Francesco Rubini: differenze tra le versioni
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I [[patriota|patrioti]] ruvestini si riunivano nella chiesa della Madonna dell'Isola, poi distrutta, in cui si radunavano i fedeli che venivano incitati e coinvolti dalle accese orazioni di Rubini<ref name=pag44>{{Cita|Tedone, 1997|pag. 44|Tedone}}.</ref>. Tuttavia dopo il [[1848]] la polizia [[Borbone|borbonica]] fu informata di tali riunioni e costrinse alla fuga i cospiratori, tra cui lo stesso Francesco Rubini che si rifugiò a [[Corato]]<ref name=pag44/>. Nello stesso anno inoltre l'avvocato invitò il sindaco ad inviare due rappresentanti ruvesi alla Dieta di [[Bari]], convocata dai [[liberali]], ma l'azione fallì sia per i timori del sindaco e sia per via delle oscure manovre delle autorità borboniche<ref name=pag44/>. |
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Nel [[1849]] scattò l'arresto e fu processato con la singolare accusa di ''predicatore abbenché non prete'' e trasferito nelle carceri di [[Trani]] e dunque detenuto per quattordici mesi assieme ad altri patrioti e cospiratori della zona<ref name=pag44/>. Il 10 gennaio [[1851]] la corte di Trani deliberò il legittimo stato di accusa di Rubini ed altri quindici mazziniani<ref name=pag44/>. Rubini fu scarcerato il 20 giugno successivo ma sottoposto per oltre dieci anni alla vigilanza di polizia. Tuttavia riuscì a seguire le assemblee dei patrioti ruvesi che si svolgevano nelle varie [[masseria|masserie]]<ref name=pag44/>. |
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Il 6 settembre [[1860]], dopo la formazione del governo provvisorio nel [[Sud Italia]], instaurato da [[Giuseppe Garibaldi]], Rubini fu dallo stesso nominato governatore con pieni poteri e subito provvide a scarcerare tutti i liberali condannati dal generale [[Emilio Pallavicini]]<ref name=pag45>{{Cita|Tedone, 1997|pag. 45|Tedone}}.</ref>. Inoltre costituì a Ruvo il triumvirato della "Nuova Italia" con [[Giovanni Jatta (1832)|Giovanni Jatta]] e Vincenzo Chieco e in seguito istituì la guarnigione ruvese della [[Guardia Nazionale Italiana|Guardia Nazionale]] di cui fu prima nominato [[comandante (grado militare)|comandante]] e poi primo [[maggiore]] per conto di [[Bettino Ricasoli]], incarico mantenuto fino al [[1866]]<ref name=pag45/>. Nello stesso giunse a Ruvo [[Menotti Garibaldi]] con l'intenzione di arruolare alcuni volontari per la [[terza guerra di indipendenza]] e fu dunque accolto da Rubini e Pasquale Cervone nella villa di quest'ultimo, che verrà in seguito chiamata ''Caprera''<ref name=pag45/>. |
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Versione delle 23:57, 14 nov 2018
«Libero pensa e libero scrivi ed incorrotto vivi, né chinar mai la fronte.»
Francesco Rubini (Ruvo di Puglia, 19 maggio 1817 – Ruvo di Puglia, 8 agosto 1892) è stato un patriota, politico e avvocato italiano.
Biografia
Francesco Rubini nacque e crebbe a Ruvo di Puglia e dopo aver completato gli studi presso gli Scolopi, si trasferì a Napoli dove divenne avvocato penalista sotto la guida di Luigi Zuppetta[1]. Si iscrisse dunque alla vendita carbonara ruvese "Perfetta fedeltà", la quale restò attiva anche dopo il decreto del 1821 attraverso cui Ferdinando I sciolse le società segrete[1]. Rubini entrò successivamente anche nella Giovine Italia di Giuseppe Mazzini[1].
I patrioti ruvestini si riunivano nella chiesa della Madonna dell'Isola, poi distrutta, in cui si radunavano i fedeli che venivano incitati e coinvolti dalle accese orazioni di Rubini[2]. Tuttavia dopo il 1848 la polizia borbonica fu informata di tali riunioni e costrinse alla fuga i cospiratori, tra cui lo stesso Francesco Rubini che si rifugiò a Corato[2]. Nello stesso anno inoltre l'avvocato invitò il sindaco ad inviare due rappresentanti ruvesi alla Dieta di Bari, convocata dai liberali, ma l'azione fallì sia per i timori del sindaco e sia per via delle oscure manovre delle autorità borboniche[2].
Nel 1849 scattò l'arresto e fu processato con la singolare accusa di predicatore abbenché non prete e trasferito nelle carceri di Trani e dunque detenuto per quattordici mesi assieme ad altri patrioti e cospiratori della zona[2]. Il 10 gennaio 1851 la corte di Trani deliberò il legittimo stato di accusa di Rubini ed altri quindici mazziniani[2]. Rubini fu scarcerato il 20 giugno successivo ma sottoposto per oltre dieci anni alla vigilanza di polizia. Tuttavia riuscì a seguire le assemblee dei patrioti ruvesi che si svolgevano nelle varie masserie[2].
Il 6 settembre 1860, dopo la formazione del governo provvisorio nel Sud Italia, instaurato da Giuseppe Garibaldi, Rubini fu dallo stesso nominato governatore con pieni poteri e subito provvide a scarcerare tutti i liberali condannati dal generale Emilio Pallavicini[3]. Inoltre costituì a Ruvo il triumvirato della "Nuova Italia" con Giovanni Jatta e Vincenzo Chieco e in seguito istituì la guarnigione ruvese della Guardia Nazionale di cui fu prima nominato comandante e poi primo maggiore per conto di Bettino Ricasoli, incarico mantenuto fino al 1866[3]. Nello stesso giunse a Ruvo Menotti Garibaldi con l'intenzione di arruolare alcuni volontari per la terza guerra di indipendenza e fu dunque accolto da Rubini e Pasquale Cervone nella villa di quest'ultimo, che verrà in seguito chiamata Caprera[3].
Nel 1867 svolse a Ruvo i ruoli di giudice conciliatore e consigliere comunale[3], inoltre rifiutò la carica di prefetto e l'onorificenza di Cavaliere del Regno d'Italia, oltre ad un lauto stipendio, rispondendo così al Re Vittorio Emanuele II:
«Credevo che sotto la Vostra Maestà fosse finito il Medioevo.[4]»
Per questo motivo fu chiamato "l'avvocato rinunziatutto" da Giovanni Bovio e Matteo Renato Imbriani[4]. Ad unificazione completata si schierò con gli "Spinti di sinistra" nella politica comunale per poi dedicarsi all'istruzione degli analfabeti nelle scuole serali e alla difesa dei lavoratori e dei disoccupati[4]. Passò gli ultimi anni della sua vita da solitario e deluso per la condizione dell'Italia post-unitaria[4]. Morì nell'estate del 1892.
Note
Bibliografia
- Angelo Tedone, Ruvo di Puglia, Uomini illustri, Giovinazzo, Litografia Serigrafia Levante, 1997.