Fatti di Bronte

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La Strage di Bronte fu un eccidio di 16 civili, compiuto a Bronte da contadini e la conseguente repressione di un battaglione dell'esercito meridionale comandato da Nino Bixio, che fucilò cinque persone nell'agosto del 1860.

I «fatti di Bronte»

File:Bronte massacro vancini.jpg
Scena tratta dal film Bronte:Cronaca di un massacro di F. Vancini, 1972

Dopo lo sbarco de i Mille, nell'entroterra siciliano si erano accese molte speranze di riscatto sociale da parte soprattutto della media borghesia e delle classi meno abbienti. A Bronte, sulle pendici dell'Etna, la contrapposizione era forte fra la nobiltà latifondista rappresentata dalla britannica Ducea di Nelson, dalla proprietà terriera, dal clero locale e e dalla società civile.

Il 2 agosto al malcontento popolare si aggiunsero diversi sbandati e briganti, tra i quali Calogero Gasparazzo, provenienti dai paesi limitrofi e scattò la scintilla dell'insurrezione sociale.

Fu così che vennero appiccate le fiamme a decine di case, al teatro e all’archivio comunale. Quindi iniziò una caccia all'uomo e ben sedici furono i morti[1] fra nobili, ufficiali e civili, prima che la rivolta si placasse.

Il Comitato di guerra, creato in maggio per volere di Garibaldi e Crispi, dopo l'eccidio di Partinico, allo scopo di evitare altre sanguinose rese dei conti, decise di inviare un distaccamento a Bronte per sedare la rivolta e fare giustizia in modo esemplare.

Per riportare l'ordine giunse un battaglione di garibaldini agli ordini di Nino Bixio. I critici hanno colto le diverse sfumature degli intenti di Garibaldi, che probabilmente non erano solo volti al mantenimento dell'ordine pubblico, ma soprattutto a proteggere gli interessi dell'Inghilterra, Paese che fortemente sosteneva l'impresa dei Mille.[senza fonte]

Quando Bixio iniziò la propria inchiesta sui fatti accaduti larga parte dei responsabili erano fuggiti altrove, mentre alcuni ufficiali colsero l'occasione per accusare gli avversari politici.

Il tribunale misto di guerra in un processo durato meno di quattro ore giudicò ben 150 persone e condannò alla pena capitale l'avvocato Nicolò Lombardo, che era stato acclamato sindaco dopo l'eccidio, insieme ad altre quattro persone: Nunzio Ciraldo Fraiunco, Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri, Nunzio Samperi. La sentenza venne eseguita mediante fucilazione il 10 agosto, all'alba.

«Dopo Bronte, Randazzo, Castiglione, Regalbuto, Centorbi, ed altri villaggi lo videro, sentirono la stretta della sua mano possente, gli gridarono dietro: Belva! ma niuno osò muoversi»

Alla luce delle successive ricostruzioni storiche si è appurato come Lombardo fosse totalmente estraneo alla rivolta ed invitato a fuggire da più parti si sarebbe rifiutato per poter difendere il proprio onore. Nunzio Ciraldo Fraiunco era non capace d'intendere e di volere, malato di demenza.[3]


Voci correlate


Filmografia

Florestano Vancini, Bronte - Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato, 1972

Note

Bibliografia

Collegamenti esterni