Polistes carolina

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Polistes carolina
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Phylum Arthropoda
Subphylum Tracheata
Superclasse Hexapoda
Classe Insecta
Sottoclasse Pterygota
Superordine Oligoneoptera
Ordine Hymenoptera
Famiglia Vespidae
Sottofamiglia Polistinae
Tribù Polistini
Genere Polistes
Specie Polistes carolina
Nomenclatura binomiale
Polistes carolina
Linnaeus, 1767[1]
Sinonimi
  • Polistes carolinus (Linnaeus, 1767)[2]
  • Vespa carolina Linnaeus, 1767[2]

Polistes carolina è una vespa sociale appartenente alla sottofamiglia Polistinae ed alla famiglia Vespidae. È una delle due specie di vespe della carta rosse abitanti negli Stati Uniti orientali, distinguibile per i più sottili solchi sul propodeo.

Tassonomia e filogenesi[modifica | modifica wikitesto]

La prima descrizione di questa vespa appare nel primo volume della dodicesima edizione di Systema Naturae di Linneo, pubblicata nel 1767.[3] Qui venne usata per la prima volta la nomenclatura Vespa carolina.[3] Henri Louis Frédéric de Saussure la spostò nel 1855 nel nuovo genere Polistes, coniato nel 1802 da Pierre Andre Latreille.[4] La specie è quindi posizionata nella famiglia Vespidae, che include molte vespe eusociali e solitarie. È inoltre collocata nella sottofamiglia Polistinae (cui appartengono le vespe della carta), la seconda più grande nell'ambito dei vespidi. Questa sottofamiglia comprende due gruppi suddivisi per comportamento: uno dove il nido è fondato da diversi esemplari e ci sono molte operaie presenti nella colonia; il secondo, invece, comprende vespe che fondano il nido in maniera indipendente, coadiuvate nel crescere la prole da poche operaie (tra le quali rientra P. carolina).[5] È stato inoltre scoperto che P. carolina è strettamente imparentata con P. metricus. Studi filogenetici hanno mostrato che entrambe le specie hanno un antenato in comune con P. aurifer e P. fuscatus.[6]


Descrizione e caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Primo piano del capo di P. carolina

Entrambi i sessi sono lunghi circa 25–32 mm, con le ali nere di 15–25 mm.[1][7] P. carolina è spesso confusa con P. rubiginosus a causa della colorazione rossastra-marroncina molto simile.[2][7] È tuttavia il propodeo a consentire di identificarle insieme allo spazio malare (quello che intercorre tra la parte inferiore dell'occhio e la bocca).[8]

Dimorfismo sessuale[modifica | modifica wikitesto]

Le femmine solitamente sono completamente color ruggine con qualche macchiolina nera intorno agli occhi, linee sul dorso, bande ravvicinate sugli scuta o una linea incompleta sui propodea. Sono riscontrabili anche strisce sullo sterno o sulle terga.[7] Molto raramente si possono osservare anche puntini gialli su mandibole, clipeo, terga, tibie o tarso.[7] Le femmine hanno inoltre una faccia dalla forma più triangolare ed antenne più piccole.[9] I maschi possiedono molto più spesso marcati segni neri sugli sterni o su parte del femore. Le loro antenne risultano essere più lunghe ed uncinate rispetto alle femmine e le loro facce più quadrate.[9]

Nido[modifica | modifica wikitesto]

Come la maggior parte delle vespe della carta, P. carolina costruisce il proprio nido masticando fibre delle piante o del legno ed impastandole con la saliva, in modo da creare un materiale simile alla carta. Una volta asciutti, i nidi assumono la forma di un ombrello rivolto verso il basso o di una cupola , con celle simili a quelle delle api, aperte verso il suolo.[1] P. carolina preferisce nidificare in spazi riparati,[10] come le cavità di alcuni alberi o la vegetazione, ma all'occorrenza possono costruire i nidi in strutture artificiali, come per esempio sotto ponti, tetti, dentro camini o gronde.[9][11]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

P. carolina è ampiamente diffusa negli Stati Uniti orientali (così come Polistes rubiginosus), con un areale che va dal Nebraska al Texas e che comprende la costa atlantica, da New York fino alla Florida.[7] Ciò nonostante, è stata introdotta nelle Bermuda ed in Canada, nell'Ontario.[7] Preferisce zone protette come le foreste o le cavità degli alberi[7] ma può essere osservata anche nelle città.[9][10]

Ciclo delle colonie[modifica | modifica wikitesto]

Il ciclo delle colonie comprende quattro fasi distinte, che molto spesso si sovrappongono: la fondazione, la fase operaia, la fase riproduttiva e la fase intermedia.[9]

La fondazione[modifica | modifica wikitesto]

Si ha in primavera e comprende giovani femmine in grado di riprodursi (le fondatrici), le quali costruiscono nuovi nidi, da sole o in compagnia di altre.[9] Studi sul campo hanno osservato che in questo periodo molte fondatrici si muovono di colonia in colonia, spesso stabilendosi altrove o ritornando al luogo di partenza.[10] Durante queste visite inoltre le vespe sono state osservate mentre deponevano uova in altri nidi:[10] i nidi sono spesso iniziati da una sola fondatrice che viene dopo aiutata dalle sorelle che, durante questa fase, assumono un ruolo di secondo piano.[12]

La fase operaia[modifica | modifica wikitesto]

Durante la fase operaia, non sono presenti molti maschi per quanto riguarda P. carolina,[9] cosa insolita per le altre specie della stessa famiglia. Appena le operaie emergono dal nido assumono ruoli come la manutenzione della struttura, la cura delle larve e la ricerca di cibo.[9]

La fase riproduttiva[modifica | modifica wikitesto]

La sua durata è compresa tra la nascita di esemplari fertili e la loro partenza, la colonia originale comincia a subire un periodo di declino e gli esemplari fertili si disperdono per formare il proprio nido.[9] Durante questa fase, ogni fondatrice si accoppia con un maschio e depone le proprie uova, la maggioranza delle quali saranno della regina.[10]

La fase intermedia[modifica | modifica wikitesto]

La colonia originale, abitata ormai solo dai maschi, muore a poco a poco, in quanto le nuove fondatrici si disperdono per creare il loro nido.[9]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Gerarchia[modifica | modifica wikitesto]

Gruppi di fondatrici sono legati da un rapporto di dominanza e subordinazione, grazie al quale l'esemplare dominante (non necessariamente quello di dimensioni maggiori) ottiene il maggior successo riproduttivo. Molto spesso si tratta della prima femmina ad arrivare; alcuni studi hanno determinato anche che a volte si tratta di quella con le ovaie più sviluppate.[10] Infatti, tale ruolo è spesso detenuto dalle prime femmine a destarsi dall'ibernazione: avrebbero ormoni molto sviluppati che garantirebbero loro il controllo sulle altre ed ovaie più grandi.[10] Ciò potrebbe anche prevenire eventuali combattimenti tra pari, prevenendo quindi i rischi di ferite.[10]

Adozione di un nido[modifica | modifica wikitesto]

Durante la fondazione di un nido, molte regine lasciano i loro nidi per unirsi ad altri. Quando lo fanno il loro grado gerarchico non aumenta e sovente hanno già deposto uova altrove; quindi, non sembrerebbe esserci un apparente vantaggio. Tuttavia, si ritiene che queste fondatrici in movimento aiutino a prendersi cura della prole, il che è stato dimostrato essere molto importante per la sopravvivenza di una colonia. Dove il loro numero è maggiore, la probabilità che quel nido prosperi è molto più alta di quella di un nido costruito da una regina solitaria.[10]

Soppressione della prole[modifica | modifica wikitesto]

La regina domina la riproduzione; partorisce il 60% della prole, mentre le altre femmine si occupano del rimanente 40%. Circa il 20% delle fondatrici non partecipa alla riproduzione.[10] Una teoria afferma che, con lo scarseggiare delle risorse, la regina concede sempre meno la possibilità alle altre di riprodursi, sebbene si astenga dal mangiare le loro uova. Dimostra però un comportamento altruista dei confronti della prole delle altre fondatrici, difatti non sembra esprimere preferenze nei confronti delle larve: la radice di questo atteggiamento potrebbe essere riscontrabile nella mancanza di conflitto che caratterizza la specie.[10]

Accoppiamento[modifica | modifica wikitesto]

Un maschio di P. carolina su un fiore

Le femmine di P. carolina si accoppiano una sola volta.[10] L'assenza di maschi nelle prime fasi della colonia rappresenta una caratteristica unica rispetto alle altre specie del genere Polistes. La loro mancanza suggerisce però che le operaie in questa specie non possono diventare a loro volta regine.[10]

Affinità genetica tra colonie[modifica | modifica wikitesto]

In P. Carolina, come in altre vespe eusociali, i maschi, al contrario delle femmine, sono aploidi e si sviluppano da uova non fertilizzate.[13] Le figlie hanno in comune un allele del padre aploide e ricevono l'altro allele da uno dei due posseduti dalla madre, che è diploide. Quest'informazione consente l'individuazione di eventuali parentele tramite algoritmi e programmi per computer come Relatedness 4.2 e Kinship 1.1.2.[10] I maschi invece non sono né imparentati fra di loro né con le femmine con cui si accoppiano.[10]

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

P. carolina si nutre spesso di bruchi o nettare;[14] sono stati osservati anche alcuni esemplari che predavano larve di Chrysomelidae e cicale.[7] Per nutrire le larve le femmine introducono il capo nella cella di contenimento e porgono parti di una preda o trasferiscono il nettare alla prole.

Relazione con l'uomo[modifica | modifica wikitesto]

Dal momento che la specie nidifica in posti riparati, i nidi possono essere trovati in prossimità di spazi abitati dall'uomo. P. carolina, come del resto altre vespe della carta, è poco aggressiva ed attacca solo se si sente minacciata o deve proteggere il nido. Solo le femmine possono pungere[15] e, poiché il loro pungiglione non è seghettato, possono farlo quante volte vogliono.[16]

Primo piano del pungiglione

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Owain Richards, The social wasps of the Americas, excluding the Vespinae, 1978, pp. 477-488, ISBN 0565007858.
  2. ^ a b c (EN) Matthias Buck, Tyler P. Cobb, Julie K. Stahlhut e Robert H. Hanner, Unravelling cryptic species diversity in eastern Nearctic paper wasps, Polistes (Fuscopolistes), using male genitalia, morphometrics and DNA barcoding, with descriptions of two new species (Hymenoptera: Vespidae), 1º ottobre 2012, DOI:10.11646/zootaxa.3502.1.1. URL consultato il 14 aprile 2022.
  3. ^ a b (EN) Hymenoptera Name Server, su osuc.biosci.ohio-state.edu. URL consultato il aprile 2022 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  4. ^ (EN) Catalogus Hymenopterorum hucusque descriptorum systematicus et synonymicus (PDF), su libsysdigi.library.uiuc.edu. URL consultato il 14 aprile 2022.
  5. ^ (EN) Elisabeth Arévalo, Yong Zhu e James M Carpenter, The phylogeny of the social wasp subfamily Polistinae: evidence from microsatellite flanking sequences, mitochondrial COI sequence, and morphological characters, 2 marzo 2004, DOI:10.1186/1471-2148-4-8. URL consultato il 14 aprile 2022.
  6. ^ (EN) Kurt M. Pickett, James M. Carpenter e Ward C. Wheeler, Systematics of Polistes (Hymenoptera: Vespidae), with a phylogenetic consideration of Hamilton's haplodiploidy hypothesis, 2006, pp. 390-406.
  7. ^ a b c d e f g h (EN) Matthias Buck, Stephen A. Marshall e David K.B. Cheung, Identification Atlas of the Vespidae (Hymenoptera, Aculeata) of the northeastern Nearctic region, 19 febbraio 2008, DOI:10.3752/cjai.2008.05. URL consultato il 14 aprile 2022.
  8. ^ (EN) Rainer Neumeyer, Hannes Baur e Gaston-Denis Guex, A new species of the paper wasp genus Polistes (Hymenoptera, Vespidae, Polistinae) in Europe revealed by morphometrics and molecular analyses, 11 aprile 2014, DOI:10.3897/zookeys.400.6611. URL consultato il 15 aprile 2022.
  9. ^ a b c d e f g h i j (EN) Kenneth G. Ross, The Social Biology of Wasps, 30 maggio 1991, p. 104, ISBN 978-0801499067.
  10. ^ a b c d e f g h i j k l m n o (EN) Perttu Seppä, David C. Queller e Joan E. Strassmann, Reproduction in foundress associations of the social wasp, Polistes carolina: conventions, competition, and skew, in Behavioral Ecology, vol. 13, n. 4, 4 luglio 2002, DOI:10.1093/beheco/13.4.531. URL consultato il 15 aprile 2022.
  11. ^ (EN) Species Polistes carolina, su bugguide.net. URL consultato il 15 aprile 2022.
  12. ^ (EN) Perttu Seppä, David C. Queller e Joan E. Strassmann, Why Wasp Foundresses Change Nests: Relatedness, Dominance, and Nest Quality, 25 settembre 2012, DOI:10.1371/journal.pone.0045386. URL consultato il 15 aprile 2022.
  13. ^ (EN) Robert C. King, William D. Stansfield e Pamela K. Mulligan, A dictionary of genetics, 7ª ed., 2006, p. 194, ISBN 0-19-530761-5.
  14. ^ (EN) Joan E. Strassmann, Perttu Seppä e David C. Queller, Absence of within-colony kin discrimination: foundresses of the social wasp, Polistes carolina, do not prefer their own larvae, giugno 2000, DOI:10.1007/s001140050718. URL consultato il 15 aprile 2022.
  15. ^ (EN) Polistes carolina (L.), su entnemdept.ufl.edu. URL consultato il 15 aprile 2022.
  16. ^ Justin O. Schmidt, The Sting of the Wild, 2016, ISBN 978-1-4214-1929-9.

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