Trattato di Firenze (1844)

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Trattato di Firenze
Il confine sull' Enza e nella Bassa Reggiana tra i due ducati conseguente l'attuazione del trattato (1848)
Firma28 novembre 1844
LuogoFirenze, Granducato di Toscana
Parti Granducato di Toscana

Ducato di Modena e Reggio

Ducato di Parma e Piacenza
FirmatariCamillo Vacani
Antonio Raffaelli
Giuseppe Forni
Giovanni Battista Carrega e Neri Corsini
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Il trattato di Firenze del 28 novembre 1844 fu un accordo segreto stipulato tra i governi del Granducato di Toscana, del Ducato di Modena e Reggio e del Ducato di Parma e Piacenza. Scopo del trattato era quello di attuare alcune disposizioni e compensazioni territoriali previste dal Congresso di Vienna del 1815 e razionalizzare i confini tra i tre stati nell'area della Lunigiana e della Garfagnana, dove erano ancora presenti confini contorti e varie enclaves.

Premesse

Il Congresso di Vienna e quello parigino del 1817 stabilirono l'assegnazione in vitalizio del Ducato di Parma a Maria Luigia d'Austria, seconda moglie di Napoleone e zia di Francesco V, duca di Modena. Con la morte della duchessa, gli Stati parmensi sarebbero tornati ai legittimi sovrani: i Borbone di Spagna, che nel frattempo erano stati nominati duchi di Lucca ed avevano preso possesso del territorio della ex repubblica oligarchica, sciolta da Napoleone nel giugno 1805. Con la morte di Maria Luigia ed il ritorno borbonico a Parma, il Ducato di Lucca sarebbe stato tripartito tra il Ducato di Parma, quello modenese ed il Granducato di Toscana.

La firma del Trattato e i cambiamenti rispetto a Vienna e Parigi

Dopo lunghe trattative a Firenze, il 28 novembre 1844, i rappresentanti dei governi toscano, modenese e parmense alla presenza dell'ambasciatore sabaudo e di quello asburgico decisero di apportare dei cambiamenti rispetto a quanto deciso a Vienna e Parigi quasi 30 anni prima. Se da un lato si ribadivano le cessioni che il Granducato di Toscana avrebbe dovuto fare a vantaggio del Ducato di Modena e Reggio al momento dell'annessione del Ducato di Lucca, ossia il Vicariato di Fivizzano e le quattro enclaves lucchesi di Gallicano, Minucciano, Montignoso del Lago di Porta; con la firma del Trattato i modenesi rinunciarono all'annessione dei Vicariati di Pietrasanta (comprendente anche Forte dei Marmi e la Versilia) e di Barga, anch'essa prevista dal Congresso del 1815. Sempre in Firenze, in cambio della rinuncia modenese a Pietrasanta e Barga, si decise che il Granducato di Toscana avrebbe dovuto cedere Pontremoli e l'alta Lunigiana agli Stati parmensi, che a loro volta avrebbero ceduto i territori dell' ex Ducato di Guastalla (Guastalla, Luzzara e Reggiolo) ai modenesi.

Carlo Lodovico di Borbone, fino al 1847 Duca di Lucca. Dopo la morte di Maria Luigia divenne Duca di Parma col nome di Carlo II.

Inoltre le clausole del trattato prevedevano che i due ducati emiliani, per razionalizzare le loro frontiere, si sarebbero scambiati vicendevolmente alcune fasce di territorio lungo il fiume Enza, futuro confine: parti del brescellese (Coenzo a Mane, Lentigione, Sorbolo a Mane), Poviglio, Gattatico, parte dell' attuale comune di Canossa (Ciano, i castelli di Canossa e di Rossena, Borzano d'Enza, Compiano, Gombio, Roncaglio) e parte della Valle dei Cavalieri (Succiso, Miscoso, Cecciola, Lugolo, Castagneto, Poviglio, Storlo, Pieve S. Vincenzo, Temporia e Cereggio) andavano a Modena, mentre Scurano e Bazzano venivano annessi agli Stati parmensi .

La crisi di Lucca e la guerra sfiorata tra Modena e Toscana

Nel settembre 1847 avvenero a Lucca alcuni tumulti per chiedere al duca Carlo Lodovico riforme liberali che nella confinante Toscana erano già state concesse; dopo un iniziale rifiuto il duca lucchese concesse qualcosa ma poi, non poté reggere alla pressione e partì per Modena, da dove trasformò il Consiglio di Stato in un Consiglio di Reggenza. Il 9 ottobre 1847 abdicò in favore del granduca di Toscana, il quale lo ricompensò con un'onerosa rendita annuale fino a che non avesse preso possesso del Ducato parmense. L'attuazione del Trattato non fu facile come i tre sovrani si aspettavano, data la reazione delle popolazioni interessate. A Lucca si gridò di essere stati oggetto di mercato ma le proteste si calmarono presto, grazie alla politica conciliante del granduca Leopoldo II. Andarono diversamente le cose a Pontremoli e Fivizzano, dove non si accettò di buon grado il passaggio dal mite e bonario governo lorenese a quelli tirannici dei Borbone di Parma e degli Austro-Estensi. Il comune di Pontremoli protestò contro la cessione a Parma e mandò una delegazione al Granduca; la gente della città minacciò persino di dare fuoco all'abitato seguendo l'esempio dei moscoviti nel 1812. Nello stesso tempo, le truppe modenesi entrate a Fivizzano dovettero subito sedare un'insurrezione, facendo morti e feriti tra i fivizzanesi. Di fronte a questi eventi, in Toscana si arrivò persino a chiedere che il granduca dichiarasse guerra ai due stati vicini: Leopoldo II, per evitare un conflitto e cercare allo stesso di mantenere i territori, propose un forte compenso in denaro ai due sovrani affinché rinunciassero alle annessioni, proposta accettata dall'indebitato duca di Parma ma non da quello di Modena. Alla fine, l'esecuzione delle clausole del trattato fu effettuata grazie alle pressioni austriache, e le truppe parmensi ed modenesi poterono finalmente occupare i territori ceduti dalla Toscana.

Bibliografia

  • Claudio Maria Goldoni. Atlante Estense. Mille anni nella storia d' Europa. Edizioni Artestampa, 2010.

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