Macchiaioli
Il movimento pittorico dei macchiaioli si è sviluppato a Firenze nella seconda metà dell'Ottocento. Il termine venne coniato nel 1862 da un anonimo recensore della «Gazzetta del Popolo» che così, in senso dispregiativo, aveva definito quei pittori che intorno al 1855 avevano dato origine ad un rinnovamento antiaccademico della pittura italiana in senso verista.
Il movimento si propone di rinnovare la cultura pittorica nazionale. La poetica macchiaiola è verista opponendosi al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico, e sostiene che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro, all'inizio ottenuti tramite una tecnica chiamata dello specchio nero ovvero tilizzando uno specchio annerito col fumo che permetteva di esaltare i contrasti chiaroscurali all'interno del dipinto.
Del gruppo fanno parte i toscani Serafino De Tivoli, Odoardo Borrani, Raffaello Sernesi e Adriano Cecioni, scrittore e scultore oltre che pittore; il pesarese Vito D’Ancona; il napoletano Giuseppe Abbati e il veronese Vincenzo Cabianca da Verona, cui si aggiunse il giovanissimo Diego Martelli, che critico e mecenate. In certo senso più isolati, ma considerati fra gli esponenti principali del movimento: il livornese Giovanni Fattori, Silvestro Lega da Modigliana (Forlì) ed il fiorentino Telemaco Signorini. Il loro luogo di ritrovo fu iniziamente il Caffé Michelangelo di Firenze.