Moda sostenibile: differenze tra le versioni

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Differenti sono invece gli approcci e le definizioni di "''green fashion''", "moda etica" , "[[moda ecosostenibile]]" e "[[moda ecosolidale]]" che sebbene indichino una volontà di affrontare questioni ambientali e sociali, si limitano ad avere un approccio circoscritto alla risoluzione di singoli problemi tralasciando la prospettiva sistemica.
Differenti sono invece gli approcci e le definizioni di "''green fashion''", "moda etica" , "[[moda ecosostenibile]]" e "[[moda ecosolidale]]" che sebbene indichino una volontà di affrontare questioni ambientali e sociali, si limitano ad avere un approccio circoscritto alla risoluzione di singoli problemi tralasciando la prospettiva sistemica.


== Introduzione ==


=== Cenni storici ===


Le origini del movimento della moda sostenibile si intrecciano con quelle del [[Ambientalismo|movimento ambientalista]] moderno, di cui fa parte, e in particolare la pubblicazione nel 1963 del libro [[Primavera silenziosa|Primavera Silenziosa]]<ref>{{Cita pubblicazione|cognome=Carson, Rachel.|data=p2019|titolo=Silent spring|editore=Dreamscape Media, LLC|accesso=2019-06-17|url=http://worldcat.org/oclc/1089783737|urlmorto=sì}}</ref> della biologa americana [[Rachel Carson]]. Il libro della Carson, avveniristico per l'epoca, esponeva il grave e diffuso inquinamento associato all'uso di [[Agrofarmaco|agrofarmaci]] come parte dell'industrializzazione, tema ancora oggi importante nel dibattito sull'impatto ambientale e sociale della moda.

Nei decenni successivi, l'impatto delle azioni umane sull'ambiente è stato oggetto di un'indagine più sistemica, che comprende gli effetti dell'attività industriale, e di nuovi concetti per mitigarne gli effetti, in particolare lo [[sviluppo sostenibile]], termine coniato nel 1987 dal [[Rapporto Brundtland]].<ref>{{Cita libro|titolo=Sustainable Development and Innovation in the Energy Sector|url=http://dx.doi.org/10.1007/3-540-26882-0_9|accesso=2019-06-17|editore=Springer-Verlag|pp=193–209|ISBN=354023103X}}</ref>

All'inizio degli anni '90 e in concomitanza con la conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo del 1992, nota popolarmente come [[Summit della Terra|Summit della terra]] (Rio Earth Summit), i "temi verdi" (come venivano chiamati all'epoca) sono entrati nelle pubblicazioni di moda e tessili.<ref>Anon, ''Textiles and the Environment'', in ''International Textiles'', vol. 726, 1991, p. 40–41.</ref><ref>Anon, ''Rethinking Ecology'', in ''Textile View'', nº 24, 1993, pp. 201–207</ref>

In genere, queste pubblicazioni presentavano il lavoro di note aziende come [[Patagonia (azienda)|Patagonia]] ed ESPRIT, che alla fine degli anni '80 hanno portato preoccupazioni ambientali nelle loro attività. I proprietari di queste aziende dell'epoca, [[Yvon Chouinard]]<nowiki/>e [[Doug Tompkins]], erano ''outdoorsmen'' e hanno visto l'ambiente danneggiato dalla sovrapproduzione e dal consumo eccessivo di beni materiali.

Pertanto hanno commissionato una ricerca sugli impatti delle fibre utilizzate nelle loro aziende. Per la Patagonia, questo ha portato ad una valutazione del [[Ciclo di vita del prodotto|ciclo di vita]] di quattro fibre: cotone, lana, nylon e poliestere.

Per ESPRIT l'attenzione si è concentrata sul cotone - e sulla ricerca di migliori alternative ad esso - che all'epoca rappresentava il 90% del loro business. È interessante notare che una simile attenzione all'impatto e alla selezione dei materiali è ancora la norma nella moda sostenibile da oltre trent'anni.<ref>{{Cita libro|nome=Kate|cognome=Fletcher|titolo=Sustainable Fashion and Textiles: Design Journeys|url=https://www.taylorfrancis.com/books/9781849772778|accesso=2019-06-17|edizione=1|data=2012-05-04|editore=Routledge|lingua=en|ISBN=9781849772778|DOI=10.4324/9781849772778.|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180602120206/https://www.taylorfrancis.com/books/9781849772778|dataarchivio=2 giugno 2018|urlmorto=sì}}</ref>

I principi della moda "''green"''o "eco", come proposti da queste due aziende, si basavano sulla filosofia dell'[[Ecologia profonda|Ecologia Profonda]] di [[Arne Næss]], [[Fritjof Capra]], [[Ernest Callenbach]] e del teorico del design Victor Papanek.<ref>{{Cita libro|cognome=Papanek, Victor J.|titolo=The green imperative : natural design for the real world|url=https://www.worldcat.org/oclc/33252070|accesso=2019-06-17|data=1995|editore=Thames and Hudson|OCLC=33252070|ISBN=0500278466}}</ref>

Questo imperativo si basa anche sulla comprensione femminista delle relazioni uomo-natura,<ref>Gaard, Greta & Lori Gruen, ''Ecofeminism: Toward Global Justice and Planetary Health'', in ''Society and Nature'', vol. 2, 1993, pp. 1–35.</ref> sull'interconnessione e sull' ''[[etica della cura]]'' come sostenuto da [[Carolyn Merchant]]<ref>Merchant, Carolyn, ''The Death of Nature, London'', Bravo, 1990</ref>, [[Suzi Gablik]]<ref>{{Cita libro|cognome=Gablik, Suzi.|titolo=The reenchantment of art|url=https://www.worldcat.org/oclc/24800688|accesso=2019-06-17|data=1991|editore=Thames and Hudson|OCLC=24800688|ISBN=0500236194}}</ref>, [[Vandana Shiva]]<ref>Shiva, Vandana, ''Staying Alive'', Zed Books, 1989</ref> e [[Carol Gilligan]]<ref>{{Cita libro|cognome=Gilligan, Carol, 1936-|titolo=In a different voice : psychological theory and women's development|url=https://www.worldcat.org/oclc/28986041|accesso=2019-06-17|OCLC=28986041|ISBN=9780674970960}}</ref>. Personalità che hanno cofinanziato la prima conferenza sul cotone biologico tenutasi nel 1991 a Visalia, in California. Mentre nel 1992, basata sulla Eco Audit Guide, pubblicata dall'Elmwood Institute, è stata lanciata l'ESPRIT eco-collection, sviluppata dalla stilista [[Lynda Grose]]<ref>Lynda Grose, ''PIONEERING ENVIRONMENTAL STANDARDS FOR THE CLOTHING INDUSTRY'', in ''CE NEWS''.</ref>.

Nel corso degli anni '90 e all'inizio degli anni 2000, il movimento della moda sostenibile si è esteso a molti marchi. Anche se l'attenzione primaria è rimasta incentrata sul miglioramento dell'impatto dei prodotti attraverso la lavorazione delle fibre e dei tessuti e la provenienza dei materiali, Doug Tompkins e Yvon Chouinard hanno presto notato la causa fondamentale dell'insostenibilità: la crescita esponenziale e il consumo.<ref>{{Cita libro|cognome=Meadows, Donella H.|cognome2=Club of Rome.|titolo=The Limits to growth; a report for the Club of Rome's project on the predicament of mankind|url=https://www.worldcat.org/oclc/307838|accesso=2019-06-17|data=[1972]|editore=Universe Books|OCLC=307838|ISBN=0876631650}}</ref>

Nel 1990 ESPRIT ha pubblicato un annuncio su [[Utne Reader]], chiedendo un consumo responsabile.

Nel 2011 il marchio Patagonia ha pubblicato un ulteriore annuncio e una campagna di comunicazione dal titolo: "Don't buy this jacket" con un'immagine della propria merce. Entrambi i messaggi intendevano incoraggiare i consumatori a considerare l'effetto che il consumo di moda ha sull'ambiente e ad acquistare esclusivamente ciò di cui hanno bisogno.

Parallelamente all'agenda dell'industria, dall'inizio degli anni '90 si è sviluppata un'agenda di ricerca sulla moda sostenibile, che ora ha una propria storia, dinamica, politica, pratiche, sotto-movimenti ed evoluzione del linguaggio analitico e critico<ref>Hethorn, Janet and Ulasewicz, Connie (Eds.) (2008), ''Sustainable Fashion: Why Now?''. New York: Fairchild Books; Gwilt, Alison and Rissanen, T. (2011), ''Shaping Sustainable Fashion'': London: Earthscan. Fletcher, Kate. 2013. Sustainable Fashion in S. Walker and J. Giard (Eds.), ''The Handbook of Sustainable Design'', Oxford: Bloomsbury: 283- 298; Fletcher, Kate and Tham, Mathilda (Eds) (2015). ''Routledge Handbook of Sustainability and Fashion'', London: Routledge; Niinimaki, Kirsi (Ed) (2018). ''Sustainable Fashion in a Circular Economy''. Helsinki: Aalto ARTIS Books; Rissanen, Timo and McQuillan, Holly (2018). ''Zero Waste Fashion Design''. London: Bloomsbury.</ref>. Il settore ha una vasta portata e comprende progetti tecnici che cercano di migliorare l'efficienza delle risorse delle operazioni esistenti<ref>{{Cita libro|cognome=Gardetti, Miguel Angel,|titolo=Sustainability in Fashion and Textiles : Values, Design, Production and Consumption|url=https://www.worldcat.org/oclc/1058911289|accesso=2019-06-17|edizione=First edition|OCLC=1058911289|ISBN=9781351277600}}</ref>, il lavoro dei marchi e dei designer per lavorare secondo le priorità attuali<ref name="worldcat.org">{{Cita libro|cognome=Black, Sandy,|titolo=The sustainable fashion handbook|url=https://www.worldcat.org/oclc/800642264|accesso=2019-06-17|data=2013|editore=Thames & Hudson|OCLC=800642264|ISBN=9780500290569}}</ref> e quelli che cercano di ridisegnare il sistema della moda in modo fondamentalmente diverso, compresa la logica di crescita.<ref>{{Cita libro|cognome=Fletcher, Kate, 1971-|titolo=Craft of use : post-growth fashion|url=https://www.worldcat.org/oclc/920452802|accesso=2019-06-17|OCLC=920452802|ISBN=9781138021006}}</ref> Nel 2019, un gruppo di ricercatori ha costituito la Union of Concerned Researchers in Fashion per sostenere attività di ricerca radicale e coordinata, commisurata alle sfide della perdita di [[biodiversità]] e dei [[Cambiamento climatico|cambiamenti climatici]].

=== Obiettivi ===
L'industria della moda ha una chiara opportunità di agire diversamente e considerare il ruolo del profitto e della crescita, creando allo stesso tempo nuovo valore e ricchezza più profonda per la società e quindi per l'economia mondiale.

L'obiettivo della moda sostenibile è quello di creare ecosistemi e comunità fiorenti attraverso la sua attività<ref name="worldcat.org" />, che può comprendere: aumentare il valore della produzione e dei prodotti locali, prolungare il ciclo di vita dei materiali, aumentare il valore di capi di abbigliamento senza tempo, ridurre la quantità di rifiuti e ridurre i danni all'ambiente creati dalla produzione e dal consumo.<ref>{{Cita libro|cognome=Brown, Sass.|titolo=Eco fashion|url=https://www.worldcat.org/oclc/717831001|accesso=2019-06-17|data=2010|editore=Laurence King|OCLC=717831001|ISBN=185669691X}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|nome=Olga|cognome=Gurova|data=2016-09-15|titolo=A critical approach to sustainable fashion: Practices of clothing designers in the Kallio neighborhood of Helsinki|rivista=Journal of Consumer Culture|volume=18|numero=3|pp=397–413|accesso=2019-06-17|doi=10.1177/1469540516668227|url=http://dx.doi.org/10.1177/1469540516668227|nome2=Daria|cognome2=Morozova}}</ref>

Un altro dei suoi obiettivi è talvolta quello di educare le persone a praticare un consumo rispettoso dell'ambiente promuovendo il "''green consumer''".

C'è tuttavia una crescente preoccupazione che il "''green consumer''" possa trarre profitto e incentivare la crescita economica nonostante gli obiettivi dell'azienda sostenibile siano quelli di mitigare e invertire l'inquinamento, lo sfruttamento del lavoro e le disuguaglianze che l'industria della moda promuove e da cui trae profitto.

Ciò è emerso chiaramente nelle discussioni che hanno fatto seguito al rapporto Burberry, secondo cui nel 2018 il marchio ha bruciato merci invendute per un valore di circa 28,6 milioni di sterline (circa 37,8 milioni di dollari), esponendo non solo la sovrapproduzione e la successiva distruzione delle scorte invendute come una normale pratica commerciale, ma anche i comportamenti dei marchi che minano attivamente un'agenda della moda sostenibile.<ref>{{Cita pubblicazione|data=2019-2|titolo=Audit Committee, Foreign Ownership and Sustainability Report|rivista=Research Journal of Finance and Accounting|accesso=2019-06-17|doi=10.7176/RJFA/10-4-03|url=https://www.iiste.org/Journals/index.php/RJFA/article/view/46615|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190617124937/https://www.iiste.org/Journals/index.php/RJFA/article/view/46615|dataarchivio=17 giugno 2019|urlmorto=sì}}</ref>

La sfida per rendere la moda più sostenibile richiede un ripensamento dell'intero sistema. La Union of Concerned Researchers in Fashion sostiene che l'industria della moda sta ancora discutendo le stesse idee che erano state avanzate in origine alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90. Se si prende in considerazione il lungo termine e si esaminano i progressi della moda e della sostenibilità a partire dagli anni '90, i progressi effettivi in termini ecologici sono pochi. Come osserva l'Unione: "Finora, la missione della moda sostenibile è stata un totale fallimento e tutti i piccoli e crescenti cambiamenti sono stati annegati da un'economia esplosiva di estrazione, consumo, sprechi e continui abusi sul lavoro ".

Una domanda che si pone spesso a chi opera nel campo della moda sostenibile è se il settore stesso sia un ossimoro<ref>{{Cita libro|cognome=Black, Sandy.|titolo=Eco-chic : the fashion paradox|url=https://www.worldcat.org/oclc/190393995|accesso=2019-06-17|data=2008|editore=Black Dog Pub|OCLC=190393995|ISBN=9781906155094}}</ref>. Questo riflette la possibilità apparentemente inconciliabile di coniugare la moda (intesa come costante cambiamento, e legata a modelli di business basati sulla continua sostituzione dei beni) e la sostenibilità (intesa come continuità e intraprendenza). L'apparente paradosso si dissolve se la moda viene vista in senso lato, non solo come un processo allineato ai modelli di business espansionistici<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Kate|cognome=Fletcher|data=2010-11|titolo=Slow Fashion: An Invitation for Systems Change|rivista=Fashion Practice|volume=2|numero=2|pp=259–265|lingua=en|accesso=2019-06-17|doi=10.2752/175693810X12774625387594|url=https://www.tandfonline.com/doi/full/10.2752/175693810X12774625387594}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=Raworth, Kate,|titolo=Doughnut economics : seven ways to think like a 21st-century economist|url=https://www.worldcat.org/oclc/974194745|accesso=2019-06-17|OCLC=974194745|ISBN=9781847941381}}</ref>e al consumo di nuovo abbigliamento, ma piuttosto come un meccanismo che porta a modi di vivere più impegnati<ref>{{Cita libro|cognome=Dawson, Jonathon, 1955-|cognome2=Jackson, J. T. Ross.|cognome3=Norberg-Hodge, Helena.|titolo=Gaian economics : living well within planetary limits|url=https://www.worldcat.org/oclc/748870200|accesso=2019-06-17|data=2010|editore=Permament Publications|OCLC=748870200|ISBN=9781856230568}}</ref><ref>{{Cita libro|nome=Kate|cognome=Fletcher|titolo=Craft of Use: Post-Growth Fashion|url=https://www.taylorfrancis.com/books/9781315647371|accesso=2019-06-17|edizione=1|data=2016-02-26|editore=Routledge|lingua=en|ISBN=9781315647371|DOI=10.4324/9781315647371|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190501140803/https://www.taylorfrancis.com/books/9781315647371|dataarchivio=1 maggio 2019|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=Weber, Andreas, 1967-|titolo=Enlivenment : toward a poetics for the Anthropocene|url=https://www.worldcat.org/oclc/1082522125|accesso=2019-06-17|OCLC=1082522125|ISBN=9780262352277}}</ref> su una terra preziosa e mutevole<ref>{{Cita libro|nome=Andreas|cognome=Weber|titolo=Enlivenment: Toward a Poetics for the Anthropocene|url=https://direct.mit.edu/books/book/4203/enlivenmenttoward-a-poetics-for-the-anthropocene|accesso=2019-06-17|data=2019|editore=The MIT Press|lingua=en|ISBN=9780262352277|DOI=10.7551/mitpress/11563.001.0001|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190617124936/https://direct.mit.edu/books/book/4203/enlivenmenttoward-a-poetics-for-the-anthropocene|dataarchivio=17 giugno 2019|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=Fletcher, Kate, 1971-|titolo=Wild dress : clothing & the natural world|url=https://www.worldcat.org/oclc/1099274811|accesso=2019-06-17|OCLC=1099274811|ISBN=1910010219}}</ref>.

== Note ==
<references />

== Bibliografia ==

* Black, Sandy (2008). ''Eco-chic : the fashion paradox'', London: Black Dog. ISBN 1-906155-09-7.
* Black, Sandy (2013). ''The sustainable fashion handbook'', New York: Thames & Hudson. ISBN 9780500290569.
* Choi, Tsan-Ming; Cheng, T. C. Edwin, eds. (2015). ''Sustainable fashion supply chain management: from sourcing to retailing''. Springer series in supply chain management. New York: Springer. doi:10.1007/978-3-319-12703-3. ISBN 9783319127026. OCLC 907012044.
* Farley, Jennifer; Hill, Colleen (2015). ''Sustainable fashion: past, present, and future''. New York: Bloomsbury Academic. ISBN 9780857851857. OCLC 860754344.
* Fletcher, Kate (2014) [2008]. ''Sustainable fashion and textiles: design journeys''(2nd ed.). London; Washington, DC: Earthscan. ISBN 9780415644556. OCLC 846847018.
* Fletcher, Kate; Grose, Lynda (2012). ''Fashion & sustainability: design for change''. London: Laurence King Publishing. ISBN 9781856697545. OCLC 778610112.
* Fletcher, Kate; Tham, Mathilda, eds. (2015). ''Routledge handbook of sustainability and fashion''. Routledge international handbooks. London; New York: Routledge. ISBN 9780415828598. OCLC 820119510.
* Gardetti, Miguel Ángel; Torres, Ana Laura, eds. (2013). ''Sustainability in fashion and textiles: values, design, production and consumption''. Sheffield, UK: Greenleaf Publishing. ISBN 9781906093785. OCLC 827952084.
* Gwilt, Alison; Rissanen, Timo (2010). ''Shaping sustainable fashion: changing the way we make and use clothes''. London; Washington, DC: Earthscan. ISBN 9781849712415. OCLC 656849440.

== Altri progetti ==
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[[Categoria:Moda]]
[[Categoria:Sostenibilità]]

== La moda ecosostenibile ==
La '''moda ecosostenibile''' rappresenta un nuovo approccio al design di vestiti. È una realtà basata e composta dall'etica e dalla sostenibilità. L’etica applicata alla moda si riferisce alle condizioni di lavoro e al benessere dei lavoratori. Da un punto di vista sostenibile, invece, ha lo scopo di proteggere l’ambiente. La sostenibilità si basa principalmente sull'utilizzo di materiali non dannosi o dal minimo impatto sull'ambiente, sia in fase di produzione che di smaltimento, come la seta o la canapa.<ref name=":0">{{Cita web|url=http://www.ethicalfashionforum.com/the-issues/ethical-fashion|titolo=Ethical Fashion Forum|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180405153100/http://www.ethicalfashionforum.com/the-issues/ethical-fashion|dataarchivio=5 aprile 2018|urlmorto=sì}}</ref><ref name=":1">{{Cita web|url=http://www.kpubs.org/article/articleMain.kpubs?articleANo=ORSHBT_2015_v17n2_168|titolo=Sustainable Fashion|urlmorto=sì}}</ref><ref name=":2">{{Cita web|url=https://www.vestilanatura.it/tessuti-bio-eco-abbigliamento|titolo=|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180405214416/https://www.vestilanatura.it/tessuti-bio-eco-abbigliamento|dataarchivio=5 aprile 2018|urlmorto=sì}}</ref>

La moda etica viene ancora definita un'utopia, ma è in sviluppo grazie alle iniziative intraprese da grandi marche come [[Stella McCartney]] che utilizza materiali ecologici. Questa realtà sta diventando nota anche grazie ad alcuni paesi che organizzano eventi per pubblicizzarne le idee, come la Danimarca.

Esistono delle certificazioni come quella rilasciata dalla GOTS ([[Global Organic Textile Standard]]) che è leader mondiale nel controllare e i criteri ambientali e sociali utilizzati nella produzione delle fibre organiche. Questa associazione controlla che all'interno delle fibre organiche non ci siano sostanze chimiche che danneggiano la biodegradabilità del materiale.<ref>{{Cita web|url=http://www.global-standard.org/|titolo=}}</ref>

== Principi e caratteristiche ==
La moda ecosostenibile si basa su alcuni principi:

* Le condizioni di lavoro dei dipendenti. Dagli anni ‘90 combatte contro lo sfruttamento dei lavoratori e soprattutto dei bambini. Si combatte anche per aumentare gli stipendi dei lavoratori visto che in paesi meno sviluppati è frequente che gli operai ricevano stipendi molto bassi.

* Il riciclo è uno dei punti chiave del settore e si collega alla riduzione minima degli scarti perché nella moda ecosostenibile si cerca di riutilizzare tutto il possibile e di buttare via solo lo stretto necessario.

* I diritti degli animali sono molto importanti. L'associazione Animal Free valorizza le aziende di moda attente e rispettose verso gli animali. Il primo passo richiesto è la sostituzione delle pellicce animali seguito poi dalla sostituzione di altri materiali come le piume o la lana.<ref>{{Cita web|url=http://www.animalfree.info/azienda.html|titolo=|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180405153730/http://www.animalfree.info/azienda.html|dataarchivio=5 aprile 2018|urlmorto=sì}}</ref>

* La produzione veloce ("''Fast Fashion''") si riferisce alle aziende tipo H&M, Topshop, Zara o Benetton che producono circa 10/12 collezioni all'anno, ispirate all'alta moda, ma a prezzi contenuti e aggiornate in molto poco tempo. Questo fenomeno della produzione veloce ha ricadute negative sull'ambiente e va contro l’etica. Producendo tanto e velocemente l'inquinamento aumento e l’industria della moda è già quella che inquina di più, dopo quella petrolifera. A livello etico, invece, dietro una maglietta economica ci sono molti operai sottopagati che lavorano in scarse condizioni di sicurezza e salute.<ref>{{Cita web|url=https://www.ilfiorebiologico.it/abbigliamento-biologico/|titolo=Abbigliamento Biologico|sito=Il Fiore biologico|lingua=|accesso=2019-03-21|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190321085622/https://www.ilfiorebiologico.it/abbigliamento-biologico/|dataarchivio=21 marzo 2019|urlmorto=sì}}</ref>

* I prodotti usati da chi segue la moda ecosostenibile sono quelli che sono stati valutati secondo la sostenibilità da A (ottima) a D (scarsa).

* L'uso di stoffe ecologiche è uno dei principi più aderito dalle aziende. Molte aziende negli ultimi anni hanno iniziato a usare stoffe ecologiche per i loro vestiti, quelle più utilizzate e conosciute sono il lino e la seta.

* L’ultima caratteristica consiste nella riduzione massima dell’uso dell’acqua per fabbricare vestiti.<ref>{{Cita web|url=http://www.green.it/industria-sostenibile-della-moda/|titolo=|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180405154100/http://www.green.it/industria-sostenibile-della-moda/|dataarchivio=5 aprile 2018|urlmorto=sì}}</ref><ref name=":3">{{Cita web|url=https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/presente-passato-futuro-moda-sostenibile|titolo=}}</ref><ref name=":0" /><ref name=":1" />

== I materiali ecosostenibili per la moda ==
Ci sono diverse stoffe e materiali che vengono utilizzati per produrre vestiti che rispettano i principi dell'ecosostenibilità per cercare di abbassare l’inquinamento e gli sprechi effettuati ogni anno. Molti sono in via di sviluppo essendo appena stati scoperti, ma i più utilizzati e conosciuti sono:

* La [[Cannabis|canapa]], la [[seta]], la [[lana]] e il [[lino (fibra)|lino]] rientrano tra i materiali usati in questo settore della moda per le loro caratteristiche ecologiche. Sono materiali naturali, non contengono OGM, sono biodegradabili, sono materie prime naturali, non necessitano l’uso di sostanze tossiche durante l’estrazione e la lavorazione di essi e la loro estrazione avviene tramite processi meccanici. Le valutazioni di sostenibilità possono essere A (ottima), B, C, D (scarsa) e questi materiali sono valutati con B. La seta ha come certificazioni ecosostenibili la GOTS, la Oeko Tex Standard 100, la Reach e la Fair Wear Foundation. Il lino e la canapa hanno la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free. La lana ha le stesse del lino e della canapa tranne Animal Free.
*
* Il [[cashmere]] ha molte caratteristiche ecologiche infatti è un materiale, naturale, biologico, è biodegradabile, è una materia prima naturale, non contiene OGM, l’estrazione è meccanica, non necessita sostanze tossiche né per l’estrazione ne per la lavorazione. È uno dei pochi materiali con valutazione di sostenibilità A. Come certificazioni di ecosostenibilità ha la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach e la Fair Wear Foundation.
*

* Il [[Bambuseae|bambù]] è un materiale adatto per la moda ecosostenibile nonostante sia un tessuto artificiale, ma non contiene OGM, è biodegradabile, non utilizza sostanze tossiche durante l’estrazione e la lavorazione del tessuto. Le certificazioni ecosostenibili del bambù sono la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free.
*
* Il [[Lyocell|tencel]], chiamato anche Lyocell, è un materiale scoperto di recente che si ottiene dagli alberi di eucalipto dai quali viene presa la polpa di legno, e ciò rende la fibra cellulosa artificiale più compatibile dal punto di vista ambientale. Il tencel è caratterizzato da alcune caratteristiche come la sua elasticità e inoltre è liscio, assorbe l’umidità naturalmente grazie al legno di eucalipto, viene prodotto ecologicamente ed è 100% biodegradabile. Inoltre il consumo dell’acqua richiesto per la produzione del tencel è 10-20 volte minore a quello richiesto per la produzione del cotone.<ref>{{Cita web|url=https://www.altramoda.net/it/material/tencel#|titolo=|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180405214454/https://www.altramoda.net/it/material/tencel|dataarchivio=5 aprile 2018|urlmorto=sì}}</ref>
*
* Anche il [[Cotone (fibra)|cotone]] ha le caratteristiche ecologiche che gli permettono di far parte dei materiali ecosostenibili per esempio è un materiale naturale, biologica, senza OGM, è biodegradabile, è una materia prima naturale, viene estratto con macchinari e non necessita l’uso di sostanze tossiche per l’estrazione e la lavorazione. La valutazione di sostenibilità è B e le certificazioni sono di nuovo la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free.

Utilizzando questi materiali si abbassa il consumo dell’acqua per la produzione, i pesticidi e i fertilizzanti non vengono utilizzati e si emette meno anidride carbonica nell'atmosfera visto che ogni anno poi, circa 73 milioni di tonnellate di abiti vengono buttati e almeno con l’utilizzo di questi materiali l’ambiente ne risentirebbe meno.<ref>{{Cita web|url=http://www.manrepeller.com/2016/06/sustainable-fashion-materials.html|titolo=Materials|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190415082758/https://www.manrepeller.com/2016/06/sustainable-fashion-materials.html|dataarchivio=15 aprile 2019|urlmorto=sì}}</ref><ref name=":2" />

== Le marche che producono abbigliamento ecosostenibile ==
L'industria della moda ecosostenibile è in crescita e sempre più marche stanno aderendo a questa realtà come per esempio la Reebok che ha prodotto le scarpe biodegradabili fatte di cotone e mais. Molte altre marche come Zara, Puma, Adidas, Valentino e Levi’s si sono uniti a questa visione rivoluzionaria grazie al contributo di Greenpeace con la sua campagna Detox.<ref>{{Cita web|url=https://www.vestilanatura.it/top-10-brand-moda-sostenibile-italiana-blog|titolo=|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180405154621/https://www.vestilanatura.it/top-10-brand-moda-sostenibile-italiana-blog|dataarchivio=5 aprile 2018|urlmorto=sì}}</ref> Una marca di fama mondiale che ha aderito è Stella McCartney che si basa su quattro principi: rispetto per la natura, rispetto per le persone, rispetto per gli animali e nessuno spreco di materiale.<ref>{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/economia/finanza/2017/11/27/news/il-fondo-sovrano|titolo=|urlmorto=sì}}</ref> Ci sono invece alcune marche che hanno fatto scandalo per azioni soprattutto contro l’etica come la [[Moncler]]. Nel 2014 una giornalista è quasi stata inforcata da un allevatore di oche in Ungheria per sottrarsi alle sue domande, ma è stato scoperto che le oche era rinchiuse in lager e quattro volte all’anno venivano spiumate in un modo atroce e violento che causa ferite gravi e qualche volta anche letali dopo ore di agonia e sofferenza. I piumini non vengono nemmeno più fabbricati in Italia ma in Moldavia e in Romania. <ref>{{Cita web|url=http://ww.greenme.it/consumare/mode-e-abbigliamento/14800-piumino-oche-report|titolo=|urlmorto=sì}}</ref>

== Il futuro della moda ecosostenibile ==
Nel 2016 alla Fashion Revolution Week sono state circa 70.000 le persone a chiedere alle marche chi facesse i loro vestiti usando l’hashtag #whomademyclothes. Questo hashtag si connette molto ai principi della moda etica perché dimostra che la gente è interessata allo sfruttamento e vuole sapere chi ha fatto i vestiti che indossano ogni giorno. I lavoratori hanno risposto a questo hashtag con una loro foto e con dei cartelloni con scritto "I made your clothes". Questa rivoluzione della moda ha aumentato molto la popolarità di questa realtà non ancora conosciuta da tutti e ci sarà un'altra "[[Revolution week]]" dal 23 al 29 aprile per ricordare le 1.138 vittime il 24 aprile 2014 causate dal [[crollo del Rana Plaza di Savar]] e di nuovo verrà utilizzato lo stesso hashtag per promuovere condizioni di lavoro migliore.<ref>{{Cita web|url=http://www.ecocose.com/blog/2017/05/29/moda-etica-dove-comprare/|titolo=|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180405153249/http://www.ecocose.com/blog/2017/05/29/moda-etica-dove-comprare/|dataarchivio=5 aprile 2018|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/03/non-mettero-piumino-moncler/1187629/|titolo=}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://fashionrevolution.org/|titolo=|accesso=5 aprile 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200304002404/https://www.fashionrevolution.org/|dataarchivio=4 marzo 2020|urlmorto=sì}}</ref>

Inoltre, a Milano il 21 giugno 2016, [[Carlo Capasa]], che è il presidente della Camera nazionale della moda, ha rilasciato un'intervista dove ha affermato che la sostenibilità sarà una parte integrante nel futuro della moda.<ref name=":3" />

== Certificazioni per la moda sostenibile ==
Per aiutare il consumatore ad orientarsi nel mondo della moda e dei capi d'abbigliamento ecosostenibili le certificazioni possono giocare un ruolo ed aiutare ad individuare i capi d'abbigliamento che rispettano criteri etici e di sostenibilità.

==== [https://friendoftheearth.org/ Friend of the Earth] - [https://friendoftheearth.org/it/mangiare-e-vivere-sostenibile/moda-sostenibile/ Certificazione per la Moda sostenibile] ====
La moda ed i prodotti tessili certificati Friend of the Earth sono derivati dall’utilizzo di materie prime provenienti dall’agricoltura e dall’allevamento sostenibili certificati Friend of the Earth o da materiali riciclati prodotti nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori.

'''Gli standard per la certificazione Friend of the Earth moda sostenibile includono:'''

* La messa in opera di un Sistema di gestione sociale e ambientale
* Conformità legale
* Conservazione degli ecosistemi
* Protezione della flora e della fauna selvatica
* L’uso appropriato di sostanze pericolose
* Una gestione appropriate delle risorse idriche

* Controllo delle emission
* Gestione dei rifiuti
* Gestione dell’energia
* Responsabilità sociale
* Sostenibilità economica

== Note ==
<references />

== Bibliografia ==
* {{Cita libro|curatore-cognome1=Choi |curatore-nome1=Tsan-Ming |curatore-cognome2=Cheng |curatore-nome2=T. C. Edwin |data=2015 |titolo=Sustainable fashion supply chain management: from sourcing to retailing |serie=Springer series in supply chain management |città=New York |editore=[[Springer Science+Business Media|Springer]] |isbn=978-3-319-12702-6 |oclc=907012044 |doi=10.1007/978-3-319-12703-3 |cid=harv}}
* {{Cita libro|cognome1=Farley |nome1=Jennifer |cognome2=Hill |nome2=Colleen |data=2015 |titolo=Sustainable fashion: past, present, and future |città=New York |editore=[[Bloomsbury Academic]] |isbn=978-0-85785-185-7 |oclc=860754344 |cid=harv}}
* {{Cita libro|cognome=Fletcher |nome=Kate |data=2014 |annooriginale=2008 |titolo=Sustainable fashion and textiles: design journeys |edizione=2nd |città=London; Washington, DC |editore=[[Earthscan]] |isbn=978-0-415-64455-6 |oclc=846847018 |cid=harv}}
* {{Cita libro|cognome1=Fletcher |nome1=Kate |cognome2=Grose |nome2=Lynda |data=2012 |titolo=Fashion & sustainability: design for change |città=London |editore=[[Laurence King Publishing]] |isbn=978-1-85669-754-5 |oclc=778610112 |cid=harv}}
* {{Cita libro|curatore-cognome1=Fletcher |curatore-nome1=Kate |curatore-cognome2=Tham |curatore-nome2=Mathilda |data=2015 |titolo=Routledge handbook of sustainability and fashion |serie=Routledge international handbooks |città=London; New York |editore=[[Routledge]] |isbn=978-0-415-82859-8 |oclc=820119510 |cid=harv}}
* {{Cita libro|curatore-cognome1=Gardetti |curatore-nome1=Miguel Ángel |curatore-cognome2=Torres |curatore-nome2=Ana Laura |data=2013 |titolo=Sustainability in fashion and textiles: values, design, production and consumption |città=Sheffield, UK |editore=Greenleaf Publishing |isbn=978-1-906093-78-5 |oclc=827952084 |cid=harv}}
* {{Cita libro|cognome1=Gwilt |nome1=Alison |cognome2=Rissanen |nome2=Timo |data=2010 |titolo=Shaping sustainable fashion: changing the way we make and use clothes |città=London; Washington, DC |editore=[[Earthscan]] |isbn=978-1-84971-241-5 |oclc=656849440 |cid=harv}}

== Altri progetti ==
{{interprogetto}}

{{portale|Ecologia e ambiente|moda}}

[[Categoria:Moda]]
[[Categoria:Sostenibilità]]





Versione delle 11:13, 24 apr 2021

La moda sostenibile, in inglese sustainable fashion, è un movimento e un processo di promozione del cambiamento del sistema moda verso una maggiore integrità ecologica e giustizia sociale.

Il cambiamento auspicato non è indirizzato esclusivamente alla filiera tessile o del prodotto di moda, bensì comprende un cambiamento di paradigma per l'intero sistema.

Ciò significa occuparsi di sistemi sociali, culturali, ecologici e finanziari interdipendenti[1] considerando la moda dal punto di vista di molti stakeholder- utenti e produttori, e tutte le specie viventi, facenti parte dell’ecosistema terrestre presente e futuro.

Le definizioni "moda sostenibile" o "moda per la sostenibilità" indicano dunque la consapevolezza delle influenze sistemiche ed interconnessioni complesse e di lungo periodo tra contesti materiali, sociali e culturali nella moda.

La moda sostenibile appartiene, ed è responsabilità dei cittadini, del settore pubblico e privato.

Un esempio chiave della necessità di pensare in modo sistemico (system thinking)[2] nella moda è evidenziato dal fatto che i benefici delle iniziative a livello di prodotto, come la sostituzione di un tipo di fibra con un'opzione meno dannosa per l'ambiente, sono vanificati dagli effetti negativi dell'aumento dei volumi di prodotti di moda.

Un termine adiacente alla moda sostenibile è "eco moda" (eco fashion).

Differenti sono invece gli approcci e le definizioni di "green fashion", "moda etica" , "moda ecosostenibile" e "moda ecosolidale" che sebbene indichino una volontà di affrontare questioni ambientali e sociali, si limitano ad avere un approccio circoscritto alla risoluzione di singoli problemi tralasciando la prospettiva sistemica.

Introduzione

Cenni storici

Le origini del movimento della moda sostenibile si intrecciano con quelle del movimento ambientalista moderno, di cui fa parte, e in particolare la pubblicazione nel 1963 del libro Primavera Silenziosa[3] della biologa americana Rachel Carson. Il libro della Carson, avveniristico per l'epoca, esponeva il grave e diffuso inquinamento associato all'uso di agrofarmaci come parte dell'industrializzazione, tema ancora oggi importante nel dibattito sull'impatto ambientale e sociale della moda.

Nei decenni successivi, l'impatto delle azioni umane sull'ambiente è stato oggetto di un'indagine più sistemica, che comprende gli effetti dell'attività industriale, e di nuovi concetti per mitigarne gli effetti, in particolare lo sviluppo sostenibile, termine coniato nel 1987 dal Rapporto Brundtland.[4]

All'inizio degli anni '90 e in concomitanza con la conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo del 1992, nota popolarmente come Summit della terra (Rio Earth Summit), i "temi verdi" (come venivano chiamati all'epoca) sono entrati nelle pubblicazioni di moda e tessili.[5][6]

In genere, queste pubblicazioni presentavano il lavoro di note aziende come Patagonia ed ESPRIT, che alla fine degli anni '80 hanno portato preoccupazioni ambientali nelle loro attività. I proprietari di queste aziende dell'epoca, Yvon Chouinarde Doug Tompkins, erano outdoorsmen e hanno visto l'ambiente danneggiato dalla sovrapproduzione e dal consumo eccessivo di beni materiali.

Pertanto hanno commissionato una ricerca sugli impatti delle fibre utilizzate nelle loro aziende. Per la Patagonia, questo ha portato ad una valutazione del ciclo di vita di quattro fibre: cotone, lana, nylon e poliestere.

Per ESPRIT l'attenzione si è concentrata sul cotone - e sulla ricerca di migliori alternative ad esso - che all'epoca rappresentava il 90% del loro business. È interessante notare che una simile attenzione all'impatto e alla selezione dei materiali è ancora la norma nella moda sostenibile da oltre trent'anni.[7]

I principi della moda "green"o "eco", come proposti da queste due aziende, si basavano sulla filosofia dell'Ecologia Profonda di Arne Næss, Fritjof Capra, Ernest Callenbach e del teorico del design Victor Papanek.[8]

Questo imperativo si basa anche sulla comprensione femminista delle relazioni uomo-natura,[9] sull'interconnessione e sull' etica della cura come sostenuto da Carolyn Merchant[10], Suzi Gablik[11], Vandana Shiva[12] e Carol Gilligan[13]. Personalità che hanno cofinanziato la prima conferenza sul cotone biologico tenutasi nel 1991 a Visalia, in California. Mentre nel 1992, basata sulla Eco Audit Guide, pubblicata dall'Elmwood Institute, è stata lanciata l'ESPRIT eco-collection, sviluppata dalla stilista Lynda Grose[14].

Nel corso degli anni '90 e all'inizio degli anni 2000, il movimento della moda sostenibile si è esteso a molti marchi. Anche se l'attenzione primaria è rimasta incentrata sul miglioramento dell'impatto dei prodotti attraverso la lavorazione delle fibre e dei tessuti e la provenienza dei materiali, Doug Tompkins e Yvon Chouinard hanno presto notato la causa fondamentale dell'insostenibilità: la crescita esponenziale e il consumo.[15]

Nel 1990 ESPRIT ha pubblicato un annuncio su Utne Reader, chiedendo un consumo responsabile.

Nel 2011 il marchio Patagonia ha pubblicato un ulteriore annuncio e una campagna di comunicazione dal titolo: "Don't buy this jacket" con un'immagine della propria merce. Entrambi i messaggi intendevano incoraggiare i consumatori a considerare l'effetto che il consumo di moda ha sull'ambiente e ad acquistare esclusivamente ciò di cui hanno bisogno.

Parallelamente all'agenda dell'industria, dall'inizio degli anni '90 si è sviluppata un'agenda di ricerca sulla moda sostenibile, che ora ha una propria storia, dinamica, politica, pratiche, sotto-movimenti ed evoluzione del linguaggio analitico e critico[16]. Il settore ha una vasta portata e comprende progetti tecnici che cercano di migliorare l'efficienza delle risorse delle operazioni esistenti[17], il lavoro dei marchi e dei designer per lavorare secondo le priorità attuali[18] e quelli che cercano di ridisegnare il sistema della moda in modo fondamentalmente diverso, compresa la logica di crescita.[19] Nel 2019, un gruppo di ricercatori ha costituito la Union of Concerned Researchers in Fashion per sostenere attività di ricerca radicale e coordinata, commisurata alle sfide della perdita di biodiversità e dei cambiamenti climatici.

Obiettivi

L'industria della moda ha una chiara opportunità di agire diversamente e considerare il ruolo del profitto e della crescita, creando allo stesso tempo nuovo valore e ricchezza più profonda per la società e quindi per l'economia mondiale.

L'obiettivo della moda sostenibile è quello di creare ecosistemi e comunità fiorenti attraverso la sua attività[18], che può comprendere: aumentare il valore della produzione e dei prodotti locali, prolungare il ciclo di vita dei materiali, aumentare il valore di capi di abbigliamento senza tempo, ridurre la quantità di rifiuti e ridurre i danni all'ambiente creati dalla produzione e dal consumo.[20][21]

Un altro dei suoi obiettivi è talvolta quello di educare le persone a praticare un consumo rispettoso dell'ambiente promuovendo il "green consumer".

C'è tuttavia una crescente preoccupazione che il "green consumer" possa trarre profitto e incentivare la crescita economica nonostante gli obiettivi dell'azienda sostenibile siano quelli di mitigare e invertire l'inquinamento, lo sfruttamento del lavoro e le disuguaglianze che l'industria della moda promuove e da cui trae profitto.

Ciò è emerso chiaramente nelle discussioni che hanno fatto seguito al rapporto Burberry, secondo cui nel 2018 il marchio ha bruciato merci invendute per un valore di circa 28,6 milioni di sterline (circa 37,8 milioni di dollari), esponendo non solo la sovrapproduzione e la successiva distruzione delle scorte invendute come una normale pratica commerciale, ma anche i comportamenti dei marchi che minano attivamente un'agenda della moda sostenibile.[22]

La sfida per rendere la moda più sostenibile richiede un ripensamento dell'intero sistema. La Union of Concerned Researchers in Fashion sostiene che l'industria della moda sta ancora discutendo le stesse idee che erano state avanzate in origine alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90. Se si prende in considerazione il lungo termine e si esaminano i progressi della moda e della sostenibilità a partire dagli anni '90, i progressi effettivi in termini ecologici sono pochi. Come osserva l'Unione: "Finora, la missione della moda sostenibile è stata un totale fallimento e tutti i piccoli e crescenti cambiamenti sono stati annegati da un'economia esplosiva di estrazione, consumo, sprechi e continui abusi sul lavoro ".

Una domanda che si pone spesso a chi opera nel campo della moda sostenibile è se il settore stesso sia un ossimoro[23]. Questo riflette la possibilità apparentemente inconciliabile di coniugare la moda (intesa come costante cambiamento, e legata a modelli di business basati sulla continua sostituzione dei beni) e la sostenibilità (intesa come continuità e intraprendenza). L'apparente paradosso si dissolve se la moda viene vista in senso lato, non solo come un processo allineato ai modelli di business espansionistici[24][25]e al consumo di nuovo abbigliamento, ma piuttosto come un meccanismo che porta a modi di vivere più impegnati[26][27][28] su una terra preziosa e mutevole[29][30].

Note

  1. ^ Kate Fletcher, Sustainable Fashion and Textiles, 4 maggio 2012, DOI:10.4324/9781849772778. URL consultato il 17 giugno 2019.
  2. ^ Places to Intervene in a System - Tools Ideas Environment - Whole Earth Catalog, su www.wholeearth.com. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2017).
  3. ^ Carson, Rachel., Silent spring[collegamento interrotto], Dreamscape Media, LLC, p2019. URL consultato il 17 giugno 2019.
  4. ^ Sustainable Development and Innovation in the Energy Sector, Springer-Verlag, pp. 193–209, ISBN 354023103X. URL consultato il 17 giugno 2019.
  5. ^ Anon, Textiles and the Environment, in International Textiles, vol. 726, 1991, p. 40–41.
  6. ^ Anon, Rethinking Ecology, in Textile View, nº 24, 1993, pp. 201–207
  7. ^ (EN) Kate Fletcher, Sustainable Fashion and Textiles: Design Journeys, 1ª ed., Routledge, 4 maggio 2012, DOI:10.4324/9781849772778., ISBN 9781849772778. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2018).
  8. ^ Papanek, Victor J., The green imperative : natural design for the real world, Thames and Hudson, 1995, ISBN 0500278466, OCLC 33252070. URL consultato il 17 giugno 2019.
  9. ^ Gaard, Greta & Lori Gruen, Ecofeminism: Toward Global Justice and Planetary Health, in Society and Nature, vol. 2, 1993, pp. 1–35.
  10. ^ Merchant, Carolyn, The Death of Nature, London, Bravo, 1990
  11. ^ Gablik, Suzi., The reenchantment of art, Thames and Hudson, 1991, ISBN 0500236194, OCLC 24800688. URL consultato il 17 giugno 2019.
  12. ^ Shiva, Vandana, Staying Alive, Zed Books, 1989
  13. ^ Gilligan, Carol, 1936-, In a different voice : psychological theory and women's development, ISBN 9780674970960, OCLC 28986041. URL consultato il 17 giugno 2019.
  14. ^ Lynda Grose, PIONEERING ENVIRONMENTAL STANDARDS FOR THE CLOTHING INDUSTRY, in CE NEWS.
  15. ^ Meadows, Donella H. e Club of Rome., The Limits to growth; a report for the Club of Rome's project on the predicament of mankind, Universe Books, [1972], ISBN 0876631650, OCLC 307838. URL consultato il 17 giugno 2019.
  16. ^ Hethorn, Janet and Ulasewicz, Connie (Eds.) (2008), Sustainable Fashion: Why Now?. New York: Fairchild Books; Gwilt, Alison and Rissanen, T. (2011), Shaping Sustainable Fashion: London: Earthscan. Fletcher, Kate. 2013. Sustainable Fashion in S. Walker and J. Giard (Eds.), The Handbook of Sustainable Design, Oxford: Bloomsbury: 283- 298; Fletcher, Kate and Tham, Mathilda (Eds) (2015). Routledge Handbook of Sustainability and Fashion, London: Routledge; Niinimaki, Kirsi (Ed) (2018). Sustainable Fashion in a Circular Economy. Helsinki: Aalto ARTIS Books; Rissanen, Timo and McQuillan, Holly (2018). Zero Waste Fashion Design. London: Bloomsbury.
  17. ^ Gardetti, Miguel Angel,, Sustainability in Fashion and Textiles : Values, Design, Production and Consumption, First edition, ISBN 9781351277600, OCLC 1058911289. URL consultato il 17 giugno 2019.
  18. ^ a b Black, Sandy,, The sustainable fashion handbook, Thames & Hudson, 2013, ISBN 9780500290569, OCLC 800642264. URL consultato il 17 giugno 2019.
  19. ^ Fletcher, Kate, 1971-, Craft of use : post-growth fashion, ISBN 9781138021006, OCLC 920452802. URL consultato il 17 giugno 2019.
  20. ^ Brown, Sass., Eco fashion, Laurence King, 2010, ISBN 185669691X, OCLC 717831001. URL consultato il 17 giugno 2019.
  21. ^ Olga Gurova e Daria Morozova, A critical approach to sustainable fashion: Practices of clothing designers in the Kallio neighborhood of Helsinki, in Journal of Consumer Culture, vol. 18, n. 3, 15 settembre 2016, pp. 397–413, DOI:10.1177/1469540516668227. URL consultato il 17 giugno 2019.
  22. ^ Audit Committee, Foreign Ownership and Sustainability Report, in Research Journal of Finance and Accounting, 2019-2, DOI:10.7176/RJFA/10-4-03. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2019).
  23. ^ Black, Sandy., Eco-chic : the fashion paradox, Black Dog Pub, 2008, ISBN 9781906155094, OCLC 190393995. URL consultato il 17 giugno 2019.
  24. ^ (EN) Kate Fletcher, Slow Fashion: An Invitation for Systems Change, in Fashion Practice, vol. 2, n. 2, 2010-11, pp. 259–265, DOI:10.2752/175693810X12774625387594. URL consultato il 17 giugno 2019.
  25. ^ Raworth, Kate,, Doughnut economics : seven ways to think like a 21st-century economist, ISBN 9781847941381, OCLC 974194745. URL consultato il 17 giugno 2019.
  26. ^ Dawson, Jonathon, 1955-, Jackson, J. T. Ross. e Norberg-Hodge, Helena., Gaian economics : living well within planetary limits, Permament Publications, 2010, ISBN 9781856230568, OCLC 748870200. URL consultato il 17 giugno 2019.
  27. ^ (EN) Kate Fletcher, Craft of Use: Post-Growth Fashion, 1ª ed., Routledge, 26 febbraio 2016, DOI:10.4324/9781315647371, ISBN 9781315647371. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 1º maggio 2019).
  28. ^ Weber, Andreas, 1967-, Enlivenment : toward a poetics for the Anthropocene, ISBN 9780262352277, OCLC 1082522125. URL consultato il 17 giugno 2019.
  29. ^ (EN) Andreas Weber, Enlivenment: Toward a Poetics for the Anthropocene, The MIT Press, 2019, DOI:10.7551/mitpress/11563.001.0001, ISBN 9780262352277. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2019).
  30. ^ Fletcher, Kate, 1971-, Wild dress : clothing & the natural world, ISBN 1910010219, OCLC 1099274811. URL consultato il 17 giugno 2019.

Bibliografia

  • Black, Sandy (2008). Eco-chic : the fashion paradox, London: Black Dog. ISBN 1-906155-09-7.
  • Black, Sandy (2013). The sustainable fashion handbook, New York: Thames & Hudson. ISBN 9780500290569.
  • Choi, Tsan-Ming; Cheng, T. C. Edwin, eds. (2015). Sustainable fashion supply chain management: from sourcing to retailing. Springer series in supply chain management. New York: Springer. doi:10.1007/978-3-319-12703-3. ISBN 9783319127026. OCLC 907012044.
  • Farley, Jennifer; Hill, Colleen (2015). Sustainable fashion: past, present, and future. New York: Bloomsbury Academic. ISBN 9780857851857. OCLC 860754344.
  • Fletcher, Kate (2014) [2008]. Sustainable fashion and textiles: design journeys(2nd ed.). London; Washington, DC: Earthscan. ISBN 9780415644556. OCLC 846847018.
  • Fletcher, Kate; Grose, Lynda (2012). Fashion & sustainability: design for change. London: Laurence King Publishing. ISBN 9781856697545. OCLC 778610112.
  • Fletcher, Kate; Tham, Mathilda, eds. (2015). Routledge handbook of sustainability and fashion. Routledge international handbooks. London; New York: Routledge. ISBN 9780415828598. OCLC 820119510.
  • Gardetti, Miguel Ángel; Torres, Ana Laura, eds. (2013). Sustainability in fashion and textiles: values, design, production and consumption. Sheffield, UK: Greenleaf Publishing. ISBN 9781906093785. OCLC 827952084.
  • Gwilt, Alison; Rissanen, Timo (2010). Shaping sustainable fashion: changing the way we make and use clothes. London; Washington, DC: Earthscan. ISBN 9781849712415. OCLC 656849440.

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La moda ecosostenibile

La moda ecosostenibile rappresenta un nuovo approccio al design di vestiti. È una realtà basata e composta dall'etica e dalla sostenibilità. L’etica applicata alla moda si riferisce alle condizioni di lavoro e al benessere dei lavoratori. Da un punto di vista sostenibile, invece, ha lo scopo di proteggere l’ambiente. La sostenibilità si basa principalmente sull'utilizzo di materiali non dannosi o dal minimo impatto sull'ambiente, sia in fase di produzione che di smaltimento, come la seta o la canapa.[1][2][3]

La moda etica viene ancora definita un'utopia, ma è in sviluppo grazie alle iniziative intraprese da grandi marche come Stella McCartney che utilizza materiali ecologici. Questa realtà sta diventando nota anche grazie ad alcuni paesi che organizzano eventi per pubblicizzarne le idee, come la Danimarca.

Esistono delle certificazioni come quella rilasciata dalla GOTS (Global Organic Textile Standard) che è leader mondiale nel controllare e i criteri ambientali e sociali utilizzati nella produzione delle fibre organiche. Questa associazione controlla che all'interno delle fibre organiche non ci siano sostanze chimiche che danneggiano la biodegradabilità del materiale.[4]

Principi e caratteristiche

La moda ecosostenibile si basa su alcuni principi:

  • Le condizioni di lavoro dei dipendenti. Dagli anni ‘90 combatte contro lo sfruttamento dei lavoratori e soprattutto dei bambini. Si combatte anche per aumentare gli stipendi dei lavoratori visto che in paesi meno sviluppati è frequente che gli operai ricevano stipendi molto bassi.
  • Il riciclo è uno dei punti chiave del settore e si collega alla riduzione minima degli scarti perché nella moda ecosostenibile si cerca di riutilizzare tutto il possibile e di buttare via solo lo stretto necessario.
  • I diritti degli animali sono molto importanti. L'associazione Animal Free valorizza le aziende di moda attente e rispettose verso gli animali. Il primo passo richiesto è la sostituzione delle pellicce animali seguito poi dalla sostituzione di altri materiali come le piume o la lana.[5]
  • La produzione veloce ("Fast Fashion") si riferisce alle aziende tipo H&M, Topshop, Zara o Benetton che producono circa 10/12 collezioni all'anno, ispirate all'alta moda, ma a prezzi contenuti e aggiornate in molto poco tempo. Questo fenomeno della produzione veloce ha ricadute negative sull'ambiente e va contro l’etica. Producendo tanto e velocemente l'inquinamento aumento e l’industria della moda è già quella che inquina di più, dopo quella petrolifera. A livello etico, invece, dietro una maglietta economica ci sono molti operai sottopagati che lavorano in scarse condizioni di sicurezza e salute.[6]
  • I prodotti usati da chi segue la moda ecosostenibile sono quelli che sono stati valutati secondo la sostenibilità da A (ottima) a D (scarsa).
  • L'uso di stoffe ecologiche è uno dei principi più aderito dalle aziende. Molte aziende negli ultimi anni hanno iniziato a usare stoffe ecologiche per i loro vestiti, quelle più utilizzate e conosciute sono il lino e la seta.
  • L’ultima caratteristica consiste nella riduzione massima dell’uso dell’acqua per fabbricare vestiti.[7][8][1][2]

I materiali ecosostenibili per la moda

Ci sono diverse stoffe e materiali che vengono utilizzati per produrre vestiti che rispettano i principi dell'ecosostenibilità per cercare di abbassare l’inquinamento e gli sprechi effettuati ogni anno. Molti sono in via di sviluppo essendo appena stati scoperti, ma i più utilizzati e conosciuti sono:

  • La canapa, la seta, la lana e il lino rientrano tra i materiali usati in questo settore della moda per le loro caratteristiche ecologiche. Sono materiali naturali, non contengono OGM, sono biodegradabili, sono materie prime naturali, non necessitano l’uso di sostanze tossiche durante l’estrazione e la lavorazione di essi e la loro estrazione avviene tramite processi meccanici. Le valutazioni di sostenibilità possono essere A (ottima), B, C, D (scarsa) e questi materiali sono valutati con B. La seta ha come certificazioni ecosostenibili la GOTS, la Oeko Tex Standard 100, la Reach e la Fair Wear Foundation. Il lino e la canapa hanno la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free. La lana ha le stesse del lino e della canapa tranne Animal Free.
  • Il cashmere ha molte caratteristiche ecologiche infatti è un materiale, naturale, biologico, è biodegradabile, è una materia prima naturale, non contiene OGM, l’estrazione è meccanica, non necessita sostanze tossiche né per l’estrazione ne per la lavorazione. È uno dei pochi materiali con valutazione di sostenibilità A. Come certificazioni di ecosostenibilità ha la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach e la Fair Wear Foundation.
  • Il bambù è un materiale adatto per la moda ecosostenibile nonostante sia un tessuto artificiale, ma non contiene OGM, è biodegradabile, non utilizza sostanze tossiche durante l’estrazione e la lavorazione del tessuto. Le certificazioni ecosostenibili del bambù sono la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free.
  • Il tencel, chiamato anche Lyocell, è un materiale scoperto di recente che si ottiene dagli alberi di eucalipto dai quali viene presa la polpa di legno, e ciò rende la fibra cellulosa artificiale più compatibile dal punto di vista ambientale. Il tencel è caratterizzato da alcune caratteristiche come la sua elasticità e inoltre è liscio, assorbe l’umidità naturalmente grazie al legno di eucalipto, viene prodotto ecologicamente ed è 100% biodegradabile. Inoltre il consumo dell’acqua richiesto per la produzione del tencel è 10-20 volte minore a quello richiesto per la produzione del cotone.[9]
  • Anche il cotone ha le caratteristiche ecologiche che gli permettono di far parte dei materiali ecosostenibili per esempio è un materiale naturale, biologica, senza OGM, è biodegradabile, è una materia prima naturale, viene estratto con macchinari e non necessita l’uso di sostanze tossiche per l’estrazione e la lavorazione. La valutazione di sostenibilità è B e le certificazioni sono di nuovo la GOTS, la Organic Content Standard, la Oeko Tex Standard 100, la Reach, la Fair Wear Foundation e la Animal Free.

Utilizzando questi materiali si abbassa il consumo dell’acqua per la produzione, i pesticidi e i fertilizzanti non vengono utilizzati e si emette meno anidride carbonica nell'atmosfera visto che ogni anno poi, circa 73 milioni di tonnellate di abiti vengono buttati e almeno con l’utilizzo di questi materiali l’ambiente ne risentirebbe meno.[10][3]

Le marche che producono abbigliamento ecosostenibile

L'industria della moda ecosostenibile è in crescita e sempre più marche stanno aderendo a questa realtà come per esempio la Reebok che ha prodotto le scarpe biodegradabili fatte di cotone e mais. Molte altre marche come Zara, Puma, Adidas, Valentino e Levi’s si sono uniti a questa visione rivoluzionaria grazie al contributo di Greenpeace con la sua campagna Detox.[11] Una marca di fama mondiale che ha aderito è Stella McCartney che si basa su quattro principi: rispetto per la natura, rispetto per le persone, rispetto per gli animali e nessuno spreco di materiale.[12] Ci sono invece alcune marche che hanno fatto scandalo per azioni soprattutto contro l’etica come la Moncler. Nel 2014 una giornalista è quasi stata inforcata da un allevatore di oche in Ungheria per sottrarsi alle sue domande, ma è stato scoperto che le oche era rinchiuse in lager e quattro volte all’anno venivano spiumate in un modo atroce e violento che causa ferite gravi e qualche volta anche letali dopo ore di agonia e sofferenza. I piumini non vengono nemmeno più fabbricati in Italia ma in Moldavia e in Romania. [13]

Il futuro della moda ecosostenibile

Nel 2016 alla Fashion Revolution Week sono state circa 70.000 le persone a chiedere alle marche chi facesse i loro vestiti usando l’hashtag #whomademyclothes. Questo hashtag si connette molto ai principi della moda etica perché dimostra che la gente è interessata allo sfruttamento e vuole sapere chi ha fatto i vestiti che indossano ogni giorno. I lavoratori hanno risposto a questo hashtag con una loro foto e con dei cartelloni con scritto "I made your clothes". Questa rivoluzione della moda ha aumentato molto la popolarità di questa realtà non ancora conosciuta da tutti e ci sarà un'altra "Revolution week" dal 23 al 29 aprile per ricordare le 1.138 vittime il 24 aprile 2014 causate dal crollo del Rana Plaza di Savar e di nuovo verrà utilizzato lo stesso hashtag per promuovere condizioni di lavoro migliore.[14][15][16]

Inoltre, a Milano il 21 giugno 2016, Carlo Capasa, che è il presidente della Camera nazionale della moda, ha rilasciato un'intervista dove ha affermato che la sostenibilità sarà una parte integrante nel futuro della moda.[8]

Certificazioni per la moda sostenibile

Per aiutare il consumatore ad orientarsi nel mondo della moda e dei capi d'abbigliamento ecosostenibili le certificazioni possono giocare un ruolo ed aiutare ad individuare i capi d'abbigliamento che rispettano criteri etici e di sostenibilità.

Friend of the Earth - Certificazione per la Moda sostenibile

La moda ed i prodotti tessili certificati Friend of the Earth sono derivati dall’utilizzo di materie prime provenienti dall’agricoltura e dall’allevamento sostenibili certificati Friend of the Earth o da materiali riciclati prodotti nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori.

Gli standard per la certificazione Friend of the Earth moda sostenibile includono:

  • La messa in opera di un Sistema di gestione sociale e ambientale
  • Conformità legale
  • Conservazione degli ecosistemi
  • Protezione della flora e della fauna selvatica
  • L’uso appropriato di sostanze pericolose
  • Una gestione appropriate delle risorse idriche
  • Controllo delle emission
  • Gestione dei rifiuti
  • Gestione dell’energia
  • Responsabilità sociale
  • Sostenibilità economica

Note

  1. ^ a b Ethical Fashion Forum, su ethicalfashionforum.com. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).
  2. ^ a b Sustainable Fashion [collegamento interrotto], su kpubs.org.
  3. ^ a b vestilanatura.it, https://web.archive.org/web/20180405214416/https://www.vestilanatura.it/tessuti-bio-eco-abbigliamento. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).
  4. ^ global-standard.org, http://www.global-standard.org/.
  5. ^ animalfree.info, https://web.archive.org/web/20180405153730/http://www.animalfree.info/azienda.html. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).
  6. ^ Abbigliamento Biologico, su Il Fiore biologico. URL consultato il 21 marzo 2019 (archiviato dall'url originale il 21 marzo 2019).
  7. ^ green.it, https://web.archive.org/web/20180405154100/http://www.green.it/industria-sostenibile-della-moda/. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).
  8. ^ a b lifegate.it, https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/presente-passato-futuro-moda-sostenibile.
  9. ^ altramoda.net, https://web.archive.org/web/20180405214454/https://www.altramoda.net/it/material/tencel. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).
  10. ^ Materials, su manrepeller.com. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 15 aprile 2019).
  11. ^ vestilanatura.it, https://web.archive.org/web/20180405154621/https://www.vestilanatura.it/top-10-brand-moda-sostenibile-italiana-blog. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).
  12. ^ repubblica.it, http://www.repubblica.it/economia/finanza/2017/11/27/news/il-fondo-sovrano.
  13. ^ ww.greenme.it, http://ww.greenme.it/consumare/mode-e-abbigliamento/14800-piumino-oche-report.
  14. ^ ecocose.com, https://web.archive.org/web/20180405153249/http://www.ecocose.com/blog/2017/05/29/moda-etica-dove-comprare/. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).
  15. ^ ilfattoquotidiano.it, https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/03/non-mettero-piumino-moncler/1187629/.
  16. ^ fashionrevolution.org, https://web.archive.org/web/20200304002404/https://www.fashionrevolution.org/. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2020).

Bibliografia

Altri progetti







Sfilate di moda sostenibili

Gucci un marchio che si avvicina molto alla sostenibilità, Chopard ha ricevuto invece il riconoscimento Eco-Age Brandmark per il suo impegno verso la sostenibilità.


Note