Palazzo Belcredi

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Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo edificio di Pavia in via Frank, vedi Casa Belcredi.
Palazzo Belcredi
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Divisione 1Lombardia
LocalitàPavia
IndirizzoVia Luigi Porta, 14
Coordinate45°11′01″N 9°09′31″E / 45.183611°N 9.158611°E45.183611; 9.158611
Informazioni generali
CondizioniIn uso
CostruzioneXII-XVIII secolo
Usoabitazione

Palazzo Belcredi è un edificio di Pavia, in Lombardia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il palazzo (come anche la Casa Belcredi) fu di proprietà della famiglia aristocratica dei Belcredi, che già dal XII secolo deteneva numerosi beni e feudi nel contado della città e in particolare nell'Oltrepò, tra i quali ricordiamo: Volpara, Santa Giuletta, Mornico Losana e Montecalvo Versiggia. Legati alla corte viscontea, nel 1386 fu proprio un notaio membro della famiglia a redigere il contratto di nozze tra la figlia di Gian Galeazzo, Valentina, e il figlio del re di Francia, Luigi I di Valois-Orléans[1], nel 1470 ottennero dal duca Galeazzo Maria il feudo e il castello di Montalto Pavese, che nel 1680 venne eretto a marchesato. Nel 1689 il giurista Barnaba Belcredi ebbe l'investitura feudale di San Varese con Cassina Tentori. Il palazzo, che conserva molti elementi di età romanica, come la torre, e altri risalenti ai secoli XIV e XV, fu rimodellato a partire dal 1699[2], quando il giurista Francesco Belcredi ottenne dal comune la possibilità di demolire un muro e alcuni edifici, e di creare una piazza davanti al prospetto principale dell’edificio. Nel Settecento Filiberto Belcredi, orientalista, fu vescovo di Tortona, mentre Gaetano, appartenente alla congregazione Somasca, insegnò a Ferrara, Napoli, Venezia e Milano, e fu anche un letterato, mentre suo fratello Giuseppe Gaspare fu docente di diritto Civile e Feudale dal 1763 al 1796 presso l’università di Pavia, rettore tra il 1779 e il 1780 e nel biennio 1795 – 1796 e membro della municipalità[3]. I Belcredi, il cui ramo principale si estinse nel 1853, furono proprietari del palazzo fino al 1832. Tra il 1960 e il 1971, in un appartamento del palazzo, abitò monsignor Cesare Angelini[4].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il palazzo[modifica | modifica wikitesto]

La facciata principale del palazzo, realizzata durante il rifacimento settecentesco[5], non fu ultimata e si presenta priva d’intonaco, arricchita solo dal grande portale, sovrastato da un balcone in pietra con balaustra a pilastrini. Il lato meridionale del palazzo, ad angolo con vicolo San Colombano, si appoggia alla torre Belcredi, risalente al XII secolo. Del tutto differente è il prospetto affacciato sul vicolo, proprio davanti alla ex chiesa di San Colombano Maggiore, che, nonostante gli interventi settecenteschi, conserva ancora murature e aperture con archi a sesto acuto databili tra il XIV e il XV secolo. L’atrio del palazzo (sulla facciata principale) è strutturato su cinque campate con volte a crociera, arricchite da semicapitelli dorici; due pilastri in granito, sormontati da vasi a forma di urna, sorreggono il cancello in legno, mentre poco oltre due statue settecentesche, sempre in granito e poste su lati pilastri, introducono allo scalone. Il cortile principale è arricchito da una pavimentazione in acciottolato al disegno ed è chiuso a ovest da un portico sorretto da quattro colonne ioniche in granito. Al piano terra si trova un grande salone dotato di 10 colonne ioniche in granito con soffitto voltato a crociera lungo circa 20 metri e largo nove che, probabilmente, in origine ospitava le scuderie del palazzo. Sempre al pianterreno si apre lo scalone barocco a doppia rampa, provvisto di balaustra in pietra e arricchito da sculture che raffigurano vasi di fiori e stemmi che permette l’accesso al piano nobile del palazzo. Il primo piano dell’edificio diverse sale presentano tracce di affreschi settecenteschi nei medaglioni delle volte.

La torre[modifica | modifica wikitesto]

La torre

Non sappiamo con esattezza quando la torre fu eretta, ma sicuramente, come quasi tutte le altre torri urbane, fu realizzata tra il XII e il XIII secolo[6]. La torre Belcredi, diversamente da altre, non fu abbassata in età moderna e si conserva intatta in tutta la sua altezza, anche se il voltone che si appoggiava al lato della struttura su vicolo San Colombano fu demolito. La torre, a pianta quadrata, si eleva per circa 60 metri, mentre i suoi lati misurano circa 5,90 metri; lo spessore della muratura al piano terra è di 1,80 metri, riducendosi a circa 1,55 metri al primo piano, per poi scendere 1,20 metri intorno alla metà della struttura e a soli 80 centimetri alla sommità, permettendo così una buona distribuzione dei carichi. La muratura è “a sacco”: i muri esterni e interni della torre sono in mattoni, mentre lo spazio tra le due murature è riempito di ciottoli frammenti di laterizi legati fra loro con della malta. Internamente la torre è divisa in cinque solai con volta a botte, mentre la scala in legno è a rampe. Originariamente l’ingresso alla torre avveniva tramite un porta posta al primo piano e l’illuminazione interna era fornita dalle poche monofore presenti in ogni lato della torre[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Palazzo Belcredi, su paviaedintorni.it.
  2. ^ La famiglia Belcredi, su palazzo-belcredi.it.
  3. ^ Giuseppe Gaspare Belcredi, su bibliotecauniversitariapavia.it.
  4. ^ Il Palazzo, su palazzo-belcredi.it.
  5. ^ Palazzo Belcredi (già), su lombardiabeniculturali.it.
  6. ^ Torre Belcredi (già), su lombardiabeniculturali.it.
  7. ^ La torre, su palazzo-belcredi.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marica Forni (a cura di), Cultura e residenza aristocratica a Pavia tra '600 e '700, Milano, Franco Angeli, 1989.
  • Donata Vicini, Lineamenti urbanistici dal XII secolo all'età sforzesca, in Storia di Pavia. L'arte dall'XI al XVI secolo, III, Milano, Banca del Monte di Lombardia, 1996.
  • Chiara Porqueddu (a cura di), Il patriziato pavese in età spagnola. Ruoli familiari, stile di vita, economia, Milano, Edizioni Unicopli, 2012.
  • Susanna Zatti, L'architettura a Pavia nel XVII e XVIII secolo, in Banca Regionale Europea (a cura di), Storia di Pavia. L'età spagnola e austriaca, IV (tomo II), Milano, Industrie Grafiche P. M., 1995.

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