Utente:Cstomaci/Sandbox/Klimov

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Klimov VK-1
Klimov VK-1 in mostra al Pacific Aviation Museum, Pearl Harbor, Hawaii
Descrizione generale
CostruttoreBandiera dell'Unione Sovietica Industrie di Stato
OKB 117 (Klimov)
Tipoturbogetto
Combustione
Combustore9 combustori tubolari a flusso diretto
Compressorecentrifugo monostadio a doppia entrata
Turbinaassiale a singolo stadio
Uscita
Potenza specifica30.28 kN/kg
Spinta26,5 kN al decollo
Dimensioni
Lunghezza2,57 m
Diametro1,273 m
Peso
A vuoto884,5 kg
Prestazioni
Consumo specifico107,1 kg/kNh
Note
fonte [1]
voci di motori presenti su Wikipedia
Klimov VK-1F versione con postbruciatore del VK-1 esposto al Flugausstellung Hermeskeil

il Klimov VK-1 fu il primo motore a reazione sovietico costruito in grandi quantità. Fu sviluppato da Vladimir Yakovlevich Klimov e prodotto inizialmente nella fabbrica GAZ 116. Derivato dal Rolls-Royce Nene negli anni cinquanta. Il motore fu costruito sotto licenza in Cina con la sigla Wopen WP-5.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Gli studi sulla propulsione a reazione in Unione Sovietica presero avvio fin dagli anni 20 sviluppandosi poi concretamente grazie a Archip Michajlovič Ljul'ka che tra il 1936 e il 1938 sviluppò il primo motore a getto sovietico, denominato RD-1 ( da Reaktivnyy Dveegatel, motore a getto) presso il Khar'hov Aviation Institute[2]. Le esigenze belliche connesse allo scoppio del conflitto con la Germania nazista il 22 giugno del 1941, interruppero la costruzione del motore, già completo al 75%.

Le attività di studio e ricerca sui motori a getto ripresero nel 1944, quando già velivoli a reazione pienamente operativi erano apparsi sui cieli della Germania.

Con la conclusione del conflitto, il governo sovietico si avvalse degli studi tedeschi in materia realizzando la copia dei primi turbogetti sviluppati in Germania come lo Junkers Jumo 004 e il BMW 003 che furono designati rispettivamente RD-10 e RD-20.

La spinta sviluppata da queste prime realizzazioni motoristiche oscillava tra i 7 e 9 kN. Installati sui primi velivoli a reazione sovietici, Mikoyan-Gurevich MiG-9 e Yakovlev Yak-15, consentirono all'industria aeronautica e motorista sovietica la formazione di un primo bagaglio di esperienze in questo campo.

Mentre proseguiva lo sviluppo della famiglia di turbogetti con compressori assiali, nel 1946 il governo sovietico decise l'acquisto della licenza di costruzione dei più avanzati turbogetti occidentali allora disponibili, il Rolls-Royce Nene e il Rolls-Royce Derwent.

Fidando degli ancora buoni rapporti con il governo laburista inglese[3], Artyom Ivanovich Mikoyan, Valdimir Yakovlevich Klimov e l'ingnere metallurgico S. Kishkin furono inviati in Gran Bretagna per negoziare l'acquisto della licenza di costruzione dei turbogetti Rolls-Royce. La missione si risolse positivamente con l'acquisto di trenta Derwent V e venticinque Nene che una volta giunti in Unione Sovietica furono accuratamente smontati e studiati in ogni dettaglio dal TsIAM ( Tsentrahl'nyy Institoot Aviatseeonnovo Motorostroyeniya, Istituto Centrale di Motori Aeronautici) di [Mosca]]. Con l'avvio della licenza di costruzione, il Derwent V fu ridesignato RD-500 mentre i Nene I e Nene II assunsero rispettivamente la denominazione locale di RD-45 e RD-45F[4][5]. Nonostante l'RD-500 fosse stato ritenuto più adatto per i velivoli da caccia, venendo installato sugli Yakovlev Yak-23, Yakovlev Yak-30 e Lavochkin La-15, mentre il più pesante RD-45 prescelto come apparato propulsivo dei bombardieri Tupolev Tu-14 e Ilyushin Il-28, l'OKB di Mikoyan si mosse controcorrente preferendo l'RD-45 come apparato propulsore del MiG-15. Con l'esperienza acquisita con gli RD-500 e RD-45 e avvalendosi del lavoro di ricerca del TSIAM sui compressori centrifughi,l'OKB di Klimov realizzò nel dicembre 1948 il Klimov VK-1. Rispetto al modello precedente RD-45, le migliorie strutturali e metallurgiche introdotte nel VK-1 ne incrementarono sia la spinta portata a circa 27 kN, che la durata di funzionamento[6] con la versione VK-1A. Tra l'altro, vi fu l'introduzione di camere di combustione e turbina più grandi, ed un incremento del flusso d'aria all'interno del motore, che passò da una portata iniziale di 41 kg/s, ad una portata di 45 kg/s. Il Klimov VK-1 fu quindi prescelto come apparato propulsivo del MiG-15bis, versione migliorata del MiG-15. Inoltre venne installato sulla versione aerosilurante del Tupolev Tu-14 e su Ilyushin Il-28.

La produzione iniziò verso la fine del 1949, con una produzione totale di 39000 esemplari

Ne fu sviluppata anche una versione con post-bruciatore, denominata VK-1F con una spinta di 33 kN, installata sul Mikoyan-Gurevich MiG-17. Ancora oggi, in Russia si utilizzano come spazzaneve e sciogli neve, camion sui cui sono installati turbogetti Klimov VK-1.

Produzione su licenza[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera della Cina Cina
  • Wopen WP-5

Velivoli Utilizzatori[modifica | modifica wikitesto]

Militari[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica

Sperimentali[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica

Il 26 dicembre 1948 fu il primo aereo sovietico a superare Mach 1

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mikoyan-Gurevich MiG-15: The Soviet Union's Long-lived Korean War Fighter, pag 4
  2. ^ Mikoyan-Gurevich MiG-15: The Soviet Union's Long-lived Korean War Fighter, pag 3
  3. ^ Ministro dell'Economia dell'epoca era Stafford Cripps già ambasciatore in Unione Sovietica nel periodo 1940-42
  4. ^ Mikoyan-Gurevich MiG-15: The Soviet Union's Long-lived Korean War Fighter, pag 4
  5. ^ I numeri 500 e 45 identificavano le fabbriche dove si producevano i rispettivi modelli
  6. ^ TBO Time Between Overhaul, l'intervallo di tempo che intercorre tra due revisioni programmate

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Yefim Gordon, Mikoyan-Gurevich MiG-15: The Soviet Union's Long-lived Korean War Fighter, in Aerofax, Hinckley, UK, Midland Publishing, 2001, ISBN 978-1-85780-105-7.
  • (EN) Bill Gunston, World Encyclopedia of Aero Engines, Stroud, UK, Sutton Publishing, 2006, ISBN 0-7509-4479-X.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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