Clemente Lampioni

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Clemente Lampioni "Pino"

Clemente Lampioni, noto anche con lo pseudonimo di Pino, (Legnaro, 8 agosto 1904Padova, 17 agosto 1944), è stato un partigiano italiano, impiccato per rappresaglia insieme al dottore Flavio Busonera ed Ettore Calderoni nell'agosto 1944 in via Santa Lucia a Padova dai soldati nazifascisti.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Clemente Lampioni nacque a Legnaro l’8 agosto 1904. Nel 1937 si trasferì a Granze di Vescovana dove, a causa di difficoltà economiche, entrò a far parte della banda criminale Bedin[1] - fondata nel 1936 dal fuorilegge monselicense Giuseppe Bedin e operante a Bassano, Adria, Monza e Milano - dedita al mercato nero e alle rapine.[2] Nel 1939, sgominata la banda, Lampioni fu arrestato, processato e tradotto nel carcere di Ancona dove rimase fino al 1943 quando, a causa di un bombardamento che colpì il carcere, poté fuggire. Tornato a Padova, entrò in contatto con i comunisti locali, che lo convinsero a prendere la via della montagna dove si aggregò ai partigiani col nome di battaglia “Pino”.[3]

La Resistenza[modifica | modifica wikitesto]

Clemente Lampioni iniziò la sua attività da partigiano nell'Alto Vicentino, a Recoaro Terme, nella zona montana compresa tra la Valle dell'Agno e la Valle del Chiampo. Unitosi al distaccamento "Fratelli Bandiera" - nato nel gennaio del 1944 nei pressi del Monte Spitz[4] - da subito si guadagnò la fiducia dei compagni, nonostante fosse considerato un sorvegliato speciale per il suo passato criminoso nella banda Bedin.[5] Grazie a questo suo ascendente e alle sue capacità - dimostrate anche nel rastrellamento di Malga Campetto del febbraio 1944 dove i partigiani riuscirono a sfuggire ai nazifascisti senza subire perdite[6] - Clemente Lampioni si guadagnò la fiducia del comandante Raimondo Zanella "Giani" che gli affidò il comando di una pattuglia partecipando così a perlustrazioni, pattugliamenti e azioni.[7] Dopo i rastrellamenti di fine marzo, col conseguente scompaginamento del distaccamento "Fratelli Bandiera" e il ritorno di "Giani" nel padovano, Clemente Lampioni prese in mano le redini del gruppo e, con l'aiuto di Luigi Pierobon "Dante", riuscì a riorganizzare la resistenza armata nelle valli dell'Agno e del Chiampo. Nei mesi che vanno dal marzo al luglio, oltre che della riorganizzazione e gestione del distaccamento, Lampioni dovette occuparsi della difficile convivenza con Giuseppe Marozin "Vero" e la sua banda di partigiani - nata da una scissione interna al "Fratelli Bandiera" dopo i rastrellamenti di fine marzo[8] - in particolare per il mancato riconoscimento da parte di Marozin dell'autorità del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia[9][10]. Il 17 maggio 1944, con la nascita della XXX Brigata Garibaldi "Ateo Garemi", Lampioni divenne commissario politico del battaglione "Stella", comandato da "Dante" e attivo sui monti del veronese e di Recoaro.[11] Nel luglio del 1944, Lampioni venne dislocato nella zona del Basso vicentino e del Basso padovano, dove collaborò in particolare con i partigiani di Montagnana.[12]

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Nelle prime settimane di agosto 1944, mentre riposava nella sua casa in Arcella con la moglie e i figli, Lampioni venne arrestato dai repubblichini e condotto al carcere dei Paolotti. Il 17 agosto, Lampioni venne prelevato dalle carceri e impiccato in centro a Padova, ad una forca eretta in via Santa Lucia, assieme a Flavio Busonera ed Ettore Calderoni. Dopo la sua morte e quella dei suoi compagni, le autorità repubblichine fecero passare le esecuzioni come una rappresaglia per l'uccisione di un colonnello fascista attribuita ai gappisti padovani. In realtà il colonnello fascista fu assassinato per questioni personali da dei sicari assoldati da un sergente della Wehrmacht che di lì a poco sarebbe stato arrestato per l'omicidio.[13][14]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la sua morte, a Clemente Lampioni fu dedicata la Brigata "Pino" sull'Altopiano di Asiago[15].

Inoltre sia il Comando della Brigata "Stella" il 16 agosto 1945,[16] sia un comitato composto da esponenti provinciali e regionali dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia e dai famigliari di Lampioni, richiesero, questi ultimi anche tramite un pamphlet pubblicato nel gennaio del 2000, che venisse conferita al partigiano la Medaglia al Valor Militare per la sua importanza nella storia resistenziale del vicentino e del Basso padovano.[17] L'onorificenza non è stata conferita.

A Cadoneghe è presente una via a lui dedicata.[18]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Faggion, Ghirardini, Figure della Resistenza, pp. 16-17.
  2. ^ Canetta Sebastiano e Milanesi Ernesto, Il Robin Hood di Monselice. Uno strano fuorilegge nell’Italia in camicia nera, in Il Manifesto, 1º marzo 2009, p. 17. URL consultato il 30 maggio 2021 (archiviato il 30 maggio 2021).
  3. ^ Faggion, Ghirardini, Figure della Resistenza, pp. 18-21.
  4. ^ Trivellato Emilio, Il gruppo da Schio per Malga Campetto, su Marenghi Giorgio (a cura di), storiaveneta.it, Quaderni della Resistenza, Volume III, La missione jugoslava Berto. URL consultato il 13-05-2021 (archiviato il 14 maggio 2021).
  5. ^ Zorzanello, Fin, Con le armi in pugno, appendice online, p. 26.
  6. ^ Scontri a Malga Campetto, su anpi-vicenza.it. URL consultato il 13-05-2021 (archiviato il 13 maggio 2021).
  7. ^ Faggion, Ghirardini, Figure della Resistenza, pp. 22-23.
  8. ^ Faggion, Ghirardini, Figure della Resistenza, pp. 26-28.
  9. ^ Zorzanello, Fin, Con le armi in pugno, appendice online, p. 6.
  10. ^ Marozin, Odissea partigiana, pp. 138-139.
  11. ^ Faggion, Ghirardini, Figure della Resistenza, pp. 30-31.
  12. ^ Faggion, Ghirardini, Figure della Resistenza, p. 33.
  13. ^ Faggion, Ghirardini, Figure della Resistenza, pp. 36-38.
  14. ^ Mansi Adriano (a cura di), Episodio di Padova, 17.8.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 17-05-2021 (archiviato il 17 maggio 2021).
  15. ^ Ampelio Lampioni, su anpi-vicenza.it. URL consultato il 13-05-2021 (archiviato il 14 maggio 2021).
  16. ^ Faggion, Unziani, Figure della Resistenza, p. 41.
  17. ^ Comitato per una medaglia d'oro alla memoria, Clemente Lampioni "Pino" (PDF), su archiviluccini.it, 2000. URL consultato il 13-05-2021 (archiviato il 13 maggio 2021).
  18. ^ Milanesi Ernesto, Solo a Cadoneghe c'è via «Pino» Lampioni Il ribelle della Bassa che sfidò il regime, in Il Mattino di Padova, 19-08-2010. URL consultato il 13-05-2021 (archiviato il 14 maggio 2021).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Comitato per una medaglia d'oro alla memoria, Clemente Lampioni "Pino" (PDF), su archiviluccini.it, 2000. URL consultato il 17-05-2021 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2021).
  • Mansi Adriano (a cura di), Episodio di Padova, 17.8.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 17-05-2021.