Castello di Invorio

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Castello di Invorio
Torre viscontea
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
CittàInvorio
IndirizzoCastello dei Visconti d'Aragona, Via Giovan Battista Martinoli 21, 28045 Invorio (NO)
Coordinate45°45′30.74″N 8°29′17.16″E / 45.75854°N 8.4881°E45.75854; 8.4881
Informazioni generali
TipoCastello
Altezza16,5 metri
Inizio costruzioneXII secolo
Condizione attualeRestaurata
Sito webwww.comune.invorio.no.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/torre-viscontea-35833-1-bd5def7e050b926baaf97e3f43867f6b
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Il castello di Invorio domina da un'altura il borgo di Invorio Inferiore[1], nel comune omonimo della provincia di Novara, in Piemonte. La Torre viscontea è ciò che resta del castello medievale.

Il complesso si trova su una proprietà privata e non è visitabile senza autorizzazione.[2]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Un tempo il complesso fortificato occupava un'area sopraelevata di circa 460 m2.[3] Era caratterizzato da due torri[1] ed era dotato di una doppia cinta muraria, a cui si addossavano vari corpi di fabbrica.[4]

Pianta del castello nel 1937 realizzata da Carlo Nigra

Come riporta Carlo Nigra, che indagò il sito nella prima metà del Novecento, del castello primitivo si conserva la torre quadrata, alta oltre 16 metri[2] e divisa internamente in tre piani oltre a quello della merlatura, quest'ultima più recente del resto della struttura e a merli ghibellini.[1][4] La porta originale della torre, architravata con arco di scarico cieco, si apre a circa 5 metri d'altezza, e nel timpano presenta una targa di marmo, incastrata nel XIV secolo, sulla quale è scolpito lo stemma dei Visconti con il biscione che ingoia l'infante, contornato dai caratteristici trilobi.[4][1]

Attorno alla torre restano tracce delle mura che probabilmente costituivano il suo recinto primitivo. Intorno al secolo XIV, alle mura fu addossato a levante un fabbricato che fu in seguito coronato di merli (allo stesso modo della torre).[4]

Uno degli ingressi al castello fotografato da Antonio Massara intorno al 1909.

Probabilmente intorno allo stesso XIV secolo, venne costrutto una seconda cinta muraria molto più ampia del primo[4] a protezione di tutta l'altura su cui sorgeva il castello. Di questa cinta esiste ancora un buon tratto di muro verso nord, assieme a qualche resto delle costruzioni che vi erano addossate, una delle quali doveva probabilmente costituire la cisterna del castello.[4] All'angolo di sud ovest di questo secondo recinto si trovava la porta d'ingresso, modificata in tempi più recenti nella sua parte superiore: tale porta dava accesso ad una strada che saliva al castello costeggiando le mura.

Parte delle mura di cinta del XIV secolo vennero sostituiti da muri moderni, a sostegno delle terrazze del giardino.[4]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il castello fu costruito per la contea di Biandrate. Entrato poi in possesso del Libero comune novarese, quando la città venne annessa dai Visconti, divenne di loro proprietà.

Nel castello nacque Matteo I Visconti.[1]

Caduto in rovina, già a inizio Novecento del complesso non rimaneva che la torre in cui, secondo la tradizione, venne imprigionata Margherita Pusterla, e pochi altri resti.[4][1] Nel 2020 si conserva ancora la torre restaurata.

Recupero del fregio[modifica | modifica wikitesto]

Il fregio conservato al Museo del paesaggio

Tra le rovine del castello spiccava la decorazione dell'ampia loggia posta al piano superiore. La decorazione consisteva di un fregio, disposto lungo la parete interna e alto circa un metro, in cui figure di sirene, centauri e mostri favolosi incorniciavano sei ritratti a medaglione dei più noti duchi Visconti e Sforza. I medaglioni, eseguiti con la tecnica dell'affresco, riprendevano lo stile potente della pittura lombarda del Quattrocento. Nei secoli furono eseguite molte modifiche al fabbricato e gli ultimi proprietari lo adibirono ad uso agricolo, con la loggia deputata a fienile. Come conseguenza, parte della decorazione del fregio fu distrutta o guastata, tuttavia i medaglioni non subirono né manomissioni né danni di rilievo[5]. Nel 1909 lo studioso Antonio Massara vi dedicò un articolo sulla rivista Rassegna d'arte[6].

Nel 1914 lo stesso Massara, divenuto nel frattempo direttore del Museo del paesaggio di Pallanza, prese a cuore la sorte degli affreschi e avvertì il Ministero della Pubblica Istruzione della precaria situazione, affinché l'opera fosse salvata dalla sicura rovina. La segnalazione giunse all'orecchio del mecenate locale Marco De Marchi, il quale, col concorso del Ministero, acquistò il fregio e lo donò al museo di Pallanza. Mediante il Soprintendente ai Monumenti del Piemonte giunse l'autorizzazione al trasporto dell'opera, poterono dunque iniziare le difficili operazioni di distacco dalle pareti. Gli affreschi furono trasferiti su tela, sostenuti da appositi telai predisposti dal rinomato restauratore Francesco Annoni, trovando la definitiva collocazione nel salone d'onore del Museo del paesaggio nella primavera del 1919[5][7].

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Antonio Massara 1909, p. 51
  2. ^ a b Torre viscontea. Descrizione, su Comune di Invorio. URL consultato il 6 maggio 2024.
  3. ^ Torre Viscontea, su lagomaggioreguide.com, 9 febbraio 2014. URL consultato il 6 maggio 2024.
  4. ^ a b c d e f g h Carlo Nigra 1937, pp. 55-56
  5. ^ a b Augusto Telluccini, Notizie di musei - Gli affreschi d'Invorio Inferiore nel Museo del paesaggio di Pallanza (PDF), in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, n. 3-4, Torino, Vincenzo Bona, luglio-dicembre 1919, pp. 90-91. URL consultato il 1º maggio 2024.
  6. ^ Antonio Massara 1909
  7. ^ Sara Abram, 5.2 - Un'inedita interpretazione della tutela: il Museo del Paesaggio di Pallanza (PDF), in Il patrimonio cittadino tra vocazioni storiche e istanze di rinnovamento. I musei civici in Piemonte, relatore Massimo Ferretti, Scuola Normale Superiore, anno accademico 2010-2011, p. 178. URL consultato il 4 maggio 2024.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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