Dea Iblea

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La dea Iblea è una divinità femminile sicula attestata in Sicilia orientale e menzionata unicamente da Pausania nella sua opera Viaggio in Grecia[1] Pare che fosse una divinità di origine sicana e in un secondo momento introdotta nel pantheon siculo.

Pausania afferma l'esistenza di un tempio, nella Ibla che egli chiama la Gereatis, dedicato a una dea Iblea venerata dai popoli barbari di Sicilia, ma poiché egli tace il nome di questa divinità, tutti i derivati odierni, come l'appellativo di «dea Ibla», rimangono pure congetture.[2]

Lo storiografo palermitano Filippo Paruta, nel suo trattato seicentesco Della Sicilia descritta con medaglie, sostiene di aver individuato una dea sicula, che egli chiama Ibla, in una moneta raffigurante la testa della divinità avvolta da un velo[3], in un contesto iconografico già di epoca greca (III sec. a.C.)[4].

Inoltre, la citazione di una città di nome Ibla nell'anonimo Pervigilium Veneris evidenzia come tale divinità fosse sovente identificata con la stessa dea Venere / Afrodite.[senza fonte]

Sicuramente, dati gli studi sul materiale archeologico riscontrato nei siti siculi o greco-siculi, il popolo dei Monti Iblei aveva una particolare devozione per i culti potniaci, cioè quelli incentrati sulle divinità della terra, in particolare la Grande Madre. Infatti, proprio a Megara Hyblaea è stata rinvenuta una statua della Grande Madre che allatta due gemelli, divinità che potrebbe essere identificata con la dea Iblea nominata da Pausania. Lo confermerebbe il toponimo della città di Megara, a cui è aggiunto l'aggettivo greco "Hyblaia", che potrebbe significare "della dea Hybla". Molti storici sono concordi nell'affermare che anche il nome di Hybla Heraia deriva dalla dea Hybla[Nonostante l'affermazione non viene menzionato alcuno storico]. Si ipotizza dunque che fosse una divinità della fertilità, protettrice dei campi e della coltivazione dei cereali, con riferimento anche alla Flora romana.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Viaggio in Grecia, 5.23.6: «ἡ Γερεᾶτις καὶ ἱερόν σφισιν Ὑβλαίας ἐστὶ θεοῦ, παρὰ Σικελιωτῶν ἔχον τιμάς.».
  2. ^ Vd. argomento approfondito in Luigi Paretis, Studi siciliani ed italioti, con tre tavole, F. le Monnier, 1920, pp. 334-35; Carmelo Ciccia, Il mito d'Ibla nella letteratura e nell'arte, Pellegrini Editore, 1998, p. 46.
  3. ^ Carmelo Ciccia, Il mito d'Ibla nella letteratura e nell'arte, Luigi Pellegrini, p. 45.
  4. ^ HYBLAIA, in Enciclopedia dell'arte antica, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 23 febbraio 2016.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gabriella Mauciere, La moneta avolese delle Salinelle, Paginascritta Edizioni, Avola, 2010, ISBN 978-88-96907-00-9.