Repubblica di San Marco

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La bandiera della Repubblica di San Marco, che univa il tricolore italiano al Leone di San Marco

La Repubblica di San Marco fu uno stato costituito a Venezia a seguito dell'insurrezione della città contro il governo austriaco il 17 marzo 1848. I due patrioti Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, che si trovavano rinchiusi nelle prigioni austriache, vennero liberati e si posero alla guida del nuovo Governo Provvisorio, proclamato il 22 marzo (Manin ne sarà il presidente). La Repubblica, che richiamava già nel nome l'antica Repubblica veneta, ebbe vita breve, venendo rioccupata dall'esercito asburgico il 24 agosto 1849, dopo un'eroica resistenza durata 17 mesi.

Storia

«[...] Sulle tue pagine scolpisci, o Storia, l'altrui nequizie e la sua gloria, e grida ai posteri tre volte infame chi vuol Venezia morta di fame! Viva Venezia! L'ira nemica la sua risuscita virtude antica;»

Gli insorti ricevettero inizialmente qualche aiuto dal Piemonte, ma dopo la sconfitta piemontese a Custoza il 27 luglio 1848 e il conseguente ritiro della flotta sarda da Venezia, rimasero soli a fronteggiare il ritorno degli austriaci, che verso la fine del 1848 avevano rioccupato quasi tutta la terraferma veneta. Un valido aiuto giunse invece dal generale napoletano Guglielmo Pepe, mandato inizialmente dal suo sovrano a combattere al fianco dei piemontesi, che rifiutò di obbedire all'ordine di rientro e si unì ai Veneziani con duemila volontari, prendendo il comando dell'esercito che difendeva la città.

La proclamazione della Repubblica di San Marco

Di fronte alla minaccia dell'esercito austriaco, che era ormai giunto di fronte a Mestre e Marghera, mettendo il blocco alla città sia da parte di terra che da parte di mare, i Veneziani scelsero coraggiosamente di resistere ad ogni costo, ed affidarono i pieni poteri a Manin. Grazie all'abilità organizzativa di questi e di Pepe, ed al valore dei volontari, essi riuscirono non solo a difendere efficacemente Venezia per diversi mesi, ma anche a compiere coraggiose sortite, che permisero tra l'altro di impadronirsi di consistenti quantità di generi alimentari. Nonostante questo la fame cominciava a farsi sentire.

La battaglia di Forte Marghera in una litografia dell'epoca

Il 4 maggio 1849 gli austriaci iniziarono le ostilità contro il forte di Marghera, difeso da 2500 uomini al comando del colonnello napoletano Girolamo Ulloa. La difesa fu accanita, ma la notte del 26, d'accordo col governo, Ulloa dovette dare l'ordine di evacuare il forte. Gli austriaci avanzarono allora lungo il ponte della ferrovia, ma trovando anche qui una forte resistenza, iniziarono un pesante bombardamento contro la città stessa. Una prima richiesta di resa da parte del comandante in capo delle forze austriache, feldmaresciallo Radetzky, fu sdegnosamente respinta.

Alla lunga la situazione della città divenne insostenibile (a complicare le cose si aggiunse anche un'epidemia di colera), ed ai primi di agosto lo stesso Manin, vista l'impossibilità di resistere ad oltranza, iniziò a parlare di resa, e offrì anche di farsi da parte se invece si fosse deciso di combattere fino all'ultimo. L'Assemblea confermò la fiducia al Manin, e gli affidò pieni poteri per trattare la resa, che venne firmata il 22 agosto 1849. Il 27 gli austriaci entravano a Venezia, mentre Manin, Tommaseo, Pepe e molti altri patrioti prendevano la via dell'esilio.

Dopo la caduta della Repubblica Romana, Giuseppe Garibaldi, alla testa di un gruppo di volontari, fuggì da Roma alla volta di Venezia, unica città italiana che continuava la lotta, ma venne fermato dagli Austriaci presso Comacchio.