William Utermohlen

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William Charles Utermohlen

William Charles Utermohlen (South Philadelphia, 5 dicembre 1933Londra, 21 marzo 2007) è stato un pittore statunitense naturalizzato britannico, la cui fama postuma è dovuta alla serie di autoritratti fatti nella seconda metà degli anni '90, dopo la diagnosi della sindrome di Alzheimer[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato in un sobborgo di Filadelfia da genitori di origine tedesca, visse un'infanzia confinata a causa della rigida suddivisione linguistica e culturale della città natale. Nel 1951 si iscrisse alla Pennsylvania Academy of the Fine Arts e vi rimase per 6 anni, per poi trasferirsi nel Regno Unito, attratto dalla "swinging London".[2] Studiò alla Ruskin School of Art dell'Università di Oxford per due anni, per poi trasferirsi a Londra: qui incontrò la storica dell'arte Patricia Redmond, che sarebbe stata un'ancora e un fondamentale punto fermo nella sua vita. I due si sposarono nel 1965, mentre l'artista cominciava a tenere le sue prime mostre in alcune gallerie locali.[1]

Influenzato dall'espressionismo tedesco e dal lavoro di svariati artisti figurativi (tra cui Francis Bacon), Utermohlen inizia poco a poco a sviluppare uno stile particolare, a riflettere sulla psiche e tutto ciò che le è correlata e a concentrarsi gradualmente sui ritratti, in particolare gli autoritratti: la sua produzione, raggruppata in sei cicli di quadri completi dal 1962 al 1991, tratta di svariati temi, che vanno dalla mitologia all'Inferno della Divina Commedia, dalla guerra in Vietnam a nudi di vario tipo, fino ad arrivare a dipingere scene della sua vita quotidiana nel ciclo Conversation (1989-1991).[1]

Autoritratti con la sindrome di Alzheimer (1995 - 2000)[modifica | modifica wikitesto]

Già durante il ciclo Conversation Utermohlen cominciò a sperimentare sporadiche perdite di memoria di vario tipo e esperti psicologi a posteriori hanno affermato che già in quel ciclo di quadri si possano notare i primi segni della patologia che lo stava colpendo: gli ambienti erano deformati (fino all'estremizzazione presente nel quadro Snow), come dipinti da più punti di vista contemporaneamente, lui stesso vi appariva come distaccato dalle conversazioni e dalla vita quotidiana di casa, l'inizio del prevalere del colore nero (rappresentante la morte) e del rosso (rappresentante il dolore) in alcuni quadri.

Le paure dell'artista e di sua moglie si trasformano presto in certezza: nell'autunno 1995 gli viene diagnosticata la sindrome di Alzheimer. Proprio in quel periodo porta a termine il dipinto Blue Skies, in cui l'artista appare nel suo studio aggrappato al suo tavolo, con un'immensa finestra sul soffitto e l'immensità del cielo blu.

A questo punto Utermohlen decide di cominciare a produrre una serie di autoritratti per descrivere in maniera artistica cosa avrebbe vissuto con la patologia psicologica[1][3]:

  • Nel 1996 disegna dei ritratti a matita dove si vedono rabbia e rassegnazione, con la prevalenza visuale della sua fronte. Inizia a comparire anche una sega, poiché gli venne detto che solo con un'autopsia si sarebbe potuto accertare con massima certezza che si trattasse di Alzheimer;
  • Nel 1997 il suo viso iniziò a diventare più schematico (Self-Portrait (Green)) e la sega ora era grande come la sua testa (Self-Portrait (With Saw)); iniziò a dominare il colore nero e rosso;
  • Dal 1998 cominciò ad avere problemi a disegnare per la progressiva perdita delle capacità motorie;
  • Nel 2000 arrivò a dipingere a matita Head I, in cui ormai appariva una testa simile a un teschio e i due occhi erano ridotti a due piccole fessure ravvicinate.

Utermohlen si ritirò dall'arte e per il 2002 non poté più in generale lavorare artisticamente. Portato in una clinica nel 2004, vi morì mel marzo 2007.

A partire all'incirca dal 2005 si iniziarono a tenere sempre più mostre dedicate agli autoritratti del 1995-2000 e cominciò a guadagnare sempre più popolarità.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e (EN) Portraits from the Mind - The Works of William Utermohlen (1955 to 2000) (PDF), su neurohistoriasztuki.umk.pl, 2008. URL consultato il 28 maggio 2023 (archiviato dall'url originale il 19 agosto 2021).
  2. ^ (EN) William Utermohlen, in The Times, maggio 2007. URL consultato il 28 maggio 2023.
  3. ^ (EN) Xi Hsu, A portrait of dementia: the symptoms of dementia as a model for exploring complex and fluid subjectivity in portrait-painting, University of Wollongong, 2014, pp. 109-134.

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