Istituto Autonomo Case Popolari: differenze tra le versioni

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Già nel [[1906]] l'ICP aveva completato le sue prime realizzazioni, fra le quali quelle al [[quartiere Flaminio]], nel [[1907]] iniziarono quelle del [[rione]] [[San Saba (rione di Roma)|San Saba]]<ref name=aterroma /> il cui completamento si ebbe negli [[anni 1920|anni venti]] e che per le soluzioni applicate ha nel corso del tempo acquisito valore urbanistico e progettuale autonomo e peculiare<ref>[[Ettore Maria Mazzola]] (a cura di), ''"Contro storia" dell'architettura moderna: il caso di Roma'', Volume 46 di ''Saggi e documenti di storia dell'architettura'', Alinea Editrice, 2004 - ISBN 8881258765</ref>. I progetti dell'allora giovane [[architetto]] [[Quadrio Pirani]] spiccano nelle citazioni di settore e San Saba nel tempo diviene, secondo [[Vittorio Sgarbi]], "''un momento essenziale della visita a Roma''"<ref>Vittorio Sgarbi, ''L'Italia delle meraviglie'', Bompiani, 2012 - ISBN 8858706951</ref>.
Già nel [[1906]] l'ICP aveva completato le sue prime realizzazioni, fra le quali quelle al [[quartiere Flaminio]], nel [[1907]] iniziarono quelle del [[rione]] [[San Saba (rione di Roma)|San Saba]]<ref name=aterroma /> il cui completamento si ebbe negli [[anni 1920|anni venti]] e che per le soluzioni applicate ha nel corso del tempo acquisito valore urbanistico e progettuale autonomo e peculiare<ref>[[Ettore Maria Mazzola]] (a cura di), ''"Contro storia" dell'architettura moderna: il caso di Roma'', Volume 46 di ''Saggi e documenti di storia dell'architettura'', Alinea Editrice, 2004 - ISBN 8881258765</ref>. I progetti dell'allora giovane [[architetto]] [[Quadrio Pirani]] spiccano nelle citazioni di settore e San Saba nel tempo diviene, secondo [[Vittorio Sgarbi]], "''un momento essenziale della visita a Roma''"<ref>Vittorio Sgarbi, ''L'Italia delle meraviglie'', Bompiani, 2012 - ISBN 8858706951</ref>.


Un intervento di analoga progressiva rivalutazione in epoche successive è quello che l'ICP attuò al quartiere [[Garbatella]]<ref name=aterroma />, per il quale progettarono [[Marcello Piacentini]] e [[Gustavo Giovannoni]] e la cui prima pietra fu posata dal re [[Vittorio Emanuele III]] il 18 febbraio [[1920]], ora "compleanno del quartiere"<ref>Cosmo Barbato, ''[http://www.caragarbatella.it/a2010/2010/febbraio-2010/quel-18-febbraio-1920-nasceva-il-quartiere-giardino Quel 18 febbraio 1920 nasceva il quartiere giardino]''</ref>.
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Versione delle 01:27, 6 giu 2019

Istituto Autonomo Case Popolari
SiglaIACP
StatoBandiera dell'Italia Italia
Istituito1903
daLuigi Luzzatti

L'Istituto Autonomo Case Popolari (in sigla IACP) è un tipo di ente italiano, avente lo scopo di promuovere, realizzare e gestire edilizia pubblica finalizzata all'assegnazione di abitazioni ai meno abbienti, segnatamente in locazione a canoni calmierati. In seguito al DPR n.616 del 24 luglio 1977 e Legge n.142/1990, tramite specifica legge regionale promulgata da ogni regione, l'istituzione è stata ridenominata Azienda territoriale per l'edilizia residenziale (in sigla ATER), edilizia popolare a livello regionale, storicamente assistita dai fondi GESCAL e dal contributo pubblico.

Il "tipo di ente" deriva dalla figura dell'"Istituto Case Popolari" (in sigla ICP), che era stato creato nel 1903[1] per volontà del deputato Luigi Luzzatti[2], poco dopo nominato Ministro del Tesoro nel secondo Governo Giolitti del Regno d'Italia: si parla di tipo di ente perché non era un unico organismo, ma si componeva di fatto in più compagini che si formavano localmente a livello comunale o provinciale. La "legge Luzzatti", come sin da subito fu chiamata dalla stampa nazionale, prevedeva infatti la possibilità di costituire enti di pari caratteristiche, in rango di ente economico (qualcuno divenne poi ente morale): per questo a sua volta Luzzatti aveva mutuato nella norma nazionale l'esperienza contratta l'anno prima a Trieste, ove si era sperimentata la formula dell'Istituto Comunale per gli Alloggi Minimi[3].

L'ICP era finalizzato alla realizzazione di edilizia economica e popolare precipuamente sull'area urbana di Roma, il cui allora sindaco, il principe Prospero Colonna, aveva caldeggiato e ispirato la legge sul piano dei valori etici: "interpretazione fedele dei sentimenti delle classi diseredate dalla fortuna"[3].

Piazza dell'Alberone, edificio IACP del 1927 di Camillo Palmerini (1995)

Già nel 1906 l'ICP aveva completato le sue prime realizzazioni, fra le quali quelle al quartiere Flaminio, nel 1907 iniziarono quelle del rione San Saba[3] il cui completamento si ebbe negli anni venti e che per le soluzioni applicate ha nel corso del tempo acquisito valore urbanistico e progettuale autonomo e peculiare[4]. I progetti dell'allora giovane architetto Quadrio Pirani spiccano nelle citazioni di settore e San Saba nel tempo diviene, secondo Vittorio Sgarbi, "un momento essenziale della visita a Roma"[5].

Un intervento di analoga progressiva rivalutazione in epoche successive è quello che l'ICP attuò al quartiere Garbatella[3], per il quale progettarono Marcello Piacentini e Gustavo Giovannoni e la cui prima pietra fu posata dal re Vittorio Emanuele III il 18 febbraio 1920, ora "compleanno del quartiere"[6].

La Garbatella, quartiere di Roma

Sulla scia dell'esempio capitolino, nacquero altri Istituti di analogo oggetto in molte parti d'Italia. Solo per fare qualche esempio, nel 1908 l'IACP della provincia di Napoli[7], nel 1914 l'Istituto autonomo case popolari di Venezia[8] e quello di Treviso[9], nel 1919 quello di Varese[10] e nel 1937 l'Istituto fascista Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Viterbo[11].

In precedenza l'ambito delle case popolari era gestito dai comuni solitamente con la collaborazione di istituti bancari aventi scopo sociale (casse di risparmio ecc.), e affidandosi ai lasciti di terreni da parte dei privati. Oggi a causa di quest'origine sociale di lascito molte case pubbliche non sono privatizzabili (poiché le clausole del lascito lo impediscono in eterno).

Fra le due guerre il fascismo intervenne sull'urbanistica per far fronte alla crisi degli alloggi e previde facilitazioni per gli enti che si occupavano di realizzarne[12], fra i quali l'ICP o l'Unione Edilizia Nazionale[13] o l'INCIS (Istituto Nazionale Case Impiegati dello Stato), l'IFACEP o altri ancora; queste realizzavano tanto il territorio metropolitano quanto quello coloniale, pertanto vi era fabbricazione di alloggi popolari anche nell'Africa Orientale Italiana[14].

Nel 1996, la Lombardia trasformò con una legge regionale gli IACP del territorio in Aziende lombarde per l'edilizia residenziale (Aler)[15], qualificati come enti pubblici di natura economica, con il compito di gestire il patrimonio edilizio secondo un criterio misto, non esclusivamente di tipo pubblico-assistenziale.
Il Regolamento approvato a marzo 2019 introduce graduatorie uniche per Ente proprietario a livello comunale, ammettendo le Forze dell'Ordine e i Vigili del Fuoco fra i possibili beneficiari degli alloggi[16].

Note

  1. ^ Con la legge n. 254 del 31 maggio 1903
  2. ^ Ater Rovigo
  3. ^ a b c d Ater Roma
  4. ^ Ettore Maria Mazzola (a cura di), "Contro storia" dell'architettura moderna: il caso di Roma, Volume 46 di Saggi e documenti di storia dell'architettura, Alinea Editrice, 2004 - ISBN 8881258765
  5. ^ Vittorio Sgarbi, L'Italia delle meraviglie, Bompiani, 2012 - ISBN 8858706951
  6. ^ Cosmo Barbato, Quel 18 febbraio 1920 nasceva il quartiere giardino Archiviato il 14 gennaio 2015 in Internet Archive.
  7. ^ Storiacity
  8. ^ Ater Venezia
  9. ^ Ater Treviso
  10. ^ Aler Varese Archiviato il 14 gennaio 2015 in Internet Archive.
  11. ^ Ater Viterbo
  12. ^ Alberto Clementi, Francesco Perego (a cura di), La Metropoli "spontanea": il caso di Roma - 1925-1981, sviluppo residenziale di una città dentro e fuori dal piano, Volume 18 de Il Politecnico (Bari, Italy), Edizioni Dedalo, 1983 - ISBN 8822008189
  13. ^ Posta però in liquidazione nel 1923
  14. ^ M. Barbot, A. Caracausi, P. Lanaro (a cura di), Lo sguardo della storia economica sull'edilizia urbana, Volume 4 di Città e storia, Editore Croma - Università Roma TRE, 2009 - ISBN 888368107X
  15. ^ Storia della ex ALER della Provincia di Varese, su alervarese.com. URL consultato il 10 aprile 2019 (archiviato il 31 marzo 2016).
  16. ^ Lombardia, nuovo regolamento Aler, su affaritaliani.it, 4 marzo 2019. URL consultato il 10 aprile 2019 (archiviato il 5 marzo 2019).

Voci correlate