Artaxata

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Artaxata
Resti delle fortificazioni
Cronologia
Fondazione 176 a.C.
Localizzazione
Stato attuale Bandiera dell'Armenia Armenia
Coordinate 39°53′11.81″N 44°34′45.95″E / 39.886613°N 44.57943°E39.886613; 44.57943
Cartografia
Mappa di localizzazione: Armenia
Artaxata
Artaxata

Artaxata (in armeno Artašat?, in greco antico: Ἀρτάξατα?) o Artaxiasata (in greco antico: Ἀρταξιάσατα?) era un'antica città dell'Armenia, fondata nel 176 a.C. fu capitale del regno d'Armenia fino al 120 d.C.

I resti della città si trovano nella provincia di Ararat sulla riva sinistra del fiume Aras circa 8 km a sudest della moderna cittadina di Artašat fondata nel 1828 e nello stesso luogo in cui si trova il monastero di Khor Virap.[1]

Fu centro culturale e politico del Regno d'Armenia fino alla sua caduta nel 428, quando il capoluogo venne spostato dai Sasanidi più a nord, a Dvin.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La città venne edificata nel 176 a.C. su un promontorio costituito dalla confluenza fra il fiume Aras e il fiume Akhurian e le venne dato il nome di Artaxšas-šāt (gioia di Artaxias) abbreviato poi in Artašat in armeno e Artaxata in greco.[2]

I resoconti di Strabone e Plutarco[3] narrano che il sito venne scelto da Annibale, il generale cartaginese ospite di Artaxian I dopo la sconfitta di Antioco III, presso cui era ospite, nella battaglia di Magnesia (190 a.C.).

«Si racconta che Annibale il Cartaginese, quando Antioco fu sconfitto dai Romani, si recò da Artassa l’Armeno e che fra i molti altri consigli che gli dette e le altre utili cose che gli insegnò [...] gli prospettò un piano per costruirvi una città [...] Sorse così un modello di città grande e assai bella che, assunto il nome stesso del re, fu proclamata capitale dell'Armenia.»

La cittadella venne edificata su un rilievo ed era difesa da fortificazione e da un fossato, scavi archeologici hanno portato alla luce strade lastricate e un gran numero di edifici.[4]

Rispetto alle precedenti capitali del regno di Armenia, Armavir e Eruandašat, era più vicina alle vie commerciali e più facilmente difendibile. Nel I secolo a.C. ne sono descritte la bellezza e le dimensioni. Fu conquistata dai romani nel 58 d.C., nel 66 Nerone inviò risorse e architetti in sostegno al sovrano armeno Tiridate I per la sua ricostruzione, per un breve periodo venne chiamata Neroneia.[1]

Nel 163 fu nuovamente distrutta dai romani che insediarono una guarnigione nella vicina Vagharshapat in seguito chiamata Echmiadzin e che divenne per un breve periodo capitale dell'Armenia.

Artaxata venne rasa al suolo dai Persiani intorno al 360, tornò ad essere un luogo di scambi commerciali per essere nuovamente distrutta dalle forze armene alleate ai sasanidi durante la ribellione del 450-451. La capitale fu definitivamente spostata a Dvin e il sito dell'antica Artaxata venne completamente abbandonato.[1]

La battaglia di Artaxata[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Artaxata.

Vicino alla città avvenne lo scontro tra Tigrane II e Lucio Licinio Lucullo, noto come battaglia di Artaxata (68 a.C.), durante la terza guerra mitridatica.

Nel 34 a.C. Marco Antonio avanzò direttamente sulla città. Il re armeno Artavaside, intimorito e preoccupato, si consegnò e venne fatto prigioniero da Marco Antonio che gli ingiunse di consegnare tutte le ingenti ricchezze del regno. Il re fu messo in catene mentre il figlio Artaxias II venne facilmente sconfitto e costreto a fuggire nell'Impero partico; Marco Antonio occupò rapidamente l'intera Armenia che egli trasformò in provincia romana dopo aver stanziato colà le sue legioni al comando del fidato e capace Publio Canidio. In epoca imperiale fu occupata dalle legioni romane provenienti dalla Siria agli ordini di Gneo Domizio Corbulone (58), ma distrutta nel 163 da Marco Stazio Prisco.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Artaxata, su iranicaonline.org. URL consultato il 28 aprile 2024.
  2. ^ (EN) Armenia and Iran - II. The Pre-Islamic Period, su iranicaonline.org. URL consultato il 28 aprile 2024.
  3. ^ Plutarco, Vita di Lucullo, 31.3.
  4. ^ Hovannisian, p. 49

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]