Raimondo Sammartino Ramondetto

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Raimondo Sammartino Ramondetto
Ducato di San Martino
In carica? –
1842
PredecessoreFrancesco Sammartino Ramondetto Reggio
SuccessoreGaetano Paternò Castello San Martino
Nome completoRaimondo Sammartino di Ramondetto
Altri titoliduchi di Montalbo, Amati, Fabbrica, Miserendino; baronie di Campobello, Gimia, Gisira, Morbano, Priolo, Tuzia, ecc. ecc.
NascitaCatania, circa 1758
MorteCatania, 23 agosto 1842
DinastiaSan Martino Pardo
PadreFrancesco Sammartino Ramondetto Reggio
MadreMaria Eustachia Paternò Tedeschi
ConiugePaola De Spucches
ReligioneCattolicesimo
Raimondo Sammartino Ramondetto

Sindaco di Catania
Durata mandatoestate 1818 –
luglio 1820
Predecessore-
SuccessoreFrancesco Paternò Castello

Raimondo Sammartino Ramondetto, duca S. Martino e VII principe del Pardo (Catania, circa 1758 – Catania, 23 agosto 1842), è stato un nobile e politico italiano, primo patrizio di Catania, dopo la promulgazione della Costituzione siciliana del 1812. Fratello di Agatino San Martino Pardo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Detto Pardetto[1], egli nacque probabilmente intorno al 1758[2], figlio primogenito del VI principe del Pardo Francesco Sammartino Ramondetto (o San Martino - Ramondetta) e Reggio e della nobildonna Maria Eustachia Paternò e Tedeschi dei baroni di Manganelli[3].

Fu massone della loggia « L'Ardeur » di Catania[3], come accenna il teologo e viaggiatore danese Friederich Münter, emissario dell'Ordine degli Illuminati, nei suoi diari Aus den Tagebüchern (pubblicati postumi in Danimarca nel 1937[4]), che riferì di essere stato ospitato (1786) in casa del Principe di Biscari accompagnato dal giovane Pardo "intelligente ed aperto"[3]; poi, nuovamente incontrato, in occasione di una riunione in casa Pardo, dove Münter lesse un discorso scritto, appoggiato dal Segretario della loggia catanese Giacinto Gioeni.

Anni a venire, nell'agosto 1794[3], l'insistita oppressione borbonica contro i presunti giacobini di una cospirazione estesa fino in Sicilia, innescata nei neo-costituiti circoli giacobini scoperti a Palermo con Francesco Paolo Di Blasi, a Catania, a Siracusa e in altri centri minori[5], costringerà forse anche Sammartino a rifugiarsi in Calabria per un certo periodo.

Morì a Catania il 24 agosto 1842[3], all’età di 81 anni.[6]

Incarichi pubblici[modifica | modifica wikitesto]

Ricoprì importanti incarichi pubblici. Il principe e barone di Pardo Raimondo fu senatore a Catania negli anni 1798 e 1799[7]; membro della Confraternita di Nostra Signora del SS. Rosario, sotto il titolo della Pace ovvero de' Bianchi di San Domenico di Messina nel 1803[3]; console nobile dell'arte della seta nel 1812-1813[8]; patrizio di Catania negli anni 1819-1821 e 1824; presidente del Consiglio generale della Valle di Catania (eletto il 30 aprile 1823 e, riconfermato, il 7 marzo 1836)[9]; e deputato del Molo di Catania negli anni 1832 e 1833[10].

Assegnazione della borsa di studio a Vincenzo Bellini[modifica | modifica wikitesto]

La sua autorità di patrizio della città di Catania permise, nel 1819, di fare ottennere la borsa di 36 onze annue al compositore Vincenzo Bellini consentendogli di studiare al Real Conservatorio musicale di Napoli, previa una riunione indetta con il decurionato etneo nel maggio dello stesso anno[11].

Famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Il 2 agosto 1793[3] sposò la nobildonna Francesca Paola de Spucches, figlia unica di Antonino De Spucches e Amato duca di Santo Stefano di Briga e di Concetta La Via e Valguarnera, dalla quale ebbe i figli Francesco, Antonino e Rosalia.

Raimondo Sammartino indicò erede universale il primogenito, che assunse il titolo di principe, e nominò erede particolare il secondogenito, cui toccò il titolo di duca di Santo Stefano. I due fratelli convennero di dividere l'eredità "in due uguali porzioni sia nello attivo, che nel passivo": la materiale divisione fu praticata con atto del 14 giugno 1859 presso il notaio Francesco Spampinato[12].

Rosalia entrò in lite con lo zio Giuseppe de Spucches[3] per la successione del titolo ducale: la causa si concluse nel 1801 con una sentenza favorevole alla figlia di Sammartino.

Il fratello di Raimondo, Agatino Sammartino († l'11 dicembre 1856), fu senatore di Catania negli anni 1812-'13 e professore nell'Università di Catania[10].

Ascendenza e notizie intorno al ramo Pardo[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni
Raimondo-Domenico San Martino
e San Martino
Giovanni San Martino  
 
Maria Asmundo Paternò  
Francesco San Martino
di Ramondetto e Reggio
 
Maria Reggio Gioeni Gioacchino Reggio Corvino
dei principi di Campofiorito
 
 
Isabella Gioeni  
Raimondo
1758-1842
 

Antonio III Alvaro
Paternò Asmundo,
VIII barone di Manganelli (†1769)
Giuseppe Alvaro Paternò e Scammacca
VII barone di Manganelli (†1722)
 
 
Agata Asmondo e Landolina
dei baroni di Gisira
 
Maria Eustachia
Paternò Tedeschi
 
Agata Tedeschi
e Tedeschi dei marchesi
del Casalotto
Antonino Tedeschi  
 
.... Tedeschi  
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Hélène Tuzet, La Sicile au XVIIIe siècle vue par les voyageurs etrangers, Strasbourg, P.H. Heitz, 1955, p. 433.
  2. ^ Ruggiero Di Castiglione, La massoneria nelle Due Sicilie e i fratelli meridionali del '700, vol. 5, Roma, Gangemi, 2008, pp. 143-144.
  3. ^ a b c d e f g h Ruggiero Di Castiglione, p. 143.
  4. ^ Aus den Tagebüchern Friedrich Münters: Wander- und Lehrjahre eines dänischen Gelehrten / herausgegeben von Öjvind Andreasen, Kopenhagen (P. Haase & Sohn) / Leipzig (Otto Harrassowitz), 1937.
  5. ^ cfr. Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna: Le origini del Risorgimento (1700–1815), Milano, Feltrinelli,, 1956.
  6. ^ Certificato di morte, su antenati.san.beniculturali.it. URL consultato il 18 giugno 2023.
  7. ^ cfr. Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana: famiglie nobili e titolate viventi riconosciute dal r. Governo d'Italia, compresi: città, comunità, mense vescovili, abazie, parrocchie ed enti nobili e titolati riconosciuti, vol. 4, Milano, Ediz. Enciclopedia Stor. Nobiliare Ital., 1932, p. 441.
  8. ^ San Martino di Ramondetta di A. Mango di Casalgerardo.
  9. ^ Ruggiero Di Castiglione,  p. 144.
  10. ^ a b Vittorio Spreti,  p. 441.
  11. ^ Antonino Amore, Vincenzo Bellini: Arte. Studi e ricerche, Catania, Niccolò Giannotta Ed., 1892, pp. 32-33.
  12. ^ Sammartino Pardo, su dati.san.beniculturali.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • C. Naselli, Dai « Diari » di Federico Münter (Il soggiorno a Catania), Catania, Bollettino storico catanese, 1941.
  • A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, Palermo, 1912.: versione su web sui San Martino di Ramondetta
  • Ruggiero Di Castiglione, La massoneria nelle Due Sicilie e i fratelli meridionali del '700, Roma, Gangemi, 2008, pp. 143-144.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Sindaco di Catania Successore
- dall'estate 1818 al luglio 1820 Francesco Paternò Castello