Rockwell-MBB X-31

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Rockwell-MBB X-31
L'X-31 di ritorno da un volo di collaudo VECTOR
Descrizione
Tipocaccia sperimentale
Equipaggioun pilota
CostruttoreBandiera degli Stati Uniti Rockwell
Bandiera della Germania MBB
Data primo volo11 ottobre 1990
Esemplari2
Dimensioni e pesi
Tavole prospettiche
Lunghezza13,2 m (44 ft 4 in)
Altezza4,4 m (14 ft 5 in)
Superficie alare21 (226 ft²)
Carico alare300 kg/m² (62 lb/ft²)
Peso a vuoto4 633 kg (10 214 lb)
Peso carico6 336 kg (13 969 lb)
Propulsione
Motoreun turboventola General Electric F404-GE-400
Spinta71 kN
Prestazioni
Velocità maxMach 1,28 a 35 000 ft (1 550 km/h)
Velocità di salita218 m/s (715 ft/s)
Tangenza12 200 m (40 000 ft)

American X-Vehicles: An Inventory—X-1 to X-50

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Il Rockwell-Messerschmitt-Bölkow-Blohm X-31 era una caccia sperimentale frutto del programma, in collaborazione tra Stati Uniti e Germania, Enhanced Fighter Maneuverability, rivolto alla progettazione ed alla valutazione di un caccia con tecnologia a spinta vettoriale. La spinta direzionale permetteva all'X-31 di volare in una direzione diversa da quella verso la quale puntava il muso, risultando in una manovrabilità significativamente migliorata rispetto ai caccia convenzionali. Un sistema di controllo avanzato permetteva di governare l'aereo ad alti angoli d'attacco, dove aerei convenzionali avrebbero stallato.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Vennero costruiti due X-31, di cui il primo volò l'11 ottobre 1990.[1]

Nella metà degli anni novanta la valutazione ebbe un nuovo impulso con il programma VECTOR, da 53 milioni di dollari. Il nuovo programma nacque dall'accordo di collaborazione tra United States Navy, l'agenzia del Ministero della difesa tedesco Bundesamt für Wehrtechnik und Beschaffung, la Phantom Works della Boeing e l'europea EADS.

Come sito per le prove in volo fu scelta la Naval Air Station Patuxent River nel Maryland. Dal 2002 al 2003, l'X-31 venne provato per decolli ed atterraggi estremamente corti con avvicinamenti dapprima verso una pista virtuale a 5000 piedi di quota, per assicurare che il sistema di navigazione inerziale ed il GPS avessero l'accuratezza centimetrica necessaria per la riuscita di una simile manovra. Il programma quindi culminò nel primo atterraggio automatizzato di un aeroplano con pilota a bordo ad alto angolo d'attacco (24°) ed atterraggio corto.

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

L'X-31 adottava una configurazione canard, ovvero superfici orizzontali mobili anteriori, gestite da un computer, senza quelle posteriori.
Beccheggio e rollio erano controllati da tre piastre agganciate all'ugello di scarico, che direzionavano il getto. Alla fine le prove in volo su di un X-31, al quale era stata smontata la deriva, misero in evidenza che il volo restava stabile anche senza questa appendice aerodinamica, grazie alla spinta vettoriale che forniva sufficiente controllo su rollio e beccheggio.

In questa immagine si notano i tre deviatori posti dopo l'ugello nell'X-31.

Impiego operativo[modifica | modifica wikitesto]

Furono compiuti più di 500 voli di valutazione tra il 1990 ed il 1995. Durante le prove di volo, l'X-31 raggiunse notevoli risultati. Il 6 novembre 1992 riuscì a volare in volo controllato a 70° di angolo d'attacco. Il 29 aprile 1993 il secondo X-31 eseguì con successo una rapida manovra di inversione di direzione usando una manovra post-stallo, volando ben al di sotto i limiti aerodinamici di un caccia convenzionale. Questa manovra rivoluzionaria venne battezzata manovra di Herbst (o J-turn), dal nome del dottor Wolfgang Herbst, un tecnico della MBB che propose di utilizzare il volo post-stallo per il combattimento aria-aria.[2] Herbst fu il progettista del Rockwell SNAKE, il quale formò la base di partenza dell'X-31.[3]

Vista frontale dell'X-31 esposto ad Oberschleißheim, in Germania.
Il Rockwell-MBB X-31 in volo.
Un diagramma della manovra di Herbst.
Visuale di coda dell'X-31 ad Oberschleißheim.

Versioni[modifica | modifica wikitesto]

  • BuNo 164584, 292 voli - Precipitato il 19 gennaio 1995 a nord della Edwards AFB, California. L'incidente fu causato da ghiaccio all'interno del tubo di Pitot, il quale inviava perciò dati della velocità di volo errati al sistema di controllo. All'incidente contribuì anche la sostituzione di un tubo di Pitot non riscaldato ed il fatto che i tecnici a terra ed il pilota ignoravano l'esistenza di un'opzione per l'esclusione del controllo automatico. Il pilota si salvò espellendosi.[4][5][6]
  • BuNo 164585, 288 voli. Esposto all'Oberschleißheim museum (parte del Deutsches Museum).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Robert F. Dorr, Rockwell/MBB X-31. World Air Power Journal, volume 24, primavera 1996, pag. 42.
  2. ^ Smith, R. E.; Dike, B. A.; Ravichandran, B.; El-Fallah, A.; Mehra, R. K., Discovering Novel Fighter Combat Maneuvers in Simulation: Simulating Test Pilot Creativity (PDF), United States Air Force, 2001. URL consultato il 16 gennaio 2007.
  3. ^ (EN) Partners in Freedom: Rockwell-MBB X-31 Archiviato il 27 agosto 2006 in Internet Archive.. G. S. Langevin, P. Overbey, NASA Langley Research Center. 17 ottobre 2003.
  4. ^ The Crash of the X-31A, su check-six.com. URL consultato il 21 novembre 2008.
  5. ^ Destroyed in Seconds, Discovery Channel, aired: 19 December 2008, 1:30 A.M. EST.
  6. ^ Loss of the X-31A, su nasa.gov. URL consultato il 10 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 19 aprile 2022).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Robert F. Dorr, Rockwell/MBB X-31, in World Air Power Journal, Volume 24 Spring 1996, London, Aerospace Publishing, 1996, pp. 34–47, ISBN 1-874023-66-2, ISSN 0959-7050 (WC · ACNP).
  • (EN) USAF & NATO Report RTO-TR-015 AC/323/(HFM-015)/TP-1 (2001).
  • (EN) Flight beyond normal limits, in Flight International, Sutton, Surrey - UK, Reed Business Information Ltd., 9 maggio 1990, pp. 54-9. URL consultato il 16 febbraio 2013.
  • Dennis R. Jenkins, Tony Landis; Jay Miller, American X-Vehicles: An Inventory—X-1 to X-50 (PDF) (NASA Special Publication), Monographs in Aerospace History, No. 31, Centennial of Flight, Washington, DC, NASA History Office, giugno 2003, OCLC 52159930. URL consultato il 21 marzo 2013.
  • (EN) Jay Miller, The X-Planes: X-1 to X-45, Midland, Hinckley, 2001, ISBN 1-85780-109-1.
  • (EN) Jim Winchester, X-Planes and prototypes, Rochester, Grange Books, 2005, ISBN 1-84013-809-2.
  • Aerei gennaio-febbraio 2001, Dossier 1, Parma, Delta editrice, 2001.

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