Francesco Melzi d'Eril

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Francesco Melzi d'Eril dipinto da Andrea Appiani

Francesco Melzi d'Eril (Milano, 6 marzo 1753Milano, 16 gennaio 1816) è stato un politico italiano durante l'epoca napoleonica e, in particolare, vicepresidente della Repubblica Italiana dal 1802 alla trasformazione della stessa in Regno d'Italia ad opera di Napoleone (1805).

Biografia

Le origini e gli studi

Figlio di Gaspare e Marianna Teresa d'Eril, Francesco Melzi d'Eril nacque in una numerosa famiglia (erano in nove) del patriziato milanese, ossia l'aristocrazia lombarda (la prestigiosa famiglia dei Melzi d'Eril aveva dato i natali anche a Francesco Melzi, erede di Leonardo da Vinci e suo più fidato collaboratore). La situazione economica familiare era, in quel momento, tuttavia, precaria, in primis per il comportamento del nonno paterno Francesco Saverio Melzi che, durante la Guerra di successione austriaca, si era schierato con gli spagnoli, subendo gravi conseguenzene quando l'imperatrice Maria Teresa riacquistò i propri dominii milanesi. A comprova della stato disastrato delle finanze familiari, egli nacque in casa di uno zio, perché l'abitazione del padre era stata sequestrata dai creditori.

Fu sempre grazie allo zio che poté studiare presso i gesuiti, dapprima al collegio dei Nobili a Brera e poi alle Scuole Palatine, dove conobbe lo scienziato Ruggero Giuseppe Boscovich, al quale rimase sempre legato da profonda amicizia. Nel 1773 l'imperatore Giuseppe II, nell'ambito della sua politica illuministica, tolse alla scuole religiose la possibilità di concedere titoli di laurea. Fu probabilmente questo il motivo per il quale il Melzi non ottenne mai un titolo di studio.

Le prime esperienze politiche

Mosso anche dalla sua passione per il gioco, il Melzi viene in contatto nei rinomati salotti della Milano della seconda metà del XVIII secolo con gli esponenti più importanti dell'illuminismo lombardo e del mondo delle lettere: Pietro Verri, Cesare Beccaria, Giuseppe Parini e Ippolito Pindemonte.

A quest'epoca risalgono anche una serie di suoi viaggi per l'Europa dove può toccare con mano i risultati delle diverse politiche applicati dai sovrani dell'epoca dell'illuminismo assolutistico nonché esperimentare il Parlamentarismo inglese.

Egli si avvicinerà quindi a posizioni di cauto liberalismo che gli faranno guardare con simpatia i primi anni della Rivoluzione francese. Egli non condivise tuttavia il progressivo radicalizzarsi della stessa e in specialmodo la politica vieppiù antireligiosa praticata in Francia, in particolare, nel periodo detto della Convenzione.

La discesa di Napoleone in Italia

Un'evoluzione simile Melzi avrebbe vissuto a seguito della Campagna napoleonica d'Italia. Egli accolse con favore l'arrivo a Milano di Napoleone e, dopo essere stato membro del comitato delle finanze, alla nascita della Repubblica Cisalpina ne divenne rapidamente il maggiore esponente politico. Quando però, da un lato i settori più radicali presero il sopravvento e, dall'altro, si rese conto che Napoleone non intendeva dare seguito alle aspirazioni unitarie degli italiani, egli si ritirò a vita privata, lasciando l'Italia.

Ma fu per poco, dopo i rovesci francesi del 1799 a fronte delle armate austro-russe e la rivincita francese con il trionfo di Marengo nel 1800, Melzi è inviato in Francia per discutere il nuovo equilibrio politico da dare all'Italia. Alla fondazione della Repubblica italiana nel 1802 con Napoleone capo dello Stato, egli ne è nominato vicepresidente.

Ampio fu il contributo di Melzi durante il triennio repubblicano, in specie a favore di una reale autonomia della Repubblica italiana. A lui sono ascrivibili, in specie, l'ammodernamento dell'amministrazione con l'apertura degli incarichi pubblici a tutti i cittadini senza differenze di censo, il concordato del 1803 e l'avvio di una serie di importanti opere pubbliche.

Nel 1805 Napoleone divenuto Imperatore di Francia trasformò tuttavia la Repubblica in Regno, autonominandosi re d'Italia e affidando l'incarico di Viceré a Eugène de Beauharnais.

A quel punto non vi era più spazio per il Melzi, il quale non avrebbe più ricoperto incarichi ufficiali. Napoleone - che Melzi si era sempre rifiutato di incensare - non gli negò tuttavia la nomina a duca di Lodi. Melzi si batté tuttavia anche negli ultimi anni fino alla morte per una vera autonomia del proprio Paese.

Il ritorno degli austriaci

Lo stesso argomento in dettaglio: Caduta del Regno Italico.

Il destino non gli risparmiò tuttavia di assistere al ritorno di Milano nel 1815 sotto il dominio austriaco.

Limitò i propri contatti con il governo austriaco occupante a cortesi rapporti epistolari, ma è significativo che, nel dicembre 1815, rifiutasse di ricevere a Bellagio il maresciallo austriaco Sommariva, adducendo banali scuse.

Morì il 16 gennaio 1816, a 63 anni, nel suo palazzo di Milano. I giornali non riportarono la notizia per evitare dimostrazioni anti-austriache mentre era in città l’imperatore. I funerali, fastosi, si svolsero il 28 marzo. La salma venne tumulata nella sua villa di Bellagio, sul lago di Como.

Già il 16 gennaio, i suoi archivi vennero sigillati dalla polizia del governatore di Milano, conte Saurau, che il 22 le sequestrò per portarle a Vienna, da dove tornarono, incomplete, solo dopo la grande guerra.

Bibliografia

  • Nino del Bianco, Francesco Melzi D'Eril. La grande occasione perduta, Milano. Il Corbaccio, 2002 (Collana storica).
  • Francesco Melzi d'Eril. Francesco Melzi d'Eril, 1753-1816: milanese scomodo e grande uomo di Stato: visto da un lontano pronipote, Firenze, Alinea, 2000 (Storia; 4).

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