Sulla Natura (Epicuro)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Sulla Natura
Titolo originaleΠερί φύσεως
Altri titoliLettera sulla felicità
Busto di Epicuro (Pergamonmuseum, Berlino)
AutoreEpicuro
1ª ed. originaleIII secolo a.C.
Generetrattato
Sottogenerefilosofica
Lingua originalegreco antico

Il trattato Sulla Natura è il testo più importante di Epicuro, composto almeno fino al 300 a.C. e comprendente 37 libri.

Struttura e contenuto[modifica | modifica wikitesto]

La lettera di Epicuro a Erodoto sembra essere un riassunto del trattato (o almeno dei libri I–XIII[1]), di cui, oltre a vari frammenti di tradizione indiretta[2], abbiamo ampie porzioni papiracee di vari libri[3]. Comunque, è possibile intuire solo il contenuto dei libri I-II, X-XV, XXV, XXVIII, XXXIV[4].

La riflessione polemica, spesso carente dal punto di vista della chiarezza, ha spinto gli studiosi a condividere le critiche antiche allo stile contorto di Epicuro, parlando di una «opera esoterica, (in cui) lo stesso argomento veniva trattato più volte, in libri diversi e scritti anche a distanza di tempo»[5].

Libro I[modifica | modifica wikitesto]

Il primo libro stabilisce chiaramente che tutte le cose sono fatte di atomi e di vuoto[6].

Libro II[7][modifica | modifica wikitesto]

Il libro II stabilisce l'esistenza di particelle di luce. Gran parte della discussione che abbiamo si concentra su come i corpi emettono queste particelle (chiamate eidola nel testo originale). È chiaro che questi simulacri sono particelle dal fatto che quando incontrano resistenza rimbalzano indietro, come qualsiasi altra particella. Il sole emette luce, raggiunge l'acqua e noi vediamo il blu perché i “raggi” solari non penetrano completamente nella profondità delle acque. È così che alcuni corpi solidi lasciano passare un po' di luce, perché non sono densi come altri muri[8].

Libro IV[modifica | modifica wikitesto]

L'unica attestazione esistente del IV libro è contenuta nel P.Herc. 807, che conserva, in condizioni frammentarie, sezioni di un libro anepigrafo, che apparterrebbe al Περὶ θανάτου di Filodemo e si riferirebbe alle attività sensoriali[9].

Libro X[10][modifica | modifica wikitesto]

Discute sulla natura del tempo, su come misurarlo (menziona i giorni e le notti), sull'importanza di usare un linguaggio convenzionale per descriverlo e sul fatto che il tempo è reale.

Libro XI[11][modifica | modifica wikitesto]

Questo libro rifiuta l'idea che la Terra sia il centro del cosmo[12] e discute di oggetti che fluttuano nell'aria. Dice “certe persone concepiscono la Terra circondata da muri… e suppongono che la Terra sia al centro di tutto”. Ora, poiché Epicuro credeva che l'universo fosse infinito, sappiamo che avrebbe rifiutato il modello centrato sulla Terra perché un modello infinito del cosmo non avrebbe un centro e tutte le cose sarebbero relative l'una all'altra. Invece, dovrebbero esserci innumerevoli "centri" o hub. Epicuro ha dovuto usare il linguaggio a disposizione degli antichi per spiegare cosa sono le orbite – e la danza organizzata tra tanti corpi orbitanti che acquisisce un certo equilibrio di spinte e tiri e cadute – senza avere a disposizione la parola “orbita”.

Epicuro discute, poi, dove sorge e tramonta il sole e la sua distanza da noi, offrendo vari modelli per interpretarlo[13].

Libro XII[modifica | modifica wikitesto]

Questo libro continua la trattazione sui fenomeni meteorologici [14] affronta le eclissi. Inoltre, secondo Filodemo[15], proprio in questo libro (in un passaggio che non è pervenuto) Epicuro sosteneva che gli esseri umani avevano l'idea di "certe nature imperiture". Questo libro sembra affrontasse anche la teologia [16].

Libro XIII[modifica | modifica wikitesto]

Questo libro sembra continuare le conversazioni sugli dei nel libro precedente. Filodemo dice che qui Epicuro si rivolse ai “ rapporti di affinità, e anche di ostilità, che gli dèi hanno con certe persone ”.

Libri XIV-XV[modifica | modifica wikitesto]

Il XIV libro, scritto nel 301/300[17], polemizza con la dottrina degli elementi del Timeo platonico, mentre nel libro successivo[18] da una parte si trattano la natura e la composizione dei corpi, dall’altra parte si fanno affermazioni metodologiche.

Libro XXV[modifica | modifica wikitesto]

Epicuro confronta "la costituzione originaria" di un individuo con il "prodotto in via di sviluppo" (il suo carattere), e infine il "prodotto sviluppato" - un carattere pienamente maturo di qualcuno che comprende la sua "responsabilità causale". A tal proposito, Epicuro parla dei "germi" o "semi" (spermata) che portiamo dalla nascita sia della saggezza che della virtù, così come dell'ignoranza e dei vizi.

Libro XXVIII[19][modifica | modifica wikitesto]

Il libro XXVIII affronta le questioni epistemologiche sul linguaggio ed è indirizzato a Metrodoro alla presenza di altri membri della scuola. Si tratta di una conferenza, scritta nel 296/5, che viene a precisare la teoria epicurea del linguaggio e le categorie epicuree del procedimento logico, integrandosi nelle altre testimonianze sullo stesso problema. Epicuro fornisce ampie e sistematiche indicazioni metodologiche sull’uso corretto del linguaggio ordinario e di quello filosofico, che appaiono il frutto di una lunga riflessione che ha coinvolto l’intera scuola, in particolare Metrodoro.

Libro XXXIV[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta delle rappresentazioni oniriche, discutendo dell’origine dell’errore e del turbamento emotivo nei sogni in polemica con Platone e Democrito[20].

Libri incerti[modifica | modifica wikitesto]

In un libro di cui non rimane il numero[21], Epicuro affermava in modo assoluto e rigoroso il libero arbitrio, probabilmente in diretta polemica con Democrito. Altri libri, ricomponibili da altri frammenti, criticavano i miti e le superstizioni[22] e entravano in polemica con Empedocle[23].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ D. Sedley, Theophrastus and Epicurean Physics, in Theophrastus: Reappraising the sources, ed. by J. van Ophuijsen, M. van Raalte, London, Routledge, 1998, p. 346.
  2. ^ 21 nell'edizione di Hermann Usener.
  3. ^ P.Herc. 1149, 1151, 1042 e 154 (di cui resta solo la subscriptio), 1056 (con frammenti di 28 pagine}, 697, 1191, 362, 1431, 419, 993, 1390, 1420. Di fatto, undici citazioni del Περὶ φύσεως di Epicuro si leggono nei papiri ercolanesi, delle quali sette nel De pietate di Filodemo (si menzionano i libri sesto, ottavo, dodicesimo, tredicesimo, trentaduesimo e trentacinquesimo); due nel P.Herc. 998 (Scriptor Graecus incertus), relative ai libri trentaduesimo e trentaquattresimo; una nel P.Herc. 1111 (Scriptor Graecus incertus), in cui si menzionano i libri dodicesimo e tredicesimo.
  4. ^ Una citazione dal libro XXXV è in Filodemo, Sulla pietà, 124, 12 Gomperz (= Fr. 30 Arrighetti).
  5. ^ G. Arrighetti, nota a Epicuro, Opere, Torino, Einaudi, 1960, p. 582.
  6. ^ Fr. 22 Arrighetti.
  7. ^ Pervenuto in due papiri, 1149/993 e 1010.
  8. ^ Nel secondo libro Contro Teofrasto (fr. 30 Usener), sosteneva che i colori non sono intrinseci ai corpi ma il risultato di certe disposizioni e posizioni relative all'occhio.
  9. ^ Cfr. L. Giuliano, Una citazione del IV libro Sulla natura di Epicuro nel P.Herc. 807 (Filodemo, Περὶ θανάτου?), in https://quod.lib.umich.edu/i/icp/7523866.0025.137/--una-citazione-del-iv-libro-sulla-natura-di-epicuro-nel-pherc?rgn=main;view=fulltext#N2 .
  10. ^ PHerc. 1413.
  11. ^ PHerc. 1042 e 154.
  12. ^ Fr. 28 Arrighetti.
  13. ^ Frr. 38-45 Arrighetti.
  14. ^ Come preannunciato in fr. 45 Arrighetti. "nei libri seguenti risolveremo altre questioni ancora riguardo ai fenomeni meteorologici".
  15. ^ Sulla pietà, 113, 23-114 11 Gomperz.
  16. ^ Fr. 26 Arrighetti.
  17. ^ P.Herc. 1148.
  18. ^ Nel papiro ercolanese 1151.
  19. ^ PHerc. 1479/1417.
  20. ^ Cfr. F. Verde, Rileggendo il XXXIV libro Sulla natura di Epicuro: Struttura generale e questioni storico-filosofiche, in ’Vedere’ l’invisibile. Rileggendo il XXXIV libro Sulla natura di Epicuro (PHerc. 1431), in "Cronache Ercolanesi", Suppl. 6 (2020), a cura di Giuliana Leone, Francesca G. Masi, Francesco Verde, pp. 7-24.
  21. ^ Ricomposto da PHerc. 1056, 1191, 697.
  22. ^ PHerc. 1420.
  23. ^ PHerc. 1431.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Epicuro, Opere, introduzione, testo critico, traduzione e note di Graziano Arrighetti, Torino, Einaudi, 1960.
  • Raffaele Cantarella, Graziano Arrighetti, Il libro Sul tempo (PHerc. 1413) dell’opera di Epicuro 'Sulla natura', in "Cronache Ercolanesi", 2 (1972), pp. 5–46.
  • David Sedley, Epicurus, 'On Nature', Book XXVII, in "Cronache Ercolanesi", 3 (1973), pp. 5–83.
  • Epicuro, Opere, a cura di M. Isnardi Parente, Torino, Einaudi, 1974.
  • Graziano Arrighetti, Marcello Gigante, Frammenti del libro undicesimo ‘Della natura’ di Epicuro (PHerc. 1042), in "Cronache Ercolanesi", 7, (1977), pp. 5–8.
  • Claire Millot, Epicure ‘De la nature’ livre XV, in "Cronache Ercolanesi", 7 (1977), pp. 9–39.
  • Giuliana Leone, Epicuro, 'Della natura', libro XIV, in "Cronache Ercolanesi", 14 (1984), pp. 17–107.
  • Simon Laursen, The Early Parts of Epicurus, 'On Nature', 25th Book, in "Cronache Ercolanesi", 25 (1995), pp. 5–109; 27 (1997), pp. 5–83.
  • Giuliana Leone, Epicuro, 'Della natura', libro XXIV (PHerc. 1431), Cronache Ercolanesi, 32 (2002), pp. 7–135.
  • Epicuro, Sulla natura libro II, edizione, traduzione e commento a cura di G. Leone, Napoli, Bibliopolis, 2012.
  • ’Vedere’ l’invisibile. Rileggendo il XXXIV libro Sulla natura di Epicuro (PHerc. 1431), in "Cronache Ercolanesi", Suppl. 6 (2020), a cura di Giuliana Leone, Francesca G. Masi, Francesco Verde.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN177736136 · BNF (FRcb16777065x (data)