Federico Confalonieri

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Federico Confalonieri

Federico Confalonieri (Milano, 6 ottobre 1785Hospental, 10 dicembre 1846) è stato un patriota italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato in una famiglia nobile (era conte) e devota all'Austria, da Vitaliano e Antonia dei marchesi Casnedi, fin da giovane appoggiò l'ideale dell'Italia unita. Nel 1806 sposò Teresa Casati[1], che condivise i suoi progetti e lo aiutò durante i tanti infortuni della sua vita. Dal matrimonio nacquero 2 figli, Filippo ed Edoardo (14 agosto 1807 - 2 giugno 1813), che morì in circostanze misteriose, fatto che diede adito a molti pettegolezzi.

Confalonieri era uno dei grandi magnati lombardi, di nobile e antica casata, potente sotto gli Asburgo e sotto Napoleone.
Era senatore a Milano del Regno d'Italia.

Fu un duro oppositore del regime napoleonico. Contribuì alla fine del Regno Italico del Viceré Beauharnais, nonostante che questi nella vittoriosa battaglia sul Mincio dell'8 febbraio 1814, avesse fermato gli austriaci del Feldmaresciallo Bellegarde, aiutando il partito filo austriaco del quale faceva parte nel rovesciamento del governo. Fu uno di coloro che aizzarono la folla il 20 aprile 1814 presso il Palazzo del senato; i disordini che ne conseguirono portarono al linciaggio del Ministro delle Finanze Giuseppe Prina.

Lo stesso Confalonieri, appena un mese dopo il ritiro di Beauharnais, mentre guidava una sfortunata delegazione milanese inviata a Parigi ad implorare l'indipendenza alle potenze alleate, scrisse una nota lettera alla moglie Teresa, con parole che costituiscono l'ammissione del proprio scetticismo:

«per arringar la causa di una nazione vòglionsi baionette, non delegazioni»

Poi passò i successivi quattro anni a difendersi dalle accuse di aver organizzato l'assalto al Senato e l'uccisione del Prina. Ad esempio, il 28 marzo 1815 scrisse una lettera a Francesco Melzi d'Eril, protestando la propria innocenza. Questi gli rispose:

«le ire non s'infiammano senza grave danno della pubblica e privata causa. La discordia non è conciliabile con nessuna speranza di bene. Non si deve usurpare il dominio del tempo, perché non è mai senza compromettere l'avvenire.»

Dopo la Restaurazione partecipa alla nascita del periodico letterario Il Conciliatore ed aderisce alla Carboneria. Risulta essersi iscritto a delle logge massoniche[1], fece infatti parte della Massoneria[2], essendo stato iniziato in Inghilterra nel settembre 1818[3].

Propugnò alcune riforme progressiste in ambito economico e sociale ed allo scoppio dei moti del 1820-21, organizzati da Piero Maroncelli e Silvio Pellico, viaggiò in varie parti della Lombardia e partecipò attivamente all'insurrezione. Il 13 dicembre dello stesso anno venne arrestato nella sua dimora dalla polizia austriaca e fu condannato a morte sotto l'inquisizione del magistrato Antonio Salvotti, pena poi commutata nell'ergastolo da scontare nella prigione asburgica dello Spielberg, presso Brno, la stessa sorte toccata a Maroncelli e Pellico, a seguito del loro celebre processo.

La pena gli venne commutata nel 1835 nella deportazione in America. Lasciò il carcere dello Spielberg l'11 dicembre 1835 per raggiungere Vienna dove si sottopose ad un'energica cura medica prima di essere trasferito, nel marzo 1836, a Gradisca d'Isonzo in attesa dell'imbarco per gli Stati Uniti[4].

A Gradisca tentò di dilazionare la sua partenza per l'America adducendo motivi di salute. Evitò quindi di partire con altri otto deportati che furono imbarcati sul brigantino Ussaro e salparono da Trieste il 5 agosto 1836[5]. Durante l'estate frequentò le terme di Monfalcone. Ad ottobre fu sottoposto ad una nuova visita medica e venne imbarcato sul brigantino Ippolito col quale lasciò Trieste il 29 novembre 1836 per sbarcare a New York il 21 febbraio 1837[6].

Ma nel 1837 tornò clandestinamente in Italia, poi passò per Francia (da dove venne espulso), Belgio e Svizzera. Animatore del liberalismo antiaustriaco, nel 1839 prese casa a Mendrisio facendo valere un antico diritto di patriziato, ma dopo un breve soggiorno riparò a Parigi. Morì improvvisamente durante un viaggio di trasferimento tra la capitale transalpina e la Lombardia.

A Parigi il 31 luglio 1841 aveva sposato Sofia O'Ferral (Copenaghen 1813 - Blevio 22 settembre 1868), di origini irlandesi.

In una lettera a Silvio Pellico datata 16 ottobre 1841 così la descrive: "Questa fanciulla, ch'ora è mia buona, affettuosa e cara Consorte, ha 30 anni, è nata in Inghilterra ed è di famiglia ora Danese, ma di origine Irlandese emigrata come cattolica per causa di Religione al principio dello scorso secolo.Parla l'Inglese, il Danese, il Tedesco ed il Francese come sue lingue, e l'Italiano come una lingua d'adozione. È assai religiosa di credenza e di pratica, e disingannata e schiva del mondo, quanto il sono io. Ama la solitudine, ossia la vita ritirata, ama il bene, ama i buoni di tutti i paesi, ha amato me perché mi ha creduto buono, – ed in ciò si è ingannata, – ama te perché lo sei, ed ha amato ed ammirato innanzi tutto la mia Teresa perché lo era eminentemente, né si è in ciò certo ingannata.Essa chiamasi di nome Sofia, di cognome O' Ferrall d'Annaly, provincia che da' suoi antenati possedevasi con quasi regio dominio. È picciola di taglia, bruna di capegli e di occhi, ha figura piuttosto Italiana o Spagnola che Nordica, non è bella ma non ha diffetti. Dopo tutto ciò se tu non la conosci ancora non saprei più come meglio fartela conoscere che col condurtela"

I funerali[modifica | modifica wikitesto]

Le esequie, semplici, furono celebrate a Milano nella chiesa di San Fedele dove intervenne il flore della cittadinanza che assistette «dignitosa [...] colla coscienza di dare un tributo di riverenza al defunto, di essere intorno a quella bara rappresentante di un'intiera nazione». La polizia austriaca, non aspettandosi tanta folla, mandò sulla piazza il funzionario Luigi Bolza che spiò e prese nota di tutti coloro che erano intervenuti alle esequie. La stessa polizia, essendo corsa voce che le Società dei nobili e dei borghesi si proponevano di erigere per sottoscrizione un monumento al Confalonieri, fece chiamare i presidenti di queste Società, ai quali minacciò di chiudere i loro circoli.

Sempre in occasione delle esequie e del permesso concesso dalla polizia di trasportare la salma a Muggiò per seppellirla a fianco della prima moglie Teresa Casati nel Mausoleo Casati Stampa di Soncino, la Direzione generale di polizia di Venezia, così scriveva in una circolare riservata:

«È morto nella Svizzera giorni sono il noto conte Federico Gonfalonieri, amnistiato politico, che stava por ritornare da Parigi a Milano, sua patria. È da presumersi che questo avvenimento verrà annunciato dalla stampa periodica e che i giornali del partito radicale della Svizzera e della Francia ne faranno soggetto di loro articoli secondo le loro tendenze, quando pure il già condetenuto Andryane, suo enfatico apologista, non gli componesse un'esagerata apologia, siccome fece non fa molto tempo il decesso Pietro Maroncelli. Io reputo pertanto opportuno, signor Commissario Superiore, di chiamare non solo la di lei attenzione in tutto ciò che per avventura fosse per comparire alla luce relativamente a questo soggetto, ma di invigilare solertemente altresì sui discorsi, trattenimenti e qualsiasi dimostrazione che fosse costì per farsi; e che il di lei zelo vorrà adoperare della opportuna circospezione per rendermi informato nel caso d'interessante emergenza».[7]

Albero genealogico[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Ansperto Confalonieri, II conte Confalonieri Federico Confalonieri, I conte Confalonieri  
 
Anna Maria Ferrario  
Eugenio Confalonieri, III conte Confalonieri  
Maria Margareta von Strattmann Anton Franz von Strattmann, conte von Strattman  
 
Antonia Maria Theresia von Preysing  
Vitaliano Confalonieri, IV conte Confalonieri  
Gaspare Biglia, marchese del Sacro Romano Impero Vitaliano Biglia, marchese del Sacro Romano Impero  
 
Giovanna Cusani Visconti  
Anna Biglia  
Francesca Visconti Giandomenico Visconti, marchese di San Giorgio  
 
Bianca da Rho  
Federico Confalonieri, V conte Confalonieri  
Ottavio Casnedi, marchese di Nesso Francesco Maria Casnedi  
 
Ippolita Secchi  
Francesco Maria Casnedi, marchese di Nesso  
Beatrice Durini Gian Giacomo Durini, conte di Monza  
 
Margherita Visconti  
Antonia Casnedi  
Gerolamo Casati, conte di Borgolavezzaro Carlo Casati, conte di Borgolavezzaro  
 
Gerolama Pozzobonelli  
Maria Casati  
Antonia Casati Filippo Casati  
 
 
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Ambrosoli 1982.
  2. ^ Patrioti e rivoluzionari massoni Archiviato il 24 novembre 2017 in Internet Archive. sul sito della Gran Loggia d'Italia degli Alam.
  3. ^ Giordano Gamberini, Mille volti di massoni, Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 101.
  4. ^ Stefani 1963, pp. 41-42.
  5. ^ Gli otto che partirono furono: Giovanni Albinola, Felice Argenti, Pietro Borsieri, Felice Foresti, Gaetano Castillia che provenivano dallo Spielberg mentre dalle carceri Milanesi arrivarono Cesare Benzoni, Alessandro Bargnani e Luigi Tinelli. Stefani 1963, p. 138 e 187
  6. ^ Stefani 1963, pp. 55-73.
  7. ^ Vittore Ottolini, La rivoluzione lombarda del 1848 e 1849: storia, Milano, Ulrico Hoepli, 1887, ISBN non esistente. Ospitato su archive.org.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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