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Marina imperiale giapponese

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Bandiera della Marina Imperiale Giapponese.

La Marina Imperiale Giapponese (in giapponese 大日本帝國海軍 Dai-Nippon Teikoku Kaigun o 日本海軍 Nippon Kaigun) fu la marina del Giappone fino al 1945. Venne amministrata dal Ministero della Marina Giapponese e controllava, in qualche maniera, il Capo dello Stato Maggiore della Marina Imperiale Giapponese dei Quartieri Generali Imperiali.

Origini medievali

Samurai giapponesi mentre abbordano delle navi mongole nel 1281.

Il Giappone ha una lunga storia di rapporti navali con il continente asiatico, che coinvolge il trasporto di truppe tra la Corea ed il Giappone, a partire circa dagli inizi del Periodo Kofun nel III secolo.

Il primo riferimento significativo ad azioni navali giapponesi si trova nei resoconti dell'Invasione Mongola del Giappone da parte della marina di Kubilai Khan nel 1281. Il Giappone non possedeva una marina comparabile a quella mongola e la maggior parte degli scontri si svolse sul suolo giapponese, ma in quell'occasione un gruppo di samurai giapponesi, trasportato su piccole barche costiere, abbordò e prese il controllo di diverse navi della marina mongola.

Una nave da guerra costiera giapponese "Atakebune" del XVI secolo.

Il Giappone intraprese un grande sforzo costruttivo navale nel XVI secolo, quando i signori feudali in lotta per la supremazia costruirono vaste marine costiere composte da centinaia di navi. Le più grandi di queste navi erano chiamate "Atakebune" (安宅船). Pare sia in questo periodo che il Giappone ha sviluppato le prime navi corazzate da guerra della storia, quando Oda Nobunaga, un daimyo giapponese, fece costruire, nel 1576, sei Ōatakebune (大安宅船) corazzate in ferro. Queste navi chiamate "Tekkōsen" (鉄甲船, letteralmente "navi corazzate in ferro") erano chiatte armate con cannoni multipli e fucili di grande calibro per sconfiggere i più grandi, ma non corazzati, vascelli usati dal nemico. Con esse, nel 1578, durante un'operazione di blocco navale, sconfisse la marina del Clan Mori alla bocca del fiume Kizu ad Osaka. Queste navi erano considerate come fortezze galleggianti, piuttosto che come delle vere navi da guerra e vennero usate solo in azioni costiere.

Una Nave shuinsen del 1634, che combina tecnologie navali orientali ed occidentali.

Il Giappone costruì le sue prime grandi navi oceaniche all'inizio del XVII secolo in seguito al suo periodo di contati con l'Occidente. Nel 1614 il Daimyo di Sendai, d'accordo con il Bakufu Tokugawa costruì la San Juan Bautista, una nave simile ad un galeone da 500 tonn, che trasportò l'ambasciatore giapponese in America, da cui proseguì quindi per l'Europa. Sempre nello stesso periodo vennero commissionate dal Bakufu 350 navi shuinsen, armate come d'abitudine ed incorporanti alcune tecnologie occidentali, per il commercio con l'Asia. Comunque dopo pochi decenni e per i successivi duecento anni il Giappone decise di seguire una politica isolazionista che proibiva la costruzione di navi in grado di affrontare l'oceano.

Lo studio delle tecniche occidentali di ingegneria navale ricominciò negli anni 1840 e si intensificò insieme all'aumento di spedizioni occidentali lungo la costa del Giappone, dovuto al commercio con la Cina ed allo sviluppo della caccia alle balene. Nel 1852 il Bakufu, temendo ulteriori incursioni straniere, iniziò a costruire la prima nave da guerra giapponese in stile occidentale dall'epoca dell'isolazionismo, la Shōhei Maru.

La Kanrin Maru, la prima nave giapponese da guerra a vapore con propulsione a elica 1855.

Nel 1854, il Commodoro Perry degli Stati Uniti d'America ottenne l'apertura del paese al commercio internazionale e lo stabilire di concessioni straniere. Da quel momento il governo Tokugawa sostenne una politica di assimiliazione attiva delle tecniche navali occidentali. Nel 1855 venne fondata a Nagasaki una scuola di addestramento navale e per diversi anni vennero inviati studenti presso scuole occidentali, iniziando una tradizione di leader con un'educazione straniera, come gli ammiragli Enomoto, Togo e più tardi Yamamoto. Ingegneri navali francesi vennero assunti per costruire cantieri, come quelli di Yokosuka e Nagasaki.

Prima della fine dello shogunato Tokugawa, nel 1867, la marina giapponese dello shogun possedeva già otto navi da guerra a vapore in stile occidentale al comando dell'ammiraglia Kaiyō Maru, che furono usate contro forze pro-imperatore durante la Guerra di Boshin, al comando dell'ammiraglio Enomoto. Altre navi includevano la Jho Sho Maru, la Ho Sho Maru e la Kagoshima, tutte costruite da Thomas Blake Glover ad Aberdeen.

Modernizzazione

Kotetsu (la ex CSS Stonewall), la prima moderna nave corazzata giapponese, 1869.

Restaurazione Meiji

A partire dal 1868, il restaurato Imperatore Meiji continuò con massicce riforme ad industrializzare e militarizzare il Giappone per impedire di essere sopraffatti dagli Stati Uniti e dalle potenze europee. Durante il periodo Meiji (1867-1912) il Giappone potenziò la sua nuova marina, basandola a grandi linee su quella della Marina Reale Inglese ed appoggiandosi grandemente all'esperienza navale francese ed inglese. Comprò anche molte navi presso cantieri francesi ed inglesi. Nel 1869 acquisì la prima nave corazzata capace di affrontare l'oceano, il Kotetsu, dopo soli dieci anni dall'introduzione di queste navi nell'Occidente per la prima volta (il varo della francese La Gloire).

Guerra Cino-Giapponese (1894-1895)

Il Giappone continuò la modernizzazione della sua marina, specialmente perché anche la Cina stava potenziando, con assistenza straniera, la propria. Nel 1886 l'ingegnere navale francese Emile Bertin venne assunto per rinforzare la marina giapponese e per dirigere la costruzione dei cantieri di Kure e di Sasebo. La Guerra Cino-Giapponese venne dichiarata ufficialmente il 1° agosto 1894, sebbene si fossero già svolti alcuni combattimenti navali. Il 1° settembre 1894 nella Battaglia del fiume Yalu, la marina giapponese devastò la Flotta del Nord di Qing al largo della foce del fiume Yalu. Nel corso della battaglia la Cina perse 8 navi da guerra su 12.

Guerra Russo-Giapponese (1904-1905)

La Mikasa, nel 1905, la più potente nave da guerra della sua epoca

Successivamente alla guerra Cino-Giapponese ad alla restituzione forzata della Penisola di Liaotung alla Cina a causa delle pressioni russe, il Giappone continuò a potenziare la sua forza militare in preparazione di futuri confronti. Venne promulgato un programma decennale di potenziamento navale sotto lo slogan "Perseveranza e determinazione") (臥薪嘗胆, Gashinshōtan), per il quale vennero commissionate 109 navi da guerra, per un totale di 200.000 tonn ed incrementando il numero di membri della marina da 15.100 a 40.800. La nuova flotta consisteva di:

Una di queste navi, la Mikasa, la più avanzata del suo tempo, venne ordinata dai cantieri navali della Vickers nel Regno Unito alla fine del 1898 e venne consegnata in Giappone nel 1902.

Queste disposizioni raggiunsero il culmine con la Guerra Russo-Giapponese (1904-1905). Nella Battaglia di Tsushima, la Mikasa condusse la flotta combinata giapponese in quella che venne definita "la più decisiva battaglia navale nella storia". La flotta Russa venne praticamente annichilita al completo: su 38 navi russe, 21 vennero affondate, 7 catturate e 6 disarmate. I morti russi furono 4.545 ed i prigionieri 6.106. I giapponesi persero solo 116 uomini e 3 torpediniere.

Verso una marina nazionale autonoma

Hosho, la prima portaerei specificatamente progettata per questo ruolo al mondo, 1922

Dopo il conflitto con la Russia, il Giappone si diede il compito di costruire una forte industria navale nazionale. L'ultimo acquisto estero degno di nota fu nel 1913 quando il Kongo venne acquistato dai cantieri della Vickers.

Nel 1920 il Giappone possedeva la terza più grande marina del mondo ed era leader in molti aspetti dello sviluppo navale:

  • La Marina Giapponese fu la prima al mondo a possedere un sistema di comunicazione senza cavi, usato durante la Battaglia di Tsushima.
  • Nel 1909 varò la corazzata Satsuma, all'epoca la nave di maggior tonnellaggio al mondo.
  • In termini di armamento fu la prima marina a montare cannoni da 14, 16 e 18.1 pollici.
  • Nel 1922 varò la Hosho, la prima portaerei specificatamente progettata per questo ruolo al mondo.

Seconda guerra mondiale

(articolo principale: Marina Imperiale Giapponese nella Seconda Guerra Mondiale)

Negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale la Marina Imperiale Giapponese iniziò a strutturarsi specificatamente per combattere gli USA. Una lunga serie di espansioni militaristiche e l'inizio della seconda guerra Cino-Giapponese nel 1937 avevano alienato gli USA e l'America veniva vista sempre più come la nemica del Giappone.

Situazione generale

La Marina Imperiale Giapponese aveva affrontato prima e durante la prima guerra mondiale considerevoli sfide, probabilmente più di ogni altra marina nel mondo. Il Giappone, come la Gran Bretagna, dipendeva praticamente completamente da risorse straniere per rifornire la sua economia, quindi la Marina Imperiale Giapponese doveva assicurarsi e proteggere le fonti di materie prime (specialmente il petrolio ed altre materie prime del sud-est asiatico) che erano lontane e controllate da paesi stranieri (Gran Bretagna, Stati Uniti e Olanda). Per raggiungere questo obbiettivo doveva costruire delle grandi navi da guerra dotate di un grande raggio d'azione.

Yamato, la più grande nave da battaglia della storia, nel 1941

Per sostenere le politiche espansionistiche del Giappone la Marina Imperiale Giapponese avrebbe dovuto combattere le più grandi marine militari del mondo (il Trattato navale di Washington del 1922 fissava un rapporto 5:5:3 per il tonnellaggio delle marine di Gran Bretagna, Stati Uniti d'America e Giappone). Avrebbe dovuto pertanto affidarsi ad un livello tecnologico superiore (meno navi, ma più veloci e più potenti) ed a tattiche aggressive (attacchi audaci e veloci per sopraffare il nemico, una ricetta per il successo nei conflitti precedenti). Per poter combattere la marina statunitense, numericamente superiore, la Marina Imperiale Giapponese dedicò molte risorse alla creazione di una forza superiore in qualità ad ogni marina del suo tempo. Di conseguenza all'inizio della seconda guerra mondiale il Giappone possedeva probabilmente la marina più sofisticata del mondo. Scommettendo sui rapidi successi di una tattica aggressiva il Giappone non investì in maniera significativa in organizzazioni difensive: avrebbe dovuto proteggere le sue lunghe linee di rifornimento contro i sottomarini nemici, ma non riuscì mai in questo compito, investendo scarsi fondi nella costruzione e sviluppo di navi scorta antisommergibile ed in portaerei di scorta.

Negli anni precedenti alla guerra due scuole di pensiero si affrontarono sul fatto se la marina avrebbe dovuto essere incentrata su potenti navi da battaglia che avrebbero potuto vincere su quelle americane nelle acque giapponesi o su una flotta aggressiva di portaerei. Nessuna delle due prevalse ed entrambi i tipi di navi vennero sviluppate, con il risultato che nessuna delle due soluzioni riuscì a diventare una forza predominante contro l'avversario americano. Una debolezza consistente delle navi da guerra giapponesi fu la tendenza ad incorporare troppo armamento e motori troppo potenti in confronto alle dimensioni delle navi (una conseguenza del Trattato di Washington) portando a mancanze in stabilità, protezione e forza strutturale.

Sebbene la Marina Imperiale Giapponese abbia goduto di successi spettacolari durante la prima fase delle ostilità, le forze americane riuscirono infine a passare in vantaggio, grazie a miglioramenti tecnologici delle proprie forze aeree e navali ed a una produzione industriale molto maggiore. La riluttanza del Giappone a usare la propria flotta di sottomarini per raid contro i mercantili ed il fallimento nel proteggere le proprie comunicazioni contribuirono alla sua sconfitta.

Durante l'ultima fase della guerra la Marina Imperiale Giapponese ricorse ad una serie di misure disperate, incluso l'uso di attacchi suicidi (vedi Kamikaze).

Corazzate

Il Giappone continuò ad attribuire un considerevole prestigio alle corazzate e si impegnò a costruire le più grandi e potenti navi del periodo. La Yamato, la più grande e pesantemente armata corazzata della storia venne varata nel 1941.

Portaerei

Aerei della portaerei giapponese Shokaku si preparano ad un attacco a Pearl Harbor.

Il Giappone mise un'enfasi particolare sulle portaerei. La Marina Imperiale Giapponese iniziò la Guerra del Pacifico con 10 porteerei, all'epoca la più grande e moderna flotta del mondo di questo tipo. Comunque diverse portaerei giapponesi erano di piccole dimensioni in accordo alle limitazioni imposte alla marina dalle Conferenze Navali di Londra e Washington. All'inizio delle ostilità gli americani possedevano 6 portaerei, di cui solo 3 operavano nel Pacifico, mentre i britannici ne possedevano 3, di cui solo 1 che operava nell'Oceano Indiano. Le portaerei giapponesi come la Shokaku e la Zuikaku, eccedevano ogni altra portaerei al mondo in prestazioni e capacità fino allo sviluppo in tempo di guerra da parte degli americani della classe Essex.

Comunque in seguito alla battaglia delle Midway nella quale quattro portaerei giapponesi vennero affondate, la Marina Imperiale Giapponese si trovò improvvisamente a corto di questo tipo di navi, causando la nascita di una serie di progetti ambiziosi per convertire vascelli militari e commerciali in portaerei di scorta come la Hiyo e Shinano , che divennero le più grandi portaerei della seconda guerra mondiale. La Marina tentò anche di costruire delle portaerei di squadra, ma la maggior parte di questi progetti non venne completata prima della fine della guerra.

Aviazione navale

Un kamikaze, in questo caso un Mitsubishi Zero in procinto di colpire la USS Missouri.

Il Giappone iniziò la guerra con una competente forza aerea navale, progettata intorno al miglior caccia navale dell'epoca, il Mitsubishi A6M (famoso come "Zero"). Il corpo dei piloti giapponesi all'inizio della guerra era, grazie all'intenso addestramento e all'esperienza di prima linea nella Guerra Cino Giapponese, di ottimo calibro se confrontanto ai loro contemporanei. La Marina possedeva anche una competente forza di bombardamento tattico basata sui bombardieri Mitsubishi G3M e Mitsubishi G4M che stupirono il mondo affondando per la prima volta una corazzata nemica in mare, la HMS Prince of Wales e, in seguito, la HMS Repulse.

Con il proseguire della guerra gli Alleati scoprirono rapidamente le debolezze dell'Aviazione Navale Giapponese. Sebbene la maggior parte degli aerei fosse caratterizzata da una grande autonomia, erano molto limitati in corazzatura ed armamento difensivo. In conseguenza di ciò i più numerosi e pesantemente armati e corazzati aerei americani furono in grado di sviluppare tecniche che annullavano rapidamente il vantaggio degli aerei giapponesi. Inoltre, a causa di ritardi nello sviluppo dei motori, la Marina Giapponese incontrò grandi difficoltà nello sviluppare nuovi e competitivi progetti con il proseguire della guerra, da ciò ne conseguì la produzione in massa di aerei con debolezze note. In seguito alla battaglia del golfo di Leyte la Marina Giapponese optò sempre di più per l'uso di aerei in ruolo di kamikaze.

Sottomarini

File:I-400.jpg
Il sottomarino I-400, il più grande sottomarino della Seconda guerra mondiale.

Il Giappone possedette di gran lunga la più diversificata flotta di sottomarini della Seconda guerra mondiale, incluse torpedini guidate (Kaiten), sottomarini minuscoli (Ko-hyoteki, Kairyu), sottomarini costruiti per missioni specifiche (soprattutto per l'esercito), sottomarini a lungo raggio d'azione (molti dei quali trasportavano un aereo), sottomarini con la maggiore velocità in immersione all'inizio del conflitto (Sentaka I-200) e sottomarini in grado di portare diversi bombardieri (il più grande sottomarino della seconda guerra mondiale, il Sentoku I-400). Questi sottomarini erano anche equipaggiati con le torpedini più avanzate del conflitto, le Long Lance con propulsione ad ossigeno.

Globalmente, nonostante le loro capacità tecniche, i sottomarini giapponesi non ebbero un gran successo. Vennero spesso usati in ruoli offensivi contro navi da guerra, che erano veloci, manovrabili e ben difese se confrontante con le navi della marina mercantile. Nel 1942 i sottomarini giapponesi riuscirono ad affondare due portaerei di squadra, un incrociatore ed alcuni cacciatorpedinieri ed altre navi ed a danneggiarne diverse altre. Ma, man mano che le flotte Alleate venivano rinforzate e riorganizzate, non furono in grado di mantenere buoni risultati. Verso la fine della guerra vennero invece usati per trasportare rifornimenti alle guarnigioni sulle isole. Durante la guerra il Giappone riuscì ad affondare circa 1 milione di tonnellate di navi mercantili (184 navi), in confronto al 1,5 milione di tonnellate della Gran Bretagna (493 navi), 4,65 milioni di tonnellate per gli USA (1.079 navi) e 14,3 milioni di tonnellate per la Germania (2.840 navi).

I primi modelli non erano molto manovrabili in immersione, non potevano raggiungere grandi profondità e mancavano di radar. Durante la guerra unità che erano state equipaggiate con un radar furono in alcuni casi affondate a causa della capacità del radar USA di rilevare le loro emissioni. Per esempio la Batfish (SS-310) affondò tre sottomarini equipaggiati con radar nel corso di quattro giorni. Al termine del conflitto molti dei più originali sottomarini giapponesi (I-400, I-401, I-201 e I-203) vennero inviati alle Hawaii nell'ambito della Operation Road's End ("Operazione Fine della Strada") prima di essere affondati dalla Marina USA nel 1946 quando i sovietici chiesero di poterli visionare.

Forza di Autodifesa

In seguito alla resa agli Stati Uniti al termine della Seconda guerra mondiale ed alla successiva occupazione del suolo patrio, l'intera Marina Imperiale Giapponese venne dissolta con la nuova costituzione che afferma: Il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione ed alla minaccia dell'uso della forza come mezzo per risolvere le dispute internazionali.

La corrente marina giapponese ricade sotto l'ombrello della Forza di Autodifesa Giapponese (JSDF - Japan Self Defense Forces) come Forza Giapponese di Auto-Difesa Marina (JMSDF - Japan Maritime Self-Defense Force)

Fonti

La fonte principale di questo articolo è la corrispondente voce della en.wiki, che a sua volta cita:

  • KAIGUN, Strategy, tactics and technology of the Imperial Japanese Navy, 1887-1941, David C. Evans & Mark R. Peattie, Naval Institute Press, Annapolis, Maryland [ISBN 0870211927]
  • The origins of Japanese Trade Supremacy, Development and technology in Asia from 1540 to the Pacific War, Christopher Howe, The University of Chicago Press [ISBN 0226354857]
  • A Battle History of The Imperial Japanese Navy, Paul S. Dull

Azioni principali

Collegamenti esterni

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