Torre Archirafi

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Torre Archirafi
frazione
Torre Archirafi – Veduta
Torre Archirafi – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Sicilia
Città metropolitana Catania
Comune Riposto
Territorio
Coordinate37°42′31″N 15°13′03″E / 37.708611°N 15.2175°E37.708611; 15.2175 (Torre Archirafi)
Altitudinem s.l.m.
Abitanti2 304
Altre informazioni
Cod. postale95010
Prefisso095
Fuso orarioUTC+1
Nome abitantiturroti
Patronosanta Maria del Rosario
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Torre Archirafi
Torre Archirafi

Torre Archirafi (in siciliano 'a Turri) è un piccolo borgo marinaro, frazione di Riposto e congiunto ad essa da sud dal lungomare Edoardo Pantano. Dall'abitato, nelle giornate terse è possibile ammirare un paesaggio che spazia dall'Etna e le sue pendici fino a Taormina, con le prime propaggini dei Peloritani, quindi alla costa reggina della Calabria.

Torre Archirafi è inoltre il punto di partenza di un percorso cicloturistico che termina nei pressi del fiume Alcantara.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'antica torre difensiva, dalla quale prende il nome la frazione, risalirebbe al XV secolo secondo quanto indicherebbe una lettera di re Martino del 1406, nella quale ne ordina la ristrutturazione. La torre si trovava sul promontorio allora esistente davanti alla chiesa del borgo marittimo di Torre Archirafi[1][2].

Giovanni Natoli Ruffo (1714-1769), figlio primogenito del principe Francesco Natoli Alifia e di Caterina Ruffo di Calabria, fu il primo duca d'Archirafi. Il titolo di "duca" venne concesso inizialmente a Francesco da parte di Carlo III di Borbone con un Dispaccio reale del 10 marzo 1736 e, a seguire, con un biglietto della Real Segreteria del 23 giugno dello stesso anno[1].

Fu il figlio Giovanni, al quale Francesco passò il titolo in occasione delle nozze con Gerolama Ardoino (1736), a scegliere la località di Archirafi per esprimerne la denominazione[1]. Tuttavia, il titolo venne esecutoriato molto tempo dopo, il 24 maggio 1741[3], dopo la risoluzione di un'aspra contesa dinanzi al Tribunale del Regno che vide opporsi ai Natoli la città di Jaci e la contea di Mascali, le cui corti tentarono con ogni mezzo di ostacolare la nascita della ducea, di fatto un cuneo in mezzo ai loro territori[1].

Una volta ottenuto l'infeudamento, Giovanni Natoli si preoccupò di portare a termine la piccola "palazzata", già in parte edificata dai suoi avi, gli Alifia-Castello, e si preoccupò di portare a termine, rispettando le volontà paterne (1741), la chiesa ducale annessa al palazzo, con diritto di cappellanìa, dedicata votivamente alla Madonna della Lettera, su indulto dell'arcivescovo di Messina[4][5][1].

Secondo Francesco Maria Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, il vecchio "fano", distrutto dall'impeto del mare, fu ricostruito nel 1762 in un luogo più sicuro[1][6]. Ne è prova il biglietto autografo inviato dallo stesso duca Giovanni Natoli al Villabianca, che lo conservò tra i suoi appunti per la Sicilia Nobile. L'intera vicenda, insieme a tanti altri riferimenti concernenti la ducea di Archirafi, è narrata dallo stesso Duca nel suo testamento, portato alla luce da pochissimo tempo, insieme ad altre carte del suo archivio personale[1].

La ragione fondamentale della ricostruzione della torre "in un luogo più alto e riparato" - come afferma egli stesso - risiedeva nella curiosa denominazione, riportata su carte geografiche, militari e non, con la quale a quel tempo si denominava la "vecchia" torre in riva al mare: Arcurafi ou les Trois Tours du Philosoph (Arcurafi o le tre torri del Filosofo). Si trattava, quasi certamente, di un allineamento tra tre torri che scendevano lungo il versante Est dell'Etna, formando un percorso quasi lineare, che congiungeva in un'unica traiettoria la torre di Empedocle (nota come Torre del filosofo), la torre Rondinella e la torre di Archirafi[1].

E' proprio sull'origine del toponimo che si giocano le sorti etimologiche delle due torri che stavano alle estremità (costiera e sul vulcano). L'etimo di origine bizantina (aktì ràfi=) ne descriverebbe, infatti, l'eguale collocazione su due "sporgenze", ben registrata dal Lexicon Topographicum Siculum (1757-60) di Vito Amico[7][1], grazie al quale oggi è possibile ricostruire l'esatta origine del toponimo.

La torre trecentesca non venne mai restaurata e fu preda dei marosi e dei terremoti, come dimostra un dipinto di fine Settecento che la ritrae in rovina[2].

Il borgo, a partire dalla sua fondazione, iniziò a popolarsi di agricoltori, provenienti soprattutto da Acireale e Messina. L'opera di miglioramento colturale della ducea da parte di Giovanni Natoli, con ricchissimi investimenti nella piantumazione di vigneti e nella coltura degli alberi di gelso per allevare i nutricati, si protrasse per circa un trentennio, fino a quando la piccola economia subì un rallentamento a causa della sua morte[1].

Alla morte di Giovanni Natoli Ruffo, avvenuta il 22 maggio 1769 e senza lasciare eredi diretti, gli successe in virtù delle sue disposizioni testamentarie, il nipote Francesco Moncada Natoli, che l'anno successivo rivendette il titolo della ducea con la formula del "Verbo Regio", ma senza le proprietà, al Tesoriere del Regno Placido Vanni Sitajolo[1].

Francesco Moncada Natoli (1750-1838), dei principi di Montecateno, sin da bambino venne educato nel Collegio Nazareno di Roma. Sposato con Elisabetta Moncada (1751-1775) dei principi di Calvaruso, un ramo collaterale dei Moncada (entrambi i rami si estinsero con la loro morte), dopo l'esito tragico del parto in cui persero la vita madre e figlio, Francesco Moncada si rifiutò di risposarsi e iniziò a frequentare le corti europee. Dapprima, si arruolò nella fanteria spagnola; più tardi, negli anni Ottanta, fece parte della Libera muratoria con il grado di Maestro, venendo listato nella loggia messinese de La Riconciliazione[1][8]. Da ultimo, si impegnò in atti di filantropia, anche all'interno di altre logge massoniche, chiudendo i suoi giorni a Palermo dove morì e venne seppellito il 30 marzo 1838 [1].

Nel 1815, con il distacco di Giarre dalla Contea di Mascali, Torre Archirafi divenne parte del nuovo Comune sino a quando nel 1841 Riposto e il "borgo La Torre” ebbero anch'esse un proprio municipio.

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

L'abitato, nonostante l'espansione edilizia degli ultimi decenni, ha mantenuto abbastanza integro l'antico centro storico, il cui cuore è rappresentato dalla chiesa madre e dal settecentesco Palazzo dei Principi Natoli, entrambi prospicienti il mare.

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

La Chiesa di Santa Maria del Rosario, nata come cappella, fu inizialmente dedicata alla Madonna della Lettera, culto introdotto nella zona dai messinesi. Ridedicata alla Madonna del Rosario, è stata più volte restaurata sino a raggiungere l'aspetto attuale nella seconda metà dell'Ottocento. È sede parrocchiale dal 1922.

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

La Torre Modò è risalente alla fine del XVI secolo, ma presenta una tipologia edilizia non riconducibile al modello camillianeo e quindi appare verosimile una origine medievale essendo visibili alcuni conci di terracotta databili all'epoca bizantina o araba, tra il VI e il X secolo.

La torre di Archirafi, oggi non più esistente, faceva parte del sistema delle Torri costiere della Sicilia, costruita per il respingimento delle incursioni angioine, successivamente svolse il ruolo di torre d'avviso contro le scorrerie turche ed i corsari barbareschi. Nel 1578 le spese della torre erano a carico del vescovo di Catania, per come riportato dalla relazione redatta da Tiburzio Spannocchi, che la denomina come "la torre de li archelafi".

Nel 1584 su indicazione dell'architetto fiorentino Camillo Camilliani essa fu oggetto di un progetto di restauro: "è assai antica et per il batter del mare nei pedamenti… è alquanto scalzata, et saria di bisogno rimediarla… ha rispondenza con la Torre di Capo delle Molina et verso il Castello della Mola". La torre descritta dal Camilliani era importante per l'economia del luogo, una grande torre ad impianto circolare con merli aggettanti, ed era ricompresa all'interno delle mura di un baglio.

Venne ancora citata da diverse fonti nel 1617, 1709 e 1720. Nel 1721 il feldmaresciallo Samuel Von Schmettau[9] promosse una rilevazione di campagna topografica in Sicilia e la torre vi comparve.

Nel 1809 la Deputazione del Regno di Sicilia richiese alla giurisdizione amministrativa di Mascali informazioni sulle torri di quella contea da cui si desume che ora era in carico alla comune.

In seguito la torre sprofondò per via dei bradisismi che interessano questo tratto di costa, ed alla fine del XIX secolo il Di Maggio[10] cita che la costruzione di una strada costiera portò alla sua parziale demolizione ed infine nel 1972 Mazzarella e Zanca[11] raccontano che una mareggiata ne distrusse gli ultimi resti fino a farla scomparire. Tuttavia in una cartolina degli anni '50 non si nota alcun rudere sulla spiaggia. Gli ultimi resti storicamente accertati risalgono al sopralluogo dell'architetto palermitano Vincenzo Musso, nella sua Relazione per il territorio di Mascali e Giarre del 23 novembre 1816, in cui annotò che rimanevano soltanto «gli avanzi della famosa Torre degli Archirafi monumento di antichità da cui [il borgo] prende il nome».

Società[modifica | modifica wikitesto]

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

Nelle estati dei primi anni '80 Torre Archirafi divenne luogo d'interesse per diverse testate di cronaca del mistero (su tutte Cronaca Vera) a causa di presunti avvistamenti del sugghiu, un mostro tipico delle leggende siciliane[12][13].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m Salvatore Vasta, Le tre torri del Filosofo. Giovanni Natoli Ruffo e la Ducea di Archirafi, Viagrande, Algra Editore, 2023, ISBN 978-88-9341-714-3.
  2. ^ a b Davide Cristaldi, La torre di Archirafi e le difese della Contea di Mascali, A & B, 2018, ISBN 9788877284266. URL consultato il 4 gennaio 2019.
  3. ^ Francesco San Martino De Spucches e Mario Gregorio, LA STORIA DEI FEUDI E DEI TITOLI NOBILIARI DI SICILIA DALLA LORO ORIGINI AI NOSTRI GIORNI - VOLUME PRIMO - RISTAMPA 2013, Lulu.com, 17 marzo 2013, ISBN 978-1-300-84355-9. URL consultato il 22 marzo 2024.
  4. ^ Vito Amico, Dizionario topografico della Sicilia, S. di Marzo, 1858, p. 105. URL consultato il 22 marzo 2024.
  5. ^ Vito Maria Amico, Lexicon Siculum, 1757
  6. ^ Il Villabianca affermò che Giovanni Natoli fece restaurare la torre e appose sulle "alte fabbriche di quella" la seguente lapide: "D.O.M. Ferdinando Utriusque Sic. Rege Pio, Felici, Invicto. Joannes Natolius Rufus de Alifia Princeps Sperlinga, Dux Archiraphis Reg. a Cons.Urbic. Legion. Messanae Praefectus Antiquissimam Turrim Archiraphim Aetate ac Maris impetu collapsam, Ne pago aucto Colonis frequentato Ducatus honore nobili, Quae dederat nomen deficeret, In meliorem tutioremque locum Readificandam curavit. 1762"
    Davide Cristaldi, La torre di Archirafi e le difese della Contea di Mascali, A & B, 2018, ISBN 9788877284266.
  7. ^ Vito Amico, Lexicon Topographicum Siculum, Tomus Tertius, Catanae, 1760, p. 85.
  8. ^ Carlo Francovich, Storia della massoneria in Italia, Firenze, La Nuova Italia, 1974, p. 414n.
  9. ^ La Sicilia disegnata. La carta di Samuel von Schmettau
  10. ^ V. Di Maggio, 1976
  11. ^ Mazzarella e Zanca, 1985
  12. ^ Debora Guglielmino, Lo strano mito del “sugghiu”: anche la Sicilia ha il suo mostro di Loch Ness, su LiveUnict, 25 settembre 2020. URL consultato il 31 gennaio 2021.
  13. ^ Come Loch Ness ma in Sicilia: c'è un mostro nell'isola che riempie le pagine di mistero, su Balarm.it. URL consultato il 31 gennaio 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Salvatore Vasta, Le tre torri del Filosofo. Giovanni Natoli Ruffo e la Ducea di Archirafi, Algra Editore, Viagrande, 2023. ISBN 9788893417143
  • Davide Cristaldi, La torre di Archirafi e le difese della Contea di Mascali, A & B, 2018. ISBN 9788877284266
  • Salvatore Mazzarella, Renato Zanca, Il libro delle Torri. Le torri costiere di Sicilia nei secoli XVI-XX , Palermo, Sellerio, 1985. ISBN 9788838900891
  • Vincenzo Di Maggio, Torri della Contea di Mascali , Accademia Zelantea, Acireale,1976.
  • Liliane Dufour (a cura di), La Sicilia disegnata. La carta di Samuel von Schmettau (1720–1721), Ed. Società Storia Patria di Palermo. Palermo 1995. ISBN 8874010664; ISBN 9788874010660

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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