Utente:Canica.9/Epifania (letteratura)

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L'epifania in letteratura si riferisce generalmente a un momento caratterizzato da visioni in cui un personaggio ha un'intuizione o una consapevolezza improvvisa che modifica la concezione che ha di sé stesso o la cognizione del mondo che lo circonda. Il termine ha un significato più specifico se utilizzato come espediente letterario distinto dalla letteratura modernista.[1] James Joyce adoperò per la prima volta il termine "Epifania" mutuandolo da un contesto religioso e lo utilizzò all'interno di un contesto letterario profano in Stephen Hero (1904-1906), una prima versione di A Portrait of the Artist as a Young Man (Ritratto dell'artista da giovane). In quel manoscritto, Stephen Daedalus definisce l'epifania come "una manifestazione spirituale improvvisa, che si rivela sia nella banalità del discorso o del gesto, sia nell'insieme di pensieri che la mente partorisce e che sono degni di essere ricordati. [2] Le epifanie di Stephen sono momenti di amplificata percezione poetica nelle banalità della vita quotidiana di Dublino. Si tratta di momenti privi di carattere religioso o mistico. Il concetto di epifania è alla base della teoria della percezione estetica di Stephen e della sua scrittura. Joyce sperimentò l'epifania e con l'epifania, in termini analoghi, nel corso di tutta la sua carriera, a partire dai racconti che scrisse tra il 1898 e il 1904, che furono fondamentali per i suoi primi lavori, fino al suo ultimo romanzo Finnegans Wake (1939). Gli studiosi hanno utilizzato il termine nell'accezione di Joyce per descrivere una caratteristica comune del romanzo modernista, che annoverava autori diversi come Virginia Woolf, Marcel Proust, Ezra Pound e Katherine Mansfield. Tutte queste personalità adoperavano nelle loro opere questi improvvisi momenti di visione come espediente per descrivere aspetti della mente contemporanea. L'epifania joyciana o modernista affonda le sue radici nella poesia lirica del diciannovesimo secolo, in particolare negli "spots of time", momenti di tempo, di Wordsworth [3], e nelle improvvise intuizioni spirituali che costituirono la base per l'autobiografia spirituale tradizionale. [4] Il filosofo Charles Taylor vede la comparsa dell’epifania nell’arte modernista come una risposta alla nascita di una “società commerciale-industriale-capitalista” all’inizio del XX secolo. [5]

Il termine "epifania" deriva dal greco antico ἐπῐφᾰ́νειᾰ (epipháneia), che significa "manifestazione o apparizione" ed è composto dalle parole greche "pha" (risplendere), "phanein" (mostrare, far risplendere) ed "epiphanein" (manifestare, portare alla luce). [6] In greco antico, il termine spesso viene utilizzato per descrivere la manifestazione visibile di un dio o di una dea agli occhi mortali, una forma di teofania . [7] I primi cristiani adoperarono il termine per descrivere il palesarsi del bambino Gesù ai Magi, che era inteso figurativamente come la rivelazione di Cristo ai Gentili e commemorato nella festa cattolica dell'Epifania, celebrata il 6 gennaio. Nei manoscritti greci del Nuovo Testamento epiphaneia si riferisce anche alla seconda venuta di Cristo. [8]

Gente di Dublino
Titolo originaleDubliners
Frontespizio della prima edizione di Dubliners del 1914
AutoreJames Joyce
1ª ed. originalegiugno 1914
Genereraccolta di racconti
Lingua originaleinglese

Dubliners (Gente di Dublino) di James Joyce è una raccolta di racconti pubblicata nel giugno 1914. I racconti, ambientati a Dublino, catturano alcuni dei momenti più infelici che caratterizzano l'esistenza umana. [9] Dublino, per Joyce, sembrava essere il centro della paralisi, come spiega in una lettera a Grant Richards, che era l'editore di Dubliners. Joyce spiega il suo obiettivo e la ragione della scrittura della raccolta:

"La mia intenzione era quella di scrivere un capitolo della storia morale del mio Paese e ho scelto Dublino come ambientazione perché quella città mi sembrava il centro della paralisi. Ho cercato di presentarla al pubblico indifferente sotto quattro dei suoi aspetti: l'infanzia, l'adolescenza, la maturità e la vita pubblica. Le storie sono disposte in quest'ordine. L'ho scritto per la maggior parte con uno stile che riflettesse una scrupolosa meschinità e con la convinzione che è molto audace chi osa alterare nel descrivere. ancor di più deformare tutto ciò che ha visto e udito." [10]

Joyce ha adoperato per la prima volta il concetto di “epifania” in Stephen Hero per introdurre una discussione sui tre criteri di bellezza, integrità, armonia e splendore dell’Aquinate: quando l’oggetto “ci sembra radioso, [esso] raggiunge la sua epifania”. Il termine non viene utilizzato quando Stephen Dedalus tratta lo stesso argomento in Ritratto dell'artista da giovane. In Stephen Hero, il protagonista pensa di documentare e trascrivere le epifanie in un libro, [11] c'è anche un riferimento alla raccolta di epifanie di Stephen Dedalus nell'Ulysses (Ulisse) . [12] Lo stesso Joyce tenne traccia scritta di oltre settanta epifanie, di quaranta di queste se ne è conservata testimonianza.[13]

Una “epifania” può essere definita più colloquialmente come “una manifestazione spirituale improvvisa, proveniente da qualche oggetto, luogo, evento o pensiero degno di essere ricordato.

La manifestazione è sproporzionata rispetto al significato o alla rilevanza strettamente logica di qualunque cosa la provochi. " [14] Il concetto è stato adoperato come espediente narrativo in cinque storie di Dubliners, sotto forma di autorealizzazione e consapevolezza di un personaggio alla fine della narrazione.

Un incontro[modifica | modifica wikitesto]

La storia, narrata in prima persona, parla di un ragazzo e del suo amico Mahony che saltano la scuola per movimentare e rendere più avventurose le loro noiose vite. Il ragazzo ha cercato di fuggire dalla routine quotidiana attraverso le storie del selvaggio West, attraverso i romanzi polizieschi americani e combattendo una guerra immaginaria con i suoi compagni di scuola. Tuttavia «la guerra mimetica della sera, alla fine, mi stancava quanto la routine della scuola al mattino, perché volevo che mi accadessero delle vere avventure. Ma le vere avventure, pensavo, non accadono a chi resta a casa: bisogna andare a cercarle altrove". Il suo piano è di marinare la scuola, raggiungere a piedi il molo lungo il Liffey, il fiume di Dublino, attraversarlo in traghetto e camminare verso la Pigeon House, la centrale elettrica di Dublino. La storia descrive l'escursione dei ragazzi e le persone che incontrano durante il viaggio. I protagonisti possono sbirciare il mondo fuori Dublino dai marinai stranieri al molo e sono esposti alla diversità sociale della città. Sono troppo stanchi per andare a Pigeon House e si fermano a riposare. Un uomo più anziano si avvicina a loro e inizia a parlare di argomenti banali come l'importanza di leggere Sir Walter Scott e dei ragazzi che hanno giovani innamorati. Ad un certo punto l'uomo si scusa e si masturba. Mahony lascia il suo amico da solo. L'uomo ritorna e inizia un lungo monologo sulla necessità di frustare i ragazzi che si comportano male. Profondamente turbato, il ragazzo si alza per andarsene e chiama Mahony. È sollevato quando il suo amico va da lui, ma si vergogna anche di averlo disprezzato.

Il fratello di Joyce, Stanislaus, scrisse che il racconto trae ispirazione dall'incontro con un "anziano pederasta" in cui si lui e Joyce si sono imbattuti mentre marinavano la scuola. [15]

Il viaggio dei ragazzi alla Pigeon House è stato interpretato come un'inutile ricerca della Chiesa irlandese, come la visita al bazar "Araby (Arabia)", e il pervertito che incontrano come contraltare di Padre Flynn in "The sisters (Le sorelle)'. [16]

Arabia[modifica | modifica wikitesto]

Attraverso la narrazione in prima persona, il lettore è immerso fin dall'inizio della storia nella squallida vita della gente di North Richmond Street, che sembra essere illuminata solo dalla parlantina e dall'immaginazione dei bambini che, nonostante Il buio sempre più profondo dei mesi invernali, insistono a suonare "finché i [loro] corpi non brillano". Anche se le condizioni di questo quartiere lasciano molto a desiderare, il gioco dei bambini è intriso del loro modo quasi magico di percepire il mondo, che il narratore trasmette in maniera attenta e dettagliata al lettore:

«Le nostre grida risuonavano nella strada silenziosa. Il percorso del nostro gioco ci condusse attraverso i vicoli bui e fangosi dietro le case, dove ci sbeffeggiavano le rozze tribù dei cottage, fino alle porte di servizio dei giardini bui e gocciolanti dove gli odori esalavano dai pozzi di cenere, fino alle stalle buie e odorose dove un cocchiere lisciava e strigliava il cavallo o faceva tintinnare e suonare i lacci dei finimenti .»

[17]

Ma sebbene questi ragazzi "corrano" per il quartiere in modo molto infantile, sono anche consapevoli e interessati al mondo degli adulti, è per questo che spiano lo zio del narratore mentre torna a casa dal lavoro e, soprattutto, la sorella di Mangan, il cui vestito "oscillava a ogni movimento" e la cui "morbida corda di capelli dondolava da una parte all'altra". Questi ragazzi cominciano ad avere consapevolezza della sfera sessuale e, intimoriti dal mistero dell'altro sesso, sono avidi di conoscenza.

In una sera piovosa, il ragazzo si chiude in un salotto silenzioso e buio e confessa alla sorella di Mangan tutti i suoi sentimenti: "Ho stretto insieme le palme delle mie mani fino a farle tremare, mormorando: O amore! O amore! molte volte. " Questa scena è il culmine dell'idealizzazione sempre più romantica della sorella di Mangan da parte del narratore. Quando le parla davvero, si è costruito di lei un'idea così irrealistica che riesce a malapena a comporre le frasi: "Quando mi ha rivolto le prime parole ero così confuso che non sapevo cosa rispondere. Mi chiese se andavo all'Arabia, non ricordo se risposi sì o no." Ma il narratore si riprende benissimo: quando la sorella di Mangan dichiara tristemente che non potrà andare al bazar Arabia, lui si offre galantemente di riportarle qualcosa.

Il narratore ora non vede l'ora di andare al bazar arabo e procurare alla sua amata un grande dono per cui lei gli sarà riconoscente. E sebbene la zia si agiti sperando che non si tratti di "un losco affare massonico" e suo zio, forse ubriaco, forse semplicemente tirchio, torni così tardi a casa dal lavoro e sia così dubbioso e reticente da impedire quasi al narratore di andare al bazar, quest'ultimo, coraggioso ma frustrato, esce di casa, stringendo forte un fiorino, nonostante l'ora tarda, e si dirige verso il bazar.

Ma il mercato arabo si rivela non essere il posto fantastico che credeva. È tardi; la maggior parte delle bancarelle sono chiuse. L'unico suono udibile è quello delle "monete che cadono" mentre gli uomini contano i loro soldi. La cosa peggiore, però, è la visione della sessualità – del suo futuro – che riceve quando si ferma in uno dei pochi stand aperti rimasti. La giovane donna che bada alla bancarella è impegnata in una conversazione con due giovani. Sebbene il ragazzo sia potenzialmente un cliente, gli dedica attenzione solo a malincuore e per breve tempo prima di tornare alla sua conversazione frivola. La sua visione idealizzata dell'Arabia viene distrutta, insieme a quella della sorella di Mangan e dell'amore: "Alzando lo sguardo nell'oscurità mi sono visto come una creatura guidata e derisa dalla vanità, e i miei occhi bruciavano di angoscia e rabbia".

"Arabia" contiene temi e caratteristiche comuni a Joyce in generale e a Gente di Dublino in particolare. Come "Eveline", " Arabia" coinvolge un personaggio che intraprende un viaggio che termina in futilità. Il ragazzo vive con gli zii, come il ragazzo in "The Sisters". Lo zio del ragazzo sembra essere un prototipo di Simon Dedalus in Ritratto dell'artista da giovane e Ulisse . Un critico, notando le allusioni religiose della storia e trovando nel finale l'idea di una chiesa che si svuota, vede il viaggio del ragazzo verso l'Arabia come un'inutile ricerca della Chiesa irlandese. [18] Un altro critico, ampliando tale idea, ha sostenuto che Joyce abbia attinto all'iconografia della Chiesa per rappresentare la sorella di Mangan e alla sua liturgia per rendere la chiusura del bazar, e che la storia dovrebbe essere letta come una parodia dell'Eucaristia simile a "Le Sorelle". [19]

Eveline[modifica | modifica wikitesto]

Una giovane donna, Eveline, di circa diciannove anni è seduta vicino alla finestra, in attesa di uscire di casa. Riflette sugli aspetti della sua vita che la spingono ad andarsene, mentre "nelle sue narici c'era l'odore del cretonne polveroso". Sua madre è morta così come suo fratello maggiore Ernest. Il fratello rimasto, Harry, è in viaggio per lavoro, lavora "nel settore della decorazione di chiese". Eveline teme che suo padre la picchi come faceva con i suoi fratelli e ha poco interesse a lavorare nel settore vendite. Si è innamorata di un marinaio di nome Frank che le promette di portarla con sé a Buenos Aires. Prima di partire per incontrare Frank, sente un suonatore d'organo, che suona una melodia che le ricorda quella suonata da un organo il giorno della morte di sua madre e ricorda la promessa che aveva fatto a quest'ultima di prendersi cura della casa. Al molo dove lei e Frank stanno per imbarcarsi insieme su una nave, Eveline rimane paralizzata.

Quando Joyce si riferisce a Frank come "all'amante" di Eveline, intende solo che i due sono coinvolti sentimentalmente: la parola non aveva l'accezione moderna, utilizzata solo a partire dagli anni '20 (Secondo l'Oxford English Dictionary).

Joyce disse che la sua intenzione nello scrivere i racconti era quella di rivelare la "paralisi" propria dei dublinesi di quell'epoca [20] Un critico di Joyce ritiene che l'incapacità di Eveline di lasciare Dublino con Frank per iniziare una nuova vita sia "l'espressione più semplice di paralisi" nella raccolta di racconti. [21] Un altro ritiene improbabile la storia di successo di Frank, ritiene ironico il nome "Frank (sincero)" e sostiene che il fatto che quest'ultimo abbia lasciato Eveline da sola al molo dimostra che non intendeva portarla a Buenos Aires, ma piuttosto sedurla a Liverpool, dove la nave era effettivamente diretta. [22] Si è scoperto che "'andare a Buenos Ayres' era l'espressione gergale di inizio secolo utilizzata per intendere in realtà 'intraprendere una vita di prostituzione'"; [23] un'ulteriore lettura possibile è che Frank intenda portare Eveline a Buenos Aires, ma non sposarla.

Una piccola nube[modifica | modifica wikitesto]

La storia segue Thomas Chandler, o "Piccolo Chandler" come è conosciuto, attraverso una parte della sua giornata. La storia immerge il lettore nella vita di Piccolo Chandler quando è al lavoro, dove non riesce a concentrarsi perché è preoccupato dal pensiero di un incontro che dovrà avvenire più tardi quel giorno. Attende con ansia di incontrare il suo vecchio amico Ignatius Gallaher. Gallaher è ora una "figura di spicco" della stampa londinese e Piccolo Chandler non lo vede da otto anni. Mentre Piccolo Chandler pensa al suo vecchio amico e al successo che gli è arrivato, inizia a riflettere sulla propria vita. Questa riflessione offre al lettore un'idea del personaggio di Piccolo Chandler. Il lettore lo vede come un semplice osservatore della vita, un personaggio riluttante. È timido, perché gli piace la poesia ma è troppo "timido" per leggerla a sua moglie.

A Piccolo Chandler piace pensare che lui stesso sarebbe potuto diventare uno scrittore se solo lo avesse davvero voluto. Tutti i "diversi stati d'animo e impressioni che desiderava esprimere in versi" potrebbero ancora essere manifestati se solo potesse esprimersi. Ma per quanto Piccolo Chandler nasconda i suoi veri sentimenti con questi pensieri che sembrano "confortarlo", il lettore può vedere oltre.

Questi sentimenti vengono esposti più chiaramente al lettore nel bar in cui Piccolo Chandler incontra Gallaher. Qui Gallaher racconta storie incantevoli dei suoi lunghi e innumerevoli viaggi. La sua vita è l'esatto opposto di quella di Piccolo Chandler e Piccolo Chandler inizia a credere che sua moglie lo stia trattenendo dall'avere successo quando Gallaher esalta i suoi viaggi e le sue libertà. Senza sua moglie, senza il suo bambino, sarebbe libero di prosperare nelle sue ambizioni. Piccolo Chandler inizia a essere pervaso da una profonda invidia. Sembra che man mano che bevono e e parlano, Chandler si senta sempre più inferiore. Tuttavia, cerca di nascondere tale sentimento dicendo che un giorno Gallaher si sposerà e anche lui metterà su famiglia.

Joyce sposta la scena a casa di Piccolo Chandler. Troviamo il Piccolo Chandler con suo figlio in braccio. È seduto a un tavolo e guarda una foto di sua moglie Annie. La fissa cercando risposte al suo stato d'animo ora confuso. Tutto ciò che trova è freddezza. Vede una ragazza carina, ma non riesce a cogliere alcuna vita in lei, e la paragona sfavorevolmente alle donne ricche ed esotiche che Gallaher dice siano a sua disposizione. Si chiede perché l'abbia sposata. Quindi, apre un libro di poesie di Byron e inizia a leggere finché il bambino non inizia a piangere e il Piccolo Chandler scopre di non poterlo consolare e se la prende con lui. Il bambino spaventato piange sempre più forte finché non arriva Annie. Il modo diverso modo di rapportarsi di Annie a Piccolo Chandler e al bambino, rende evidente come Piccolo Chandler non sia la sua priorità.

Piccolo Chandler si sente in trappola. Tutti i sentimenti di speranza che esistevano all'inizio della giornata ora sono scomparsi. È in questo momento che Piccolo Chandler raggiunge una profonda consapevolezza. Finalmente scopre la verità che il lettore ha sempre saputo. La sua stessa riluttanza è l'unica responsabile del suo senso di incompletezza, e ora può solo incolpare se stesso. A Piccolo Chandler vengono le lacrime agli occhi e la storia si interrompe.

I morti[modifica | modifica wikitesto]

La storia è incentrata su Gabriel Conroy, insegnante e recensore di libri part-time, ed esplora i rapporti che quest'ultimo ha con la sua famiglia e i suoi amici. Gabriel e sua moglie Gretta arrivano tardi a una festa di Natale annuale, organizzata dalle sue zie, Kate e Julia Morkan, che lo accolgono con entusiasmo. Dopo un imbarazzante incontro con Lily, la figlia del custode, Gabriel sale le scale e si unisce al resto dei partecipanti alla festa. Gabriel è preoccupato per il discorso che dovrà tenere, soprattutto perché contiene riferimenti accademici, che teme che il suo pubblico non riesca a capire. Quando Freddy Malins arriva ubriaco, come temevano i padroni di casa, zia Kate chiede a Gabriel di assicurarsi che stia bene.

Mentre la festa va avanti, Gabriel viene affrontato dalla signorina Ivors, una nazionalista irlandese, sulla sua pubblicazione di una rubrica letteraria settimanale sul quotidiano unionista The Daily Express . Lei lo prende in giro definendolo un " irlandese anglofilo ", cioè un sostenitore del controllo politico inglese dell'Irlanda. Gabriel sottolinea che riceve 15 scellini alla settimana, e "i libri che ha ricevuto per la revisione sono stati quasi più graditi del misero assegno ". Ritiene che questa accusa sia veramente ingiusta, ma non riesce a offrire una controreplica soddisfacente. L'incontro finisce in modo imbarazzante, cosa che infastidisce Gabriel per il resto della serata. Diventa più insoddisfatto quando racconta a sua moglie dell'incontro, e lei esprime il desiderio di tornare a visitare la sua casa d'infanzia a Galway. La musica e la festa continuano; ma Gabriel si chiude in se stesso, pensando alla neve fuori e al discorso che di lì a poco dovrà tenere.

La cena inizia, con Gabriel seduto a capotavola. Gli ospiti discutono della musica e delle pratiche di alcuni monaci. A cena finita, Gabriel pensa ancora una volta alla neve - e inizia il suo discorso, lodando la tradizionale ospitalità irlandese, osservando che "viviamo in un'epoca scettica...tormentata dai pensieri," [24] e si riferisce alla zia Kate, zia Julia e Mary Jane come alle Tre Grazie. Il discorso si conclude con un brindisi e gli ospiti cantano " Perché è un bravo ragazzo ".

Mentre la festa volge al termine, gli ospiti diminuiscono e Gabriel si prepara ad andarsene. Trova sua moglie in piedi, apparentemente persa nei suoi pensieri, in cima alle scale. In un'altra stanza Bartell D'Arcy canta " The Lass of Aughrim ". I Conroy se ne vanno; e Gabriel è emozionato, perché è passato molto tempo dall'ultima volta che lui e Gretta hanno passato una notte in un albergo tutto per loro. Quando arrivano in hotel, le aspirazioni di Gabriel di fare l'amore appassionato vengono definitivamente disattese per la mancanza di interesse di Gretta. Gabriel la interroga ripetutamente su ciò che la preoccupa e lei ammette che sta "pensando a quella canzone, The Lass of Aughrim ". [25] Confessa che le ricorda qualcuno: un giovane di nome Michael Furey, che l'aveva corteggiata in gioventù a Galway. Cantava per lei "The Lass of Aughrim". Furey morì a diciassette anni, all'inizio della loro relazione; e lei era molto innamorata di lui. Crede che sia stata la sua insistenza nel volerla incontrare in inverno e con la pioggia, mentre era già malato, a ucciderlo. Dopo aver raccontato queste cose a Gabriel, Gretta si addormenta. All'inizio, Gabriel è scioccato e sgomento dal fatto che ci fosse qualcosa di così significativo nella vita di sua moglie di cui ancora non era a conoscenza. Riflette sul ruolo degli innumerevoli morti presenti nella vita delle persone viventi e osserva che tutti quelli che conosce, lui compreso, un giorno saranno solo un ricordo. Trova in questo fatto una profonda forza e affermazione della vita. Gabriel sta alla finestra, guarda la neve cadere; e la storia si espande oltre lui, sconfinando nel surreale e abbracciando l'intera Irlanda. Alla fine della storia, al lettore viene detto che "la sua anima svenne lentamente, mentre sentiva la neve cadere debolmente attraverso l'universo cadere debolmente come la discesa della loro ultima fine, su tutti i vivi e i morti". [26]

“Inscape” di Gerard Manley Hopkins[modifica | modifica wikitesto]

Gerard Manley Hopkins (1844 – 1889) è stato un poeta inglese e sacerdote gesuita. William York Tindall ha commentato, riferendosi alla teoria estetica di Stephen Dedalus in A Portrait of the Artist as a Young Man, "Lo splendore è epifania [e] lo splendore o la manifestazione di Stephen non è dissimile dal 'inscape' di Gerard Manley Hopkins, che può essere definito come l'essenza o l'individualità di una cosa che risplende da esso; ma mentre lo splendore di Stephen è la quidditas o whatness tomista, l'inscape di Hopkins assomiglia all'haecceitas o thisness di Duns Scoto . . . . [Loro] sono simili nel concentrarsi sull’oggetto”. [27]

" Spots of Time" di William Wordsworth[modifica | modifica wikitesto]

William Wordsworth era un poeta romantico del 1800. Divenne famoso grazie alla sua collaborazione con Samuel Taylor Coleridge nella raccolta di poesie intitolata Lyrical Ballads . Ai tempi di Wordsworth, alle epifanie non era ancora stato associato quel termine e Wordsworth le chiamava " Spots of Time", Momenti di tempo. [28] È opinione condivisa che il moderno espediente letterario che chiamiamo "epifania" abbia avuto inizio con il Romanticismo e in particolare con le opere di William Wordsworth. L'innovazione di Wordsworth dei "Momenti di tempo" nelle sue poesie ha influenzato la narrativa moderna e il racconto moderno. [29]

Il Preludio[modifica | modifica wikitesto]

I principali punti della trama del Preludio sono incentrati sull'esplorazione dell'epifania, che Wordsworth presenta come vitale per la storia della sua immaginazione. [30] Due temi centrali di The Prelude sono l'infanzia, la memoria e le avventure che Wordsworth ha vissuto da bambino nel Lake District. Questi ricordi d'infanzia, rievocati in età adulta, includono epifanie che Wordsworth definisce Momenti di tempo".


Nel dodicesimo libro del Preludio, Wordsworth nella sua poesia elabora l'esperienza della virtù ringiovanente che gli viene donata attraverso i suoi momenti epifanici che ricorda dall'esperienza infantile.

"Ci sono nella nostra esistenza Momenti di tempo, / che conservano con diversa importanza, / una virtù rinnovatrice, da cui - depressi / da false opinioni e pensieri controversi, / o oppressi da qualcosa di più pesante o più mortale, / in occupazioni banali, e il giro/ Dei rapporti ordinari: le nostre menti/ Sono nutrite e invisibilmente riparate;/ Una virtù, per la quale il piacere è accresciuto,/ Che penetra, ci fa salire,/ Quando in alto, più in alto, e ci solleva quando caduti. ./ Questo spirito efficace si nasconde soprattutto/ Tra quei passaggi della vita che danno/ La conoscenza più profonda di fino a che punto, e come,/ La mente è signora e padrona, il senso esteriore/ L'obbediente servitore della sua volontà/ Tali momenti sono sparsi ovunque,. e s'incontrano/ Dalla nostra prima infanzia." [31]

Il linguaggio che Wordsworth usa in questo estratto suggerisce che ha avuto molti "Momenti del tempo" a cui ha potuto attingere dalla sua memoria che gli danno e gli hanno dato forza mentre gli rilasciano un senso di epifania nella sua nuova consapevolezza di vedere il mondo in un ricordo di giovinezza.

Autori celebri che utilizzano epifanie[modifica | modifica wikitesto]

L'uso delle epifanie come dispositivo stilistico e strutturale nella narrativa e nella poesia divenne importante nell'era romantica . [32] Era un espediente letterario popolare dell'autore modernista. [33]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Morris, Beja. Epiphany in the Modern Novel (1916). London: Peter Owen, 1971.
  2. ^ James Joyce, Stephen Hero, Jonathan Cape, 1944, p. 216.
  3. ^ See Beja. Also Abrams, M.H. Natural Supernaturalism: Tradition and Revolution in Romantic Literature. New York: Norton, 1971; and Nichols, Ashton. The Poetics of Epiphany: Nineteenth-Century Origins of the Modern Literary Movement. Tuscaloosa: U. of Alabama P., 1987.
  4. ^ Kim, Sharon. Literary Epiphany in the Novel, 1850–1950: Constellations of the Soul. NY: Palgrave Macmillan, 2012.
  5. ^ Taylor, Charles. Sources of the Self. (Cambridge, MA: Harvard UP, 1989) 422.
  6. ^ Skeat, Rev. Walter W. An Etymological Dictionary of the English Language. Oxford: Clarendon Press, 1910.
  7. ^ Platt, Verity. Facing the Gods: Epiphany and Representation in Graeco-Roman Art, Literature and Religion. Cambridge: Cambridge University Press, 2011.
  8. ^ https://biblehub.com/greek/2015.htm.
  9. ^ http://jamesjoyce.ie/dubliners-3/.
  10. ^ Nicholas A. Fargnoli, James Joyce A to Z: the essential reference to the life and work, 1996, ISBN 9780195110296, OCLC 804496624.
  11. ^ James Joyce, Stephen Hero, Jonathan Cape, 1944, p. 216.
  12. ^ James Joyce, Ulysses, Egoist Press, 1922, p. 41.
  13. ^ James Joyce, Collected Epiphanies of James Joyce: A Critical Edition, University Press of Florida, 2024, ISBN 0813080711.
  14. ^ Beja p.18.
  15. ^ Stanislaus Joyce, My Brother's Keeper: James Joyce's Early Years, The Viking Press, 1958, pp. 62–63.
  16. ^ William York Tindall, A Reader's Guide to James Joyce, Thames and Hudson, 1959, pp. 17–19.
  17. ^ Joyce, J (1914). Dubliners. Londra: Grant Richards.
  18. ^ William York Tindall, A Reader's Guide to James Joyce, Thames and Hudson, 1959, pp. 19–21.
  19. ^ Frederick K. Lang, "Ulysses" and the Irish God, Bucknell University Press, Associated University Presses, 1993, pp. 41-43, ISBN 0838751504.
  20. ^ C. P. Curran, James Joyce Remembered, Oxford University Press, 1968, p. 49, ISBN 0192111795.
    «I call the series Dubliners to betray the soul of that hemiplegia or paralysis which many consider a city.»
  21. ^ William York Tindall, A Reader's Guide to James Joyce, Thanmes and Hudon, 1960, p. 21.
  22. ^ vol. 10, https://jjq.utulsa.edu/.
  23. ^ vol. 48, https://academicworks.cuny.edu/bx_pubs/8/.
  24. ^ James Joyce, Dubliners, Penguin Books, 1914, p. 204, ISBN 0-14-018647-6.
  25. ^ James Joyce, Dubliners, Penguin Books, 1914, p. 219, ISBN 0-14-018647-6.
  26. ^ James Joyce, Dubliners, Penguin Classics, Penguin Books, 1914, p. 225, ISBN 0-14-018647-6.
  27. ^ William York Tindall, The Literary Symbol, Columbia University Press, 1955, p. 242.
  28. ^ vol. 53, DOI:10.1353/jjq.2015.0056, ISSN 1938-6036 (WC · ACNP), https://oadoi.org/10.1353/jjq.2015.0056.
  29. ^ vol. 14, DOI:10.2307/468689, ISSN 0028-6087 (WC · ACNP), https://oadoi.org/10.2307/468689.
  30. ^ vol. 26, DOI:10.2307/2872079, ISSN 0013-8304 (WC · ACNP), https://oadoi.org/10.2307/2872079.
  31. ^ ISBN 9781843797340, OCLC 973775028.
  32. ^ See Abrams, Beja, Nichols, Langbaum.
  33. ^ www.victorianweb.org, http://www.victorianweb.org/technique/epiphany4.html. URL consultato il 16 ottobre 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]