Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige

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Il Prontuario dei nomi locali dell'Alto Adige (in tedesco chiamato anche Nachschlagewerk der Ortsnamen Oberetschs (Südtirols)) è l’elenco ufficiale dei 16.735 toponimi dell’Alto Adige redatto dal sen. Ettore Tolomei (1865-1952) e ufficialmente adottato dallo Stato italiano il 29 marzo 1923. L'opera, iniziata nel 1906, fu pubblicata dalla Reale Società Geografica Italiana la prima volta nel 1916 e non è più stata ripubblicata dopo il 1935.

Il Prontuario viene erroneamente presentato come prodotto dell’era fascista. In realtà è il frutto dello spirito irredentista italiano: era stato iniziato nel 1906, anteriormente alla prima guerra mondiale, e fu portato a termine nel 1916, ben prima che il fascismo andasse al potere (1922). Tuttavia fu il governo fascista ad ufficializzare ed imporre la toponomastica di Tolomei, vietando al contempo quelle tedesca e ladina.

Cronologia

Negli anni '90 del 19. secolo Ettore Tolomei fondò la rivista nazionalista "La Nazione Italiana", e nel 1906 l'"Archivio per l'Alto Adige", con l'intenzione dimostrare che l'Alto Adige fosse stato territorio italiano sin dall'antichità, e che l'insediamento germanofono sia solo un breve episodio storico che non infringeva i diritti italiani su questo territorio.[1]

Nel programma di Tolomei la toponomastica assumeva una posizione centrale, anche se i primi tentativi furono ancora privi della sistematicità mostrata più tardi. In questo periodo Tolomei usava la dicitura Alto Trentino per indicare i territori dell'allora Sudtirolo, non avendo ancora conosciuto ed adottato la creazione Napoleonica Alto Adige (Haute Adige), nome che diventerà poi il nome ufficiale della provincia di Bolzano dalla Prima guerra mondiale in poi. Similmente, invece del nome Brennero Tolomei usava ancora la dicitura Pirene, susseguentemente cambiata nel nome odierno.[2] La sua attività divenne più sistematica con la fondazione dell' Archivio per l'Alto Adige, attraverso il quale iniziò a proporre nome italianizzati per i paesi e per luoghi geografici dell'Alto Adige. Nel 1916, un anno dopo l'entrata in guerra dell'Italia, venne creata una commissione per trovare nomi italiani per i territori "che presto saranno conquistati". La commissione (formata da Tolomei, dal professore di botanica e chimica Ettore de Toni e dal bibliotecario Vittorio Baroncelli) riportò quasi 12000 toponimi italiani sulla base degli studi di Tolomei. La lista venne pubblicata nel mese di giugno 1916 come volume XV, parte II delle Memorie della Reale Società Geografica Italiana e nell'Archivio per l'Alto Adige.[3]


Il metodo di Tolomei

Tolomei spiegò il metodo da lui usato nella sua introduzione al prontuario. Le principali caratteristiche sono:

  1. Toponimi ladini vennero adattati alla pronuncia italiana
  2. Toponimi italiani già invalsi nell'uso (56 casi su 116 comuni[senza fonte]) vennero mantenuti, anche se ci furono eccezioni: es. Badia, Bressanone, San Candido.
  3. Toponimi vennero mantenuti, mentre i toponimi preromani germanizzati vennero sostituiti dal toponimo originario o da una versione latinizzata.
  4. Nomi germanici riconducibili a una forma originaria romanica vennero riportati alla versione latina.
  5. I toponimi irreducibilmente germanici vennero tradotti in italiano o sostituiti da nomi italiani. Ciò avvenne per riduzione fonetica (spesso aggiungendo una vocale al termine della parola, per es. Lagundo da Algund, Avelengo da Hafling), traducendo il significato etimologico (es. Lago Verde da Grünsee, Villabassa da Niederdorf). Quest'ultimo metodo fu frequente fonte di errori (ad es. Linsberg venne tradotto come Monte Luigi, lo stesso nome usato come traduzione di Luisberg; il toponimo Blumau venne erroneamente interpretato come indicante un prato fiorito e tradotto in Prato all'Isarco). A volte venne fatto riferimento al santo patrono della località (ad es. Innichen - San Candido), oppure venne presa ispirazione da derivazioni di tipo geografico (ad es. Colle Isarco per Gossensaß).

Questa metodologia non venne però applicata in modo uniforme, e spesso la scelta del toponimo italiano da adottare sembra arbitraria.

Dubbi

Nonostante l'intenzione dichiarata da Tolomei era riportare in superficie la storia latina della regione, in un gran numero di casi l'effetto fu quello di nascondere ulteriormente le origini romanze dei toponimi storici, in parte per via dell'incompetenza linguistica di Tolomei e dei suoi collaboratori.[4] Questo fatto può essere esemplificato dal toponimo Lana, riconducibile a un proprietario terriero di nome Leo, il cui territorio veniva chiamato (praedium) Leonianum. Nell'Alto Medioevo il nome veniva pronunciato Lounan. Nel dialetto bavarico la vocale ou cambiò in a nel 12. secolo, risultando nel nome Lanan, che diventò poi l'odierno Lana. Contrariamente alla metodologia da lui delineata, Tolomei mantenne il nome Lana, probabilmente perché possiede un suono e un significato italiano. Il nome corretto in italiano sarebbe stato Leoniano. Lo stesso vale per i toponimi tedeschi Trens e Terenten, riconducibili al latino torrens (torrente), italianizzato come Trens e Terento, senza riconoscere le radici romaniche ancora presenti nel nome tedesco.[5]

A parte i frequenti errori e l'inconsistenza del metodo usato, il problema principale della toponomastica di Tolomei è la perdita di informazioni storiche contenute nei nomi di luogo sviluppatisi attraverso i secoli. Invece di riportare in luce il substrato retoromanico, Tolomei impose la lingua toscana sulle tradizioni romaniche locali. Il toponimo Vipiteno, che si basa sul latino Vipitenum ne è una dimostrazione. Tolomei preferì questo nome a quello di Sterzen, comunemente usato dagli italiani dell'epoca. Così facendo, però, senza saperlo impose un nome germanizzato. Il nome retoromanzo sarebbe stato Vibidina. Nell'XVIII secolo in germanico il nome divenne Wipitina, e come tale venne nominato per la prima volta nei documenti latini. Nei documenti più recenti il nome venne latinizzato in Vipitenum, un nome che ricordava molto i nomi di origine romana e per questo venne scelto da Tolomei.[6]

Note

  1. ^ Steininger, Rolf (2003), p. 16-17
  2. ^ Gianni Faustini, "Facevo il giornalista". Appunti e notizie autobiografiche sull'attività giornalistica di Ettore Tolomei. In: Sergio Benvenuti/Cristoph H. von Hartungen (ed.) 1998, p. 169.
  3. ^ Framke 1987, p. 86-87
  4. ^ Kühebacher 1998, p. 284-285; Steininger 2003, p. 17.
  5. ^ Kühebacher 1998, pp. 286-287.
  6. ^ Kühebacher 1998, p. 284.

Bibliografia

  • F. Bartaletti, Geografia, toponomastica e identità culturale: il caso del Sudtirolo, in “Miscellanea di storia delle esplorazioni XXVII”, Genova. 2002, pp. 269-315. Riprodotto in Quaderni Padani, 51/52:37-61, 2004 [1]
  • Benvenuti, Sergio, Hartungen, Christoph von (eds.), Ettore Tolomei (1865-1952). Un nazionalista di confine. Die Grenzen des Nationalismus, Trento, Museo Storico in Trento, 1998.
  • Gisela Framke, Im Kampf um Südtirol. Ettore Tolomei (1865-1952) und das ‚Archivio per l'Alto Adige', Tübingen, M. Niemeyer, 1987, ISBN 3-484-82067-5.
  • Steininger, Rolf (2003). South Tyrol: a minority conflict of the twentieth century. New Brunswick, N.J., U.S.A: Transaction Publishers. ISBN 0-7658-0800-5.
  • Kramer, Johannes (1996). "Die Italianisierung der Südtiroler Ortsnamen und die Polonisierung der ostdeutschen Toponomastik". Romanistik in Geschichte und Gegenwart 2 (1): 45-62.
  • Kühebacher, Egon (1998). Zur Arbeitsweise Ettore Tolomeis bei der Italianisierung der Südtiroler Ortsnamen, in Benvenuti, Sergio; Hartungen, Christoph von (eds.) (1998). Ettore Tolomei (1865-1952). Un nazionalista di confine. Die Grenzen des Nationalismus. Trento: Museo Storico in Trento, pp. 279-294.


Voci correlate

Collegamenti esterni