Irene da Lecce

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Sant'Irene Megalomartire
 

Vergine e martire

 
Venerata daTutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi
Santuario principaleChiesa di Sant'Irene a Lecce
Ricorrenza5 maggio
Attributipalma del martirio, idoli pagani frantumati ai suoi piedi
Patrona diAltamura, Lecce (fino al 1656), Erchie

Irene o Erina (... – ...; fl. I secolo) è stata una giovanissima cristiana, martire per la fede, venerata da tutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi.

È patrona della città e della diocesi di Altamura.

Agiografia[modifica | modifica wikitesto]

La memoria di sant'Irene Megalomartire, ossia la Grande Martire, è vivissima nelle Chiese orientali, che la venerano con particolare devozione. Non esiste uno studio sulla sua figura, che si presenta trasfigurata dalla gloria del culto che le è stato tributato nei secoli. È festeggiata anche nella Chiesa Copta, e questo elemento prova l'antichità della sua venerazione.
Nel Menologio di Basilio II, del X secolo, risulta che Irene era figlia di un re di nome Licinius, che alla nascita fu chiamata Penelope, e che fu rinchiusa dal padre all'età di sei anni, in una torre, sorvegliata da tredici serve, e la motivazione di questa prigionia risulta essere la bellezza della bambina. Licinius circondò la bambina di idoli pagani, che ella distrusse in seguito alla conversione al cristianesimo, avvenuta ad opera di Timoteo, discepolo di san Paolo, che la battezzò col nome di Irene. Licinius, infuriato per questo gesto, legò Irene ad un cavallo imbizzarrito per ucciderla. Irene sopravvisse e Licinius morì in seguito al morso alla mano, ricevuto dallo stesso cavallo. Irene pregò per il padre, che resuscitò. Questo evento provocò una conversione di massa, alla quale il governatore romano Ampelio reagì con l'invito ad Irene di apostasia. Al rifiuto della ragazzina conseguì la condanna a morte per decapitazione il 5 maggio[1].

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Sant'Irene è stata patrona di Lecce fino al 1656, sostituita da sant'Oronzo grazie all'attribuzione della guarigione dei salentini dalla peste proprio a quest'ultimo. Il gesuita Antonio Beatillo pubblicò nel 1609 la storia della vita e del culto di sant'Irene in due volumi, che contribuì alla diffusione del culto per la Santa Vergine e Martire in tutto il Regno di Napoli, anche grazie al patronato contro il pericolo dei fulmini, a Lei attribuito.

Sant'Irene viene venerata anche come Patrona della Città e della Diocesi di Altamura[2][3], Santa Patrona principale di Erchie, nel brindisino[4] e, infine, di Fragagnano (TA) sino al 1904[5].

È compatrona della città di Napoli dal 1719, ed il suo busto d'argento, custodito nel Museo del Tesoro di san Gennaro, è opera pregevole dell'argenteria napoletana.

È protettrice delle parrocchie di Trentinara, Magliano Nuovo e Massicelle ed è compatrona delle parrocchie di Castellabate e Montano Antilia, tutte in provincia di Salerno ed in Diocesi di Vallo della Lucania. In tali parrocchie il culto è giunto nel XVIII secolo, seguendo l'esempio della capitale del Regno, Napoli, ed essendo poste in luoghi elevati, gli abitanti avevano bisogno di una speciale protezione dal pericolo dei fulmini.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Quando Sant’Irene era la patrona di Lecce…, su ortodossiapuglia.blogspot.it, 20 marzo 2013. URL consultato il 16 agosto 2021.
  2. ^ Chi era Sant’Irene e perché è patrona di Altamura?, su altamuralive.it. URL consultato il 5 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 21 agosto 2018).
  3. ^ Festa di Sant'Irene, Vergine e Martire Patrona di Altamura e della Diocesi, su diocesidialtamura.it, Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva d. Fonti, 4 maggio 2016. URL consultato il 5 maggio 2017.
  4. ^ Sant’Irene patrona di Altamura, su altamuralive.it. URL consultato il 5 maggio 2016.
  5. ^ Il culto di Sant’Irene a Lecce (PDF), su emeroteca.provincia.brindisi.it, Emeroteca Provinciale di Brindisi. URL consultato il 15 gennaio 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]