Discussione:Narodni dom

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Venezia Giulia e Dalmazia
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Messaggio per Lisjak. Ho aggiunto io le modifiche alla voce, che tu hai classificato coll'epiteto "vandalizzazione", che ritengo assolutamente fuorviante e fuori luogo. Mi pare importante segnalare alcune cose:

1. L'incendio del Narodni Dom non è stato un fulmine a ciel sereno, ma è da inquadrarsi all'interno delle vicende dell'immediato primo dopoguerra, quando ancora non si era stabilito che fare con certe aree geografiche e il nazionalismo imperava - anche in armi. Ricordi le stragi di civili tedeschi compiute dai militari sloveni a Marburg (oggi Maribor)? Sono il contraltare di ciò che avvenne in Italia a Trieste. Messa così com'è messa adesso, sembra che l'incendio del Narodni Dom sia un fulmine a ciel sereno, dovuto al fanatismo fascista nato chissà come e chissà perché.

2. La stessa città di Trieste non è nuova alle violenze, anche di chiaro stampo nazionale. Vorrei ricordarti i tumulti del 1868 (due morti fra i manifestanti, ammazzati dalla milizia territoriale, espressione dei contadini sloveni dei dintorni di Trieste); l'attività dei "petardieri" (come li chiamavano) e cioè gli attentati dinamitardi dei nazionalisti italiani fra il 1868 e il 1892; la bomba "alla Orsini" del 2 agosto 1882 (un morto); l'impiccagione di Oberdan sempre del 1882; i 14 morti di piazza del 14/15 febbraio 1902. Ma col nuovo secolo si passò a veri e propri tumulti di piazza, dei quali l'assalto a "Il Piccolo" del 1915 e i clamorosi disordini che punteggiarono i giorni della dichiarazione di guerra italiana rimasero nella memoria dei triestini irredentisti come un "vulnus" del quale non si può non tenere conto.

3. E' bene mettere in relazione l'incendio del Narodni Dom con i disordini di Spalato, ma a mio modo di vedere è necessario pesare bene le parole e spiegare il contesto. La città di Spalato era una di quelle più "calde" in assoluto, a quel tempo. Le truppe italiane erano - è vero - "truppe d'occupazione", ma lo erano non solo per ghiribizzo proprio, ma in quanto "gestivano" il potere di amministrazione dei territori soggetti a disputa (siamo subito dopo la prima guerra mondiale!), in nome e su mandato delle potenze vincitrici. Come forse saprai, la popolazione di Spalato presentava una certa minoranza italiana (ci fu una raccolta di firme a favore dell'Italia che secondo certe fonti ricevette qualche migliaio di adesioni), e questa è una cosa che forse sarebbe da ricordare. Così come è da ricordare che i due morti italiani (perché ne hai cancellato i nomi, non ti piacevano?) morirono in seguito ad un'aggressione da parte di parte della popolazione di Spalato dopo una manifestazione filo-jugoslava. Del resto, come forse saprai in quei disordini gli italiani (militari!) ebbero due morti, mentre i manifestanti (civili!) non ne ebbero. Un po' strano questo fatto, se non si capisce come si svilupparono i fatti?

4. In definitiva, il processo logico/storiografico da me proposto per inquadrare adeguatamente l'incendio del Narodni Dom è il seguente:

Violenze a Trieste già avvenuto ---> Prima guerra mondiale: territori contesi ---> nazionalismo fiorente (ed in Italia fascismo nascente) ---> disordini e morti in tutte le zone contese ---> disordini di Spalato ---> incendio del Narodni Dom

5. Ultimo punto: perché non ricordare che quel giorno a Trieste ci furono dei morti, e perché non ricordare i nomi di quei morti?

Ho intenzione di modificare nuovamente la voce, ma non voglio scatenare un'assurda guerra a chi è più bravo e più veloce a cancellare i contributi altrui.

Luigi

Innanzitutto chiedo scusa per aver usato la parola "vandalizzazione". Me ne sono reso conto immediatamente dopo la modifica della pagina che non si trattava di un caso di vandalizzazione: purtroppo però non c'era modo di rettificare (se fossi stato registrato, ti avrei lasciato un messaggio nella pagina di discussione); comunque ero certo che chi aveva modificato la pagina, si avrebbe fatto sentire, prima o poi, nella pagina di discussione della voce... e infatti non mi sbagliavo ;) Ti prego quindi di accettare le mie scuse: è stato uno sbaglio da parte mia, non si trattava in assoluto di vandalizzazione.
Ciononostante, credo la mia modifica sia stata giusta e la ribadisco. Questa è una enciclopedia e credo sia necessario attenersi ai fatti - le interpretazioni possono essere citate solo in quanto tali (quindi se vuoi, aggiungi una nuova sezione, con il titolo "Interpretazioni dell'evento da parte della storiografia italiana" e poi un'altra, "Interpretazioni dell'evento da parte della storiografia slovena"; anche se personalmente non ne vedo la necessità).
Introdurre l'evento in uno specifico contesto può essere già una interpretazione: elencare tutti gli assalti su rappresentanti e/o istituzioni italiane per culminare con l'incendio del N.D. implica un chiaro messaggio: "il popolo italiano non ne poteva più, l'incendio è stato la reazione a altre violenze". D'altro canto, introdurre l'incendio del N.D. nella serie di scontri nazionali tra italiani e slavi (su tutte le zone contese) dalla fine dell'Ottocento in poi (incluso Oberdan, l'Okoličanski bataljon) implica un'altro messaggio: il rogo del N.D. non era un evento vero e proprio, bensì un frammento, una tappa, di una serie di avvenimenti. Di nuovo si tratta di una interpretazione storica. Credo, ribadisco, che bisogna attenersi ai fatti. Anche "da parte slovena" c'è la tendenza di mettere l'evento nel contesto della persecuzione degli sloveni, mostrando una continuità nella politica antislovena delle autorità triestine e della maggioranza italiana della città: si potrebbe iniziare con i primi provvedimenti contro le istituzioni slovene e l'uso della lingua slovena a Trieste (proibizione delle iscrizzioni slovene su tombe nel cimitero comunale, etc.); sebbene tutti questi fatti siano veri (come anche quelli citati da te), la loro scelta è arbitraria e crea un contesto interpretativo che va contro il concetto di neutralità promosso da Wikipedia.
Lo stesso vale per il menzionamento di scontri nazionali in altre realtà, sconnesse con la realtà triestina: sarebbe come dire, "anche gli altri lo facevano". Per dare un esempio, è come se nella voce sull'olocausto si cominciasse a elaborare sul GULAG; certo, ci sono moltissime interpretazioni che mettono le due cose su un simile piano (che io, tra l'altro condivido), ma si tratta di interpretazioni. Non ho niente in contrario se vorrai scrivere la voce sulla Blutsonntag di Maribor: anzi, sarò lieto di aiutarti (si potrebbe iniziare dal vedere le due voci in merito sulla wikipedia tedesca e slovena che sono un buonissimo esempio di come si dovrebbe scrivere su argomenti "scottanti"); ma sono contrario che si inserisca in questa voce, perché non ha niente a che fare con il Narodni dom.
Ora: è vero che se un evento fa veramente parte di una serie di avvenimenti (come è proprio il caso della Blutsonntag da te menzionata che era la culminazione di continui scontri durati dall'inizio novembre 1918), sono d'accordo che scrivere sull'evento come se fosse "sconnesso" dal suo naturale contesto, "piovuto dal celo" come dici tu, sarebbe scorretto. E i contesti naturali del rogo del N.D. sono tre: 1) il teso (sebbene non violento) clima politico-nazionale a Trieste tra l'inizio dell'occupazione italiana (3.11. 1918) e la conclusione dei trattati con la Jugoslavia nell'autunno del 1920 (spero di non aver sbagliato le date, in questo momento sono sprovvisto di libri a proposito); 2) gli avvenimenti di Spalato che servirono da "miccia" esplosiva per il nazionalismo italiano e 3) il nascente movimento fascista che si servì della situazione per imporre l'egemonia su buona parte del movimento nazionalista radicale presente a Trieste. Sono d'accordo con te che questo contesto non è ancora ben chiarito nella voce. Ma elaborare sulla situazione a Spalato (che era del tutto diversa) non aiuta certo a spiegare i fatti di Trieste. Perché ho cancellato i nomi delle due vittime di Spalato? Be', credo che i nomi dei due soldati uccisi a Spalato siano del tutto irrilevanti riguardo all'incendio del Narodni dom. O pensi forse il contrario? (Specialmente se nella voce non sono menzionate le vittime degli avvenimenti triestini; io non le ho menzionate perché non avevo dati precisi al riguardo; esistono versioni differenti e non vorrei scrivere qualcosa della cui attendibilità non sono sicuro). LIsjak 17:44, 3 set 2007 (CEST)[rispondi]

Vedo che hai ancora cancellato un mio contributo, questa volta molto piccolo: avevo scritto che i tumulti furono anti-slavi, ma tu correggi "anti-sloveni".

Adesso spiego il perché della mia espressione "anti-slavi" (anche se sarebbe sicuramente più corretto dire: anti-jugoslavi): è vero che a Trieste c'era da decenni tensione fra gli italiani irredentisti e la minoranza slovena, ma bisogna anche ricordare che in quel periodo gli irredentisti ce l'avevano con gli "jugoslavi" - generalmente intesi - per le questioni legate alla Dalmazia (promessa all'Italia nel 1915 ed ora in discussione) e nello specifico - come "casus belli" - alla questione dei morti ammazzati di Spalato. Il rogo del Narodni Dom - come sicuramente sai - non fu l'unico disordine causato dai manifestanti capeggiati dai fascisti quel giorno: il comandante della Legione dei Carabinieri di Trieste racconta come venisse assaltata la sede del giornale socialista "Il Lavoratore", la sede della slovena "Edinost", "uffici e locali e case private di persone slave o ostili alla nostra occupazione", nonché la sede della rappresentanza ufficiale di Belgrado a Trieste (NDR: Evidentemente anche il carabiniere diceva "slavi" per dire "jugoslavi", senza considerare i cechi che richiami tu, i quali comunque erano pochissime decine in città). In quest'ultimo episodio si segnalano dei malmenati e il rogo della bandiera del Regno SHS, che venne strappata, lanciata fra la folla sottostante e calpestata. Nel suo saggio bilingue italiano / sloveno "Il rogo del Narodni Dom / Pozig Narodnega Doma", pubblicato all'interno di un volume collettaneo dall'Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia nel 2006, Anna Maria Vinci scrive testualmente che furono devastate "sedi socialiste, slovene e croate". Alla luce di tutto ciò, credo che la frase "anti-jugoslave" sia assolutamente più corretta di "anti-slovene", anzi: credo che sarebbe corretto dire - come fa la Vinci - che quei tumulti furono anche parzialmente "anti-socialisti". A riprova del fatto che gli irredentisti e i fascisti italiani ce l'avevano in generale con gli jugoslavi, ma anche con i socialisti, basti ricordare i coevi disordini di Pola, con morti di vario segno prima e dopo l'incendio del Narodni Dom di Trieste e - anche lì! - l'incendio della Casa del Popolo di Pola avvenuta lo stesso identico giorno dell'incendio di Trieste. Questa non può essere considerata una strana coincidenza!

Vedo che addirittura hai semi-protetto la voce, come se si trattasse di cosa tua. Di conseguenza lascio a te la scelta: se ti ritieni l'unico proprietario del lemma, tientelo e scrivi quello che vuoi, come vuoi e quando vuoi. In caso alternativo, ti prego di modificare tu quella singola espressione (anti-sloveni Vs. anti-slavi) che ti urta, e poi ne riparliamo.

Luigi


POST SCRIPTUM: Nel lemma "Trieste" si dice che i disordini furono "anti-jugoslavi". Oltre a ciò, solo adesso mi accorgo che hai scritto anche un'inesattezza laddove affermi che gli sloveni erano il 25% degli abitanti della città agli inizi del '900. Secondo il censimento A/U del 1910 gli sloveni erano circa il 25% degli abitanti del COMUNE, ma in città erano molto meno. Come infatti saprai, durante l'Impero si distingueva fra "città di Trieste" e "comune di Trieste". Quest'ultimo comprendeva anche tutti i paesini del circondario, che non facevano parte amministrativamente della "città" e all'interno dei quali abitavano in gran parte gli sloveni. Quando ho tempo consulto il testo che ho sui censimenti austroungarici e ti do la percentuale esatta per la sola città di Trieste.

Luigi

Dopo questa spiegazione credo che abbia ragione tu. Non sapevo degli attacchi alle sedi delle associazioni croate e neanche delle sedi socialiste. È certamente più esatto scrivere anti-slavi; hai ragione anche quanto riguarda la percentuale degli sloveni a TS. E la voce non l'ho protetta io (come potrai ben vedere dalla crnolologia). LIsjak 17:02, 5 set 2007 (CEST)[rispondi]

I disordini che portarono alla distruzione dell'allora Narodni dom sono una diretta conseguenza di quello che nei girnali dell'epoca e nei rapporti di polizia venne definito un attentato contro le truppe italiane di stanza a Spalato in cui rimasero uccisi due soldati. Mi sembra pertanto più corretta la dicitura da me inserita.--AleR (msg) 19:05, 28 lug 2008 (CEST)[rispondi]

Vigili del fuoco[modifica wikitesto]

Stando ad altre fonti (reperibili on-line) l'intervento dei vigili del fuoco fu impedito dagli squadristi. --Crisarco (msg) 10:12, 30 lug 2008 (CEST)[rispondi]


Hotel Balkan[modifica wikitesto]

questo è il nome che aveva e ha l'edificio in questione, il nome di Narodni dom è quello con cui la comunità Slovena indicava l'edificio ma non è il nome ufficiale con cui è stato registrato nel comune di Trieste, pertanto è da modificare il nome dell'edificio con "Hotel Balkan" e che parte di esso veniva indicato come narodni dom (ovvero casa del popolo) dalla comunità slovena di Trieste in cui avevano sede la loro associazione.--Arcani (msg) 23:06, 27 ago 2008 (CEST)[rispondi]

L'edificio è universalmente conosciuto come Narodni dom, Hotel Balkan è già un redirect. --Crisarco (msg) 12:48, 28 ago 2008 (CEST)[rispondi]


Scusami ma quello che dici è sbagliato, l'edificio è nato come Hotel Balkan e non è stato realizzato come invece si legge nell'attuale testo appositamente come sede del Narodni dom, nel 1907 furono chiuse tutte le varie sedi del coordinamento delle attività culturali sloveni in Trieste e vennero trasferite in appositi spazzi all'interno del Hotel Balkan. Il nome Naroni dom non ha nessun riconoscimento universale come tu vuoi affermi, oltretutto tutti i testi storici italiani che ho consultato si riferiscono all'edificio come Hotel Balkan sede del Naroni dom sloveno, mentre la dicitura attuale è ex Hotel Balkan.--Arcani (msg) 15:26, 28 ago 2008 (CEST)[rispondi]

L'edificio fu commissionato come Casa del Popolo slovena all'architetto Max Fabiani. L'hotel fu collocato al suo interno per trarre un profitto che garantisse l'autosufficienza economica dell'edificio. Vedi Marko Kravos et al., Narodni dom v Trstu : 1904 - 1920 (Trieste & Duino, 1995). LIsjak (msg) 23:04, 31 ago 2008 (CEST)[rispondi]

L'edificio è stato costruito come Hotel ed edificio polifunzionale, il nome con cui è stato registrato sia in ambito progettuale che nel momento dell'inaugurazione è Hotel Balkan. La destinazione di parte degli uffici ad utilizzo come Casa del popolo Slovena è avvenuta in un secondo tempo. A tal proposito si puo consultare il Testo dell'architetto Umberto Nordio "Architettura a Trieste 1926 - 1942" dove viene analizzata la ristrutturazione dell'edificio dopo l'incendio e la sua storia. Stessa testimonianza e se si vuole più diretta la si può avere presso l'archivio generale del comune di Trieste dalla dottoressa Ugolini dove i piani progettuali dell'edificio sono registrati nell'anno 1900 come Hotel Balkan. --Arcani (msg) 15:58, 1 set 2008 (CEST)[rispondi]

Da tutti i testi che ho consultato (anche quello sopra citato), risulta che l'edificio fu proggettato fin dall'inizio come casa del popolo slovena. Lo stesso risulta dal libro su Max Fabiani, scritto da Marco Pozzetto (io conosco la versione slovena, ma mi pare che in italiano sia stato edito da MGS Press di Trieste, nel 1998 o nel 1999). Che sia stato registrato come Hotel Balkan presso le autorità municipali è irrelevante. Fatto sta che è stato commissionato appositamente come casa del popolo sloveno (esattamente come il "Trgovski dom" di Gorizia, anch'esso opera del Fabiani). LIsjak (msg) 10:25, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

I progetti originali con tanto di destinazione d'uso non indicano da nessuna parte l'uso come "casa del popolo sloveno" dell'edificio. Viene indicatao come edificio ad uso Hotel con annesse sale ad uso polifunzionale. Reputo assurda l'affermazione che la registrazione presso le autorità comunali del nome dell'edificio e della sua destinazione d'uso siano irrilevanti. E' incontestabile (e anti storico) che all'interno dell'edificio in questione trovò sede la "Casa del popolo slovena" ma l'edificio non fù progettato e creato ne con questa esclusiva funzione ne con questo nome. --Senofonte (msg) 12:12, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Deduco che indipendentemente da questa controversia l'edificio fu progettato ad uso della comunità slovena. Il nome Balkan non mi sembra molto latino...--Crisarco (msg) 12:31, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Indubbiamente, Trieste nel 1900 era una citta dell'Impero Austriaco ed infatti il nome dell'Hotel è tedesco mentre i proprietari sono austriaci. Ribadisco che non viene contestato il fatto che la comunità slovena ha utilizzasse l'edificio come casa del popolo ma che semplicemente non fu progettato per questo scopo e che la documentazione conservata negli archivi del comune di Trieste ne dà incontestabile conferma. Mi sembra pertanto che se da un lato il nome della voce sia mantenibile in quanto ci si riferisce all'edificio che ha avuto nella funzione di "Narodni dom", dall'altro lato è corretto inserire nella storia dell'edificio il nome con cui è stato progettato, innugurato ed era ed è conosciuto. Non trovo nulla di riprorevole in questo. --Senofonte (msg) 14:14, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Nemmeno io, quel che volevo capire è se l'edificio fu progettato da subito ad uso degli sloveni di Trieste. Il nome "Balkan" non rimanda certo a Vienna, e lo stesso architetto, Fabiani, era sloveno. --Crisarco (msg) 14:19, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Come ho accennato prima ed ho riportato sulle fonti ho fatto una ricerca all'archivio generale del comune di Trieste dove sono reperibili i progetti originali dell'edificio, relazioni tecniche e naturalmente le destinazioni d'uso. Non compare da nessuna parte diciture che indichino che il progetto nasce ad uso della comunità slovena e ripeto si tratta dei progetti originali, non capisco perchè si dovrebbe accantonare dati certi storici, anteponendo scrittori che per mancanza o volontà possono distorcere la verità storica.--Senofonte (msg) 14:39, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Ma certo che al comune non c'è scritto, mica è un dato tecnico questo! --Crisarco (msg) 14:41, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Se un edificio viene commissionato da dei committenti austriaci per farci un loro Hotel a cui verranno affiancati spazzi ad uso commerciale e servizzi vuole dire che non è stato ideato e progettato come edificio per la cultura slovena. Secondo le documentazioni da me visionate della camera di commercio di Trieste alcune sale dell'Hotel Balkan sono state vendute in accordo con il comune di Trieste alla comunità slovena dopo l'ultimazione lavori così come altre sale sono state vendute ad un istituto bancario, ad una assicurazione ad una torrefazione ecc. ecc. --Senofonte (msg) 15:05, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Austriaco nel senso di tedesco? --Crisarco (msg) 15:09, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

I proprietari erano di Salzburg quindi austriaci dell'Austria. --Senofonte (msg) 15:53, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Ho aggiunto il riferimento all'uccisione di Ninni, tratto da Massacri delle foibe. La versione conteneva anche il seguente paragrafo: L'episodio dell'incendio del Balkan, inoltre, si inquadra anche come vendetta per l'analogo episodio di cinque anni prima, quando dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria, gruppi di sloveni incendiarono la sede del giornale Il Piccolo ed impedirono ai vigili del fuoco di domare le fiamme, assieme a numerosi altri centri culturali italiani della regione. Si chiede un vaglio delle fonti [1]. --Crisarco (msg) 15:34, 30 ago 2008 (CEST)[rispondi]

Ho modificato questa parte, riportando punto per punto lo svolgimento dei fatti ed aggiungendo una fonte. Questa fonte è un libro della storica slovena Milica Kacin Wohinz, componente della commissione di storici italiani e sloveni che produsse il noto studio sui rapporti fra sloveni e italiani.--Presbite (msg) 10:38, 31 ago 2008 (CEST)[rispondi]

Contestualizzazione, punti oscuri nella vicenda e ricerche necessarie[modifica wikitesto]

Riporto quanto scritto nella voce "Massacri delle Foibe", così si può lavorare su entrambi i tavoli.

Sto facendo un po' di ricerche qui e là, e pur senza trovare una versione definitiva sto invece trovando due versioni principali, l'una l'opposto dell'altra. I punti fermi della questione sono i seguenti:

1) Dopo i fatti di Spalato dei nazionalisti si assembrano a Trieste
2) uno di costoro - un giovane diciassettenne dalmata di nome Giovanni Nini - viene ucciso
3) la folla inferocita si scaglia contro il Balkan
4) dal Balkan partono scariche di arma da fuoco che uccidono un sottotenente italiano - Luigi Casciana - che partecipava al cordone di sicurezza
5) il Balkan brucia a lungo e una persona che vi era dentro muore nel tentativo di lanciarsi dalla finestra

Questo è quanto di CERTO (per quanto possa significare qualcosa nel vocabolario di uno storico questa parola) sono riuscito a rintracciare.

Poi ci sono le opposte versioni addirittura nemmeno d'accordo sulla matrice dell'incendio!

1) Giovanni Nini (e non Ninni, my bad) è stato ucciso per sbaglio dai fascisti, oppure trapassato dalla sciabola di un ufficiale dell'esercito SHS oppure accoltellato da un attivista filo-iugoslavo?
2) Giovanni Nini era fascista oppure nazionalista? O era solo un patriota dalmata senza tessere di militanza?
3) La folla che si assembra contro il Balkan è una folla fascista? oppure mista coi nazionalisti?
4) L'esercito ha attivamente partecipato all'assalto? E se sì, prima o dopo il lancio di bombe dalle finestre del Balkan?
5) Dalle finestre del Balkan cosa venne sparato? bombe a mano? un razzo? pistolettate?
6) Chi ha dato fuoco al Balkan? i manifestanti o gli stessi occupanti, preoccupati che venissero scoperti i depositi di armi clandestini contenuti nel Balkan e i documenti compromettenti per le organizzazioni segrete filo-slave?
7) Perchè i pompieri non si poterono avvicinare? perchè impediti dai fascisti oppure a causa delle esplosioni della santabarbara segreta?
8) L'unica vittima morì perchè si lanciò dalla finestra? Le altre trovarono o non i pompieri coi teloni sotto?
9) Il Balkan era solo sede di associazioni culturali e di un giornale o anche una base di spionaggio SHS e di elementi delle associazioni segrete filo-slave?

Sarebbe interessante se qualche utente triestino avesse tempo per andare a vedere i giornali dell'epoca. Inoltre SICURAMENTE (a meno che sia andata "misteriosamente" perduta) deve esserci un qualche rapporto di polizia da qualche parte, redatto dalla PS o dai Carabinieri e dallo stesso reparto dell'Esercito cui apparteneva il povero Casciana. Probabilmente ne esiste anche più di uno, poichè quelli di polizia e quello militare saranno stati redatti separatamente.

Aggiungo anche che la ricostruzione nella voce è basata solo su fonti internettarie e su un articolo di giornale, un fatto che necessariamente impone l'aggiunta di fonti ACCADEMICHE sull'argomento o addirittura - se qualcuno se le riesce a procurare - le suddette fonti primarie. Così invece stiamo davvero ragionando sul nulla.--Emanuele Mastrangelo (msg) 17:54, 2 set 2008 (CEST)[rispondi]

Tutte le domande che poni sono oramai di impossibile soluzione, come viene notato da coloro i quali hanno affrontato il tema. Adesso cerco di spiegare in modo più esteso il perché:
  1. Le fonti giornalistiche dell'epoca scrissero da subito delle versioni totalmente contrastanti. Leggere solo Il Piccolo (o l' Era Nuova o La Nazione) senza affrontare le versioni in lingua slovena del Delo e dell' Edinost significherebbe prendere subito posizione per una delle versioni.
  2. I rapporti delle autorità furono anch'essi molto indirizzati etno-politicamente. Sia il rapporto dei Carabinieri che quello del Commissario Generale Civile della Venezia Giulia. E' anche da notare che alcuni dei rapporti furono scritti da persone che - provenendo da regioni italiane molto distanti da Trieste - ignoravano completamente la situazione etnica triestina, sbagliando a scrivere pure il nome "Narodni Dom".
  3. I consolati della Gran Bretagna, della Cecoslovacchia e degli Stati Uniti inviarono delle relazioni ai propri governi che irritarono il governo italiano. In queste relazioni accusavano esplicitamente i nazionalisti italiani di essere i principali responsabili di tutti i disordini. Il governo italiano accusò i consoli di essersi fatti influenzare da pressioni jugoslave.
  4. Lo storico triestino Carlo Schiffrer ha scritto forse il testo più completo sull'intera questione, dal titolo "Fascisti e militari nell'incendio del Balcan", in "Trieste", X, 1963, n.55. In questo articolo afferma che il cadavere di Nini venne "procurato" a Giunta dai suoi camerati.
  5. Pure sulle scariche di fucileria e sulle due bombe lanciate dal terzo piano del Balkan (una granata incendiaria e una SIPE) le versioni divergono totalmente, e vanno dall'esclusione del fatto, alla "provocazione fascista" (furono dei fascisti entrati al Balkan a creare questo incidente) all' "omicidio di mano jugoslava" (allora raramente si diceva "sloveno"). E' addirittura probabile che questo evento che causò la morte di Casciana ebbe luogo prima dell'assembramento della folla proveniente dal corteo, altrimenti non si spiegherebbe - dicono alcuni - come sia stato possibile che gli autori del crimine siano potuti sfuggire al rogo, uscendo dall'edificio.
  6. Le forze dell'ordine italiane - esercito compreso - sembra che parteciparono all'assalto, nel senso che aprirono il fuoco contro le finestre dalle quali partirono i colpi.
  7. Il fuoco al Balkan venne dato dai manifestanti. Qui le fonti principali non divergono.
  8. La storia dei pompieri che non intervennero non è stata aggiunta da me e non trova riscontro nelle fonti. Milica Kacin Wohinz, storica slovena, non riporta nemmeno questa cosa fra le ipotesi, limitandosi a dire che riuscirono solamente ad evitare il propalarsi dell'incendio agli edifici circostanti.
  9. I due che si buttarono dalla finestra furono Hugon Roblek (in alcune fonti indicato come "custode") e sua figlia. Sotto non c'erano i teloni e quindi si sfracellarono al suolo dal terzo piano. Ma anche su questo non c'è perfetto accordo: secondo alcuni Roblek e la figlia mancarono i teloni. Comunque sia, lui morì, la figlia si frattutò in varie parti. E' da notare che il Roblek non era un triestino, ma uno sloveno di Radovljica: una cittadina della Carniola inferiore.
  10. Sembra da escludere il fatto che il N.D. fosse sede di gruppi spionistici o cose del genere. Certo: era sede di varie associazioni slovene e si sa che gli sloveni avrebbero preferito la "soluzione jugoslava", ma affermare che per questo fatto fossero tutti al soldo del SHS, mi pare eccessivo. Fra l'altro, il SHS aveva un consolato a Trieste, per cui - dico io - era più facile che lì vi fossero degli elementi legati ai servizi segreti di quel paese.
Da tutto ciò che ho scritto credo si possa capire come tutta la questione sia da prendere con le molle. Certo è che i manifestanti - che comprendevano le squadracce di Giunta - non avevano l'obbligo assoluto di andare a spaccare le vetrine dei negozi sloveni di Trieste; non avevano l'obbligo assoluto di prendere a sassate il consolato jugoslavo, strappandone la bandiera; non avevano l'obbligo assoluto di devastare le sedi dei giornali socialisti; non avevano l'obbligo assoluto di lanciarsi l'un coll'altro l'idea di andare al Balkan. Insomma: dal contesto complessivo dei fatti che accaddero quel giorno e gli altri che seguirono, mi pare ovvio notare che furono i fascisti a causare quel mare di danni. Tutto ciò io lo metto anche in relazione con quanto accadde sia a Pola che a Fiume negli stessi giorni, pur notando che se si vuole il ocntesto era ancora più ampio, e s'inquadra in tutto quell'enorme processo di "semplificazione etnica" (abbinato all'odio etnico) che colpì l'Europa a partire dalle guerre Balcaniche degli anni '10. Il che - sia chiaro - non significa che di notte tutti i gatti sono grigi.--Presbite (msg) 15:22, 5 set 2008 (CEST)[rispondi]
Certo che il problema è di difficile se non ormai impossibile soluzione. Vero è che qui su wiki noi non abbiamo la pretesa di risolvere la questione, ma semplicemente di dar conto di quanti altri hanno scritto.
Per quanto riguardi le fonti primarie, certo è che i giornali filo-nazionali ed anti-nazionali abbiano dato versioni affatto divergenti. Idem con patate per le FFAA e di Polizia impiegate e i consolati di GB, USA e Cecoslovacchia (tutti, com'è noto, filo-jugoslavisti).
Sulle fonti, sarebbe anche interessante sapere se Giunta stesso ha lasciato qualche ricordo o testimonianza, considerando anche che non era proprio il tipo del volgare picchiatore, ma era anche un intellettuale e un frequentatore di circoli letterari, nonchè un politico di primo piano: quindi possibilmente due righe sull'argomento le avrà pure lasciate. La cosa che le renderebbe interessanti è che - rivendicando con orgoglio i fascisti questa azione - di certo non vi sarebbero autocensure per far apparire la cosa meno truce. Anzi, forse una fonte del genere potrebbe peccare - al contrario - di vanagloria ed esagerazione!
Che il ND fosse una sede spionistica filo-iugoslava non posso escluderlo, anzi. Tali e tante erano le organizzazioni slave irredentistiche, spionistiche e terroristiche che la cosa è assolutamente plausibile. Certo molto di più dell'assurda scena (stile proprio "Anni di Piombo") degli squadristi che entrano dentro, tirano le sipe contro i militari e si procurano il "casus belli" (come se poi avessero avuto bisogno di una simile provocazione, dopo tutte quelle che già c'erano state). Tuttavia qui stiamo interpretando. Prendi la cosa cum grano salis. Non possiamo far altro che prendere atto delle diverse versioni date dagli storici e citarle tutte.
Le associazioni slovene e croate erano divise: c'erano associazioni filoiugoslave, ma altre erano per l'indipendenza da Belgrado. Certo è che tutte e due pretendevano lo sbocco al mare a Trieste. Non posso escludere che, per il vecchio adagio che il nemico del mio nemico è mio amico, gli sloveni autonomisti avessero preferito la soluzione iugoslava (con l'obbiettivo di Trieste se non dell'Isonzo) piuttosto che l'autonomia senza sbocco al mare.
Non ci dimentichiamo nemmeno che nonostante tutto in quel momento Trieste non può dirsi al 100% italiana. Infatti vi erano anche piccole rappresentanze militari straniere, poichè fino al trattato di Rapallo che definì i confini, si trattava ancora - ai fatti - di "territori ex austriaci occupati". E questo spiega anche la presenza a Spalato della RN Puglia.
Sulle ultime considerazioni, l'altra faccia della medaglia era quello che aveva detto Caviglia a proposito degli slavi nei territori irredenti: siete venuti nove secoli fa nelle nostre terre approfittando della debolezza dell'impero Romano e poi degli stati italiani, e se non vi stanno bene le leggi, gli usi e la lingua italiana, come siete venuti ve ne potete andare. Ovvero, l'ospite a casa d'altri si comporti da ospite e non da padrone. Così ragionavano i nazionalisti e gli squadristi (ma anche la maggioranza degli italiani in quelle terre) allora. Non possiamo giudicare le loro azioni d'allora con la morale d'oggi. Ad ogni modo è un pour parler. Qui non dobbiamo dare giudizi.--Emanuele Mastrangelo (msg) 16:39, 5 set 2008 (CEST)[rispondi]

Per mettere altra carne al fuoco, ti dirò che anche i coevi fatti di Spalato vedono delle ricostruzioni completamente differenti. Per esempio: le fonti italiane coeve non citano affatto vittime fra la popolazione croata, mentre le fonti croate parlano di un morto. Inoltre venne istituita una commissione d'inchiesta - anch'essa completamente ignorata dalle ricostruzioni italiane - costituita da rappresentanti delle forze d'occupazione alleate, che scaricò la responsabilità degli incidenti sugli italiani. Non mi stupisco delle manipolazioni avvenute all'epoca, da qualsiasi parte esse provengano. La cosa che in qualche modo mi stupisce invece è che ancora oggi in parte si combatta una battaglia di retroguardia sulla memoria di questi fatti, laddove la cosa più importante sembra quella di assolvere la propria parte e gettare lo stigma sull'altra. Ti faccio un piccolissimo esempio, che non vuole essere una critica personale e ti prego di non considerare negativamente: io non avrei mai scritto "giornali filo-nazionali e anti-nazionali". Anche perché se tu fossi uno sloveno forse avresti potuto scrivere esattamente lo stesso, ma riferendoti esattamente ai giornali opposti!--Presbite (msg) 17:23, 5 set 2008 (CEST)[rispondi]


Imboscata?[modifica wikitesto]

Chi ha scritto il termine imboscata riferito ai disordini di Spalato nei quali morirono Gulli e Rossi, è cordialmente pregato di spiegarlo: i disordini erano iniziati ore prima; erano sulla Riva di Spalato di fronte alla folla; centinaia di persone hanno assistito al fatto: come si può parlare di "imboscata"? Io credo che su queste questioni sia assolutamente necessario attenersi alle fonti - esplicitandone le eventuali contraddizioni - ed evitare qualsiasi termine non adeguato.--Presbite (msg) 12:51, 6 set 2008 (CEST)[rispondi]

Allora, intanto giù con questo tono da interrogazione al collegio Pierpaolo Pierpaoli: l'intervento è firmato, e non c'è bisogno d'usare questi accenti, che sei pregato di tenere fuori da wiki e coi tuoi pari.
Secondo. Il termine "imboscata" è usato (con una serie di aggettivi tipo "vile" che ci stanno tutti, ma che non riporto per mantenere la massima freddezza nella descrizione) fra gli altri da Ferdinando Gerra ne "L'impresa di Fiume" (Longanesi) che ho già citato più volte in altre voci.
Terzo, se ti prendi l'incomodo di leggerti la motivazione della MOVM al Comandante Gulli, vedrai che la meccanica dell'episodio si configura esattamente come tale, e cioè un aggressione ai nostri ufficiali in libera uscita, seguita all'agguato contro il Comandante, bersagliato da franchi tiratori appostati poco lungi dal pontile. Infatti proprio in quella veniva ferito mortalmente anche il motorista del MAS da cui Gulli stava sbarcando.
Quarto: proprio poichè il Comandante impedì ai suoi ufficiali di far rappresaglia a cannonate sulla città e sugli aggressori, non si può parlare di "scontri". Tutta la violenza fu assolutamente unilaterale. Non risulta da alcuna fonte da me consultata che vi furono morti o feriti (magari qualche cazzotto in bocca i croati se lo saranno preso dai nostri ufficiali, eh, non è che quelli stavan là a porgere l'altra guancia!) da parte degli aggressori. Insomma, in finale cerchiamo di non far sembrare che Cristo sia morto di freddo.--Emanuele Mastrangelo (msg) 14:28, 6 set 2008 (CEST)[rispondi]
Riguardo al tono da me utilizzato, travisi alquanto, e credo che tu lo faccia per puro spirito di polemica. Veniamo adesso alle fonti da te indicate:
  1. Abbiamo Fernando Gerra e il suo libro pubblicato nel 1966 da Longanesi. Ce l'ho, ma non riesco a trovare la parola "imboscata". Mi fai la cortesia di aiutarmi? Inoltre, a tutta prima, ti domando in modo molto diretto: ma ti pare una fonte attendibile, con tutta quella prosopopea e il suo continuo incensare d'Annunzio?
  2. Tu scrivi che il termine è utilizzato "fra l'altro" da Gerra. Ciò significa che dovresti avere delle altre fonti. Per cortesia, me le sapresti indicare?
  3. Conosco benissimo la motivazione della MOVM, che è in totale di 14 righe, ma in essa non è specificato per nulla cosa successe durante quel giorno. D'altro canto, anche solo cliccando "per saperne di più", trovi che il Gulli "trovò tragica morte l'11 giugno dello stesso anno a Spalato, dopo essere riuscito a ristabilire l'ordine e sedare quei tumulti che ebbero come epilogo il suo assassinio". Allora vedi che la parola "imboscata" non regge proprio? C'erano dei tumulti e lui scese a terra durante i tumulti. Fra l'altro, nulla si dice sul "famoso" episodio della bandiera jugoslava strappata dai marinai del "Puglia" che diede l'inizio ai disordini. Tutto ciò premesso, mi pare che una motivazione di MOVM non sia proprio una fonte di chissà quale profondità. Non sei d'accordo?
  4. Puoi immaginarti se la "Puglia" poteva prendere a cannonate la città! Tu sicuramente saprai che le polemiche sull'arrivo della nave italiana a Spalato (non inserita nel Patto di Londra) furono moltissime, e di fatto sia gli americani che i francesi impedirono agli italiani di sbarcare a riva a svolgere servizio di ordine pubblico in città, sapendo benissimo che la grande maggioranza della popolazione croata di Spalato era assolutamente contraria. Ad ogni modo, Gulli a bordo della lancia che l'avrebbe riportato alla nave "Puglia" (secondo altri a riva, prima di essere caricato in lancia) ordinò ai marinai italiani di non aprire il fuoco sulla folla con le armi in dotazione. E questo è tutto. Nessuno mai parlò di cannoneggiamento della città, che sarebbe stato considerato un atto di guerra anche dai nostri alleati.
In conclusione, io mi permetto di ripetere che conoscendo la storia di Spalato (i disordini antiitaliani dei mesi prima, le richieste dei vari Salvi e Ghiglianovich eccetera eccetera) sarebbe bene scrivere in modo assolutamente scevro da emotività, evitanto di utilizzare terminologie inappropriate. Perciò io personalmente ti chiedo di eliminare la parola "imboscata", che stanti le fonti non è assolutamente corretta in questo contesto.--Presbite (msg) 16:53, 6 set 2008 (CEST)[rispondi]

✔ Fatto --Crisarco (msg) 20:32, 6 set 2008 (CEST)[rispondi]

Crisarco, sarebbe buona educazione da parte tua metterti le mani in tasca quando una discussione su un punto controverso è ancora aperta.
Per quanto riguarda le obbiezioni di Presbite, io non possiedo il testo di Gerra (l'avevo in prestito e l'ho restituito alla biblioteca di Valle Aurelia testè venerdì sera). Lunedì andrò a riprenderlo e ti illuminerò. Vedi che se non usa il termine "imboscata" userà "agguato", che è sinonimo.
Le altre fonti - parimenti - lunedì o martedì, se hai pazienza d'aspettare. La mia biblioteca domestica ha dei limiti dettati dal fatto che non abito al palazzo di Ceaucescu, e più che avere pile di libri ovunque non posso fare. Riconsulterò i testi che già avevo preso e ti darò tutta la bibliografia necessaria.
La bandiera strappata l'ho trovata anche io, ma su un sito internet o un forum, non ricordo bene, chiaramente rivendicazionista, percui non gli ho dato molto peso. Tuttavia ciò non toglie che l'episodio è plausibile e te ne spiego anche il perchè: Spalato in quel periodo non aveva ancora una situazione giuridica internazionale chiara: infatti, messa in discussione la validità del Trattato di Londra, l'intera regione di Dalmazia era sotto regime internazionale. Questo ti spiega la presenza del Puglia nel porto spalatino (con tutte le proteste possibili ma illegittime dei nostri "cari e riconoscenti alleati"). Ora, alzare bandiera nazionale su un territorio dove non ve n'è diritto è considerato ATTO DI GUERRA (lo è tuttora nel nostro codice. Tantè che la legge italiana consente di alzar bandiera straniera SOLO alle ambasciate, agli istituti riconosciuti (e alla destra del Tricolore) e in poche altre occasioni. Oggi è molto lettera morta la cosa, ma allora a questi "particolari" ci si teneva abbastanza di più. Quindi con tutta probabilità i marinai del Puglia avranno semplicemente rimosso un vessillo non autorizzato. Un gesto legittimissimo, ma che sicuramente gli slavi avranno percepito come vessatorio.
Per inciso, a questo punto dovremmo anche citare - fra le altre cose - l'incendio di un caffè italiano raduno culturale degli intellettuali della minoranza italiana avvenuto qualche giorno prima dei fatti del Puglia, di cui accenni anche tu.
Il bombardamento avrebbe senz'altro potuto avere luogo. Non si sarebbe infatti trattato di azione "di guerra", ma "di rappresaglia". E comunque il fatto che il Comandante abbia stornato il pericolo di reazione spropositata se fa parte della motivazione della MOVM è basato sulle testimonianze giurate di signori Ufficiali della nostra Marina, perciò del tutto degne di fede.
Aggiungo una riflessione personale: parlando con alcuni colleghi di questi problemi, mi è stata ventilata la possibilità che dietro i vari incidenti vi sia stata un'unica mano o comunque un duplice disegno - iugoslavo e\o italiano - per pregiudicare definitivamente il trattato di pace. E' infatti possibilissimo che frange oltranziste dei rispettivi servizi segreti aspirassero a sabotare una conclusione pacifica che per entrambe le parti avrebbe significato perdere qualcosa che si riteneva (a torto o ragione) proprietà della propria nazione. Però su questo ci sarebbe da fare intere ricerche, su cui non ho materiale. Lo aggiungo per amor di discussione.--Emanuele Mastrangelo (msg) 21:42, 6 set 2008 (CEST)[rispondi]
Togliendomi le mani dalle tasche e facendo notare che le rappresaglie si fanno in tempo di guerra, la differenza tra le due versioni sta in questo: Presbite ha spiegato che gli scontri c'erano già iniziati, dunque non si può parlare di "imboscata" durante una guerriglia urbana, Mastrangelo porta un testo che usa quel termine. Tra le due versioni mi sembra preferibile la prima, a meno che non saltino fuori fonti che affermino come i militari siano stati uccisi mentre era tutto tranquillo. --Crisarco (msg) 21:52, 6 set 2008 (CEST)[rispondi]
Vebbè, manco mi ci metto a discutere con te. Fra lunedì e martedì porterò le fonti e il discorso sarà - more solito - chiuso.--Emanuele Mastrangelo (msg) 21:57, 6 set 2008 (CEST)[rispondi]
Guarda: il solo fatto che tu ritenga ATTO DI GUERRA (tutto maiuscolo) l'esposizione della bandiera jugoslava dimostra - a mio modestissimo parere - che il tuo approccio alla questione è fin troppo "muscolare" e nemmeno molto informato. Neanche nella relazione ufficiale della Regia Marina - "La Marina Italiana nella Grande Guerra", pubblicata da Vallecchi per l'Ufficio Storico della Regia Marina - nel volume VIII dedicato al "La vittoria mutilata in Adriatico" ed uscito nel 1942 (prego notare l'anno!) si afferma con tanta sicumera che l'innalzamento della bandiera jugoslava fosse un atto di guerra, anzi: si riportano anche esempi di innalzamento della bandiera italiana assieme a quella jugoslava, come per esempio avvenne a Lesina o a Cittavecchia di Lesina (gli episodi sono citati a p.738)! Ma adesso vieni tu e dal tuo punto di vista giustificheresti pure un eventuale cannoneggiamento di Spalato da parte della RN Puglia! Avrei da dire su tutti i punti da te espressi: potrei criticare con fonti alla mano ogni singola espressione, ma te ne analizzo una sola: tu affermi che "La bandiera strappata l'ho trovata anche io, ma su un sito internet o un forum, non ricordo bene, chiaramente rivendicazionista, percui non gli ho dato molto peso.". Ti informo che dell'episodio ne parla espressamente Carlo Schiffrer nel suo saggio "Fascisti e militari nell'incendio del Balkan" in "Trieste", maggio-giugno 1963, n.55. Le bandiere jugoslave erano presenti a Spalato (regolarmente autorizzate dai comandanti delle forze di occupazione della città, cosa che tu ignori) in grandissimo numero fin dalla fine della guerra, ma in quei giorni in modo particolare, perché in quel mese si celebrava il genetliaco del re Pietro I Karageorgevic. Tanto perché si sappia, Carlo Schiffrer fu uno dei più importanti storici italiani sulle questioni legate alla storia dell'Adriatico Orientale, consulente del Governo Italiano alla conferenza di pace dopo la seconda guerra mondiale, per la quale preparò alcuni fra i testi tuttora ritenuti delle pietre miliari.--Presbite (msg) 00:29, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]

Ignoravo il fatto. Tuttavia l'esposizione non autorizzata di una bandiera non è un atto di guerra secondo la mia considerazione, ma secondo la legge italiana. E lo è tutt'ora (c'è stato un caso pochi anni fa, nel quale una signora riuscì a far togliere una bandiera inglese esposta arbitrariamente da un tizio).

Per il resto, il cannoneggiamento sarebbe stato giustificato dalla proditoria aggressione, anche se - come in altre voci abbiamo messo in luce - la rappresaglia deve sempre essere proporzionata all'offesa subita dalle truppe. Probabilmente il cannoneggiamento della città, se avesse fatto troppe vittime civili sarebbe stato illegittimo.

Grazie per le fonti, le aggiungo al carniere.--Emanuele Mastrangelo (msg) 11:07, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]

Solo per la precisione: l'esposizione non autorizzata di una bandiera straniera ai termini di legge italiana non è possibile sul territorio italiano e non è considerato un atto di guerra, come tu scrivi! Altrimenti dovremmo concludere che il tizio che tu citi abbia posto in essere un atto di guerra contro la Repubblica Italiana per aver sventolato l'Union Jack, con conseguente pesantissima condanna da parte di un nostro tribunale! Mi pare un po' eccessivo, non credi? Infatti nemmeno la legge fascista sull'esposizione della bandiera (24 dicembre 1925 n. 2264) prevedeva questa enormità che secondo te era in vigore, ma semplicemente stabiliva che chi avesse trasgredito esponendo una bandiera straniera sarebbe stato passibile di "multa da L.1000 a L.5000" (art. 7, comma 2). Nel caso in specie - Spalato 1920 - stiamo parlando di terre all'epoca non italiane, quindi quale sarebbe stato il sistema giuridico in vigore, visto che l'Italia non era nemmeno fra le forze occupanti di terra in città e - se non ricordo male - non aveva nemmeno un proprio rappresentante al Comando Militare di Spalato? Anche le tue indicazioni riguardo alla rappresaglia sono da rivedere: mi piacerebbe che tu citassi le norme valevoli all'epoca per il caso specifico (occupazione alleata in presenza di armistizio, e non in costanza di guerra), giacché (e ti cito solo un assaggio del coacervo di norme valevoli a quel tempo) secondo l'articolo 50 della Quarta Convenzione de L'Aja del 1907: "No collective penalty, pecuniary or otherwise shall be inflicted upon the population on account of acts of individuals for which it cannot be regarded as collectively responsible" (Nessuna sanzione collettiva, pecuniaria o di altro genere, può essere inflitta ad una popolazione a causa di atti di individui per i quali non può essere considerata collettivamente responsabile).--Presbite (msg) 12:16, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]

Uhm, sull'esposizione della bandiera mi informerò meglio, poi ti dirò. Sulla questione del territorio italiano sono d'accordo, su territorio conteso, credo che il nervo scoperto fosse ancora più... scoperto.

Per la rappresaglia, vista la partecipazione di molta folla all'aggressione, la rappresaglia collettiva poteva starci tutta. Resta il problema della proporzionalità: se avessero cannoneggiato la città, chissà quante vittime vi sarebbero state. Gulli, impedendo di cedere all'ira, evitò proprio che i suoi uomini, da offesi passassero dalla parte del torto e divenissero offensori. --Emanuele Mastrangelo (msg) 12:21, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]

Scusami ancora, ma sapresti precisare quando e come si identifica e precisa il concetto di "proporzionalità rispetto all'entità dell'offesa subita" nel diritto di guerra italiano? Inoltre, saresti così gentile da precisare che fonte di diritto era in vigore a Spalato nel 1920? Il codice penale militare italiano? Il codice penale militare degli USA? Di qualche altro paese occupante? In due parole: come fai a dire con assoluta certezza che sarebbe stata legale una rappresaglia indiscriminata sulla popolazione civile da parte della Regia Nave Puglia - come per esempio cannoneggiare la città dal largo - a causa di un morto (Gulli morirà in seguito, quindi in quei concitati momenti era ancora al comando della nave) a seguito di disordini avvenuti a terra derivanti da una stupida provocazione da parte di un marinaio italiano, così come accertato successivamente dalla Commissione Interalleata? Se Gulli avesse dato l'ordine di aprire il fuoco e dalla "Puglia" fossero state sparate delle cannonate sulla città, sarebbe scoppiato un putiferio fra noi e i nostri alleati, che a malapena sopportavano la presenza di questa nave alla rada.--Presbite (msg) 14:40, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]

Se segui tutto il dibattito a proposito delle Fosse Ardeatine, vedrai che esistevano già convenzioni internazionali (non diritto italiano!) che regolavano - male e vagamente - la questione. Gli è che comunque allora ogni comandante aveva il diritto-dovere di preservare i suoi uomini da attacchi proditori sia di militari che - peggio - di borghesi tramite la rappresaglia. --Emanuele Mastrangelo (msg) 15:15, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]

Conosco abbastanza bene la questione delle Fosse Ardeatine per averci fatto un piccolo studio al riguardo. Ti faccio notare che sia il Codice Penale Militare di guerra italiano che le convenzioni internazionali (es. Ginevra) nel 1920 non esistevano o erano delle versioni più antiquate, di conseguenza non può essere considerato coincidente il diritto in vigore all'epoca di Gulli con quello in vigore all'epoca delle Ardeatine. E' per questo che ti ho fatto le domande nel mio precedente intervento: per capire se per caso ci fosse un po' di confusione fra i tempi e di conseguenza nell'interpretazione del diritto vigente.--Presbite (msg) 15:22, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]
Credo che le convenzioni siano state rinnovate negli anni successivi, ma la base dovrebbe essere quella del 1908. Inoltre almeno una volta mi è capitato di trovarmi di fronte all'uso della rappresaglia, che probabilmente come consuetudine ha una prassi consolidata fino dalle guerre napoleoniche. Nella fattispecie era il caso di tre soldati austroungarici catturati, seviziati ed uccisi da italiani durante la campagna del 1866. Il comando austriaco inviò un'intimazione di inchiesta e punizione dei colpevoli al comando italiano, e annunciò che da allora in avanti avrebbe provveduto a difendere i propri soldati da simili attacchi proditori tramite - appunto - rappresaglie. Non ricordo bene quale fu la risposta italiana, ma mi pare fosse improntata a una cavalleresca ammissione di responsabilità.--Emanuele Mastrangelo (msg) 16:02, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]
Mi dispiace, ma non è corretto: il Codice Penale Militare italiano in vigore nel 1920 era quello del 1869, copia conforme del Codice Penale Militare del Regno di Sardegna del 1859, a sua volta modellato sul precedente codice del 1840. In questo codice non si parla della rappresaglia. Allo stesso tempo, le convenzioni in vigore all'epoca - in particolare quelle de L'Aja del 1907 - parlano della rappresaglia molto vagamente. Proprio all'art. 50 dell'annesso di quest'ultima convenzione si parla di ciò che ho già citato in uno dei miei precedenti messaggi (testo inglese/italiano). Ma secondo la dottrina prevalente, all'epoca la convenzione de L'Aja non intendeva regolamentare il diritto di rappresaglia. Di conseguenza, il concetto giuridico di "rappresaglia" era considerato come derivante da una consuetudine pluricentenaria, non ancora perfettamente normata e lasciata di conseguenza - entro certi limiti - all'arbitrio delle potenze occupanti. Il tutto prende addirittura le mosse dal primo giurista che cercò di definirne il concetto, che è il celebre Bartolo da Sassoferrato, col suo "Tractatus represaliarum" risalente al 1354 (la data non è certissima). Che voglio dire con ciò? Che in un caso come quello di Spalato del 1920 è molto, ma molto arduo dare una risposta precisissima alla classica domanda dei legulei: "Quid juris?". Trattandosi poi di un argomento controverso, io ripeto per l'ennesima volta: meglio andarci con i piedi di piombo, senza partire con le certezze assolute pronte all'uso. Grazie comunque per lo scambio di idee.--Presbite (msg) 20:02, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]
Ma infatti con me sfondi una porta aperta. Mò buttiamoci sulle fonti, poi rivediamo la cosa e casomai diamo tutte le versioni possibili, che poi è il compito di quest'enciclopedia: non certo risolvere il problema di come siano andate veramente le cose (ammesso che anche in ambito storiografico si possa fare).
Sulla rappresaglia, dici quello che dico io, e cioè che trattavasi di usi consuetudinari, poco o punto regolati dalle convenzioni, dunque non di un diritto codificato. L'episodio di cui sopra riguardava gli austriaci, per i quali non ho idea di quale codice o consuetudine applicassero. Quando dico che la rappresaglia poteva starci tutta - con le dovute proporzioni, ovvio - parlo anche come ex militare: se avessi dovuto proteggere i miei uomini da attacchi proditori ed imboscate da parte di borghesi, avrei probabilmente agito con una rappresaglia ammonitrice. --Emanuele Mastrangelo (msg) 21:00, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]
Ti faccio cordialmente notare che attualmente la rappresaglia è vietata, di conseguenza credo che il tuo esempio sia un "se io fossi stato Gulli". Non voglio nemmeno pensare che un ufficiale dell'attuale esercito italiano pensi di poter fare una rappresaglia su civili (sui militari prigionieri era addirittura vietata dalle Convenzioni di Ginevra di quel dì). Te lo dice un tenente degli alpini della riserva, che come te ha giurato sulla Costituzione.--Presbite (msg) 23:21, 7 set 2008 (CEST)[rispondi]
E lo so. Mò questa non è la sede per aprire una discussione, ma certe leggi e certe regole d'ingaggio spiegano pure gli scacchi subìti in questi anni. Transeat. Chiaramente era un esempio ipotetico. Sui militari prigionieri è sempre stata vietata, infatti. Ma quando sono i civili a rivoltarsi contro le truppe regolari... vabbè, dai chiudiamo il discorso e torniamo al topic.
In settimana mi faccio i miei giri di biblioteche per saperne di più. --Emanuele Mastrangelo (msg) 01:41, 8 set 2008 (CEST)[rispondi]

Segnalazione discussione[modifica wikitesto]

Ho iniziato questa discussione con un utente che ha modificato la voce. All'interno della discussione avanzo delle perplessità che prego di considerare.--Presbite (msg) 13:16, 11 set 2009 (CEST)[rispondi]

Sono d'accordo con te, puoi modificare pure. --Crisarco (msg) 14:37, 11 set 2009 (CEST)[rispondi]
Visto che l'utente AleR latita - nel senso che non ha ancora risposto alle mie osservazioni fornendo le fonti di ciò che ha scritto - ho provato a cercare un riscontro nei miei libri e in internet. Gli argomenti sono: la qualificazione degli incidenti di Spalato, i presunti incendi del 1898 di due scuole della Lega Nazionale, la qualificazione etnico-nazionale dei disordini di Trieste del 1915. Sul primo punto lo stesso utente ha già corretto la voce, per cui siamo a posto. Sul terzo punto ho abbastanza fonti che non qualificano come "sloveni" quelli che attaccarono i vari simboli e luoghi italiani di Trieste nel maggio del 1915, anzi: escludono che si trattasse di incidenti etnico-nazionali fra sloveni e italiani; di conseguenza credo si possa modificare la voce. Invece sul punto relativo agli incendi delle scuole della Lega Nazionale ho trovato questo articolo de "Il Piccolo" del 22 aprile 2009: Paolo Sardos Albertini - presidente della Lega Nazionale - afferma: "L’incendio del Balkan si inserì in una serie di eventi similari: nel 1898 a Santa Croce ed a Duino Aurisina vengono incendiate scuole della Lega Nazionale (...)". All'inizio pensavo che Sardos avesse in realtà "pescato" da Wiki, visto che l'inserimento di questo episodio è stato fatto a marzo del 2009 da un utente anonimo il cui IP mi dice che sta in Friuli-Venezia Giulia. Però a quel tempo la voce di WP parlava solamente di Duino e diceva che l'incendio era avvenuto nel 1897. Poi ho trovato questo frammento tratto da un libro che non ho mai letto, sulla storia de "Il Piccolo" dal 1881 al 1899. E' proprio citato un pezzo d'articolo nel quale si afferma: "Appartiene oramai alla storia il criminoso tentativo degli slavi del territorio duinate, di distruggere la scuola che la Lega Nazionale, ascoltando le invocazioni del popolo di Duino, ha eretto colà (...)". Da questo punto in poi il frammento non lo si legge praticamente più, per cui non si riesce nemmeno a datare l'anno di pubblicazione dell'articolo. A questo punto io quindi di non cancellerò questa parte, inserendovi invece il template "citazione necessaria" in attesa che qualcuno riesca a far luce sulla questione utilizzando magari la fonte libraria da me indicata.--Presbite (msg) 09:23, 12 set 2009 (CEST)[rispondi]


L'utente AleR purtroppo e per fortuna ha il suo lavoro e una sua vita privata che gli permette il tempo che trova per dedicarsi al progetto wiki. Mi fa piacere vedere che per intanto l'utente Presbite tramite proprie ricerche ha potuto constatare che ciò che ho scritto non è frutto di fantasie dovute ad una cattiva digestione ;) . Non appena ne avrò la possibilità provvederò a postare lo scanning del articolo in questione. --AleR (msg) 09:48, 15 set 2009 (CEST)[rispondi]

Forse non ti sono sufficientemente note le dinamiche di Wikipedia: essendo passato più di qualche giorno da quando abbiamo iniziato a discutere, immaginavo che ti prendessi la briga per lo meno una volta di tirare fuori una citazione decente, cioè una citazione fatta con tutti i crismi. Ti ricordo poi che tu eri intervenuto su tre punti, due dei quali sono stati correttamente cassati per mancanza di fonti, anzi: perché le fonti dicono esattamente l'opposto. Quindi almeno due volte su tre la storia delle "fantasie" mi pare provata. Resta questa questione delle scuole di Duino e Santa Croce, sulla quale adesso dici addirittura che vuoi postare la scansione di un articolo. Intanto sarebbe stato bello che tu in questi giorni ti fossi preso la briga di indicare per lo meno autore, titolo, anno e luogo di pubblicazione di questo articolo. Comunque sia, aspetto la scansione. Anche perché così facendo potremo tutti quanti cercare di "verificare" la fonte. Mica per cattiveria - sia chiaro - ma perché questo della verificabilità è uno dei pilastri in Wikipedia. Se poi sei un appassionato di storia dell'Adriatico orientale, saprai anche che molti fatti spacciati come "verità acclarate" sono in realtà delle "balle cosmiche". Un esempio? Nel 1869 la nave italiana "Monzambano" era in missione in Dalmazia. Si fermò a Sebenico, dove scoppiarono dei disordini. In quell'occasione - secondo qualcuno - gli slavi ammazzarono ben 14 marinai. Ebbene: è tutta una balla. Da una ricerca che ho effettuato sui quotidiani dell'epoca, sia italiani che austriaci, nonché sul libello che ne scrisse Tommaseo ne è risultato che i "14 morti" in realtà erano "14 feriti". Quindi sta pur certo che anche sulla storia degli incendi delle scuole della Lega cercherò di fare delle verifiche. Concludo ricordando il mio pensiero sull'argomento: non è assolutamente necessario forzare i toni, perché uno si faccia un'idea della storia di quelle terre è sufficiente raccontare i fatti come si svolsero.--Presbite (msg) 11:31, 15 set 2009 (CEST)[rispondi]

Sono pienamente consapevole delle balle e approssimità che girano, basta infatti vedere il testo da te citato di Diana De Rosa, Gocce d'inchiostro dove secondo quanto tu hai scritto sulla mia pagina di discussione le scuole della Lega Nazionale di Duino e Santa Croce non esistono quando invece La Lega Nazionale (associazione che esiste tuttora) afferma che le scule esistevano, erano state ereditate dall'associazione Triestina Pro Patria e furono date a fuoco da estremisti Sloveni. Per quanto riguarda l'articolo ai capito male, il mio riferimento rimane all' Arbeiter Zeitung che ribadisco ho consultato ma di cui non dispongo di una copia e che sarà mia premura reperire.--AleR (msg) 12:23, 15 set 2009 (CEST)[rispondi]

Per quanto riguarda il libro della De Rosa, forse hai letto male. La De Rosa cita parola per parola (ed io infatti ho virgolettato tutto quanto il virgolettabile) la relazione dell'allora presidente della Lega Nazionale Pitteri. Ti faccio anche notare che "Gocce d'inchiostro" è un libro sponsorizzato dall'attuale Lega Nazionale, di conseguenza è - io credo - lo studio più adeguato che si trovi in anni recenti. E per dirtela tutta, io nutro ancora dei dubbi sul fatto che le scuole della Lega di Duino e di Santa Croce siano state bruciate. Ti faccio anche notare che tu hai citato l' "Arbeiter Zeitung" non con riferimento alle scuole della Lega (per quelle hai detto di aver trovato un brano su un libro di Montanelli, che però continua a rimanere ignoto), ma per dire che chi ha assaltato "Il Piccolo" erano gli sloveni. E su questo punto le fonti da me citate - e verificabili da chiunque - hanno già smentito. Quindi non darti da fare per riprodurre l' "Arbeiter Zeitung": cita il libro di Montanelli o qualcosa di decente che supporti quanto attualmente nella voce è indicato come "senza fonte". Grazie.--Presbite (msg) 15:32, 15 set 2009 (CEST)[rispondi]

All'anonimo IP 79.21.32... per cortesia fai parafrasi più robuste dei testi da cui prendi. Se serve dammi l'email e ti mando il testo rimosso, per correggerlo più facilmente. --Bramfab Discorriamo 11:35, 12 ott 2012 (CEST)[rispondi]

Il testo rimosso per violazione di copyright era un copincolla dal primo sito e trascrizione dell'audio dal secondo, lo dico per precisazione. --Nicola Romani (msg) 12:30, 12 ott 2012 (CEST)[rispondi]

Tag "Violazione Copyright" 28 dic 2012[modifica wikitesto]

@Nicola Romani. Per cortesia, potresti dire a quale parte del testo ti riferisci?--TBPJMR (msg) 20:06, 28 dic 2012 (CET)[rispondi]

Prego attenzione[modifica wikitesto]

Questa affermazione non rispecchia in pieno il pensiero di Apollonio. Suggerisco di essere attenti al massimo a tempi verbali, parole utilizzate, contesto e quant'altro. Grazie.--Presbite (msg) 20:56, 28 dic 2012 (CET)[rispondi]

Allora vediamo di riformulare la frase. A pag. 298 Apollonio afferma: "Chi scrive ritiene che l'incendio del Balkan e il suo abile camuffamento-tanto da farlo apparire come una ritorsione per un agguato slavo-sia stato un piccolo capolavoro di abilità poliziesca di Crispo Moncada". Apollonio poi analizza tutte le incongruenze nei verbali di polizia. Fa notare che in molti casi, durante i saccheggi, i carabinieri non erano intervenuti, e che i 50 agenti in via Galatti non avevano impedito agli squadristi di raggiungere il Balkan. A pag. 291 Apollonio afferma testualmente: "La dinamica degli avvenimenti rivela un'intesa stretta e preodinata tra autorità militari e gruppo d'urto antislavo; non può affermarsi tuttavia che la portata dele distruzioni fosse quella programmata. L'azione sfuggì certamente di mano alle autorità militari superiori e fu condota da Giunta ben oltre il segno prefissato". Apollonio poi dice che è da escludere che le autorità romane "fossero della partita". Dice anche che Mosconi in quei giorni era assente da Trieste, il che fa immaginare una "collaborazione passiva" con i militari da parte delle autorità civili. Tornando a pag. 298, Apollonio parla di congiura militar-fascista, e ne indica due prove "indirette". Adesso si tratta di vedere come sintetizzare il tutto in una frase breve da mettere in nota.--TBPJMR (msg) 21:25, 28 dic 2012 (CET)[rispondi]
Certo, ma non è l'unica cosa che Apollonio riporta di tutta la vicenda. In particolare, egli riporta affermazioni anche di altri. E non sono le uniche fatte su questo spinoso tema. E' anche da notare che lo stesso Apollonio non è uno specialista del tema. Il ruolo del questore Perilli - per esempio - gli è praticamente ignoto. Il fatto è che le forze dell'ordine mobilitate in occasione della manifestazione organizzata dai fascisti appartengono ai Carabinieri Reali, alla Guardia di Finanza, alle Guardie Regie e all'Esercito (250 militari del 47° 48° Rgt della Brigata Ferrara). Dalle cronache del tempo, pare che i fascisti arrivati al Caffè degli Specchi alle 17:00, mentre il comizio doveva iniziare alle 18:00, fossero in tutto trenta. Dicasi: trenta. Perilli nel suo rapporto del giorno successivo parla di 2000 persone in piazza dell'Unità, delle quali cinquanta fascisti raccolti attorno alla fontana dei quattro continenti. In quella piazza c'erano anche parecchi critici della manifestazione, datosi che sono rilevati diversi tafferugli. Fino al 1945, la morte di Nini venne attribuita esclusivamente a slavi o (da Farinacci negli anni '30) a comunisti triestini. Solo nel 1945 (Cermelj) si ebbe la prima affermazione per cui il Nini sarebbe stato ammazzato da fascisti, che lo ritennero erroneamente un dalmata (Cermelj intendeva dire: un dalmata croato). Il secondo a ipotizzare che Nini fosse stato ucciso da fascisti fu Carlo Schiffrer, negli anni '60 del secolo scorso. Eccetera, eccetera, eccetera. Ti informo comunque che da qualche settimana sto accumulando del materiale per scrivere una voce autonoma dal titolo Incendio del Narodni dom, nella quale tratterò in modo specifico e approfondito la questione. Mi permetto infine di invitare l'anonimo IP che scrive nella voce ad evitare di esagerare: uno che non sa nemmeno chi sia Randi non mi pare proprio un espertone...--Presbite (msg) 21:58, 28 dic 2012 (CET)[rispondi]
Tutta la questione delle complicità tra fascisti e militari finora non l'avevo toccata. La nota su Crispo Moncada e' un punto di partenza. Se hai voglia, potresti riformularla. Anche Anna Maria Vinci parla diffusamente di queste cose. Il fatto è che la voce era scritta veramente male. Riprendeva la versione "ufficiale" della stampa dell'epoca, e probabilmente era stata scritta a partire da questo articolo di Denich e Grassi pubblicato sul "Mercatino" di Trieste, come lascia intuire la frase di Denich e Grassi "La morte del giovane è l’episodio che dà il via ad una serie di gravi disordini", che qui era diventata "La morte del giovane fu l'episodio che diede il via ai disordini".--TBPJMR (msg) 22:21, 28 dic 2012 (CET)[rispondi]
Non esiste nemmeno una versione "ufficiale" della stampa dell'epoca. Per esempio: "Il Piccolo" scrisse due versioni diverse sull'uccisione di Nini: una nell'edizione del mattino, ed una nell'edizione serale (all'epoca esisteva anche "Il Piccolo Sera"). "L'Era Nuova" ne scrisse una terza. E così via praticamente per ognuno dei fatti disputati.--Presbite (msg) 23:35, 28 dic 2012 (CET)[rispondi]
Visto che ci stiamo scambiando informazioni, ti mostro questa cosa che ho trovato a proposito di Čermelj, e che credo ti possa interessare: già nell'edizione del 1936 di "Life and death struggle of a national minority", Čermelj affermava che Nini fosse stato ucciso per errore dai fascisti. http://books.google.it/books?hl=it&id=mxEBAAAAMAAJ&q=nini#search_anchor , e non scartava l'ipotesi, la stessa avanzata molti anni dopo da Schiffrer, che l'accoltellamento di Nini potesse essere stato intenzionale, e che fosse servito a provocare la "scintilla". --TBPJMR (msg) 18:32, 29 dic 2012 (CET)[rispondi]
Interessante: quindi devo predatare l'ipotesi di Cermelj alla prima edizione del suo libro, e non alla seconda. Certo: Cermelj racconta la storia esattamente come la raccontavano i nazionalisti italiani a cavallo fra le due guerre: l'unica cosa è il segno diametralmente opposto. La sua obiettività a me pare ai minimi termini, ma questa ovviamente è la mia personale visione. Tornando al Narodni dom, durante la manifestazione in piazza dell'Unità vennero feriti Antonio Boicovich, Giovanni Ussai (probabilmente "Usai"), Mario Frassalich, Antonio Modacavez (Il Piccolo lo chiama "Madecavetz") e Giovanni Nini, oltre ad un'altra dozzina di feriti minori. Il Nini morì a seguito delle ferite infertegli. Quindi il quadro risulta il seguente: una manifestazione di piazza nel corso della quale vi furono molti tafferugli. L'uccisione di Nini come "casus belli" ad opera dei fascisti pare quindi pochissimo o per nulla coerente con i fatti: non ha senso pensare a cinquanta sicari fascisti in mezzo a duemila manifestanti, a caccia di giovani martiri italiani: non ne avevano proprio bisogno. Di certo la morte di Nini fu utilizzata a tambur battente - secondo varie testimonianze - come scintilla per infiammare ancor più una piazza, che però era già in pieno tumulto. I nomi dei feriti da me reperiti appare abbastanza misto: comprende anche evidenti "italiani" come un Felice Colombo di Chioggia (ferito al capo da una bastonata), Paolo Giamporcaro o Aurelio Domini, per i quali mi pare arduo pensare all' "assalto contro gli sloveni", in una sorta di "pogrom antislavo". Il quadro che ne esce è molto diverso, tenuto anche conto del fatto che vennero attaccate anche alcune sedi socialiste italiane di Trieste. Da notare che c'è pure un lungo elenco di feriti sotto il Balkan, colpiti da schegge di bombe o da armi bianche: per lo più pugnalate o bastonate. Anche qui, nomi sia italiani che slavi. Le stesse orgogliose ricostruzioni di parte fascista negli anni successivi paiono altamente inquinate da un'altra pulsione: quella di poter dire "io c'ero", orgogliosamente rivendicando una sorta di "premeditazione protosquadrista" per farsi belli di fronte al regime. C'è poi da fare un altro discorso: fra la fine della guerra e l'incendio del Narodni dom s'era verificato un lunghissimo stillicidio di violenze in tutti quei paesi che presentavano dei conflitti confinari. Un anno e mezzo prima dei fatti di Trieste c'era stata la Domenica di sangue di Marburgo: tedeschi uccisi da truppe slovene nell'odierna Maribor, col fine di slovenizzare una città a maggioranza tedesca. Nei paesi baltici per anni ci furono vere e proprie guerre fra reparti tedeschi e slavi locali. Per non dire di come la Serbia s'approcciò militarmente verso i nuovi territori che lei riteneva annessi al Regno di Serbia. Gli stessi incidenti di Spalato sono da inquadrare in questo contesto, laddove il neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni reclamava ufficialmente come propri non solo la Dalmazia concessa all'Italia dagli accordi segreti di Londra, ma anche l'Istria, Trieste, Gorizia e financo la Slavia Veneta, annessa all'Italia fin dal 1866. Quindi gli jugoslavi - che a rigor di logica per due terzi (croati e sloveni, oltre ai bosniaci che però all'epoca non erano nemmeno considerati) erano fra i perdenti della Grande Guerra, avendo combattuto con l'Impero A/U - ritenevano proprio diritto chiedere di allargare i propri confini a pezzi del Regno d'Italia, che - sempre a rigor di logica - era fra i vincitori della guerra. L'incendio del Narodni dom va quindi inserito in questo specifico contesto storico, per comprendere il quale basta semplicemente scorrere le annate 1918, 1919 e 1920 dei quotidiani dell'epoca, magari a fianco di quelli sloveni e croati, incredibilmente simili per contenuto e temi (attacchi all'Italia e agli italiani ogni due per tre), ovviamente in segno opposto.--Presbite (msg) 15:29, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
Di Čermelj, Apollonio dice: "per serietà di studi (lo) possiamo considerare come il Salvemini dell'emigrazione slovena". Ovviamente Apollonio non e' un oracolo. La mia segnalazione, in ogni caso, riguardava la retro-datazione dell'ipotesi di Čermelj. L'ipotesi della premeditazione dell'accoltellamento di Nini comunque è stata formulata da Schiffrer, ripresa da Silvestri, e (ma non ne sono sicuro: devo controllare) anche da De Felice. Anche Apih dà ampio spazio alla ricostruzione di Schiffrer. Apollonio poi afferma: "Se i fascisti, poi, non uccisero nessun altro disgraziato il 13 luglio è perchè ben sapevano, da Giunta all'ultimo camerata, che nessuno slavo aveva pugnalato il Nini in piazza Unità e nessun avversario aveva buttato la bomba o sparato a raffica sulle schiere degli italiani dimostranti in via Galatti ed in Piazza Oberdan". Ovviamente si tratta di ipotesi e/o opinioni. Su wikipedia non si può fare ricerca originale, quindi direi che l'unica cosa sensata che si può fare è riportare tutte le ipotesi e/o opinioni. Quello che però ormai è riconosciuto più o meno da tutti gli storici, è che l'attacco al Narodni Dom fu un'azione premeditata e non un moto spontaneo. Anche le connivenze e/o complicità di parti dell'esercito sono date per acquisite (Schiffrer, De Felice, A.M. Vinci, Apollonio...). Se mi permetti, dire che l'assalto al Narodni Dom e le altre azioni della giornata non fossero rivolte in particolare contro gli "slavi" (soprattutto sloveni, ma anche croati, cechi, ecc.) mi pare una forzatura. Durante i disordini furono assaltate anche alcune sedi socialiste, e furono feriti anche degli italiani (bisognerebbe capire però se si trattava di squadristi), ma il "segno" di quella giornata appare evidente sia dall'elenco dei negozi e delle istituzioni prese d'assalto, sia dai contemporanei attacchi di Pola e di Pisino, sia dalla sorprendente sottovalutazione degli eventi, ai limiti del'indifferenza, da parte dei socialisti in quell'occasione. Apollonio riporta la testimonianza di Boicovich, uno dei feriti di Piazza Unità: "Venni assalito perchè preso erroneamente per slavo e percosso a sangue...". Lo stesso Giunta,, nel suo discorso, aveva detto: "L'anima grande del comandante Gulli, barbaramente ucciso, grida vendetta. Fratelli, che avete fatto voi del provocatore pagato?" (si riferiva ad un passante che leggeva un giornale sloveno ed era stato picchiato, e salvato dai carabinieri) "E' stato poco, dovevate uccidere. Bisogna stabilire la legge del taglione (...) Ora si deve agire: abbiamo nelle nostre case i pugnali ben affilati e lucidi.... ecc. ecc." Boicovich, Nini, Ussai e gli altri cadono subito dopo che Giunta aveva pronunciato queste parole (è sempre la ricostruzione di Apollonio). Per quanto riguarda il contesto storico allargato, direi che andrebbero ricordati i 14 punti di Wilson, in base ai quali il trattato di Londra, reso pubblico dai bolscevichi dopo la rivoluzione, era da ritenersi "superato" dal nuovo scenario internazionale, con tutto il corollario di frustrazioni che ne seguirono.--TBPJMR (msg) 20:42, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
L'approccio di Cermelj alle tematiche di cui trattiamo viene criticato anche in modo indiretto dalla Cattaruzza. E la sua interpretazione sull'opera del vescovo Santin (visto come una sorta di fascio-nazionalista in tonaca) contrasta con tutti gli studi più importanti scritti da autori italiani sul tema. Ad ogni modo, basta aver letto il suo libro sulle minoranze sloveno-croate fra le due guerre (tradotto in italiano nel 1974) per capire di che sto parlando: qualsiasi affermazione di qualsiasi italiano in ordine al futuro di Trieste è inevitabilmente segno - per Cermelj - di imperialismo puro. Se le stesse identiche affermazioni vengono invece fatte da sloveni (ovviamente contrapposte), allora sono cosa buona e giusta. Che Apollonio paragoni Cermelj a Salvemini, è ovvio se solo si sa che Salvemini utilizzò proprio il libro dello sloveno per le sue riflessioni sulla situazione delle minoranze in Italia sotto il fascismo. Sulla premeditazione dell'accoltellamento di Nini, continuo a mantenere i miei fortissimi dubbi. Perché proprio Nini e non uno dei circa venti feriti (italiani e slavi) di Piazza del'Unità? In altre parole: se la premeditazione vale per Nini, allora deve valere per tutti: venti feriti premeditati. A meno che non si pensi che i fascisti avessero proprio prescelto Nini da tempo: cosa assurda a pensarsi. Riguardo agli assalti, io non ho detto che non fossero rivolti contro "gli slavi". Ho detto che questa cosa qui non spiega tutto quanto. Vennero assaliti sia gli "slavi" che i socialisti. All'interno di una città che nel 1915 (quando l'Italia dichiarò guerra all'Austria) aveva visto invece assalti contro i cosiddetti "regnicoli" e il rogo della sede del quotidiano "Il Piccolo". All'interno di un periodo di fortissime tensioni fra il nuovo Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e tutti i suoi nuovi vicini: la futura Jugoslavia ebbe dei contrasti (spesso sfociati in vere e proprie battaglie con molti morti) con tutti i suoi vicini. Il tutto mentre all'interno i vari contrasti fra le diverse nazionalità sfociavano altresì in varie violenze, accompagnate a spostamenti di popolazioni per modificare gli assetti etnici delle zone contestate. In altre parole: qui non stiamo parlando di "improvvisi assalti fascisti agli slavi di Trieste", ma di un lungo percorso di violenze e di rivendicazioni che prende le mosse più o meno alla metà del XIX secolo, con premesse e strascichi di ogni tipo. Gli assalti al Narodni dom di Trieste e di Pola sono connessi alle violenze di Spalato? E a Spalato che successe? E a Fiume che successe (non dimentichiamoci quel che capitava a Fiume, che contribuì notevolissimamente alla creazione del clima)? Il 26 maggio 1919 - nel pieno delle trattative diplomatiche a Parigi e meno di due mesi prima del rogo del Narodni dom - le truppe jugoslave avevano lanciato un'offensiva in Carinzia e un armistizio venne firmato solo il 6 giugno, con gli jugoslavi che però occupavano ancora Klagenfurt (che reclamavano come propria, tanto che tuttora la festa nazionale in Carinzia coincide col giorno in cui il plebiscito della popolazione prescelse l'appartenenza all'Austria). Lungo tutta quell'estate, reparti serbi e italiani occupavano l'Albania: ognuno in un modo o nell'altro la rivendicava come proprio "campo d'azione". La Romania nel frattempo aveva attaccato l'Ungheria, e minacciava il Banato sul quale gli jugoslavi avevano puntato le proprie mire. Bulgaria e Grecia si erano mosse per i loro interessi nella zona. Il fatto che i 14 punti di Wilson avessero reso "superato" il trattato di Londra possiamo dirlo noi oggi di fronte al nostro computer. All'epoca la cosa non era per nulla scontata. Tutt'altro. Tornando alle fonti, tu sai meglio di me che riguardo al rogo del Narodni dom le fonti stesse dicono esattamente il contrario l'una rispetto all'altra. Quindi non è che ci siano problemi in questo senso a trovare chi smentisce Cermelj o Apollonio. L'importante - come ho già detto - è non considerare Apollonio o Cermelj o Giunta o Randi o Il Piccolo o pinco pallo "l'unica verità".--Presbite (msg) 21:31, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
Non so se sia questo il luogo per aprire un dibattito su Čermelj. Annoto solo che il libro di Salvemini sulle minoranze è del '33, mentre quello di Čermelj è del '36. Comunque è vero che Salvemini a Parigi era in contatto con gli ambienti dell'emigrazione slovena. Mi permetto anche di aggiungere che l'autorevolezza di Apollonio, De Felice (?), Schiffer, Apih, Salvemini (e anche Čermelj) è un po' maggiore di quella di Giunta, che dal palco invitava a tirar fuori i coltelli, o di Alessi, che anni dopo scriveva che il rogo del Balkan aveva purificato Trieste. La faccenda della premeditazione io la vedo così: premesso che non è possibile stabilire oggi se l'accoltellamento fosse premeditato o meno, è ovvio che gli squadristi non avevano scelto proprio il Nini. Se di premeditazione si trattò, bisogna immaginare una serie di provocazioni e di aggressioni, fatte con l'intento di cercare il morto.--TBPJMR (msg) 22:21, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
Solo per aggiungere che è lo stesso Cermelj a rilevare la sua influenza sul pensiero di Salvemini, nell'introduzione dell'edizione italiana del suo libro. Che abbia raccontato una balla? Riguardo al "cercare il morto" in piazza dell'Unità, allora diciamo che fu strano che fosse solo uno, visto che ne andarono in ospedale parecchi quel giorno. Alcuni dei quali considerati praticamente morti, ma non italiani. E poi di morti ne "trovarono" pure un altro: quel Luigi Casciana che pare proprio fosse colpito da granate lanciate dall'hotel Balkan. Anche lì alcuni affermarono che furono semplre gli stessi fascisti a infilarsi nell'edificio per lanciare le bombe. In pratica, Nini era un italiano ucciso apposta dai fascisti (mentre gli slavi feriti si salvavano appositamente) per creare il morto in piazza, fascisti erano quelli che appiccavano il fuoco, fascisti quelli che stavano dentro rischiando di essere bruciati, fascisti quelli che buttavano le bombe dall'albergo, italiano il morto a causa delle bombe. A questo punto l'unico morto "sbagliato" pare essere lo sloveno Roblek, quello che si gettò dall'albergo in fiamme...--Presbite (msg) 22:35, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
Scusa, ma se tu scrivi che il libro di Salvemini del '33 è stato ispirato da quello di Čermelj del '36, io ti faccio notare l'incongruenza. Se invece mi dici che Čermelj nel '74 scrive di aver influenzato il pensiero di Salvemini, allora dici una cosa diversa, su cui non posso che darti ragione. Per il resto, prenditela con Schiffrer, Silvestri, Apih, Apollonio... Di Casciana non si sa nemmeno se fosse stato ferito in Piazza Oberdan. Il Piccolo per due giorni consecutivi lo elenca tra i feriti in Piazza Unità, e la sua cartella medica riportava "ferite da arma da taglio". Di Casciana non si era occupato nessuno, fino al giorno della sua morte, annunciata da un trafiletto sul Piccolo. I fascisti pubblicarono un necrologio in cui lo rivendicavano come proprio morto. Il Piccolo invece affermava che fosse a capo di una squadra di soldati a difesa del Balkan, circostanza questa da escludere, visto che Casciana si trovava in licenza in attesa di congedo (apparteneva al 142 fanteria - Catanzaro, sciolto il mese prima). Insomma, le fonti "primarie" sono contraddittorie. D'altra parte su wikipedia non e' previsto che si faccia ricerca originale, quindi bisogna basarsi per forza su fonti secondarie.--TBPJMR (msg) 23:01, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
Devi rileggere meglio quel che ho scritto: io ho scritto che "Salvemini utilizzò proprio il libro dello sloveno per le sue riflessioni sulla situazione delle minoranze in Italia sotto il fascismo". Sei tu quello che ha tirato fuori la storia del libro del 1933. Allora approfondiamo: Salvemini scrisse degli articoli sulle minoranze in Italia sotto il fascismo e sul vescovo Santin nel 1953, il che fra l'altro fu causa di una famosa querela di Santin, che si concluse a tarallucci e vino per intervenuta prescrizione. Ti tornano i conti, adesso? Riguardo a dove fu ferito Casciana, che dice Cermelj? Che venne ferito sotto il Balkan. Secondo lo stesso autore, egli fu colpito di rimbalzo da un colpo di fucile. Ahi ahi ahi: forse Cermelj non è proprio così perfetto, dunque... E' esattamente quel che dico io: nessuno su questa storia può dire di avere la verità in tasca. Cermelj è esattamente sulla stessa linea degli altri, a mio modo di vedere. Anzi: viste certe sue manipolazioni dei fatti (ce n'è una famosa, sulla quale adesso non mi dilungo), io continuo a dire che di lui mi fido come di un Oscar Randi. Che fra l'altro era presente quel giorno, mentre Cermelj - che mi risulti - no.--Presbite (msg) 23:26, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
Di solito, quando si parla delle riflessioni di Salvemini sulla situazione delle minoranze sotto il fascismo, ci si riferisce al libro "Il fascismo e il martirio dele minoranze", pubblicato clandestinamente da GeL a Parigi nel 1933. Čermelj comunque l'hai tirato fuori tu, non io. Io non l'ho nemmeno messo in bibliografia. Io sono intervenuto sulla pagina usando come fonti Apih, Silvestri, Apollonio e Anna Maria Vinci, oltre agli articoli del Piccolo raccolti nel volume di Siccardi.--TBPJMR (msg) 23:51, 30 dic 2012 (CET)[rispondi]
Certo che ho tirato fuori io Cermelj: per dire che fu il primo - a mia conoscenza - che affermò che Nini venne ucciso dai fascisti. E tu l'hai difeso a spada tratta per il tramite di Apollonio (uno che in realtà non è proprio un espertissimo sul tema, e che io avevo già invitato a considerare con una certa attenzione). Ma non è che dobbiamo rifare la discussione già fatta. Come ho già scritto e riscritto, se si vuole descrivere l'incendio del Narodni dom è improprio pensare che ci sia "una versione". Le versioni sono parecchie, ma molte delle cose scritte non rispecchiano nemmeno un minimo di logica: rispecchiano soltanto una visione di parte. A mio modo di vedere, affermare che Nini venne ucciso dai fascisti per cercare il morto non è intrinsecamente logico, alla luce del fatto che risulta una ventina di feriti in piazza dell'Unità quel giorno, comprendenti italiani e slavi. Ho già scritto che questo è il mio personale punto di vista, e lo ribadisco. Ma siccome questo è scritto da Cermelj e da Schiffrer, allora diremo nella voce che i due autori la pensano così. Anzi: diremo che il primo a scriverlo fu Cermelj, e il secondo Schiffrer. Io personalmente poi ritengo che Cermelj non fosse nemmeno il primo, ma che possa aver letto qualcosa di fonte jugoslava coeva ai fatti. Non ne sono certissimo, però. Ripeto quindi ancora una volta: massima attenzione a quel che si scrive su voci "difficili". Visto che ci siamo, ti dirò che anche qualche particolare sulla voce Rivolta di Maresego (che tu hai riscritto) secondo me va limato, ma qui dentro non c'entra. Diciamo che non appari proprio roso dal tarlo del dubbio, per così dire...--Presbite (msg) 00:10, 31 dic 2012 (CET)[rispondi]
Nella voce, adesso c'e' scritto esattamente questo: che la responsabilità della morte di Nini non fu mai accertata. In nota ho riportato una breve citazione di Mosconi sul fatto che la morte di Nini "fu ritenuta" opera di uno slavo. Poi ho lasciato la citazione di Tamaro, e ho aggiunto la citazione di Schiffrer ripresa da Apih. Prima c'era solo la citazione di Tamaro, prima la voce era scritta dando la prevalenza a una certa ricostruzione, quella diciamo cosi' concordata dalla questura e da Alessi.--TBPJMR (msg) 00:26, 31 dic 2012 (CET)[rispondi]
Fammi capire una cosa: la voce prima del tuo primo intervento era esattamente questa qua. Leggo questo passaggio: "La responsabilità di questa uccisione non fu mai accertata: alcuni storici la attribuiscono ad uno slavo che avrebbe assassinato Nini mentre questi si era interposto in una colluttazione fra questo slavo e un ufficiale del Regio Esercito; altri invece la ritengono una provocazione fascista". Mi spieghi cortesemente com'è che saresti stato tu a scrivere il passaggio sulla morte di Nini che ti attribuisci? Tu sei anche i vari IP? Perché se sei anche i vari IP, allora il discorso si fa più complesso, visti anche altri IP molto simili che girano su voci di mio interesse.--Presbite (msg) 11:09, 31 dic 2012 (CET)[rispondi]
Prima del mio intervento, c'era una fonte solo per la versione che attribuisce la morte del Nini a uno slavo. Dopo il mio intervento, c'è una fonte anche per la versione che considera l'accoltellamento di Nini una provocazione fascista. Ho cominciato a fare qualche modifica su questa voce come IP a partire da ottobre, poi ho cominciato a firmarmi. I miei primi interventi (in assooluto i primi su wikipedia) sono stati quelli dell' 11 ottobre, cassati da Nicola Romani per "violazione di copyright". --TBPJMR (msg) 12:22, 31 dic 2012 (CET)[rispondi]
Capisco. Quindi tu sei tutti gli IP che in questa voce iniziano con 79 (dal nodo Telecom di Trieste o di Udine), tipo questo, questo, questo, questo, questo eccetera. Poi hai scritto come IP anche su TIGR e Rivolta di Maresego. Per caso hai anche scritto come IP su Diffusione dello sloveno in Italia o Litorale austriaco?--Presbite (msg) 12:43, 31 dic 2012 (CET)[rispondi]
Sul Tigr ho scritto con firma, ma forse qualche volta mi sono dimenticato di firmare. Su Maresego idem. Sulla diffusione dello sloveno in Italia non ho scritto niente, e nemmeno sul Litorale austriaco. Gli IP che mi hai segnalato comunque sono IP dinamici. Gli interventi sul Narodni Dom sono miei, forse non tutti: (questi ad esempio non lo sono), ma in gran parte sì. Quelli sull' astrologia, su Criminal Minds, ecc. non lo sono. Le pagine su cui sono intervenuto, con o senza firma, sono: Tigr, Narodni Dom, Scontri di Maresego, Francesco Giunta, Squadrismo, Trieste, Storia di Trieste. --TBPJMR (msg) 12:54, 31 dic 2012 (CET)[rispondi]
Bene. Scusami se t'ho fatto queste domande, ma se fossi stato tu quello del Litorale austriaco, avrei avuto qualcosa da chiederti. Dovresti scrivere su Il buono, il brutto, il cattivo, se ho interpretato bene il tuo nickname...--Presbite (msg) 13:59, 31 dic 2012 (CET)[rispondi]

Sugli edit di AleR del 18 gennaio 2013[modifica wikitesto]

@AleR Potresti essere così gentile da spiegare il motivo dei tuoi edit odierni? Perchè hai cancellato la citazione testuale di De Felice, e, mantenendo la stessa fontazione, l'hai parafrasata stravolgendola completamente? Perchè hai riscritto la parafrasi della citazione di Spazzali, stravolgendone il significato, oltre che violentandone la sintassi?--TBPJMR (msg) 22:18, 18 gen 2013 (CET)[rispondi]

@Nicola Romani Visto che sono passati 20 giorni, approfitto dell'occasione per chiederti di nuovo se riusciamo a venire a capo di questa storia della sospetta violazione di copyright. Potresti indicare a quali parti del testo ti riferisci? --TBPJMR (msg) 22:24, 18 gen 2013 (CET)[rispondi]
L'unico "inserimento massivo [sic] di un anonimo" di cui c'è traccia in cronologia è quello del 15 dicembre 2012 (che per dirla tutta tanto "massivo" non è, trattandosi di poco più di 500 caratteri), fatto dall'IP 79.30.236.122, che in realtà è una citazione tratta da Narodni dom danes e riportata in nota. Mi pare quindi che l'avviso di copyviol messo da Nicola Romani sia del tutto immotivato.--Ciospo (msg) 02:35, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
(fc) Visto male, mi riferisco da ottobre in avanti, avevo verificato allora e così risulta da diverse pubblicazioni, già altri copyviol sono stati cassati e nascosti dalla crono. Il diritto di citazione su wiki è alquanto limitato, e già in altre occasioni la sua strumentalizzazione (e in diversi casi, persino la manipolazione) è stata evidenziata e stigmatizzata. --Nicola Romani (msg) 10:08, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
(fc) Cerchiamo di capirci, Romani: gli unici inserimenti fatti da anonimi da ottobre a oggi sono note a piè di pagina che riportano brevi stralci di testi, con tutti i riferimenti bibliografici del caso. Non c'è nessun sospetto di copyviol in quelle modifiche. Se ritieni che ci siano dei plagi, dopo 20 giorni dall'inserimento dell'avviso potresti anche parlare chiaramente e indicare quali sarebbero le parti incriminate e quali le "diverse pubblicazioni" plagiate. Certamente tenere l'avviso in cima alla pagina un'altra ventina di giorni non aiuta una voce che è già problematica di per sé.--Ciospo (msg) 11:46, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
(fc) Ripeto, hai visto male, risultano inserimenti anche in voce, e non solo dell'anonimo (che poi anonimo non è), avevo riscontrato già altre volte inserimenti in copyviol, comprese trascrizioni di video, ma il mio tempo è quello che è, non ho sposato la voce, l'avviso serve apposta come avvertenza cmq Wikipedia è volontaria e il sottoscritto contribuisce in base ai propri limiti di tempo e non agli ordini perentori altrui. Saluti. --Nicola Romani (msg) 12:36, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
Nessun ordine perentorio, Romani, perché nessuno può obbligarti a fare alcunché. Resta il fatto che dopo 20 giorni dall'aggiunta dell'avviso e ripetute richieste non hai ancora indicato quali sarebbero le parti plagiate, e da dove (video o "diverse pubblicazioni" che siano). L'avviso serve come avvertenza, ovviamente, ma se dopo averlo inserito non riesci a fornire riscontri, queste avvertenze possono anche indurre in errore. Resto quindi della mia opinione: se non puoi o vuoi giustificare la tua presa di posizione dovresti rimuovere l'avviso, almeno fino a quando avrai spiegato con sufficiente chiarezza di che violazioni stai parlando.--Ciospo (msg) 21:51, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]

Non mi pare di aver stravolto nulla, ho semplicemente evidenziato che vi sono più ricostruzioni dei fatti sotto diversi punti di vista. La citazione di De Felice avalla una di queste ricostruzioni, ovvero l'incendio quale prima azione degli squadristi, in tal senso ho conservato il riferimento. Propongo pertanto di ritornare alla versione da me inserita.--AleR (msg) 19:07, 19 gen 2013 (CET)[rispondi]

Tutti (tutti!) gli storici attribuiscono l'incendio ai fascisti. Su questo punto non ci sono versioni contrastanti. E De Felice non sostiene che l'incendio del Narodni Dom fu la prima azione degli squadristi, bensì che fu "il vero battesimo dello squadrismo organizzato", cioe' la prima azione di tipo militare pianificata su larga scala. La definizione di De Felice non è la definizione di uno storico qualunque. Proposta respinta. --TBPJMR (msg) 19:34, 19 gen 2013 (CET)[rispondi]

Mi stavo basando su gli scritti precedenti su questa voce che fanno riferimento a versione ambigue, se questo non sono supportate come dici te de fonti allora non posso che darti ragioni. Vedo di approfondire l'argomentazione. Ciao e buon lavoro.--AleR (msg) 19:54, 19 gen 2013 (CET)[rispondi]

Già che ci sono, ne approfitto per confermare (v. discussione con Presbite qua sopra) che De Felice, a pag. 625, citando Silvestri scrive: "Egli (il Nini) venne ucciso, chi dice dai fascisti stessi che andavano alla ricerca di un morto per scatenare la folla, chi, invece, e sono i fascisti ad affermarlo, dagli stessi slavi. Il fatto incontrovertibile è che appena diffusasi la notizia che sotto i volti del Municipio era stato ucciso un uomo, tutti i fascisti, come per un piano prestabilito, s'incolonnarono per vie diverse verso la sede del Narodni Dom." --TBPJMR (msg) 20:04, 19 gen 2013 (CET)[rispondi]

Frase di per sé già smentita da chi invece - in periodo più tardo - riconobbe che i fascisti fra la folla erano una piccola minoranza. Silvestri - oltre ad essere assai datato - non è sempre precisissimo nelle sue ricostruzioni. E da Silvestri la ricostruzione zoppicante rimbalzò anche su De Felice. Ad ogni modo, ho già annunciato che sullo specifico episodio dell'incendio sto raccogliendo le fonti per scrivere una voce autonoma.--Presbite (msg) 15:31, 20 gen 2013 (CET)[rispondi]
@Presbite A proposito della nuova pagina che stai scrivendo, penso sarà doveroso evidenziare che l'interpretazione dell'incendio quale anello di una catena di "episodi simili" (quelli che hai elencato sopra, più quelli che hai elencato nel tuo primo intervento del 3 settembre 2007, firmato Luigi: mi pare che Luigi sia tu, perchè dite più o meno le stesse cose in modo simile) che si dipanano a partire dal 1866, è appunto una interpretazione. Accanto a questa interpretazione, la maggior parte delle interpretazioni attribuisce invece all'incendio del Narodni Dom un carattere periodizzante, lo considera un salto di qualità nel modo di muoversi degli squadristi, un evento fondante per il fascismo di confine, e un punto di svolta nei rapporti tra fascisti, esercito, e pezzi dello Stato. La pensano così De Felice, Schiffrer, Silvestri, Apollonio, Vinci, Apih... Mi auspico che nella pagina che stai scrivendo, darai conto di tutte le interpretazioni.--TBPJMR (msg) 22:59, 20 gen 2013 (CET)[rispondi]
Non vorrei che si equivocasse. I fascisti a Trieste quel giorno c'erano. C'erano senza ombra di dubbio. Che cosa fecero? Organizzarono una manifestazione pubblica. Quanta gente andò a questa manifestazione pubblica? Di sicuro stiamo parlando di migliaia. Ora, delle due l'una: o si pensa che a Trieste in quel giorno planarono da tutta Italia migliaia di fascisti che riuscirono in poche ore ad attaccare diversi obiettivi prefissati in anticipo, oppure si ritiene - come ritengo io - che i fascisti intercettarono un preesistente o comunque coesistente sentimento che riuscì a mobilitare migliaia di persone. I fascisti erano all'incirca una quarantina, secondo varie ricostruzioni. Se da Trieste andiamo a verificare cosa accadeva in diverse località in diverse parti dell'Europa in quei giorni, ci accorgiamo di una cosa singolare: era normale avere migliaia di persone in piazza. I disordini di Spalato - in una città che contava molti cittadini in meno di Trieste - coinvolsero centinaia di persone. A Marburgo il giorno della strage erano in piazza migliaia di persone. Alle manifestazioni che si registravano fra Lubiana, Roma, Belgrado, Vienna, Berlino e in varie località nei paesi baltici e dell'Europa orientale partecipavano migliaia di persone. Questi sono tutti fatti, al di là delle interpretazioni. A Trieste quindi furono i fascisti ad attaccare il Narodni dom? Di sicuro furono i manifestanti, se vogliamo capeggiati o in qualche modo guidati dai fascisti. Ma è altrettanto ovvio che non tutti i manifestanti erano fascisti. Venendo al discorso della concatenazione delle violenze, già anni fa sono stati pubblicati dei saggi sulla sequela delle violenze a Trieste fra la metà del XIX secolo e il secolo successivo. Anche questi sono semplici fatti, non opinioni. A meno che non si ritenga che tutto nacque improvvisamente quel giorno lì, a Trieste.--Presbite (msg) 11:49, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
Che a Trieste ci siano state violenze nei 50 anni precedenti all'incendio del Narodni Dom è fuori di dubbio. Ma costruire una certa concatenazione piuttosto che un'altra è appunto una interpretazione storiografica. Per esempio: inserirere in questa concatenazione lo sciopero del LLoyd del 1902, i disordini del 23-24 maggio del '15, e l'incendio del Narodni Dom, come suggerivi nel 2007, a me sembra piuttosto arbitrario. Nel 1902 si trattava di uno sciopero dei fuochisti, una lotta sindacale durissima repressa nel sangue dalle autorità austriache. Nel '15 si trattava di moti anti-italiani lealisti, a cui parteciparono prevalentemente italofoni piccolo-borghesi dei quartieri di S.Giacomo e Barriera. Ben più importante per descrivere il contesto sono il biennio rosso, l'impresa di Fiume, ecc.. Per quanto riguarda l'episodio dell'incendio, varie (se non tutte le) testimonianze riferiscono che furono gli squadristi a entrare nel Narodni Dom con le taniche di benzina. --TBPJMR (msg) 12:38, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
Con tutto il rispetto per la tua legittima posizione, ti segnalo che proprio questa concatenazione non è frutto della mia fervida immaginazione, ma di un noto lavoro a più mani sulla violenza a Trieste nel '900. Un testo pubblicato, cui parteciparono alcune fra le migliori firme del nostro tempo, relativamente a quell'ambito storico. Riguardo alle testimonianze, non è vero quel che dici: nell'immediatezza del fatto le testimonianze non parlarono di "squadristi". Io non ne trovo nessuna che utilizza questa parola. Lieto ovviamente di essere smentito in caso contrario.--Presbite (msg) 14:11, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
Scusa Presbite, ma nella prefazione del famoso lavoro a più mani (Un percorso fra le violenze del Novecento nella provincia di Trieste) c'è scritto: "Di fronte al peso del passato, gli autori di questa pubblicazione non intendono certo puntare, con la loro opera, alla costruzione di una sorta di «memoria condivisa», anche perché convinti che le memorie, momento tipico di soggettività e mattone essenziale della ricostruzione storica, non vanno manipolate. Al contrario, riteniamo che al fondo della vita civile e della crescita democratica di una comunità stiano proprio il riconoscimento e il rispetto delle diverse memorie. In questo senso, il percorso che abbiamo disegnato si propone di superare alcune delle semplificazioni più deleterie attraverso le quali propaganda politica e banalizzazione mediatica hanno cercato sovente di presentare le vicende del confine orientale italiano, come ad esempio la contrapposizione tra Risiera e Foibe. La realtà storica è ben più articolata, ma non per questo impossibile da rappresentare. Abbiamo scelto quindi alcuni luoghi – edifici, vie e piazze della città di Trieste, località della Provincia – che si prestano a simboleggiare le logiche di violenza legate ai contrasti politici, nazionali e razziali, che hanno travolto la società giuliana del Novecento. Certamente, la violenza non è stata patrimonio esclusivo della storia novecentesca. Episodi di violenza politica non sono mancati a Trieste nei decenni precedenti: gli incidenti del luglio 1868, originati da una manifestazione partita dai Portici di Chiozza, quando il contrasto tra il Comune e il vescovo per il controllo dell’istruzione elementare assunse tinte di conflitto nazionale e gli scontri fra la milizia territoriale – espressione dei contadini sloveni dei dintorni – e i manifestanti provocarono (nella notte del 13) due morti fra questi ultimi; l’attività dei «petardieri», cioè dei giovani nazionalisti italiani che, tra il 1868 e il 1892, fecero esplodere alcuni ordigni nelle vicinanze di uffici statali o presso il domicilio di funzionari asburgici; la bomba «alla Orsini» lanciata il 2 agosto 1882 – forse da Guglielmo Oberdan - su un corteo di veterani dell’esercito austroungarico, che causò la morte di un ragazzo e alcuni feriti; l’impiccagione, il 20 dicembre di quello stesso anno, del medesimo Guglielmo Oberdan, reo confesso di aver preparato un attentato contro l’imperatore Francesco Giuseppe (in piazza Oberdan, nel Sacrario a lui dedicato, sono conservate la cella e l’anticella in cui venne recluso prima dell’esecuzione); l’eccidio del 14- 15 febbraio 1902, quando in piaz- za Grande (oggi piazza dell’Unità d’Italia) la truppa disperse con le armi un corteo di fuochisti del Lloyd Austriaco provocando 14 morti tra gli scioperanti. Si trattava appunto, però, di episodi, che proprio per questo fecero scalpore in una città abituata al rigido legalismo austriaco, che impediva il deragliamento dei conflitti, aspri solo a parole. Con la Grande guerra invece, tutto cambiò. La carica di antagonismo che si era accumulata nei decenni precedenti, esasperata dall’esaltazione della forza compiuta da buona parte della cultura tardo ottocentesca, esplose in maniera devastante e la violenza divenne elemento corrente, ed essenziale, della lotta politica, in un crescendo che trovò il suo culmine nel secondo conflitto mondiale e nel seguente dopoguerra, quando le logiche della guerra di sterminio e della violenza rivoluzionaria di massa travolsero la società civile."--TBPJMR (msg) 15:04, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
Appunto in quel volume, a proposito del rogo del Narodni Dom, Annamaria Vinci scrive: "Costruito agli inizi del secolo (venne inaugurato nel 1904), secondo una concezione architettonica moderna e su progetto del celebrato architetto Max Fabiani, esso sorgeva in palese contrasto con il veto posto dai liberal-nazionali italiani a qualsiasi manifestazione che indicasse l’importanza e la vitalità della presenza slovena all’interno delle mura urbane. Il Narodni dom racchiudeva dunque un’alta valenza simbolica: era il segno tangibile del riscatto di quel gruppo nazionale in prepotente ascesa. Il rogo divenne subito il segno del rovesciamento delle parti e mostrò, con le fiamme che ben si potevano scorgere da diversi punti della città, l’aggressiva presenza del fascismo. Sembrò quasi una celebrazione sacra, di morte e purificazione: nella reinvenzione della storia che il fascismo operava per gli eventi nazionali e locali, lo scenario maestoso di quel rogo diventò il mito delle origini della nuova Italia al confine."--TBPJMR (msg) 15:12, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
Quindi in quel volume non viene proposta una concatenazione di eventi, ma vengono presentati alcuni eventi simbolo. Inoltre nella prefazione gli episodi quali quello del 1868, o del 1902, sono preceduti da una concessione: "Certamente la città non era nuova a episodi di violenza... però si trattava appunto di episodi... la situazione cambia radicalmente con la grande guerra...". Chi invece vede una concatenazione, è ad esempio Paolo Sardos Albertini. Cito da questo articolo sull' Espresso: "Stenta a riconoscere nell'edificio progetatto da Max Fabiani un valore simbolico proiettato nel futuro anche Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale: «L'incendio del Balkan - spiega - si inserì in una serie di eventi similari: nel 1898 a Santa Croce ed a Duino Aurisina vengono incendiate scuole della Lega Nazionale; il 23 maggio del 1915, in contemporanea, vengono dati alle fiamme a Trieste, la sede de "Il Piccolo", della Ginnastica Triestina e della Lega Nazionale; nel 1928 scuola materna e doposcuola della Lega ad Opicina vengono distrutte (ad opera del gruppo terroristico Orijuna)». Un triste elenco di violenze, continua Sardos, «tutte ascrivibili all'ideologia ottocentesca del nazionalismo. Poi arrivarono le nuove ideologie, quelle del ?900, e cioè nazional-socialismo e comunismo. E lasciarono nelle nostre terre, a loro triste memoria, i simboli della Risiera e delle Foibe. Ma nel 1989 con la fine del comunismo tutte le ideologie sono definitivamente uscite dalla Storia». «Ecco perché - conclude Sardos Albertini - l'ex Hotel Regina non ha bisogno di proporsi come simbolo. E' semplicemente e felicemente un luogo in cui ci si incontra per studiare, per confrontarsi. Anche per divertirsi, se osserviamo i gruppi di ragazzi e ragazze che allegramente sciamano in via Filzi»"--TBPJMR (msg) 15:51, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
A proposito invece di tesimonianze sulla presenza degli squadristi, ti posso citare questa: “Vorrebbero dare l’assalto all’edificio, ma le porte sono solidissime e ben sprangate. Nasce un caos del diavolo. In mezzo ai dimostranti scoppia una bomba a mano. Vi sono quattro feriti, tra i quali un commissario di polizia e il ventitreenne tenente di fanteria Luigi Casciana, di Caltanissetta, che poi muore all’ospedale. Segue un’altra esplosione e gli assalitori scappano a gambe levate,urlando invettive. Entrano allora in azione le guardie regie che fiancheggiano gli assalitori, come pure i soldati della Caserma grande che era di fronte, e iniziano una fitta sparatoria contro le finestre dell’edificio. Dopo un po’ tornano gli eroi fuggiti, capitanati da Carlo Lupetina, carichi di bidoni di benzina e dei mezzi per sfondare le porte. Entrano senza incontrare resistenza e dopo pochi minuti dalle finestre del pianterreno escono le fiamme…La verità è che l’orda di invasati urlanti e sbraitanti, con le bave alla bocca – e chi scrive li ha visti coi propri occhi – parevano pazzi furiosi evasi dal manicomio, che non sapevano neanche più distinguere amici da nemici. Francesco Giunta e Carlo Lupetina che li guidavano, naturalmente, sapevano benissimo quel che facevano. Ma siccome molti degli assalitori erano poco pratici di armi e particolarmente del modo di usare le bombe a mano, si può facilmente comprendere come gli ordigni di morte possano essere scoppiati loro fra le mani.” (Tiberio, “Il fascismo a Trieste. 1919-23”, Udine, Del Bianco 1956)--TBPJMR (msg) 15:19, 21 gen 2013 (CET)[rispondi]
Purtroppo non ho molto tempo, se non per dirti che sono contento che tu abbia trovato la fonte di cui parlavo, che elenca i fatti violenti accaduti a Trieste in vari decenni. L'incendio del Narodni dom trova un suo immediato precedente negli incidenti di Spalato, che a loro volta non cascano dal pero, ma fanno parte di una lunga contesa fra sloveni/croati da una parte e italiani dall'altra per il predominio sull'Adriatico orientale. Oltre a ciò, questi episodi sono da inquadrare nel contesto più ampio - che come minimo deve comprendere la situazione del neonato Regno SHS, ma in realtà comprende svariati paesi europei - di ridefinizione dei confini nazionali. Tutto qua. Se i quaranta fascisti trovarono mille triestini ben pronti a scatenarsi contro il Narodni dom, ciò non significa che tutti i mille erano fascisti o addirittura che Trieste nel 1920 era già "città fascistissima" (come in qualche modo la propaganda argomentò anni dopo), ma significa che c'era un terreno sottostante ampiamente fertile. Questo è ciò che ci deve stare in una voce seria sull'argomento, comunque la si voglia vedere.--Presbite (msg) 11:13, 22 gen 2013 (CET)[rispondi]
Scusate se m'intrometto; vorrei dire soltanto questo: al di là della ricostruzione esatta della dinamica (ricostruzione che certo è importante), non andrebbe perso di vista il significato storico e politico nazionale dell'incendio del Narodni Dom, il quale, secondo la storiografia più accreditata, ha un'importanza particolare perché costituisce, per lo squadrismo fascista, il giro di boa fra la violenza occasionale e la violenza premeditata e militarmente organizzata. In questo senso si esprime il De Felice. Questo in voce va sottolineato. Sarebbe invece riduttivo inquadrare l'episodio solo come uno dei tanti anelli di una catena di violenze che si snoda a livello locale fra l'800 e il '900. --Salvatore Talia (msg)
In primo luogo, non è vero che De Felice si esprime in questo senso. Se si ha la pazienza di leggere il suo libro, si noterà che egli mette sullo stesso piano due specifici episodi, e non uno solo: l'assalto alla tipografia dell'Avanti del 21 luglio 1920 e l'attacco al Narodni dom del 13 luglio. Li mette sullo stesso piano in quanto primi "casi di azioni organizzate". Questo perché - com'è noto - la violenza squadrista già si esercitava da un annetto, per le strade d'Italia. Dopo di che, De Felice lascia la parola ad un "recente studio", citandono ampiamente. Quest' "recente studio" è un libro di Claudio Silvestri pubblicato nell'anno del Signore 1959 (seconda edizione 1966, ma De Felice pubblicò nel 1965 il suo tomo). Stiamo parlando quindi di un libro di cinquantaquattro anni fa. Ad ogni modo, il testo di Silvestri - assolutamente pionieristico e per certi versi eccellente - è anch'esso pieno di inesattezze che all'occorrenza potrei far notare, purtuttavia non manca di rilevare la connessione diretta fra l'incendio del Narodni dom e gli incidenti di Spalato. Il che già apre uno squarcio non indifferente, giacché fra Trieste e Spalato la distanza in chilometri è come quella fra Trieste e Ancona. Perché a Trieste gli scontri di Spalato facevano particolare colpo? Lo sapete spiegare voi? Io un'idea ce l'ho, è basata su qualche centinaio di mie letture ed è quella che espliciterò a tempo debito.--Presbite (msg) 13:59, 22 gen 2013 (CET)[rispondi]
Giusto, Presbite: se si ha la pazienza di leggere il suo libro, si noterà che De Felice menziona due specifici episodi. Ancora si noterà che non li mette affatto sullo stesso piano. Cito: "I casi più clamorosi in questo periodo furono la devastazione a Roma della tipografia dell'Avanti!, il 21 luglio, e - episodio ben più grandioso e drammatico (se non altro per il numero delle vittime) - l'incendio a Trieste, il 13 luglio, del Balkan, cioè della Narodni dom, la sede delle organizzazioni slave nella città giuliana, e dell'analoga sede a Pola. In tutte e tre queste occasioni i fascisti operarono d'accordo con i nazionalisti. Tipico fu il caso del Balkan. Ecco come in un recente studio è stato ricostruito quel drammatico episodio che a ragione può essere considerato il vero battesimo dello squadrismo organizzato", e prosegue per un'altra mezza pagina abbondante esponendo la ricostruzione di Silvestri. (Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883 1920, Einaudi, Torino 1965, pp. 624-5; corsivi miei).
In ogni modo, ho visto che nella voce che stai preparando si parte da molto più indietro degli incidenti di Spalato: addirittura dai primi dell'800. Ma attendo di vedere la voce finita, ove certamente sarà indicata la fonte di un così ampio e ambizioso inquadramento storico. --Salvatore Talia (msg) 18:25, 22 gen 2013 (CET)[rispondi]
(FC) Ancora più giusto: non sono due gli episodi messi in rilievo da De Felice, bensì tre: egli aggiunge pure l'attacco di Pola. Di passata aggiungo che evidentemente il maestro reatino non conosceva gli altri attacchi che si registrarono in Istria in quegli stessi giorni, il che farebbe pensare ad una mostruosa capacità di mobilitazione dello squadrismo fascista nelle "terre redente", a meno che non si faccia una buona volta mente locale alla realtà della regione ed alla sua storia pregressa: il mondo non inizia nel 1920. Certo: "il numero delle vittime" di cui parla De Felice andrebbe ricollocato adeguatamente: una fu Nini, l'altra Roblek, la terza Casciana. Tre vittime, esattamente quante ce ne furono a Spalato. Va da sé che De Felice, sulla scorta di Silvestri, ritenne evidentemente che queste tre vittime furono tutte opera dei fascisti: cosa che però altri negano recisamente. Il che apre nuovamente il discorso sulla qualità delle fonti. Riguardo a ciò che mi propongo di fare, mi sfugge quando io avrei affermato che intendevo partire "addirittura dai primi dell'800". Siccome non l'ho scritto, ribadisco ancora una volta un principio generale: attenzione a ciò che si legge, attenzione a ciò che si scrive: siamo all'interno di una tematica alquanto scivolosa. Se ci aggiungiamo del proprio, non è più finita. Ad ogni modo, non preoccuparti che le fonti ci sono. Eccome, se ci sono. Inizierei dalla metà del XIX secolo, quindi.--Presbite (msg) 19:47, 22 gen 2013 (CET)[rispondi]
La sezione intitolata "Inquadramento storico" della voce che stai preparando nella tua sandbox, qui, non parte forse dalla caduta della Repubblica di Venezia? Quindi, se non dagli inizi dell'800, dalla fine del XVIII secolo.
Sul monito a fare attenzione a ciò che si legge e si scrive sono d'accordo con te (e anzi mi permetto amichevolmente di rivolgerti a mia volta tale monito, dato che - come si vede - nessuno è infallibile); che la materia sia "scivolosa", ti credo sulla parola; mi sfugge però il motivo per cui non debba valere il criterio generale di Wikipedia, secondo il quale, quando ci sono più interpretazioni autorevoli di uno stesso fatto, le stesse vanno riportate tutte, dando a ciascuna il giusto rilievo. Nello specifico, dunque, si scriverà che De Felice attribuisce all'incendio del Balkan un peculiare significato e una determinata contestualizzazione; se altri storici contestano l'interpretazione di De Felice, o propongono di contestualizzare diversamente l'episodio, se ne darà atto. Ma nessun utente, quali che siano la sua preparazione e le sue capacità accomodative, detiene il potere esclusivo di decidere lui quali fonti vanno bene e quali no; ti pare? --Salvatore Talia (msg)
Nell'incipit della mia sandbox sta scritto: "Le vicende che portarono al rogo vanno inquadrate all'interno della pluridecennale lotta per il predominio sull'Adriatico orientale fra popolazioni slave (prevalentemente croate e slovene) e italiane, iniziata ancora nell'ambito dell'Impero austro-ungarico" (grassetto mio). Cos'è che non è chiaro, in questa frase? Ad ogni modo, se non fosse chiaro sufficientemente chiaro la ripeto: "Le vicende che portarono al rogo vanno inquadrate all'interno della pluridecennale lotta per il predominio sull'Adriatico orientale fra popolazioni slave (prevalentemente croate e slovene) e italiane, iniziata ancora nell'ambito dell'Impero austro-ungarico". Le interpretazioni autorevoli sono senz'altro autorevoli e vanno senz'altro riportate. D'altro canto, ho già fatto notare che:
1. De Felice non è per nulla uno specialista di storia locale della Venezia Giulia.
2. Le sue osservazioni derivano de plano da Claudio Silvestri.
Aggiungo che gli altri storici non "contestano" l'interpretazione di De Felice, e ovviamente io - che sono l'ultima ruota del carro - non la contesto parimenti. Ma le varie fonti raccontano la sequenza dei fatti in maniera anche totalmente diversa da come la racconta Silvestri. Il che a mio modo di vedere è il punto veramente focale della questione: chi afferma di avere "la verità in tasca" sull'incendio del Narodni dom è in realtà un raccontafrottole o un fanfarone. Giacché anche i fascisti presenti la raccontarono alla maniera degli smargiassi. Esattamente come i nazisti raccontavano alla stessa maniera alcni dei loro "raid", come quello di Coburgo, che tanto s'ispirò alle azioni degli squadristi. In altre parole, mi tocca ripetermi: quando in piazza scendono da mille a duemila persone e quando questa danno l'assalto al Narodni dom di Trieste e contestualmente vengono attaccati luoghi cari agli slavi sia a Pola che a Pisino che in altre località istriana, la cosa diventa un filino più complessa rispetto alla vulgata dei fascisti che attaccano in massa un palazzo in centro a Trieste. Anche perché questi fascisti triestini - come si sa da diversi studi - ce l'avevano a morte con una gran parte dei dannunziani, nello stesso periodo impegnati nell'Impresa di Fiume. Cosa che un tempo non si poteva gran dire, visto che in d'Annunzio si vedeva il protoduce del protofascismo. La cosa si complica vieppiù se consideriamo che alcuni volontari fiumani - fratelli di sangue in quella città - si divisero in seguito entrando chi nello squadrismo fascista, chi invece fra gli arditi del Popolo. E fra i presenti a Trieste sotto il NArodni dom vi furono anche degli anarchici "movimentisti", o addirittura dei successivi antifascisti. Come la spieghiamo, questa cosa qua? Tagliando la storia con l'accetta? E' così che si pensa di scrivere una voce potenzialmente molto "calda"?--Presbite (msg) 18:28, 23 gen 2013 (CET)[rispondi]
Leggi bene: non ho scritto "nell'incipit della tua sandbox". Ho scritto "La sezione intitolata Inquadramento storico della voce che stai preparando nella tua sandbox". Bene, vedo che siamo d'accordo sul principio che le interpretazioni autorevoli vadano riportate tutte. Per ora mi basta questo; ti auguro buon lavoro per la nuova voce che stai preparando; la leggerò volentieri. (Una curiosità: a quale epoca ti riferisci, precisamente, quando dici che "un tempo" non si poteva parlare delle divergenze tra fascisti e dannunziani? Forse durante il ventennio: dopo se n'è parlato ampiamente, tant'è vero che persino io ne so qualcosa, pur essendo tutt'altro che un conoscitore della materia. Il più volte citato libro di De Felice, per esempio, ne parla diffusamente, anche se non in relazione al Narodni Dom. Così come è risaputo da tempo che molti fascisti della prima ora divennero in seguito antifascisti; l'esempio celebre è Pietro Nenni, che era stato anche amico personale di Mussolini). Cari saluti e a presto --Salvatore Talia (msg)
Leggi meglio: se è quello il criterio attraverso il quale s'intende comprendere ciò che ho scritto, allora io parto addirittura dal VII secolo d.C.. Ringrazia che non inizio da Adamo ed Eva...--Presbite (msg) 13:43, 24 gen 2013 (CET)[rispondi]

Questa è Annamaria Vinci, nel famoso lavoro a più mani: "La documentazione ci permette ora di aggiungere notazioni interessanti alla ricostruzione dei fatti, per quanto l’esatta dinamica delle provocazioni/reazioni non sia ancora chiarissima. «Cittadini aprite gli occhi, tendete le orecchie, spiate agli usci, squadrate la gente che vi passa d’accanto. Non vedete? Non sentite? Dovunque intorno a noi si nasconde l’insidia». Era Francesco Giunta, il capo indiscusso del fascismo giuliano, a parlare in tal modo poco prima del 13 luglio e certo non contava quanto di vero ci fosse nel suo dire: contava la radicalità della dicotomia bene/male, contavano le «voci» che volevano «costruire» una determinata rappresentazione della realtà di sospetti e paure. Già da alcuni giorni il Commissario generale civile Mosconi ed il responsabile della pubblica sicurezza per la Venezia Giulia avevano avvertito le autorità centrali di un fermento che percorreva la popolazione slovena, anzi si parlava di «un ritorno baldanzoso come ai primi giorni dell’armistizio ad una proclività a manifestazioni politiche che vengono per ora trattenute dai capi, a Trieste e nel contado». Più volte le autorità periferiche avevano sollecitato una presenza più cospicua di forze dell’ordine, mentre con timore guardavano all’inevitabile smobilitazione delle truppe: nel gennaio del 1920 erano tuttavia calcolati di stanza nella sola zona di Trieste (la città di Trieste, nonché le aree prettamente slave di Volosca e S. Pietro del Carso) circa 15.000 soldati di fanteria, rispetto ai 18.000 ancora dislocati sul finire del 1919. Nei primissimi giorni di luglio c’era quindi un clima sospeso nell’attesa del peggio: la stampa metteva in guardia; i fascisti venivano chiamati a raccolta dalle parole di Giunta; provocazioni di infiltrati avvenivano proprio all’interno dell’Hotel Balkan. Bastava una scintilla. I tragici fatti di Spalato, nella Dalmazia ancora occupata dalle truppe alleate in attesa della pace, con gli scontri violenti avvenuti tra ufficiali italiani e cittadini jugoslavi (l’offesa alla bandiera italiana fu il motivo immediato del contendere), provocarono la morte di un ufficiale – il Capitano di corvetta Tommaso Gulli, cui è dedicato un tratto delle rive triestine – e del motorista Rossi. Il clamore raggiunse subito Trieste. Giunta ed i suoi uomini organizzarono un comizio affollatissimo e, al primo grave incidente, diedero l’impressione di avere già predisposto lo scenario della mobilitazione cittadina, avendo ben chiari i punti da colpire in tempi molto rapidi. Le forze dell’ordine, poste a difesa delle zone più sensibili, non sembrarono sufficientemente pronte ad affrontare l’attacco." Più avanti: "Quello che è certo è che da ora, mentre le ripercussioni dei fatti di Trieste mettevano in allarme tutta l’area per il timore di dimostrazioni e di altri fatti di sangue, non c’era più pudore nel mascherare quel fiancheggiamento tra forze dell’ordine e nazionalisti e squadre fasciste: la documentazione riesce ad occultare, ma solo fino ad un certo punto, atteggiamenti, silenzi e collusioni che traspaiono nelle pagine «confezionate» dagli organi periferici dello Stato per il governo centrale." La stessa Vinci, in "Sentinelle della patria - Il fascismo al confine orientale", dice che le più recenti ricerche d'archivio confermano l'intuizione di Schiffrer sulle collusioni tra fascisti e militari. Analizza poi la dislocazione delle forze di sicurezza in campo, osserva che i 250 fanti erano acquartierati nella caserma di piazza Oberdan, e non si trovavano affatto intorno al Balkan. Intrevennero solo dopo lo scoppio delle bombe, sparando direttamente contro il palazzo.--TBPJMR (msg) 14:37, 22 gen 2013 (CET)[rispondi]

Il problema è che finchè non verrà rimosso il tag di "copyviol", non si potra' fare nessun edit su questa voce. Non si potrà scrivere nulla sulle collusioni tra fascisti e militari, di cui parlano Schiffrer, De Felice, Apollonio, Vinci e molti altri... Non si potrà correggere la frase "circondato da oltre 400 tra guerdie regie ecc." (inserita da Presbite qua. Non voglio fare polemiche, Presbite, te lo assicuro. So che su wikipedia il work è sempre in progress. Sarebbe bello però se anche da parte tua ci fossero meno cannonate ad alzo zero contro i nuovi edit, soprattutto se provvisti di fonte. Anche perchè prima dei miei interventi la ricostruzione della dinamica dell'incendio sembrava essere basata su un articolo di Denich e Grassi, che però non veniva citato, e suggeriva come approfondimento un testo della Kacin Wohinz. Ma la Kacin Wohinz sull'argomento scrive cose un po' diverse da quelle di Denich e Grassi). Insomma, questo tag di "copyviol" è un po' un problema, non c'è che dire.--TBPJMR (msg) 15:09, 22 gen 2013 (CET)[rispondi]
Ahi ahi ahi! Come sempre ci capita in queste storie, ad un occhio attento non sfuggiranno dei particolari interessanti. Al di là del fatto che la Vinci non conosce bene l'episodio di Spalato (non c'entra nulla la bandiera italiana, ma semmai quella croata o jugoslava: ma questo è quasi solo un piccolo divertissement del sottoscritto), è il caso di far notare che quanto essa scrive in "Sentinelle della patria" cozza direttamente con quel che scrive il tanto citato Silvestri, fonte primigenia di De Felice. Come la mettiamo allora? Chi dobbiamo seguire? Tizio vale più di Caio, ma poi è meglio Sempronio e infine Flavio, pur sapendo che ognuno contraddice l'altro? O invece non è il caso di fare ciò che sto cercando di fare io, e cioè accumulare più materiale possibile per poi cercare di dar voce alle mille contraddizioni? Tanto per dirne una divertente: Silvestri afferma che fu di certo un fascista dall'interno dell'hotel Balkan a tirare una bomba (una sola) SIPE verso il basso. Immaginiamo la scena: hotel circondato, questo fascista tira giù la bomba e poi allegramente fa da bersaglio per chi da fuori spara, rischiando scientemente di finir bruciato vivo (giacché nel contempo si afferma che l'incendio fu premeditato ben prima dell'assedio). A meno che non mi si venga a dire che questo che tirava le bombe uscì fischiettando da una porta laterale senza esser visto da nessuno...--Presbite (msg) 18:15, 22 gen 2013 (CET)[rispondi]
In attesa che tolgano quel benedetto avviso di copyviol e si possa ricominciare a lavorare sulla voce, mi permetterai, Presbite, una piccola osservazione di metodo. Secondo te, prima di mettere mano alla voce, occorrerebbe studiare attentamente tutta la bibliografia sull'argomento, vagliare tutte le fonti, collazionarle fra loro, e, solo dopo aver fatto ciò, sarebbe permesso intervenire.
Ora, questo è il tuo metodo di lavoro, rispettabilissimo. Ma non è una regola di Wikipedia. Se ogni utente, prima di fare un edit su una voce, dovesse sincerarsi di essere il massimo esperto mondiale dell'argomento, staremmo freschi!
Wikipedia è un progetto collettivo, non una raccolta di monografie. Se io utente ho una informazione, provvista di fonte autorevole, io la inserisco in voce, senza aspettare il permesso di nessuno. Altri utenti faranno lo stesso, poi si cercherà di integrare le varie informazioni in un discorso coerente. Nessun utente è obbligato a scrivere la versione definitiva e ne varietur della voce. Ovviamente si darà più spazio alle fonti più autorevoli, e quelle non autorevoli eventualmente si espungeranno, previo dibattito. Se poi le fonti autorevoli sono discordanti (ciò che peraltro accade spesso), non cade il mondo: si darà semplicemente atto che discordano; non è compito di Wikipedia comporre i dibattiti storiografici. Se c'è buona fede e spirito collaborativo da parte di tutti, ne può venire fuori una voce più che decente anche quando gli utenti sono portatori di POV divergenti e anche se contribuiscono ciascuno con il suo livello di preparazione specifica (che, in ipotesi, può anche essere basso. Qui siamo tutti dilettanti, non dimentichiamolo). --Salvatore Talia (msg)

Sospetta violazione di copyright[modifica wikitesto]

Propongo la rimozione dall'avviso di sospetta violazione del copyright. È lì da tre settimane e le parti che sarebbero copiate non sono ancora saltate fuori.--Ciospo (msg) 00:08, 24 gen 2013 (CET)[rispondi]

Approvo. Non si può tenere la voce in stand-by all'infinito senza che si sappia bene il perché. --Salvatore Talia (msg)
Ho avvisato anche Nicola Romani, che di nuovo non ha risposto né ha dato spiegazioni. A questo punto, tolgo l'avviso.--Ciospo (msg) 21:05, 25 gen 2013 (CET)[rispondi]

Togliere il link a YouTube?[modifica wikitesto]

Fra le fonti citate c'è un video reperibile su YouTube, molto interessante e valido secondo me, ma temo che non sia possibile mantenere il link per ragioni di copyright. Vorrei tenere la citazione, con gli estremi del video in modo da renderne possibile la reperibilità, spiegando che è postato su YouTube, ma senza linkarlo. Qualcuno sa come fare? E' stato usato un "tag" particolare e non vorrei manometterlo né fare dei pasticci. --Salvatore Talia (msg)

All' IP anonimo relativamente alle modifiche del 27 luglio[modifica wikitesto]

Tutte le ricostruzioni storiche serie attribuiscono l'incendio de Il Piccolo del 1915 alla piccola borghesia lealista prevalentemente italofona dei quartieri di Barriera Vecchia, Barriera Nuova, S. Giacomo e Centro. Si veda ad esempio l'articolo di Angelo Visintin citato in nota. Secondo vari testimoni, i manifestanti scandivano (in italiano!) lo slogan "Con le teste dei 'taliani/zogheremo le borele". L'aneddoto, oltre che da Livio Sirovich in "Cime irredente", è riportato anche da Denich e Grassi nella loro "Storia de Trieste" (opera divulgativa in dialetto). Solo che Denich e Grassi non si rendono conto che l'aneddoto contraddice la loro ricostruzione, che attribuisce appunto l'incendio a "nazionalisti slavi". --TBPJMR (msg) 13:20, 11 ago 2013 (CEST)[rispondi]

Fonti e dinamica dei fatti[modifica wikitesto]

Con riferimento a questo edit e a quest'altro: non mi sembra che le fonti citate accreditino senz'altro l'ipotesi secondo cui l'incendio sarebbe stato alimentato da un arsenale contenuto all'interno dell'edificio. Non ho a disposizione il libro citato di Marina Cattaruzza; tuttavia, da un rapido controllo sui motori di ricerca, non sembra proprio che Cattaruzza suffraghi questa spiegazione. Infatti, è vero che Cattaruzza giudica "poco fondata" la versione di Schiffrer, ma è altrettanto vero che, sempre secondo Cattaruzza, " in realtà le testimonianze sull'accaduto sono reticenti e contraddittorie, non si trovarono prove certe né della sparatoria, né dell'esistenza di un arsenale". In altre parole: non solo Cattaruzza dubita della tesi di Schiffrer secondo cui l'arsenale lo avrebbero messo i fascisti; più radicalmente, Cattaruzza dubita proprio che ci fosse un arsenale nell'edificio. --Salvatore Talia (msg) 15:23, 11 nov 2013 (CET)[rispondi]

Collegamenti esterni modificati[modifica wikitesto]

Gentili utenti,

ho appena modificato 1 collegamento esterno sulla pagina Narodni dom. Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:

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Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 23:58, 23 lug 2019 (CEST)[rispondi]