Ligea (mitologia)

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Ligea (in greco antico: Λιγεία?, Lighèia) è una figura della mitologia greca dal canto ammaliatore, raffigurata con busto di donna e con corpo di uccello con coda e ampie ali;[1] è una sirena che con le sue doti canore e di seduzione attrae e uccide ignari gli uomini, trascinandoli nel mare.

Il mito[modifica | modifica wikitesto]

Nella tradizione figurativa e in quella letteraria le sirene sono generalmente tre, si tratta delle sorelle: Partenope, Leucosia e Ligea.[2] La mitologia classica ha fatto costantemente riferimento alle sirene come una sorta di "muse del mare" dal dolcissimo e ammaliante canto che attirava i naviganti prima nell'oblio della loro patria e dei loro più cari affetti e poi conducendoli alla rovina.[3] Il mito venne introdotto sulle coste tirreniche dai coloni greci che vi si stabilirono a partire dall'VIII secolo a.C. Esse vivevano nell’antica Hipponion (odierna Vibo Valentia) ed erano compagne di giochi di Persefone, alla quale stavano insieme anche quando Ade, dio degli Inferi, l'aveva rapita. Fu Demetra a trasformarle in sirene, come punizione per non aver cercato di impedire il ratto della figlia.[2] La storia della sirena Ligea e delle sue consorelle Partenope e Leucosia è narrata dal poeta ellenistico Licofrone nel poema Alessandra. Nei suoi versi racconta la tragica fine della sirena che si gettò in mare dall'alto di una rupe in seguito al passaggio di una nave uscita indenne dal suo canto ammaliante.[4]

Ligea e Terina[modifica | modifica wikitesto]

Le onde del mar Tirreno avrebbero rigettato il corpo di Ligea sulla riva tirrenica della Calabria, presso Lamezia Terme o Terina. Secondo gli studi condotti da Michele Manfredi-Gigliotti (Cfr. bibliografia in calce), Ligea si arenò sulla spiaggia della città di Terina, nei pressi della foce del fiume Ocinaro (oggi denominato Savuto), dove i Terinei eressero, a ricordo dell'avvenimento, un sepolcro. Il luogo degli eventi, secondo Manfredi-Gigliotti, non si identifica con l'odierna Lamezia Terme, bensì con il Piano di Terina ove sorgeva la città magno-greca, in territorio di Nocera Terinese.

Sono moltissimi gli autori antichi che hanno scritto di avere visto, e letto, l'epitaffio sul cenotafio della sirena Ligea, vicino al fiume Savuto (un tempo Ocinaro).Questo epitaffio rinvenuto sulla tomba ( rectius, cenotafio) della sirena Ligea è stato un rompicapo per archeologi, linguisti, storici e studiosi in genere, per circa ottocento anni, sin quando, nel giugno del 2022, il nodo gordiano della decifrazione letterale non è stato sciolto dallo studioso Michele Manfredi-Gigliotti. L’epitaffio, nel suo contenuto letterale, esplicito e non acronimo, è:

Ligea Qanei Zwsa Dwdekamenos Rw..

Ligea- LIGEA; Qanei-MUORE (con valore di presente storico); Zwsa-VISSUTA (participio passato da zaw-VIVERE); Dwdekamenos-DODICI MESI); Rw=R’-Valore numerico della Rw= CENTO.

Traduzione definitiva: Ligea muore che visse cento anni (infatti, cento moltiplicato per dodici mesi, dà il risultato di milleduecento mesi, ossia cento anni).

Terina città della Magna Grecia, eretta dai Crotoniati nel VI secolo a.C., storicamente vide i suoi abitanti dispersi da Annibale nel 203 a.C., e la sua vera e propria fine nel 950 d.C. ad opera dei Saraceni, che la distrussero durante una delle loro incursioni sulle coste calabre[1].

Sulle splendide monete coniate a Terina, alcune delle quali sono ritenute dei capolavori della numismatica antica, c'è la più antica testimonianza delle acque termali di Caronte. Infatti, sul dritto c'è impresso il dolce profilo di una fanciulla alata mentre riempie un vaso d'acqua ad una sorgente che sgorga dalla testa di un leone, chiara simbologia iconografica di una fonte sacra. Si tratta della rappresentazione del simulacro della sirena Ligea (la melodiosa), la cui salma, sospinta dalle onde del Tirreno, fu gettata sulla spiaggia del golfo lametino dove ricevette onorata sepoltura dalle pietose mani dei naviganti e a cui più tardi i terinei elevarono culto religioso.

La sirena avrebbe rappresentato la personificazione della città di Terina (che significa ‘la tenera’). La sirena Ligea, raffigurata con un busto di donna con le braccia nude ed il corpo di uccello con coda e ampie ali, compare in varie monete di Terina, seduta su un cippo mentre gioca con una palla, oppure mentre riempie un'anfora con l'acqua che sgorga dalla bocca di un leone. Inoltre Ligea compare in statue isolate ed in rilievi ad ornamento di tombe, in genere mentre suona la cetra, oppure in vasi dipinti, mosaici, pitture e sarcofagi romani.

Sulle monete di Terina, la figura alata di Ligea è accompagnata da alcuni attributi caratteristici di Afrodite, evidentemente attributi della divinità trasferiti alla sacerdotessa della stessa. Infatti su una faccia c'è una fanciulla alata che reca in mano una colomba o una lepre e un ramoscello di mirto, sull'altra faccia una figura muliebre alata, assisa su un poggio e volta a sinistra, che stringe nella mano sinistra un caduceo e con la destra tiene un'anfora appoggiata sulle ginocchia, nella quale cade l'acqua che scorre da una testa di leone (simbolo di una fonte) situata su una muraglia di pietre e ai piedi si vede un cigno nuotante nella fontana. La colomba, la lepre e il ramoscello di mirto sono i simboli di Afrodite attribuiti alle sue alate sacerdotesse (dette ierodule). Alla schiera delle ierodule si possono ascrivere le sirene, ossia le fanciulle che incantavano col fascino della loro voce e dei loro amorosi richiami i naviganti.[5]

«E Ligea pertanto sarà sbalzata presso Terina sputando acqua di mare; e i naviganti la seppelliranno nella
sabbiosa spiaggia presso le rapide correnti dell'Ocinaro; e questo, forte nume dalla fronte cornuta, con le sue
acque bagnerà il sepolcro e tergerà il busto dell’alata fanciulla […]. Altri, stanchi di vagare penosamente di
qua e di là, si stanzieranno nel paese di Terina, dove bagna la terra l’Ocinaro versando le sue limpide acque
nel mare.[6]»

In questi versi il nome di Ligea e quello di Terina appaiono associati e la fonte e l'anfora simboleggiano il fiume Ocinaro (l'attuale Bagni) che attraversa Caronte e che con le sue acque tergeva il sepolcro della sirena. Dunque, il mito di Ligea, cantato da Licofrone, è legato all'esistenza di Terina, portata alla luce nell'area denominata Jardini di Renda posta a sud di Caronte a poca distanza, interrata dalle piene del Bagni dopo la sua distruzione ad opera di Annibale.[5]

Nel 1998 nella Piazzetta S. Domenico, a Nicastro è stata inaugurata una statua, opera dell'artista Dalisi, dedicata alla sirena Ligea.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Le Piane, Fausta Genziana, Incontri con Medusa, Soveria Mannelli (Catanzaro), Calabria Letteraria Editrice, 2000.
  2. ^ a b Izzi, Massimo, Dizionario Illustrato dei Mostri, Roma, Gremese Editore, 1989, ISBN 8876054499.
  3. ^ Parlato, Antonio, Ulisse e le Sirene di Positano, Napoli, Edizione Colonnese, 2006.
  4. ^ La Greca, Fernando, La sirena Leucosia, l'isola di Licosa, la Lucania antica. Mito, Storia e risorse del Cilento, Acciaroli (Salerno), Centro di Promozione Culturale per il Cilento, 2010, ISBN 9788890231780.
  5. ^ a b Villella, Vincenzo, Scheria, la terra dei Feaci, Lamezia Terme (Catanzaro), Stampa Sud, 2004.
  6. ^ Licofrone di Calcide (III sec. a.C.), Alessandra, vv. 726-730, (da M. Bettini, L. Spina, Il mito delle Sirene, Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Torino, Einaudi Editore, 2004, ISBN 9788806178048).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Massimo Izzi, Dizionario Illustrato dei Mostri, Roma, Gremese Editore, 1989, ISBN 8876054499.
  • Fernando La Greca, La sirena Leucosia, l'isola di Licosa, la Lucania antica. Mito, storia e risorse del Cilento, Acciaroli (Salerno), Centro di Promozione Culturale per il Cilento, 2010, ISBN 9788890231780.
  • Fausta Genziana Le Piane, Incontri con Medusa, Soveria Mannelli (Catanzaro), Calabria Letteraria Editrice, 2000.
  • Licofrone di Calcide (III sec. a. C.), Alessandra, vv. 726-730 (da M. Bettini, L. Spina, Il mito delle Sirene, Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Torino, Einaudi Editore, 2007, ISBN 9788806178048).
  • Antonio Parlato, Ulisse e le sirene di Positano, Napoli, Edizione Colonnese, 2006.
  • Vincenzo Villella, Scheria, la terra dei Feaci, Lamezia Terme (Catanzaro), Stampa Sud, 2004.
  • Michele Manfredi-Gigliotti, TEΡENHΩN, Memorie storiche sull'antica città di Terina, Editrice Pungitopo, Messina 1984
  • Michele Manfredi-Gigliotti, TEMHSA-TEMΨA,memorie storiche sull'antica città di Temesa, con particolare riguardo alla individuazione del suo sito, Edizioni Brenner Cosenza 1994.
  • Michele Manfredi-Gigliotti, La mia Calabria, Edizioni Simple, 2010 (Segnalato al Rhegium Julii, 2010).
  • Michele Manfredi-Gigliotti, Λυκόφρων kὰι ώkιναρώs, Licofrone e il fiume Savuto, Ma.Per. Editrice, Campora San Giovanni, 2010.
  • Michele Manfredi-Gigliotti, "Il tempio arcaico di contrada Imbelli- Amantea, frazione Campora San Giovanni, provincia di Cosenza"- Nuove prospettive per l'individuazione dei siti di Temesa e Terina, Lussografica Editrice,Caltanissetta 2015.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]