Convenzione basilare sovietico-giapponese

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La convenzione basilare sovietico-giapponese (日ソ基本条約?, Nisso Kihon Jōyaku) era un trattato che normalizzava le relazioni tra l'Impero del Giappone e l'Unione Sovietica firmato il 20 gennaio 1925.[1] Le ratifiche vennero scambiate a Pechino il 26 febbraio 1925. L'accordo venne registrato nel League of Nations Treaty Series il 20 maggio 1925.[2]

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la sconfitta dell'Impero russo nella guerra russo-giapponese del 1904-1905, le relazioni di cooperazione tra Russia e Giappone vennero gradualmente ripristinate da quattro serie di trattati firmati tra il 1907 e il 1916. Tuttavia, il crollo della dinastia Romanov, seguito dalla rivoluzione bolscevica e dall'intervento giapponese in Siberia creò una forte sfiducia tra il Giappone e la neonata Unione Sovietica.

La firma[modifica | modifica wikitesto]

Il trattato venne firmato da Lev Michailovič Karakhan dell'Unione Sovietica e Kenkichi Yoshizawa del Giappone il 20 gennaio 1925.

I termini[modifica | modifica wikitesto]

A seguito di una serie di negoziati tenutisi a Pechino nel 1924 e nel 1925, il Giappone accettò di estendere il riconoscimento diplomatico all'Unione Sovietica e di ritirare le sue truppe dalla metà settentrionale dell'isola di Sachalin. In cambio, l'Unione Sovietica accettò di onorare le disposizioni del trattato di Portsmouth e di riesaminare tutti gli altri trattati tra l'ex Impero russo e il Giappone, inclusa la convenzione sulla pesca del 1907.[3] L'Unione Sovietica concesse all'Impero del Giappone lo status di "nazione più favorita". Nell'articolo VI, il Giappone ricevette il diritto di stabilire concessioni per minerali, legname ed altre risorse naturali.[3][4]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Nel gennaio 1928, Gotō Shinpei visitò l'Unione Sovietica e negoziò per la continuazione delle compagnie di pesca giapponesi nelle acque sovietiche e viceversa. Le compagnie petrolifere e del carbone e la Marina imperiale giapponese investirono nella Sachalin settentrionale, creando le basi per le concessioni. Esportavano carbone e petrolio in Giappone ed importavano attrezzature in Unione Sovietica.[5]

L'Unione Sovietica avrebbe successivamente fornito all'Impero del Giappone concessioni formali di petrolio e carbone nella Sachalin sovietica[6] che vennero ampliate fino al 1939[4] e durarono fino al 1943.[7] Dopo la deportazione dei coreani in Asia centrale, circa duemila coreani sovietici (o più) rimasero nella Sachalin settentrionale con il preciso scopo di lavorare alle concessioni sovietico-giapponesi (cioè alla joint-venture), confutando la logica dichiarata per la deportazione dei coreani ("impedire l'infiltrazione dello spionaggio giapponese").[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Robert M. Slusser e Jan F. Triska, A Calendar of Soviet Treaties 1917-1957, Stanford, Stanford University Press, 1959, p. 49.
  2. ^ League of Nations Treaty Series, vol. 34, pp. 32-53.
  3. ^ a b Raymond H. Fisher e Harriet L. Moore, Soviet Far Eastern Policy, 1931-1945., in The Far Eastern Quarterly, vol. 5, n. 3, 1946, pp. 175-179, DOI:10.2307/2049056.
  4. ^ a b c Jon K. Chang, Tsarist continuities in Soviet nationalities policy: A case of Korean territorial autonomy in the Soviet Far East, 1923-1937, in Eurasia Studies Society of Great Britain & Europe Journal, vol. 3, pp. 17, 33.
  5. ^ (EN) Takeshi Tomita, Japanese-Russian Relations in the 1920s: Struggles between Anti-Soviet and Pro-Soviet Forces (XML), Brill, 23 maggio 2019, pp. 155-156, ISBN 978-90-04-40085-6.
  6. ^ Cablogramma speciale del NEW YORK TIMES, Russia and Japan Agree, in The New York Times, 11 ottobre 1936. URL consultato il 12 giugno 2022.
  7. ^ Foreign Relations of the United States: Diplomatic Papers, 1944, Europe, Volume IV - Office of the Historian, su history.state.gov. URL consultato il 12 giugno 2022.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]