Pieve di Sant'Appiano

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Pieve di Sant'Appiano
Esterno
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàSant'Appiano (Barberino Val d'Elsa)
Coordinate43°30′47.53″N 11°08′48.63″E / 43.513203°N 11.146842°E43.513203; 11.146842
Religionecattolica
TitolareSant'Appiano
Arcidiocesi Firenze
Stile architettonicoromanico
CompletamentoGià ricordata nel 990

La pieve di Sant'Appiano si trova nell'omonima località del comune di Barberino Val d'Elsa, in provincia di Firenze, diocesi della medesima città.

È dedicata al santo a cui tradizionalmente viene attribuita l'evangelizzazione della Valdelsa.

È l'unico edificio nel contado fiorentino che conserva resti di un battistero autonomo rispetto alla chiesa, soluzione che nella zona a sud dell'Arno si trovava solo nelle pievi di Sant' Alessandro a Giogoli, San Piero in Bossolo, nella Pieve di Coeli Aula e nella pieve di Empoli. Oggi del battistero restano solo quattro pilastri, memori della pianta centrale dell'edificio abbattuto nel 1805 in seguito a un terremoto.

La pieve conserva le tracce di due fasi costruttive: le archeggiature che dividono la navata a sinistra appartengono al X-XI secolo, come l'abside decorata a fornici e la sopraelevazione della navata ritmata da archetti lombardi; le archeggiature di destra sono state ricostruite in cotto dopo il crollo del campanile, avvenuto nel 1171: le forme sono più slanciate, i capitelli sono scolpiti con foglie stilizzate e i volti umani resi realisticamente.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La pieve nel 990 entrò a far parte dei possessi del Vescovo di Firenze[1] ma la sua origine è molto più antica come si può dedurre dai caratteri protoromanici dell'interno[2].

Già nell'XI secolo presso la pieve aveva sede una compagnia Laicale e un capitolo di Canonici, come succedeva in tutte le pievi[3]. Nel 1101 La pieve è ricordata come un insediamento fortificato[4]. Successivamente, forse a causa del terremoto del 1171 che distrusse gran parte della chiesa e che viene ricordato da una lapide posta nell'architrave di un portale[5], non viene più appellata come castrum.

Facciata
L'abside

Nel XIV secolo alla pieve facevano capo ben 24 chiese suffraganee grazie alle quali la chiesa godeva di ottime rendite[6] spesso esentate dal pagamento delle tasse per concessione apostolica[7] e pertanto era appetita da importanti prelati: sono da ricordare il pievano Guiscardo che nel 1188 è citato in un atto della badia di Marturi[5], il pievano Gualtiero presente al Sinodo diocesano nel 1286[8], ma già ricordato nel 1268 quale delegato papale.

Sempre nel XIV secolo risulta patrona della chiesa la famiglia Gherardini di Firenze che avevano base nel contado in vari castelli tra cui Montagliari ed il vicino Linari, tra i cui rappresentanti veniva spesso scelto il pievano[5]. Tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XV secolo la chiesa venne affrescata internamente[3] ma in seguito dovette avere dei problemi economici tanto che nel 1422 in occasione di una visita apostolica venne giudicata plebes misera[5] e nel 1446 non risulta che fosse retta da nessun pievano[5]; per evitare la rovina la famiglia Gherardini negli anni successivi fece realizzare i restauri necessari.

Nel 1776 la torre campanaria, che era pericolante, venne demolita ma il campanile venne ricostruito solo nel 1852; nel 1843 venne rifatto il portale in facciata[9]. Tra il 1891 e il 1893 vennero sistemati sul piazzale antistante i resti del battistero crollato nel 1805[5].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La complessa struttura della pieve di Sant'Appiano è la migliore testimonianza della notevole importanza assunta dalla chiesa. Fanno parte del complesso plebano la chiesa, i resti del battistero, la canonica e le strutture fortificate dell'insediamento. La pieve ha un impianto a tre navate a copertura lignea e mostra il sovrapporsi di molte fasi costruttive nel corso del tempo. La parte originaria è riconoscibile nella disposizione degli spazi e nella parte sinistra della navata; gli interventi realizzati dopo il terremoto del 1171 riguardarono la parte destra mentre nel XV secolo si lavorò soprattutto nella facciata e nella navata sinistra.

Interno

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

La pieve presenta una facciata a salienti in cui sono riconoscibili le diverse fasi romaniche: la parte più primitiva, quella protoromanica, è quella costituita dal paramento murario realizzato con ciottoli di fiume mischiati a pietra arenaria, un'altra fase, risalente all'epoca romanica, è quella realizzata con mattoni in cotto disposti casualmente ma ben profilati e zigrinati (sul modello di quelli della pieve di Monterappoli); ad una terza fase, molto più recente sono da ascrivere il portale con timpano e i due oblò posti in corrispondenza delle navate.

Il fianco settentrionale è intonacato e privo di aperture e mostra in corrispondenza del cleristorio una muratura regolare aperta in modo regolare da monofore incorniciate da lesene e da archetti pensili.

La tribuna, da alcuni studiosi considerata del IX secolo, presenta il volume semicilindrico dell'abside originale incorniciata da due corpi di fabbrica quadrangolari realizzati al posto delle precedenti absidi; quello di sinistra fa da base al campanile, del quale resta la base segnata da una monofora centinata. Il volume semicilindrico dell'abside presenta lesene, costruite con bozze di arenaria e mattoni, che partono dal basamento per arrivare a sostenere coppie di archi che incorniciano dei fornici, secondo lo stile lombardo. In origine l'abside era aperta da tre monofore e da una finestra di alabastro, situata allo stesso livello del terreno probabilmente realizzata per illuminare la cripta, oggi non più esistente.; oggi delle tre monofore ne resta solo una.

Il fianco meridionale, realizzato in mattoni, è quello su cui si appoggiano la canonica e il chiostro del XII secolo realizzato con pilastri squadrati e colonne ioniche.

Sotto il porticato del chiostro si apre la sala del Capitolo che presenta una trifora oggi murata e una porta con arco bicromo e decorata secondo lo stile volterrano. Dal chiostro si accede alla chiesa attraverso un portale decorato a bassorilievo con angeli e motivi floreali e sul cui architrave è posta la lapide in ricordo del terremoto del 1171[10].

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Veduta della navata sinistra con i quattro archi protoromanici

La navata sinistra è separata da quella centrale da cinque archi, dei quali quattro sono ancora quelli realizzati per la pieve protoromanica e presentano archi con risega e si appoggiano a pilastri rettangolari; il quinto arco è frutto della ricostruzione post-terremoto ed è in laterizio e si appoggia su due colonne del medesimo materiale, questo quinto arco ha una luce che è il doppio delle altre.

Nella navata sinistra, oltre all'urna contenente i resti mortali di Sant'Appiano, si trovano tre riquadri affrescati inseriti all'interno di finte architettura dipinte a simulare una pala d'altare:

Nella prima campata della navata sinistra è stato ricavato un piccolo battistero.

La navata destra fu completamente distrutta dal terremoto del 1171 ed è stata completamente ricostruita in laterizio; presenta quattro arcate di uguale luce. I pilastri delle colonne presentano capitelli decorati con fogliami di stile fiorentino mentre in corrispondenza dell'attacco della muratura sono due mensole che una figure vegetali e umane come nella chiesa di Cedda[10] mentre l'altra presenta figure geometriche come nella chiesa di badia a Isola. Nella navata destra si trovano resti di affreschi raffiguranti la Madonna in preghiera col Bambino dei primi del XV secolo, restaurato da mano non esperta nel 1850 e sempre in questa parte è collocata la lastra sepolcrale di Gherarduccio Gherardini morto nel 1331, nelle adiacenze della porta che conduce al chiostro (e che solitamente funge da porta di accesso).

Il presbiterio è rialzato, rispetto al pavimento della chiesa, di un gradino. Da esso si accede all'abside che è stata costruita leggermente obliqua rispetto al corpo della chiesa e a due cappelle ricavate ai lati dell'abside stessa; in quella di sinistra si trova una tela del XVII secolo della Madonna, il Bambino e santi e affreschi seicenteschi, oggi rovinati, raffiguranti delle figure di Santi.

L'Antiquarium[modifica | modifica wikitesto]

Nei locali annessi alla chiesa è stato ricavato dal 1991 un piccolo Antiquarium che funge da museo archeologico. nelle due stanze sono raccolti materiali archeologici provenienti dalle zone limitrofe e venuti alla luce durante alcune campagne di scavo.

Il pezzo senz'altro più interessante è un Idoletto pagano (Eros che cavalca un cane), in pietra, databile al II secolo d.C., anche se non tutti gli studiosi sono concordi. Sono inoltre presenti numerose urne etrusche. Tra le opere pittoriche sono da segnalare il trittico raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni battista e Girolamo della Marca opera del Maestro di Signa e tutta una serie di tele la più importante delle quali è quella raffigurante i santi Sebastiano, Girolamo e Rocco della scuola del Pollaiolo.

Il battistero[modifica | modifica wikitesto]

Le colonne del battistero

Davanti alla facciata della chiesa era situato il Battistero della pieve. Di esso rimangono solo i quattro pilastri di sostegno. Sono coronati da capitelli ungulati che presentano decorazioni raffiguranti simboli quali il tau, segni cosmici e la croce. Del battistero è rimasta un'immagine in un documento conservato presso l'Ospedale degli Innocenti[11] e dal quale appare del tutto simile con analoghi edifici lombardi quali la chiesa di San Vincenzo a Galliano, la Chiesa di San Donato di Zara e il Duomo vecchio di Brescia[11].

Una descrizione esaustiva del battistero è fornita una memoria del proposto Marco Lastri che nel 1774 così descriveva il fabbricato:

«Di questo luogo vi rammenterò l'antichissimo Battistero separato da detta pieve e dirimpetto alla medesima, siccome è il nostro San Giovanni e quello di molt'altre Cattedrali e chiese insigni. Egli è di figura ottagona, di pietre quadrate, senza intonaco né dentro né fuori, e con due piccole porte, una di faccia alla pieve e l 'altra che è la principale, a Mezzogiorno. Nel mezzo del Tempio, che al suo interno è largo diciassette braccia, è collocato il sacro fonte di figura tonda al di fuori, e nell'interno con quattro semicerchi, o pozzetti, a cui si sale per due gradini. Sopra di esso si solleva una svelta cupoletta pressappoco di figura conica sostenuta da quattro leggiadre colonne, ciascheduna composta di quattro unità e con capitelli ove son scolpiti diversi geroglifici, come il Buon Pastore, la Pecora, la Colomba, Il "T" e un cerchio partito da due diametri in croce. Il restante della coperta è in volta a lavagne al di fuori. Dirimpetto alla porta di mezzogiorno sono tre Tribune, che occupano tre lati dell'ottagono, alle quali si sale per tre scale laterali che terminano con un piano di poche braccia nel mezzo del quale è un altare isolato, di figura quadra, e sostenuto da cinque colonnelli. Sotto l'accennato ripiano riesce una cappelletta mezzo sotterranea ad uso di Confessione, secondo l'antico rito Cristiano. - tratto da M. Lastri - Descrizione di una parte della Valdelsa, 1774,[12]»

Il piviere di Sant'Appiano[modifica | modifica wikitesto]

Martirio di san Sebastiano attorniato dai confratelli incappucciati della Compagnia, Bernardo Rosselli e Filippo di Antonio Filippelli, 1484
I Santi Antonio Abate e Matteo Evangelista, affresco di Filippo di Antonio Filippelli

Note[modifica | modifica wikitesto]

Urna con i resti di sant'Appiano
  1. ^ Lami 1758, pag.268.
  2. ^ Moretti Stopani 1968, pag. 211.
  3. ^ a b Calzolai 1970, pag. 363.
  4. ^ Cioni 1911, pag. 115.
  5. ^ a b c d e f AA.VV., Chiese medievali della valdelsa, pag.115.
  6. ^ Guidi 1932, pag.23 n.527.
  7. ^ Giusti-Guidi 1942, pag.31 n.615.
  8. ^ Lami 1758, pag.1136.
  9. ^ Moretti Stopani 1968, pag. 214.
  10. ^ a b AA.VV., Chiese medievali della valdelsa, pag.116.
  11. ^ a b AA.VV., Chiese medievali della valdelsa, pag.118.
  12. ^ AA.VV., Chiese medievali della valdelsa, pag.117-118.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Capitello del battistero
  • Giovanni Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae monumenta, Firenze, Tipografia Salutati, 1758.
  • Giovanni Targioni Tozzetti, Relazioni d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della toscana. Volume VIII, Firenze, Stamperia Granducale, 1775.
  • Ildefonso da San Luigi, Delizie degli eruditi toscani, Firenze, Tipografia Cambiagi, 1770-1779.
  • M Cantini, Memorie Storiche sulla Pieve di Sant'Appiano in Valdelsa, Firenze, Tipografia del Giglio, 1829.
  • Emanuele Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico del Granducato di Toscana, Firenze, 1833-1846.
  • Luigi Santoni, Raccolta di notizie storiche riguardanti le chiese dell'Arci Diogesi di Firenze, Firenze, Tipografia Arcivescovile, 1847.
  • Emanuele Repetti, Dizionario corografico-universale dell'Italia sistematicamente suddiviso secondo l'attuale partizione politica d'ogni singolo stato italiano, Milano, Editore Civelli, 1855.
Sepolcro di Gherarduccio Gherardini
  • Luigi Biadi, Della Pieve di Sant'Appiano in Valdelsa, Firenze, Tipografia Campolmi, 1855.
  • Attilio Zuccagni-Orlandini, Indicatore topografico della Toscana Granducale, Firenze, Tipografia Polverini, 1857.
  • Cesare Paoli, Il Libro di Montaperti (MCCLX), Firenze, Viesseux, 1889.
  • Luigi del Moro, Atti per la conservazione dei monumenti della Toscana compiuti dal 1 luglio 1893 al 30 giugno 1894. Relazione a S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione, Firenze, Tipografia Minori corrigendi, 1895.
  • Luigi del Moro, Atti per la conservazione dei monumenti della Toscana compiuti dal 1 luglio 1894 al 30 giugno 1895. Relazione a S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione, Firenze, Tipografia Minori corrigendi, 1896.
  • Michele Cioni, Elenco di varie costruzioni monumentali in Valdelsa e notizie di pubblicazioni, Miscellanea Storica della Valdelsa, 1903.
  • Fedor Schneider, Regestum volaterranum: Regesten der Urkunden von Volterra (778-1303), Roma, E. Loescher & Co., 1907.
  • Michele Cioni, La Valdelsa: guida storico-artistica, Firenze, Lumachi, 1911.
  • Mario Salmi, Architettura romanica in Toscana, Milano-Roma, Bestetti&Tumminelli, 1927.
  • Mario Salmi, La scultura romanica in Toscana, Firenze, Rinascimento del Libro, 1928.
  • Pietro Guidi, Rationes Decimarum Italiae. Tuscia. Le decime degli anni 1274-1280, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1932.
  • Pietro Guidi, Martino Giusti, Rationes Decimarum Italiae. Tuscia. Le decime degli anni 1295-1304, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1942.
  • Enrico Fiumi, La demografia fiorentina nelle pagine di Giovanni Villani, Firenze, Archivio Storico Italiano, 1950.
  • Mario Salmi, Chiese romaniche della campagna senese, Milano, Electa, 1958.
  • Mario Salmi, Chiese romaniche della Toscana, Milano, Electa, 1961.
  • Italo Moretti, Renato Stopani, Chiese romaniche nel Chianti, Firenze, Salimbeni, 1966.
  • Italo Moretti, Renato Stopani, Chiese romaniche in Valdelsa, Firenze, Salimbeni, 1968.
  • Carlo Celso Calzolai, La Chiesa Fiorentina, Firenze, Tipografia Commerciale Fiorentina, 1970.
  • Renato Stopani, Il contado fiorentino nella seconda metà del Duecento, Firenze, Salimbeni, 1979.
  • Renato Stopani, Storia e cultura della strada in Valdelsa nel medioevo, Poggibonsi, Centro Studi Romei, 1986.
  • Renato Stopani, Le vie di pellegrinaggio nel medioevo Gli itinerari per Roma, Gerusalemme, Compostella, Firenze, Le Lettere, 1991.
  • Vittorio Cirri, Giulio Villani, La Chiesa Fiorentina. Storia Arte Vita pastorale, Firenze, LEF, 1993.
  • AA. VV., Chiese medievali della Valdelsa. I territori della via Francigena tra Firenze, Lucca e Volterra, Empoli, Editori dell'Acero, 1995, ISBN 88-86975-18-X.
  • Marco Frati, Chiesa romaniche della campagna fiorentina. Pievi, abbazie e chiese rurali tra l'Arno e il Chianti, Empoli, Editori dell'Acero, 1997, ISBN 88-86975-10-4.
  • Mons. Ferrandino Fiorini, Sant'Appiano. Un'antica pieve in Val d'Elsa, Poggibonsi, Arti grafiche Nencini, 1997.
  • AA. VV., Il Chianti e la Valdelsa senese, Milano, Mondadori, 1999, ISBN 88-04-46794-0.

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