Utente:Maddalena Genta Civiero/GinaPane

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Gina Pane (Biarritz, 24 maggio 1939Parigi, 5 marzo 1990) è stata una performance artist francese. Fu attiva soprattutto nell'ambito della body art degli anni Settanta e la sua ricerca artistica esplorò principalmente il linguaggio del corpo, della ferita ed il rapporto tra artista e pubblico.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Gina Pane nasce in Francia, da padre italiano e madre austriaca. Trascorre parte della sua infanzia a Torino e, nel 1961, si trasferisce a Parigi. Fino al 1966 studia pittura e litografia all’Académie des beaux-arts, sotto la guida dello storico rinascimentale André Chastel[1]. Successivamente prosegue gli studi all'Ateliers d'art sacré.

Tra il 1975 e il 1990, dopo aver concluso la formazione e parallelamente alla sua carriera artistica, Pane intraprende un percorso di insegnamento presso l’Ecole des Beaux-arts di Le Mans[2]. Tra il 1978 e 1979 conduce anche un workshop sulla pratica delle performance al Centre Georges Pompidou[3].

L'artista, durante gli ultimi anni della sua vita, inizia una relazione con Anne Marchand, sua collaboratrice per la realizzazione del cortometraggio Solitrac (1968) ed attuale responsabile della collezione dell'artista.
Gina Pane muore prematuramente nel 1990, in seguito ad una lunga malattia.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Il leitmotiv della ricerca artistica di Gina Pane è l'indagine continua sulla relazione del corpo con la natura, con il mondo e con il pubblico. L'artista parte da una dimensione interiore che oscilla tra il mondo ancestrale e il mondo religioso e arriva ad offrire immagini di forte impatto. L'obiettivo delle sue opere è quella di denunciare le ingiustizie sociali causate dalla mancanza di empatia, dal militarismo e dalla condizione subalterna delle donne[4] nel mondo contemporaneo.

Fu un'artista poliedrica: riteneva ogni espressione artistica un mezzo per esplorare la propria dimensione interiore. Lavorò con la pittura, la scultura, le installazioni e le performance. La componente interdisciplinare nell'opera di Pane è riscontrabile anche nel suo interesse per le tecniche audiovisive, che avevano lo scopo di documentazione e comunicazione del suo messaggio al pubblico.

Attraverso la fotografia ed il video, l'artista mira a dare forma al discorso sul corpo, il quale trova il proprio supporto materiale soprattutto grazie agli scatti di Françoise Masson[5]. L'artista ebbe un rapporto simbiotico con la fotografa e questa documentò in presa diretta tutte le performance di Pane, arrivando a realizzare più di 200 fotografie per azione[6].

Prima fase[modifica | modifica wikitesto]

Prima di diventare una figura rilevante nell'ambito della body art, tra 1962 e 1967 Gina Pane si dedica allo studio delle teorie sul colore e delle riflessioni sulla pittura di Klee e Kandinskij. In questo periodo realizza numerosi dipinti geometrici composti da strati monocromi[7] che anticipano le tematiche dei suoi lavori successivi.

Gina Pane si dedica anche alla scultura realizzando Structures affirmées, opere di elezione minimalista che si presentano come disegni geometrici proiettati nello spazio e la cui risonanza è data dall'uso di colori monocromi[8]. L'artista, infatti, mostra una sensibilità particolare per l’accostamento delle campiture e rivendica un utilizzo del colore non in quanto simulacro di spazio o profondità, ma come materia reale che concretizza una sensazione in modo diretto[9].

Nonostante l'allontanamento dalla pittura per dedicarsi alle azioni, Pane non abbandona il colore e comincia ad utilizzarlo in maniera simbolica negli oggetti delle sue performance, portando riferimenti alla religione e all'iconologia della storia dell'arte[10].

Nell’anno 1968 Pane inaugura un periodo di azioni svolte intervenendo nella natura. Attraverso la realizzazione di queste performance, l'artista elabora il concetto di “corpo ecologico” e dichiara la necessità di comunicazione, ecologia e protezione della fecondità per ristabilire una relazione primaria con il mondo[11]. Il paesaggio e gli ambienti all'aperto non vengono concepiti con la funzione di un palcoscenico o di un luogo di esibizione, ma appaiono come parte integrante della sua espressione artistica.

Alcune delle opere emblematiche di questo periodo sono:

  • Dessin verrouillé (1968): un’installazione enigmatica in cui si nasconde un disegno sconosciuto che sarà noto allo spettatore solo quando il tempo agirà sulla natura; quando il ferro, elemento naturale, si ossiderà, sarà possibile scoprire il contenuto della scatola[12].
  • Pierres déplacées (1968)[13], Terre protegée (1968-70)[14], Enfoncement d’un rayon de soleil (1969)[15] sono le prime azioni che vedono l’artista agire sul paesaggio attraverso piccoli gesti come spostare sassi da una zona d’ombra ad una zona di luce, creare un legame tra terra e cielo, addentrarsi in un raggio di sole[16]. I suoi interventi sul paesaggio non si svolgono in presenza di un pubblico, ma sono documentati da una sequenza di fotografie che vanno a formare un'installazione. Con queste opere, Gina Pane approda nella forma artistica della Land Art[17] ed introduce il tema del gesto d'amore, il quale caratterizzerà l'intero suo secondo periodo di ricerca.
  • Peche endeuillée (1968)[18] è un'opera di 50 metri quadrati in memoria di 23 pescatori giapponesi morti nel marzo 1954 nel Pacifico, a causa del fallimento di un esperimento nucleare americano[19].
  • Stripe-Rake (1969)[20] è la prima installazione presentata in Italia grazie all'incontro fortuito con Franz Paludetto che, nello stesso anno, apre la Galleria LP 220 a Torino[21]. Qui l'artista propone al visitatore di rastrellare un cumulo di sabbia bianca, per mettere in scena un "gesto primitivo". Nella stessa galleria torinese, Gina Pane espone anche le installazioni: Premier projet du silence, Deuxieme projet du silence e Peche endeuillée.

Seconda fase[modifica | modifica wikitesto]

In questa fase la ricerca artistica diventa più articolata e Gina Pane comincia ad esporsi attivamente di fronte allo spettatore, attraverso una serie di performance di forte impatto emotivo. L’artista, infatti, mette alla prova il proprio corpo, lo ferisce per oltrepassare la dimensione materiale e per svegliarlo dall'apatia della società contemporanea. Gina Pane pratica l'autolesionismo per riuscire a giungere ad una consapevolezza più ampia della sofferenza altrui, nella speranza di riuscire a ridurla[22]. Inoltre, essendo il corpo di una donna il protagonista della performance, questo si carica di ancora più significati poichè la sua integrità è considerata un valore fondamentale per la società.

Le performance più rilevanti appartenenti a questo periodo di ricerca artistica sono numerose:

  • Escalade non anésthésiée (1971)[23] è la prima azione eseguita davanti a pochi intimi nel suo atelier e qui l'artista introduce nelle sue azioni l'elemento del dolore. Gina Pane esegue questa performance arrampicandosi su una scala di metallo irta di punte taglienti stabilendo un parallelo tra la situazione politica in Vietnam e quella dell'artista[24].
  • Nourriture/Actualités télévisées/Feu (1971)[25] è un'opera di denuncia sociale in cui l'artista mangia carne cruda, guarda il telegiornale e spegne del fuoco con i piedi[24].
  • Le Lait Chaud (1972)[26] fece scaturire una forte reazione nel pubblico. Molti protestarono quando l'artista cominciò ad incidersi il volto con una lametta, toccando così un nervo scoperto della società: l'assalto all'identità dell'individuo[27].
  • Action autoportrait(s): mise en condition/ contraction/ rejet (1973)[28] è composta da una sequenza di azioni: l'artista, su un letto di metallo, dà le spalle al pubblico, mormora delle parole in un microfono. Con un rasoio si taglia il labbro, dopodiché fa dei gargarismi con il latte: il bianco del latte e il sangue rosso si mescolano. Nel 2005 Marina Abramović presenta al Solomon R. Guggenheim Museum di New York l'opera Seven Easy Pieces[29], in cui reinterpreta la prima parte di questa azione ed altre performance di vari artisti come Vito Acconci, Bruce Nauman, Josef Beuys e Valie Export[30].
  • Action transfert (1973)[31] si svolse presso lo Space 640 a Saint-Jeannet e la sua constatazione è oggi visibile nella collezione Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris. Questa è composta da: 15 pannelli di fotografie a colori e seppia realizzate da Françoise Masson, un pannello di appunti, disegni preparatori a inchiostro e pennarello su pezzi di carta[32] che documentano l'artista in un momento di sgradevole pulsione nutritiva[33].
  • Azione sentimentale (1973)[34], messa in scena presso la Galleria Diagramma di Luciano Inga Pin a Milano, rappresenta la chiave di volta dell'espressione artistica di Gina Pane. L'artista qui richiama tutti i temi principali presenti nelle sue sperimentazioni. La donna indossa un abito bianco, alludendo alla dimensione ancestrale o cattolica poiché sembra una vestale o una sposa, e si esibisce davanti ad un pubblico esclusivamente femminile. Pane porta con sè delle rose dalle quali stacca le spine, le conficca una dopo l’altra nelle sue braccia mentre i rivoli di sangue rosso tingono il suo vestito bianco. I colori, infatti, sono utilizzati metaforicamente: i due mazzi di rose, uno rosso e uno bianco, rimandano ai simboli della purezza, dell’amore e del sangue[35]. Questa azione rivela la delicatezza che percorre tutte le azioni di Pane, la quintessenza della sua ricerca estetica, in contrasto con il forte messaggio di impronta femminista che intende veicolare.
  • Death control (1974)[36] fa uso dello strumento video per la giustapposizione di due spazi temporali[37]: quello della morte, rappresentato dal volto dell'artista coperto di larve, e quello del festeggiamento di un compleanno, creando così un effetto straniante per lo spettatore.
  • Io mescolo tutto (1976)[38], messa in scena alla Galleria d'arte moderna di Bologna, vede Pane coinvolta in un'azione che opera uno slittamento tra Malevitch, gli effetti della droga e l'ambiguità sessuale dei personaggi dipinti da Beato Angelico che si avvicinano alle ricerche del corpo[39].

Terza fase[modifica | modifica wikitesto]

Les Partitions, eseguite da Gina Pane dalla fine degli anni Settanta, rappresentano la fase finale della sua creazione artistica ed il culmine del processo di ascesi dalla terra al cielo che corrobora tutte le sue opere. Il ruolo del corpo e la sua relazione con il mondo circostante continuano ad essere temi della ricerca che, però, non si svolge più attraverso le performance.

In questa fase, la rappresentazione delle ferite diventa simbolica: le opere sono composte da fotografie delle sue performance passate oggetti già presenti nelle sue azioni che possono esser re-interpretati, nella dimensione cattolica, come reliquie e oggetti del martirio. Le foto e i materiali usati in questi lavori, si riferiscono al contesto dell'esperienza nel periodo delle azioni sulla natura e sul corpo, ma il lavoro ora interessa la collocazione dell'oggetto artistico nello spazio, la cui scansione ricorda quella di una pala d'altare[40].

  • Nell'opera Saint Georges et le dragon d'apres une posture d'une peinture de Paolo Uccello (1984-85)[41] l’artista si ispira al dipinto San Giorgio e il drago di Paolo Uccello e ne sintetizza le immagini alludendo all’uccisione del drago attraverso un uso simbolico dei materiali lavorati.
  • La composizione murale Le Martyre de Saint Sébastian d'après une posture d'une peinture de Memling-Partition pour un corps (1985)[42], cita il trittico del pittore tedesco Hans Memling, cogliendone i punti di tensione e l'articolazione del corpo di Sebastiano.
  • L'ultima opera di Pane è La Prière des pauvres et le corps des Saints (1989-1990)[43]. Questa è composta da nove teche dedicate a San Sebastiano, San Francesco, San Lorenzo e contengono i simboli, le preghiere ed i corpi dei santi che emergono dalle superfici di rame lavorate in rilievo. Qui i materiali adoperati indicano la carne e comunicano il concetto della transustanziazione[44].

Il corpo dei santi, nell'ultimo periodo di vita dell'artista, diventa un soggetto ricorrente. I beati sono considerati da lei come coloro che hanno superato il limite del corpo ponendosi in contrasto con la realtà del consumismo[45]. La sua, quindi, è una ricerca del religioso non in senso dogmatico, ma nella sua relazione con il quotidiano[46].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Daniela Palazzoni, Photosequences (PDF), Milano, Graphic&Digital Project SRL, 2018, p. 45. URL consultato il 18 luglio 2020.
  2. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 42
  3. ^ Helena Kontova, La ferita come segno. Un incontro con Gina Pane, in Flash Art, n. 92-93, 1979, p. 25.
  4. ^ Sara Ugolini, Il perturbante dell'autoritratto ferito, in Psicoart, n. 1, 2010, p. 10.
  5. ^ (FR) Gina Pane, Le corps et son support image pour une communication non linquistique, in Artitudes International, n. 3, 1973, p. 8.
  6. ^ (FR) Julia Hountou, Une écriture grefféè sur la vie. Entre Gina Pane et la Galerie Stadler, une relation de complicité, in Art Presence, n. 49, 2004, p. 7.
  7. ^ Gina Pane, Sans titre (n° 13), 1962-1968, olio su tela, 130 x 97 cm.
  8. ^ Riccardo Venturi, Gina Pane, mode d'emploi, su Doppiozero, 14 maggio 2012. URL consultato il 29 giugno (archiviato il 29 giugno).
  9. ^ (FR) Gina Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), collana Ecrits d'artistes, Parigi, Ensba, 2004, p. 57, ISBN 978-2840563891.
  10. ^ (FR) Anne Tronche, Gina Pane. Actions, Parigi, Fall Edition, 1997, p. 101, ISBN 978-2910667030.
  11. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 71
  12. ^ (EN) Uta Grosenick e Ilka Becker, Women artists in the 20th and 21st century, New York, Taschen, 2001, p. 426, ISBN 978-3822858547.
  13. ^ Gina Pane, Pierres déplacées, 1968.
  14. ^ Gina Pane, Terre Protegée, 1968-70.
  15. ^ Gina Pane, Enfoncement d'un rayon de soleil, 1969.
  16. ^ Gabi Scardi, Gina Pane: è per amore vostro, su Domusweb, 12 aprile 2012. URL consultato il 1º luglio 2020 (archiviato il 1º luglio 2020).
  17. ^ Annalisa La Porta, Gina Pane e il suo corpo che sanguina: un atto liberatorio, per amore nostro, su Art Special Day, 24 maggio 2017. URL consultato il 2 luglio 2020 (archiviato il 2 luglio 2020).
  18. ^ Gina Pane, Peche endeuillée, 1968.
  19. ^ Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), p. 57
  20. ^ Gina Pane, Stripe-Rake, 1969.
  21. ^ Claudia Giraud, Di Franz Paludetto. Un gallerista d'alta quota, su ArTribune, 13 luglio 2014. URL consultato il 10 luglio 2020 (archiviato il 10 luglio 2020).
  22. ^ Lea Mattarella, Gina Pane, in La Repubblica, 29 aprile 2012. URL consultato il 1º luglio 2020 (archiviato il 1º luglio 2020).
  23. ^ Gina Pane, Escalade non anésthésiée, 1971.
  24. ^ a b Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 88
  25. ^ Gina Pane, Nourriture/Actualités télévisées/Feu, 1971.
  26. ^ Gina Pane, Le Lait Chaud, 1972.
  27. ^ Tracey Warr, Il corpo dell'artista, Milano, Phaidon, 2011, p. 121, ISBN 978-0714861685.
  28. ^ Gina Pane, Action autoportrait(s): mise en condition/ contraction/ rejet, 1973.
  29. ^ Marina Abramović, Seven Easy Pieces, 2005.
  30. ^ (EN) Lara Shalson, Performing Endurance: Art and Politics since 1960, Cambridge, Cambridge University Press, 2018, p. 168, ISBN 978-1108426459.
  31. ^ Gina Pane, Action Transfer, 1973.
  32. ^ Valerio Dehò, Gina Pane, su Flash Art, 22 luglio 2015. URL consultato il 2 luglio 2020 (archiviato il 2 luglio 2020).
  33. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 36
  34. ^ Gina Pane, Azione sentimentale, 1973.
  35. ^ Maria Elena Le Donne, Contemporanea. Arte dal 1950 ad oggi, in Francesco Poli (a cura di), Body Art, Milano, Mondadori arte, 2008, p. 439, ISBN 9788837063702.
  36. ^ Gina Pane, Death control, 1974.
  37. ^ Paola Sega Serra Zanetti e Maria Grazia Tolomeo, La coscienza luccicante. Dalla videoarte all'arte interattiva, Roma, Gangemi, 1998, p. 141, ISBN 978-8874488629.
  38. ^ Gina Pane, Io mescolo tutto, 1976.
  39. ^ Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), p. 125
  40. ^ Pane, Lettre à un(e) inconnu(e), p. 113
  41. ^ Gina Pane, Saint Georges et le dragon d'apres une posture d'une peinture de Paolo Uccello, 1984-85.
  42. ^ Gina Pane, Le Martyre de Saint Sébastian d'après une posture d'une peinture de Memling-Partition pour un corps, 1985.
  43. ^ Gina Pane, La Prière des pauvres et le corps des saints, 1989-1990.
  44. ^ Duplaix, Gina Pane (1939-1990), p. 216
  45. ^ Ezio Quarantelli, Gina Pane, in Contemporanea, vol. 1, n. 4, 1988, p. 46.
  46. ^ (FR) Gina Pane, Entretien de Catherine Lawless avec Gina Pane, in Les Cahiers du Musée national d’Art Modern, n. 91, 1989, p. 101.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sophie Duplaix, Gina Pane (1939-1990): è per amore vostro: l'altro, Verona, Actes Sud, 2012, ISBN 978-2-330-00511-5.
  • (FR) Gina Pane, Lettr(e) à un(e) inconnu(e), collana Ecrits d'artistes, Parigi, Ensba, 2004, ISBN 978-2840563891.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


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