Francesco Rubini

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Francesco Rubini

Francesco Rubini (Ruvo di Puglia, 19 maggio 1817Ruvo di Puglia, 8 agosto 1892) è stato un patriota, politico e avvocato italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Monumento dedicato a Francesco Rubini in Largo Di Vagno a Ruvo di Puglia

Francesco Rubini nacque da Pasquale, contadino, e Maria Michela Bizzoca a Ruvo di Puglia dove crebbe. Dopo aver completato gli studi presso gli Scolopi, si trasferì a Napoli dove divenne avvocato penalista sotto la guida di Luigi Zuppetta[1]. Si iscrisse dunque alla vendita carbonara ruvese "Perfetta fedeltà", la quale restò attiva anche dopo il decreto del 1821 attraverso cui Ferdinando I sciolse le società segrete[1]. Rubini entrò successivamente anche nella Giovine Italia di Giuseppe Mazzini[1].

I patrioti ruvestini si riunivano nella chiesa della Madonna dell'Isola, poi distrutta, in cui si radunavano i fedeli che venivano incitati e coinvolti dalle accese orazioni di Rubini[2]. Tuttavia dopo il 1848 la polizia borbonica fu informata di tali riunioni e costrinse alla fuga i cospiratori, tra cui lo stesso Francesco Rubini che si rifugiò a Corato[2]. Nello stesso anno inoltre l'avvocato invitò il sindaco ad inviare due rappresentanti ruvesi alla Dieta di Bari, convocata dai liberali, ma l'azione fallì sia per i timori del sindaco e sia per via delle oscure manovre delle autorità borboniche[2].

Nel 1849 scattò l'arresto e fu processato con la singolare accusa di predicatore abbenché non prete e trasferito nelle carceri di Trani e dunque detenuto per quattordici mesi assieme ad altri patrioti e cospiratori della zona[2]. Il 10 gennaio 1851 la corte di Trani deliberò il legittimo stato di accusa di Rubini ed altri quindici mazziniani[2]. Rubini fu scarcerato il 20 giugno successivo ma sottoposto per oltre dieci anni alla vigilanza di polizia. Tuttavia riuscì a seguire le assemblee dei patrioti ruvesi che si svolgevano nelle varie masserie[2].

Il 6 settembre 1860, dopo la formazione del governo provvisorio nel Sud Italia, instaurato da Giuseppe Garibaldi, Rubini fu dallo stesso nominato governatore con pieni poteri e subito provvide a scarcerare tutti i liberali condannati dal generale Emilio Pallavicini[3]. Inoltre costituì a Ruvo il triumvirato della "Nuova Italia" con Giovanni Jatta e Vincenzo Chieco e in seguito istituì la guarnigione ruvese della Guardia Nazionale di cui fu prima nominato comandante e poi primo maggiore per conto di Bettino Ricasoli, incarico mantenuto fino al 1866[3]. Nello stesso giunse a Ruvo Menotti Garibaldi con l'intenzione di arruolare alcuni volontari per la terza guerra di indipendenza e fu dunque accolto da Rubini e Pasquale Cervone nella villa di quest'ultimo, che verrà in seguito chiamata Caprera[3].

Nel 1867 svolse a Ruvo i ruoli di giudice conciliatore e consigliere comunale[3], inoltre rifiutò la carica di prefetto e l'onorificenza di Cavaliere del Regno d'Italia, oltre ad un lauto stipendio, rispondendo così al Re Vittorio Emanuele II:

«Credevo che sotto la Vostra Maestà fosse finito il Medioevo.[4]»

Per questo motivo fu chiamato "l'avvocato rinunziatutto" da Giovanni Bovio e Matteo Renato Imbriani[4]. Ad unificazione completata si schierò con gli "Spinti di sinistra" nella politica comunale per poi dedicarsi all'istruzione degli analfabeti nelle scuole serali e alla difesa dei lavoratori e dei disoccupati[4]. Passò gli ultimi anni della sua vita da solitario e deluso per la condizione dell'Italia post-unitaria[4]. Morì nell'estate del 1892.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Tedone, 1997, pag. 43.
  2. ^ a b c d e f Tedone, 1997, pag. 44.
  3. ^ a b c d Tedone, 1997, pag. 45.
  4. ^ a b c d Tedone, 1997, pag. 46.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Angelo Tedone, Ruvo di Puglia, Uomini illustri, Giovinazzo, Litografia Serigrafia Levante, 1997.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàSBN BA1V007789