Utente:Kaga tau/Nemanjić

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Nemanjić
StatoRascia
Regno di Serbia
Impero serbo
Casata di derivazioneVukanović
FondatoreStefano Nemanja
Ultimo sovranoStefano Uroš V di Serbia
Data di fondazione1166
Data di estinzione1371

I Nemanjić (in serbo Немањић?) sono stati una casata serba che ha governato le varie forme statali medievali della Serbia dal Gran principato di Rascia fino alla caduta dell'Impero serbo nel 1371.

Fondata nel 1166 da Stefano Nemanja, la casata portò all'unificazione, indipendenza ed espansione della Serbia, inizialmente dominio dell'Impero bizantino, e resse la corona serba fino al 1371, anno in cui Stefano Uroš V morì senza figli. Oltre a diversi sovrani della Serbia hanno fatto parte della casata anche arcivescovi e santi tra cui Sava di Serbia, primo arcivescovo della Chiesa ortodossa serba, e Saba II.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

La dinastia nacque con Stefano Nemanja, figlio del principe Zavida e discendente dei Vukanović regnanti in Rascia come vassalli dell'Impero bizantino; divenuto adulto a Nemanja furono affidati, col titolo di zupano, i domini dell'Ibar, della Pusta, di Toplica e Rasina. Sposò una nobildonna serba, Anna, da cui ebbe tre figli: Stefano, Vukan e Rastko. Dopo che lo zio di Stefano Desa Vojislavljević, figlio di Uroš I, riuscì a conquistare la guida della Rascia l'Imperatore bizantino Manuele I Comneno stabilì che quest'ultima sarebbe stata assoggettata a Nemanja, portando alla ribellione di Desa che fu quindi destituito e sostituito da Tihomir Zavidović, fratello di Nemanja, nominato Gran principe; Nemanja, pur essendo de iure vassallo del fratello, continuò a governare in completa autonomia, attirando le ire di Tihomir ma anche degli altri fratelli Miroslav, che governava la Zaclumia, e Stracimir, che governata la Morava occidentale, che lo invitarono a Ras per discutere della situazione. Al suo arrivo Stefano fu imprigionato dai fratelli ma liberatosi poco dopo dalla prigionia guidò una ribellione contro di loro; questi ultimi chiesero aiuto a Manuele I, che radunò un'armata di mercenari greci, franchi e turchi che tuttavia fu sconfitta nei pressi di Zvečan. Stefano detronizzò i fratelli e si autoproclamò Gran principe di Rascia, ponendosi sotto la protezione di San Giorgio.

Sulla scia del movimento anti-bizantino promosso dalla Repubblica di Venezia Nemanja attaccò Cattaro e ottenne anche diverse vittorie, chiedendo l'aiuto di Ungheria ed Austria. Nel 1172 si unì all'alleanza composta da Venezia, Ungheria e Sacro Romano Impero contro l'Impero bizantino ma l'alleanza presto si sfaldò con la morte di Stefano III e Nemanja fu quindi sconfitto dai bizantini; si consegnò nella città di Niš a Manuele I che lo fece prigioniero e lo condusse a Costantinopoli. Nel 1176 Nemanja chiese il perdono all'imperatore, giurandogli fedeltà e ricevendo il titolo di gran zupano di Rascia, pur venendo costretto a riaccogliere come propri vassalli i fratelli che aveva esiliato restituendogli i rispettivi domini. Alla morte di Manuele I nel 1180 Nemanja si ritenne slegato dall'obbligo di fedeltà, che era stata promessa all'imperatore personalmente e non all'impero, e nel 1183 in alleanza col successore di Stefano III, Béla III (che aveva inizialmente portato avanti una politica filobizantina), conquistò le terre slave sotto il dominio bizantino e scacciò i Greci dalla valle della Morava, da Braničevo, Niš, Belgrado, Ravno e Sofia. Seguirono nel 1185 l'assoggettamento di Antivari, nel 1186 la conquista della Doclea, assegnata al figlio Vukan, e nel 1187 la conquista della Repubblica di Ragusa. Nell'ambito della terza crociata Nemanja si alleò con Federico I Barbarossa per saccheggiare Costantinopoli ed occupò diversi altri territori bizantini tra cui alcune città bulgare, Skopje e parte del Kosovo.

Stefano fu sconfitto nel 1191 dall'Imperatore Isacco II Angelo ma quest'ultimo, impressionato dall'abilità militare delle truppe serbe, scelse di siglare una pace e concesse la mano della principessa Eudocia, sua nipote, al figlio di Nemanja, Stefano, che ricevette anche il titolo di sebastocratore, normalmente riservato a membri della famiglia imperiale. Nel 1196 Nemanja abdicò in favore del figlio Stefano e, ricevuta la tonsura, assunse il nome di Simeone e si ritirò prima nel monastero di Studenica e poi, seguendo il figlio Ratsko, sul monte Athos per ricostruire il monastero di Hilandar, dove morì nel 1199; fu canonizzato dalla Chiesa ortodossa serba nel 1200 così come sua moglie, che lo aveva seguito prendendo i voti e trascorrendo, col nome di Anastasia, i suoi ultimi anni presso il monastero di Kuršumlija. Anche il figlio Rastko, che aveva assunto il nome di Sava e aveva scelto fin da giovane una vita monastica, dopo esser divenuto igumeno del monastero di Studenica e poi arcivescovo di Serbia su iniziativa dell'Imperatore Teodoro I, fu canonizzato divenendo patrono della Serbia.

Il regno di Stefano Prvovenčani fu segnato inizialmente dalla lotta col fratello Vukan, che aveva ricevuto la Doclea, e i due schieramenti furono sostenuti rispettivamente da Kalojan di Bulgaria e da Emerico d'Ungheria, dato che entrambi i monarchi ambivano alla conquista dei territori serbi. Nel 1202 le armate di Vukan sconfissero quelle del fratello e la guerra civile proseguì fino al 1205, anno in cui i due fratelli siglarono una pace che coronò Stefano sovrano di tutta la Serbia; contemporaneamente la Quarta crociata portò nel 1204 alla caduta dell'Impero bizantino, temporaneamente sostituito dall'Impero latino, e approfittando della morte del re bulgaro Kalojan nel 1207 Stefano occupò alcune aree della Bulgaria tra cui Vranje, Polog, Prizren e Niš, garantendo alla Serbia una posizione cruciale nella politica dei Balcani. La politica estera di Stefano si mosse verso un'alleanza sia con lo Stato Pontificio che con la Repubblica di Venezia: la prima gli garantì nel 1217 l'incoronazione da parte di papa Onofrio III come Re dei Serbi, segnando l'inizio del Regno di Serbia, mentre la seconda fu sugellata dal suo matrimonio con Anna Dandola, nipote del Doge Enrico Dandolo.

Il legame con la Chiesa romana divenne tuttavia un problema, soprattutto alla luce della situazione di ciò che rimaneva dell'Impero bizantino; dopo la presa di Costantinopoli ad opera dei crociati vi fu instaurato l'Impero latino, guidato da Jolanda di Brienne, mentre ciò che rimaneva del vecchio Impero era spartito tra: il Despotato d'Epiro, guidato da Teodoro Ducas, l'Impero di Trebisonda, guidato dai fratelli Comneni Alessio I e Davide I, e l'Impero di Nicea, guidato da Teodoro Lascaris, quest'ultimo appoggiata dalla nobiltà bizantina e dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Stefano condusse trattative con Laskaris e col Patriarcato, garantendosi l'autocefalia della Chiesa ortodossa serba, la cui guida fu affidata al fratello Rastko.