Utente:Federica Bonavoglia/sandbox

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Giuseppe Rendina fu autore di un manoscritto " La Istoria", una raccolta di memorie sulla città di Potenza, oggi conservato nella Biblioteca Provinciale della città. Tuttavia non si tratta del testo originario ma della copia redatta dal Picernese,che aggiunse alcune modifiche al testo originale, trascritta poi dall'amanuense Manfredi Voccaro. Il testo originario,invece, si trovava nel palazzo del principe Loffredo, dove fu ritrovato dal Picernese. Nel periodo in cui Rendina scrive la sua Istoria (1668-1673), il potere feudale era saldamente consolidato nelle mani di Loffredo; l'alleanza tra comunità cittadina e clero era tesa unicamente a guadagnare spazi di libertà sul piano politico e amministrativo. Ideologie arcaiche ed ecclesiastiche si ripercuotono sull'opera incastonandola in una prospettiva limitata e ristretta non aperta a interpretazioni posteriori. Ne deriva un interesse quasi esclusivo per vicende ecclesiastiche e signorili,rigorosamente celebrate mediante toni solenni e maestosi,oscurando,invece,una prospettiva globale della città,illuminandola solo in questi due ambiti.Si limita,quindi, a far prevalere la tradizione più antica sulla più recente e a riportare repertori tralasciando il concetto di svolgimento dei fatti storici,legati tra loro soltanto esteriormente per mezzo della cronologia e genealogia. Tale attenzione è condizionata anche dall'esperienza personale del Rendina,dalla sua frequentazione abituale alla casa di Loffredo e dalla carica di arcidiacono.Non si tratta però di un'opera propagandistica,trasfigurata per ambizioni personali e fondata su mere leggende, ma il manoscritto si presenta abbastanza contenuto ed equilibrato da un profondo amore per la verità. Numerosi riferimenti bibliografici e documenti,infatti,attestano la veridicità del manoscritto,fornendone l'inconfutabile prova. Di conseguenza tutta la narrazione è regolata dal ruolo predominante del documento che permette l’approccio diretto a fonti storiche e grazie al quale è possibile delineare l’identità storico culturale della comunità potentina con un taglio non localistico ma con l’ occhio attento allo spessore del valore storico.

L’opera è divisa in quattro libri:

Il I libro, comprendente sei capitoli,presenta le origini della città di Potenza accettando l’ipotesi dell’Ughelli che la vuole città antichissima, ma di ignoti principi’’; di Potenza colonia e poi prefettura romana riporta nel capitolo quinto le epigrafi scolpite nei marmi dispersi nella città, che dimostrano tanto l’antichità quanto lo splendore di cui godeva un tempo. I libri II e III, comprendenti rispettivamente sette e cinque capitoli, curano la storia religiosa di Potenza e l’agiografia lucana. Vengono riportate anche numerose curiosità in merito a cicli leggendari legati alla storia di martiri. In particolare il 2 capitolo è dedicato alla leggenda, tratta da un antico manoscritto esistente nella cattedrale, dei Santi dodici fratelli cartaginesi martirizzati sotto l’imperatore Massimiano e proclamati patroni della città;seguono nel libro 3 notizie e documenti ecclesiastici. il IV libro riporta documenti e notizie su grandi e piccoli avvenimenti cittadini e ecclesiastici [1]. Gli ultimi 2 capitoli di questo libro sono dedicati alla storia della famiglia Loffredo a cui apparteneva la città di Potenza.

LIBRO I[modifica | modifica wikitesto]

Capitolo 1[modifica | modifica wikitesto]

Potenza è una città molto antica della Lucania,oggi comunemente chiamata Basilicata. Essa viene citata da autori come Cicerone e Plinio (Libro 3 dell'Istoria naturalis capitolo IV n. 12).Si credeva che in passato la città fosse una colonia romana del 566, ma alla fine questa notizia si rivelò falsa in quanto basata su un disguido dal momento che esistevano tre città con il nome di Potenza. Una di queste nelle isole Baleari maggiore(oggi Majorica); un'altra nel Piceno(oggi Marca di Ancona);e infine Lucania di Basilicata.Gli storici antichi erano soliti citare "Potenza" senza definire a quale delle tre facessero riferimento. Fu solo grazie a Livio(libro 39) che venne chiarito l'errore e si giunse alla conclusione che facevano riferimento a Potenza del Piceno.Secondo alcuni la città fu fondata dai pirati sconfitti da Pompeo che furono mandati a colonizzare diverse terre; tuttavia, non possiamo tracciare un chiaro quadro della sua origine. La fonte a cui ci affidiamo per fare maggiore chiarezza è "Italia Sacra",opera dell' Ughelli, che cita così: "città antichissima di ignoti principi". Potenza fu distrutta per due volte e poi ricostruita, per diversi anni fu contea di famiglie nobili e nel tempo in cui visse Rendina fu Contea della Nobilissima famiglia Loffredo[2].

Capitolo 2[modifica | modifica wikitesto]

Secondo alcuni la Lucania fu popolata dai Sanniti che le diedero il nome, opinione di altri furono i Bovi. A sostegno della prima tesi Plinio(Istoria libro 3 cap.5 n. 29) scrive che i primi popoli della Lucania furono i Sanniti. La regione vantava confini molto più ampi rispetto a quelli odierni: si estendeva da Paestum fino alla terra dei Bruzii a Cosenza. Rendina contraddice ciò che ha detto nel capitolo 1 della presunta edificazione della città da parte dei Corsari infatti questa ha origine molto più antiche. A sostegno di questa ipotesi citiamo Strabone (Commentari geografici) in cui si legge he la regione fiorì sotto l'impero di Augusto. D'altronte Appio Alessandrino(libro delle guerre di Mitridate) sottolinea il fatto che i Corsari, presunti fondatori della città, furono confinati nella Cilicia cosi che raffiora come certa a notizia dell'Ughelli espressa nel libro 1[3].

Capitolo 3[modifica | modifica wikitesto]

In questo capitolo Rendina affronta l'argomento delle colonie romane, prima fornendoci una generale definizione di queste, poi passandole in rassegna una per una e soffermandosi sulla Lucania. Riferisce che nel 534 Annibale varcò la nostra regione conducendo numerose guerre(come attesta Tito Livio, citato dallo stesso autore). Si evince in chiusura che la prima colonia romana di Lucania fu Venosa fondata nel 460 secondo quanto detto da Vellio[4].

Capitolo 4[modifica | modifica wikitesto]

All'interno di questo capitolo Rendina ci fornisce una definizione delle prefetture dedicando largo spazio a quella di Potenza. Nel 423 i cittadini di Potenza si recarono, inseme ad ambasciatori romani, presso il Senato per denunciare le azioni disoneste dei Sanniti che tentarono di sedurli ad allearsi con loro contro i romani. Rendina sottolinea la grande fedeltà degli abitanti della Lucania che si dimostrarono, non solo in questa occasione, leali a Roma (come riferito anche da Tito Livio). Le province, infatti, erano governate da prefetti del senato romano e la Lucania venne denominata prefettura dopo la guerra italica. Anche Giulio Sesto Frontino elogiò la magnificenza della regione soffermandosi in particolare su Paestum in cui permangono templi ed altri meravigliosi quanto antichi edifici[5].

Capitolo 5[modifica | modifica wikitesto]

In questo capitolo Rendina espone un elogio per la città di Potenza e le sue peculiarità geografiche. Numerosi monumenti e iscrizioni rivestono la città attestando la sua antichità e magnificenza. Elenca poi, le collocazioni precise di epigrafi: nella Chiesa Cattedrale di San Gerardo sulla base del colonnato, un epitaffio sempre nella stessa chiesa ed un altro posto sul muro esteriore, nel puntone della Chiesa Maddalena, nel puntone del Parlatorio delle monache del convento di San Luca ed infine un altro epitaffio fuori dalla porta di San Luca. Nella città di Potenza si venerava la dea Venere alla quale venne dedicato un tempio. Nel 1137 Vietri di Potenza fu decorata dal sommo Innocenzo II de' papa Fieschi e Vietri in onore di questo avvenimento eresse una statua di marmo oggi collocata nel muro interiore del cimitero della maggior chiesa[6].

Capitolo 6[modifica | modifica wikitesto]

Rendina tratta della collocazione della città dicendo che questa è posta sugli Appennini e per questa sua caratteristica geografica appare elevata e fortificata dalla natura. Essa, inoltre, è circondata anche dal fiume Basento. Per la descrizione di questo fiume Rendina utilizza una personificazione; conclude dicendo che l'aria appare respirabile e pura[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec.XVII, Salerno, Edisud, 2000, pp.4-11
  2. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII, Salerno, Edisud, 2000, I 1, pp. 113-118
  3. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII, Salerno, Edisud, 2000, I 2, pp. 118-121
  4. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII,Salerno, Edisud, 2000, I 3, pp. 121-124
  5. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII, Salerno, Edisud, 2000, I 4, pp. 124-128
  6. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII, Salerno, Edisud, 2000, I 5, pp. 129-144
  7. ^ R. M. Abbondanza Blasi, Storia di una città:Potenza. Da un manoscritto della seconda metà del sec. XVII, Salerno, Edisud, 2000, I 6, pp. 144-148