W. Bush on Energy & Oil
  12. ^ Notizia ADN Kronos
  13. ^ ccnr.org: Campaign for Nuclear Phaseout, Nuclear power is not a solution to climate change
  14. ^ La Nuova Ecologia n. 4 anno XXVI, aprile 2006.
  15. ^ Jeremy Rifkin, Cinque no al nucleare, L'Espresso n. 34 anno LII, 31 agosto 2006.
  16. ^ Ibidem.
  17. ^ In inglese: http://www.ccnr.org/browns_ferry.html e http://en.wikipedia.org/wiki/Brown's_Ferry
  18. ^ Per una lista sintetica degli incidenti meglio noti si veda qui.
  19. ^ Jeremy Rifkin, Cinque no al nucleare, L'Espresso n. 34 anno LII, 31 agosto 2006.
  20. ^ Da Quark, n. 63, aprile 2006, p. 90.
  21. ^ a b Serie storica dei prezzi dell'Uranio a cura della Ux Consulting Company, in dollari correnti e normalizzata rispetto al valore del dollaro nel 2007.
  22. ^ Si noti a tal proposito la somiglianza del grafico precedente con quello relativo al prezzo del petrolio nello stesso periodo, elaborato dal WTRG e normalizzato rispetto al valore del dollaro nel 2006.
  23. ^ Si noti la rapida variazione dei prezzi durante il 2007 nel grafico degli ultimi due anni dal sito citato.
  24. ^ Su tutti i dati e le considerazioni di questo paragrafo, vedi Susan Moran e Anne Raup, La nuova corsa all'uranio spinge i prezzi alle stelle, per The New York Times, ne la Repubblica, 10 aprile 2007, p. VI.
  25. ^ Il prezzo dell’ uranio supera i 110 dollari per libbra, su archivionucleare.com, Archivio Nucleare. URL consultato il 27-06-2007.
  26. ^ a b Parere del comitato consultivo dell'Agenzia di approvvigionamento Euratom sul Libro verde della Commissione "Verso una strategia europea di sicurezza dell'approvvigionamento energetico", G.U. n. C 330 del 24/11/2001 pag. 0015 - 0020
  27. ^ (EN) Essentials of Nuclear Chemistry, pag.281
  28. ^ (EN) approfondimento sulle centrali al torio da American Scientist
  29. ^ Jeremy Rifkin, Cinque no al nucleare, L'Espresso n. 34 anno LII, 31 agosto 2006.
  30. ^ Jeremy Rifkin, Economia all'idrogeno. La creazione del Worldwide Energy Web e la redistribuzione del potere sulla Terra, Mondadori 2002.
  31. ^ Relazione dell'Ing. Ugo Spezia, Segretario Generale AIN
  32. ^ Ritornare al nucleare: come e perché, CIDIS - Centro Internazionale per la Documentazione e l'Informazione Scientifica
  33. ^ (EN) Jeffrey R. Paine, "Will Nuclear Power Pay for Itself?", The Social Science Journal, vol. 33, n. 4, pp. 459-473, 1996
  34. ^ La Nuova Ecologia n. 4 anno XXVI, aprile 2006.
  35. ^ (EN) world-nuclear.org: The Economics of Nuclear Power (2006)
  36. ^ (EN) externe.info: External costs for electricity production in the EU
  37. ^ (EN) telegraph.co.uk: Power price rises turn up the heat on consumers
  38. ^ (EN) BBC: Germany split over green energy (2005)
  39. ^ Si veda per esempio la legge stutunitense Price-Anderson sui risarcimenti dell'industria nucleare: Price-Anderson Nuclear Industries Indemnity Act.
  40. ^ Si veda qui per i dati sui referendum
  41. ^ (EN) energytrends.pnl.gov: Italy, national energy and policy overwiew
  42. ^ (IT) Comunicato Confartigianato, 30 marzo 2006
  43. ^ La Nuova Ecologia n. 4 anno XXVI, aprile 2006.
  44. ^ (EN) ecology.at: No nukes info source, Netherlands
  45. ^ (EN) Netherlands: Court case on closure date Borssele NPP (2001)
  46. ^ La Spagna cancella il nucleare e punta all'energia «pulita», di Gian Antonio Orighi, Lastampa.it (in PeaceLink)

Bibliografia

  • Virgilio Bettini, Scorie: l'irrisolto nucleare, UTET, 2006

Voci correlate

Collegamenti esterni

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