Unificazione dell'Arabia Saudita: differenze tra le versioni

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Versione delle 11:26, 19 dic 2016

Mappa della penisola arabica

L'unificazione dell'Arabia Saudita fu un processo durante il quale tribù, sceiccati ed emirati di gran parte della Penisola arabica si allearono, sotto il comando della Dinastia Saudita, o Al Saud, fra il 1902 ed il 1932, quando venne proclamato l'attuale regno dell'Arabia Saudita. Portato avanti dal carismatico Abdul Aziz Ibn Saud, questo processo diede vita a quello che molti chiamarono Terzo Stato Saudita, per differenziarlo dal primo e dal secondo esistiti in precedenza sotto il clan Al Saud.

Al Saud era stato in esilio in Kuwait fino al 1893, a seguito della dissoluzione del Secondo Stato Saudita e l'ascesa dell'Emirato di Jabal Shammar sotto il clan Al Rashid. Nel 1902, Ibn Saud riconquistò Riyadh, l'antica capitale della dinastia Al Saud. Egli continuò a sottomettere il resto della penisola come Najd, Al-Hasa, Jabal Shammar, 'Asir e Hegiaz oltre alle città sante di Mecca e Medina) tra il 1913 e il 1926. Il sistema politico risultante venne chiamato Regno del Neged e dell'Hegiaz dal 1927 fino a quando non si consolidò ulteriormente con Al-Hasa e Qatif nel Regno dell'Arabia Saudita nel 1932.

Antefatto

Lo stesso argomento in dettaglio: Primo Stato Saudita e Secondo Stato Saudita.

A seguito degli accordi di Diriyah fra Muhammad ibn Abdul Wahhab e Muhammad ibn Saud, la dinastia Saudita fondò il Primo Stato Saudita basato sulla stretta osservanza dell'Islam. L'ideologia nata in questo periodo fu in seguito detta Wahhabismo. Originatosi nella regione Najd dell'Arabia centrale, il Primo Stato Saudita conquistò la maggior parte della penisola Arabica, culminata nella conquista della città santa dell'Islam, La Mecca, nel 1802.[1]

La perdita della Mecca fu un significativo colpo al prestigio dell'Impero Ottomano, che aveva esercitato il potere sulla città santa dal 1517. Pertanto gli Ottomani decisero di dichiarare guerra agli Al Saud. Il compito di distruggere i Sauditi venne assegnato al viceré d'Egitto, Muhammad Ali Pasha, il quale inviò delle truppe nella regione di Hegiaz riconquistando la Mecca. Nello stesso tempo, suo figlio Ibrahim Pascià, guidò forze ottomane nella regione del Najd, riconquistando città dopo città. Raggiungendo la capitale Saudita a Dirʿiyya, Ibrahim la pose sotto assedio per diversi mesi fino alla sua resa avvenuta nell'inverno 1818. Inviò quindi diversi membri dei clan Al Saud e Ibn Abdul Wahhab in Egitto e nella capitale ottomana Costantinopoli ordinando la sistematica distruzione di Diriyah. L'ultimo imam Saudita, Abdullah bin Saud, venne successivamente giustiziato a Costantinopoli.[2]

Gli Al Saud rimasero in esilio e decisero poi di fondare il Secondo Stato Saudita, la cui durata viene generalmente considerata dalla conquista di Riyad da parte di Turki Ibn Abdallah (che la designò come nuova capitale) nel 1824 fino alla Battaglia di Mulayda del 1891. Rispetto al Primo Stato Saudita, il Secondo Stato venne caratterizzato da una minore espansione territoriale e da un minore zelo religioso. Esso fu caratterizzato da instabilità politica, che gli Al Rashid di Jabal Shammar furono in grado di sfruttare. Il leader saudita, Abdul Rahman ibn Faisal, cercò rifugio in Kuwait nel 1893.[3]

Storia

Presa di Riyadh

Nel 1901, il figlio di Abdul Rahman, Abdul Aziz (futuro Ibn Saud),[4] chiese all'emiro del Kuwait uomini, cavalli e armi per attaccare Riyadh. Avendo già combattuto contro i Rashid, l'emiro acconsentì alla richiesta dando ad Ibn Saud cavalli e armamenti. Anche se il numero esatto di uomini cambiò spesso durante il viaggio successivo, si crede che abbia lasciato il Kuwait con circa 40 uomini.[5]

Nel gennaio 1902, Ibn Saud ed i suoi uomini giunsero a Riyadh. Visto lo scarso numero di uomini a sua disposizione, ritenne che l'unico modo per prendere la città era quello di catturare il castello Al Masmak e uccidere Ibn Ajlan, capo di Riyadh. Il castello venne espugnato con successo e Ibn Ajlan ucciso secondo i piani, e la città conquistata nella notte. Con la conquista della casa ancestrale della sua famiglia, Ibn Saud dimostrò di possedere le qualità necessarie per essere uno sceicco o emiro: leadership, coraggio e fortuna. Queste doti gli consentirono di unire la maggior parte della penisola, ancora una volta, costituendo il moderno stato dell'Arabia Saudita.[6][7]

Guerra Saudita-Rashid

La guerra Saudita-Rashid, detta anche "prima guerra Saudita-Rashid" o "Battaglia di Qasim", dalle forze leali ai Sauditi del nuovo Sultanato di Najd, contro l'emirato Ha'il (Jabal Shammar) sotto il dominio dei Rashid. Il periodo, costellato da sporadiche battaglie, ebbe termine con la conquista saudita della regione di Qasim, dopo la decisiva vittoria di Qasim del 13 aprile 1906,[8] anche se altre scaramucce continuarono a verificarsi fino al 1907.

Al-Hasa e Qatif

Nel 1913, Ibn Saud, fondatore della moderna Arabia Saudita, annesse Al-Hasa and Qatif al suo dominio dell'Emirato di Riyadh.[9]

Durante la prima guerra mondiale

Nel mese di dicembre 1915, il governo britannico tentò di coltivare il favore di Ibn Saud attraverso il suo agente segreto, il capitano William Shakespear ma questo tentativo venne abbandonato dopo la morte di Shakespear alla Battaglia di Jarrab. Al contrario, gli inglesi trasferirono il loro sostegno al rivale di Ibn Saud, Al-Husayn ibn Ali, capo della Hegiaz, con il quale i sauditi erano quasi costantemente in guerra. Lord Kitchener chiese a ibn Ali assistenza nel conflitto e Hussein chiese in cambio il riconoscimento politico. Uno scambio di lettere con Henry McMahon gli assicurò che la sua assistenza sarebbe stata premiata con la concessione dei territori fra Egitto e Persia, con l'eccezione dei beni e degli interessi imperiali in Kuwait, Aden e la costa siriana. I britannici inserirono nel Trattato di Darin che le terre della dinastia Saudita divenivano un protettorato britannico. Ibn Saud si impegnava a fare guerra contro Ibn Rashid, che era un alleato degli Ottomani. Allo scopo gli venne assegnato un appannaggio mensile quale compenso per muovere guerra contro Ibn Rashid.

Prima guerra Najd-Hegiaz

La prima guerra Saudito-Hashemita ebbe luogo nel 1918-1919 fra Ibn Saud e gli hashemiti del Regno di Hegiaz. La guerra rientrava nell'ambito del conflitto storico tra gli hashemiti di Hegiaz e i sauditi di Riyadh (Najd) per la supremazia in Arabia.[10] Il risultato fu la sconfitta delle forze hascemite e la cattura di al-Khurma da parte dei sauditi e del loro alleato Ikhwan, ma l'intervento britannico evitò il collasso immediato del regno hashemita, istituendo un cessate il fuoco, che sarebbe durato fino al 1924.

Conquista di Ha'il

La conquista di Ha'il, anche nota come Seconda guerra Saudito–Rashid, venne combattuta fra le forze Saudite, con l'appoggio di Ikhwan, contro l'Emirato di Ha'il (Jabal Shammar), comandato dall'ultimo capo Rashid. Il 2 novembre 1921, Jebel Shammar venne completamente conquistata dalle forze Saudite e successivamente incorporata nel Sultanato di Najd.

Guerra dei confini Kuwait–Najd

La guerra dei confini Kuwait-Najd scoppiò dopo la prima guerra mondiale, quando l'Impero Ottomano venne sconfitto dai britannici invalidando la Convenzione Anglo-Ottomana e dichiarando il Kuwait "sceiccato indipendente sotto il protettorato britannico". Il vuoto di potere, lasciato dalla sconfitta degli ottomani, ampliò il conflitto tra la sceiccato del Kuwait e Neged. La guerra portò in breve a sporadici scontri al confine nel 1921.

I confini fra Najd ed Emirato del Kuwait vennero stabiliti con il Protocollo Uqair del 1922.

Seconda guerra Najd-Hegiaz

La conquista Saudita di Hegiaz fu una campagna, ingaggiata dal sultano saudita Ibn Saud per conquistare il regno hashemita di Hegiaz nel 1924-1925. L'episodio ebbe termine nel dicembre 1925, con la caduta di Jeddah. Susseguentemente, nel 1926, il territorio conquistato venne incorporato nel Regno del Neged e dell'Hegiaz, sotto il dominio Saudita.

Rivolta Ikhwan

Lo stesso argomento in dettaglio: Rivolta Ikhwan.

L'espansione Saudita andò scemando negli anni 1920, a causa dell'attività degli Ikhwan alla ricerca di continua espansione, particolarmente verso i territori controllati dai britannici come la Transgiordania a nord - dove avvennero delle razzie nel 1922 e 1924. Faisal al-Dawish della tribù Mutair e Sultan bin Bajad degli Otaiba, capi degli Ikhwan, furono fra coloro che accusarono Abdul Aziz di essere "troppo accondiscendente", secondo una diceria diffusa che i sauditi erano "come sacchetti di cammello senza maniglie". Ne scaturì una rivolta, che raggiunse il culmine nella Battaglia di Sabilla, che alcuni hanno etichettato come un massacro, ma fonti pro-sauditi ritengono sia stata una lotta leale. Altre battaglie vennero combattute nel 1929 nel Jabal Shammar e nei territori contigui delle tribù Awazim. La ribellione venne stroncata nel 1930, con la resa degli ultimi insorti. Poiché i sopravvissuti vennero incarcerati, i loro discendenti rimasero contrari al governo saudita, e uno di essi, Juhayman al-Otaybi, si macchiò d'infamia, nel 1979, quando guidò l'attacco alla Grande Moschea.[11]

Proclamazione del Regno di Arabia Saudita

Il Regno dell'Arabia Saudita venne proclamato il 23 settembre 1932 e il figlio maggiore di Ibn Saud, Saud divenne principe della corona nel 1933.

Maggiori eventi e perdite umane

Battaglia di Riyadh – 37 morti
Battaglia di Dilam (1903) – 410 morti
Guerra Saudita–Rashid, (1903–1907) – più di 2 300 morti
Annessione di Al-Hasa e Qatif (1913) - numero sconosciuto
Battaglia di Jarrab (1915) - numero sconosciuto
Battaglia di Kanzaan (1915) - numero sconosciuto
Prima guerra Najd-Higiaz, (1918-1919) – 1 392 morti[12]
Raid Ikhwan in Iraq del 1921 - 700 morti
Guerra di confine Kuwait–Najd, (1921) – più di 200 morti[12]
Conquista di Ha'il (1921) - numero sconosciuto
Raid Ikhwan in Transgiordania, (1922–1924) – fra 500 e 1500 morti
Conquista saudita di Hegiaz (1924–1925) – più di 450 morti[12]
Rivolta Ikhwan (1927–1930) – 2 000 morti[12]

Note

  1. ^ Vassiliev,  pp. 83–103
  2. ^ Vassiliev,  pp. 140–191
  3. ^ Vassiliev,  pp. 198–204
  4. ^ In lingua araba "Ibn" significa "figlio" e "Ibn Saud" vuol dire "figlio di Saud". Anche se gli occidentali generalmente lo definiscono Abdul Aziz Ibn Saud come negli ultimi anni, "il titolo del capo clan di Ibn Saud ha continuato a fare riferimento a Abdul Rahman". Abdul Aziz non si riferiva a se stesso con questo titolo.
  5. ^ Lacey osserva, "Quaranta è il numero che i beduini spesso scelgono quando vogliono descrivere un corpo di spedizione piuttosto piccolo, e 40 è il numero dei compagni che si dice Abdul Aziz avesse avuto con sé quando lasciò il Kuwait nel mese di settembre 1901". Lacey offre una visione più completa dell'ambiguità che circonda i dettagli della conquista di Riyadh, il cui posto nel folklore dell'Arabia Saudita è paragonabile a quello della presa della Bastiglia per i francesi: Ibn Saud ne diede numerose versioni nel corso degli anni. Secondo Lacey, "Egli modificava la storia allo stesso modo in cui gli scribi del Vecchio Testamento descrivevano le loro leggende o il creatore della Chanson de Roland tesseva la sua epica, perché ancora oggi rimane negli arabi la piacevole ostinazione ad essere meno affascinati dalla distinzione tra realtà e finzione che dal mistero, romanticismo, poesia, immaginazione e anche decisamente capriccio ".
  6. ^ Troeller,  p. 21
  7. ^ Vassiliev,  p. 213
  8. ^ (EN) Alexander Mikaberidze, Conflict and Conquest in the Islamic World: A Historical Encyclopedia, ABC-CLIO, 2011, p. 807, ISBN 978-1-59884-336-1.
  9. ^ (EN) World and its peoples, London, Marshall Cavendish, 2006, p. 29, ISBN 0-7614-7571-0.
  10. ^ Mikaberidze. P.799
  11. ^ Le origini di questo evento dei dissidenti Ikhwan sono descritte in diverse fonti, anche se Lacey 2009 contiene una delle più recenti ricostruzioni. Per ulteriori informazioni sul sequestro della Grande Moschea, vedere L'assedio della Mecca di Yaroslav Trofimov.
  12. ^ a b c d University of Central Arkansas, Middle East/North Africa/Persian Gulf Region, su faculty.uca.edu.

Bibliografia

  • (EN) Mohammed Almana, Arabia Unified: A Portrait of Ibn Saud, London, Hutchinson Benham, 1982, ISBN 0-09-147290-3.
  • (EN) David Commins, The Wahhabi Mission and Saudi Arabia, London, New York, I.B. Tauris, 2006, ISBN 978-1-84511-080-2.
  • (EN) Christine Moss Helms, The Cohesion of Saudi Arabia, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 1981, ISBN [[Special:BookSources/|]]ISBN non valido (aiuto).
  • (EN) Hans Kohn, The Unification of Arabia, in Foreign Affairs, vol. 13, ottobre 1934, pp. 91–103.
  • (EN) Robert Lacey, Inside the Kingdom: Kings, Clerics, Modernists, Terrorists, and the Struggle for Saudi Arabia, New York, Viking, 2009, ISBN 978-0-670-02118-5.
  • (EN) Robert Lacey, The Kingdom, New York, Harcourt Brace Jovanovich, 1982, ISBN 0-15-147260-2.
  • (EN) Madawi Al-Rasheed, A History of Saudi Arabia, 2ndª ed., New York, Cambridge University Press, 2010, ISBN 0-521-74754-6.
  • (EN) Gary Troeller, The Birth of Saudi Arabia: Britain and the Rise of the House of Sa'ud, London, Routledge, 1976, ISBN 0-7146-3062-4.
  • (EN) Alexei Vassiliev, The History of Saudi Arabia, London, Saqi, 1998, ISBN 0-86356-935-8.

Collegamenti esterni

  • Dinastia Saud, documentario del 2005 della PBS' Frontline (U.S. TV series)