Battaglia di Cima 731

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Battaglia di Cima 731
parte dell'Offensiva di primavera (1941) della Campagna italiana di Grecia
L'offensiva italiana di primavera (frecce rosse)
Data9-24 marzo 1941
LuogoCima 731, monte Trebeshina, Albania
Esitovittoria greca
Schieramenti
Comandanti
Bandiera dell'Italia Italia Gen. Gastone Gambara
(VIII Corpo)
Bandiera dell'Italia Italia Gen. Div. Alberto D'Aponte
(Divisione Puglie)
Bandiera dell'Italia Italia Gen. Bri. Angelico Carta
(Divisione Siena)
Bandiera dell'Italia Italia Gen. Bri. Matteo Negro
(Divisione Bari)
Bandiera della Grecia Grecia Gen. Giorgio Bakos
(II Corpo)
Bandiera della Grecia Grecia Gen. Vasileios Vrachnos
(1ª Divisione)
Bandiera della Grecia Grecia Col. Nikolaos Georgoulas
(5º Reggimento)
Bandiera della Grecia Grecia Magg. Dimitrios Kaslas
Effettivi
3 divisioni
2 battaglioni
1 battaglioni
Perdite
8.000 morti circa1.000 morti
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La battaglia di Cima 731 (in greco Μάχη του υψώματος 731?, nota anche come battaglia di monte Monastero), fu una feroce battaglia combattuta durante la seconda guerra mondiale nel sud dell'Albania, tra Regio Esercito ed esercito greco[1]. Iniziò la mattina del 9 marzo 1941, nell'ambito dell'operazione bellica denominata Offensiva italiana di Primavera. Scopo dell'assalto era la conquista del valico montano che conduce alla valle di Kalpaki. La Cima 731 costituiva un importante sito strategico a 20 km a nord della città di Klisura ai piedi del monte Trebeshinë, nel cuore della linea difensiva greca. Nonostante la superiorità numerica delle forze italiane e i numerosi tentativi, la Cima 731 non fu mai conquistata, contribuendo al fallimento dell'offensiva di Primavera[2].

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

La Campagna italiana di Grecia, portata avanti dal regime fascista italiano nell'ottobre del 1940, era giunta ad una fase di stallo nei primi mesi del 1941. La linea del fronte italiano era stata travolta e la Grecia minacciava la conquista di importanti posizioni, in particolare i porti militari sulla costa. Durante l'inverno però, il comando greco decise di fermare le operazioni offensive su larga scala, autorizzando solo le operazioni offensive locali per migliorare le linee in attesa di condizioni meteorologiche migliori[3]. Nella primavera del 1941 al comando italiano premeva battere l'esercito greco prima dell'imminente intervento tedesco, per evidenti ragioni di prestigio. Il piano, ideato dal generale Ugo Cavallero, prevedeva un possente attacco concentrato in uno stretto corridoio montano: lo scopo italiano era quello di sfondare le linee greche nel punto di maggiore forza, riconquistare Klisura e avanzare verso Leskovik e Ioannina[1]. La chiave del successo fu individuata nella conquista di un piccolo monte, conosciuto come Cima 731[4]. In altre fonti, lo stesso luogo viene denominato monte del Monastero per via dei ruderi di un antico edificio religioso[4].

L'attacco sarebbe stato condotto dal VIII Corpo d'Armata (59ª Divisione fanteria "Cagliari", 38ª Divisione fanteria "Puglie" e 24ª Divisione fanteria "Pinerolo") e da due battaglioni di Camicie Nere, mentre 26ª Divisione fanteria "Assietta", 2ª Divisione fanteria "Sforzesca" del XXV Corpo d'Armata, 47ª Divisione fanteria "Bari", 51ª Divisione fanteria "Siena" e 7ª Divisione fanteria "Lupi di Toscana" costituivano il secondo scaglione. Come riserva erano pronte la 131ª Divisione corazzata "Centauro" e la 29ª Divisione fanteria "Piemonte"[5].

Le unità greche di fronte a loro erano il II Corpo (17ª, 5ª, 1ª, 15ª e 11ª divisione) che aveva combattuto sin dall'inizio della guerra, con tre reggimenti di appoggio e la 4ª Divisione come riserva. Durante i mesi precedenti, in previsione di un attacco, alle truppe greche era stato ordinato di scavare trincee per fornire la necessaria copertura. La divisione italiana incaricata dell'assalto alla Cima 731 fu la Puglie, costituita da reparti di artiglieria, reparti someggiati e fanti. La Cima 731 fu difesa dal 2º battaglione del 5º reggimento di fanteria greca (ΙΙ/5) della 1ª divisione, a cui fu ordinato di mantenere le proprie posizioni a tutti i costi. Il battaglione ΙΙ/5 era comandato dal maggiore Dimitrios Kaslas e la maggior parte dei suoi soldati proveniva dalle città di Trikala e Karditsa.

Il comandante del II Corpo greco Magg. gen. Georgios Bakos era stato nominato solo quattro giorni prima dell'offensiva italiana: in una conferenza tenuta ad Atene il 5 marzo, l'allora comandante tenente gen. Dimitrios Papadopoulos, insieme ad altri due generali del I Corpo, si oppose alla presenza in Grecia di un corpo di spedizione britannico, che sarebbe stato inadeguato a difendere la Grecia dai tedeschi ma sufficiente a fornire loro un casus belli. Questa sua opposizione lo portò al licenziamento[6].

La battaglia[modifica | modifica wikitesto]

Soldati greci sul fronte albanese nell'inverno 1941

L'attacco italiano, osservato da Benito Mussolini in persona che era appostato sull'altura del Komarit, è stato lanciato il 9 marzo con uno sbarramento di artiglieria pesante e bombardamento aereo. Sul settore principale, tenuto dalla 1ª Divisione greca, il feroce bombardamento causò uno sconvolgimento del terreno, abbassandone la quota di 2 metri e distruggendone alberi e vegetazione. Nonostante ciò, le perdite umane per la Grecia furono limitate, sia per il buon funzionamento delle trincee[4], sia perché il bombardamento italiano fu condotto senza una tattica adeguata[4].

Dopo il bombardamento, i soldati del 71º e 72º Reggimento della Divisione Puglie furono lanciati all'assalto di fanteria, nella convinzione dei generali italiani che la resistenza greca, sfiancata dall'artiglieria, non potesse opporre resistenza. I soldati greci invece, pur se storditi, si lanciarono fuori dalle trincee verso gli italiani in un micidiale scontro frontale. Ne conseguirono accaniti combattimenti, condotti con armi da fuoco ma anche in violenti corpo a corpo[1].

La stessa strategia venne riproposta in numerosi assalti che si protrassero fino al 19 marzo, e che coinvolsero non solo la Divisione Puglie ma anche la Divisione Bari che era di riserva.

Nonostante i ripetuti tentativi di fanteria e i pesanti bombardamenti, i difensori di Cima 731 tennero le posizioni riuscendo a sfruttare l'orografia favorevole e la pessima pianificazione italiana. Dal lato greco, l'ordine di Dimitrios Kaslas era quello di mantenere la propria posizione a qualunque costo e promise di sparare personalmente ad ogni disertore. Dal lato italiano invece, l'ordine fu quello di ripetere gli attacchi ad oltranza, il che però causò ingenti perdite umane[4].

L'offensiva italiana si fermò tra il 16 e il 18 marzo, consentendo ai greci di portare avanti le riserve e iniziare un graduale rinforzo della loro linea, sostituendo la 1ª divisione con la 17ª. L'offensiva italiana riprese il 19 marzo con un ultimo attacco alla Cima 731 condotto dalla Divisione Siena (il diciottesimo dall'inizio). Supportati da quattro carri M13/40 e da un'unità d'assalto Arditi comandata dal capitano Giorgio di Borbone Parma della Divisione Siena, gli italiani si impadronirono di una parte della Cima 731 ma furono presto respinti da un contrattacco greco. Gli attacchi si susseguirono con meno foga fino al 24 marzo, ma senza esito[7]. Mussolini fu costretto ad ammettere che l'offensiva italiana era fallita[8].

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

La tomba del Milite Ignoto ad Atene. L'iscrizione "731" è visibile nell'ultima riga del testo scolpito sulla pietra a sinistra

La battaglia di Cima 731 è stata descritta come la Verdun della guerra greco-italiana[9], mentre altri la chiamavano le nuove Termopili. Fu una lotta atroce e sanguinosa, con soldati spesso impegnati in combattimenti alla baionetta, richiamando le infelici immagini della Grande Guerra. Il feroce bombardamento terrestre e aereo che precedette gli assalti trasformò il paesaggio della collina, tanto che l'altitudine attuale è scesa a 729 metri[4].

La strategia italiana di colpire il fronte greco nel suo punto più forte, si rivelò un errore fatale. Questo aspetto, unito all'accanimento del comando italiano di perseguire l'assalto con le stesse modalità per giorni e giorni, ridusse la battaglia di Cima 731 in un vero e proprio massacro reciproco senza alcun vantaggio bellico. La battaglia rimase per lunghi anni nascosta all'opinione pubblica in quanto la censura fascista ne modificò la percezione. Nei fatti, per l'Italia fu una sconfitta di grandi proporzioni e, secondo alcuni storici, fu l'inizio della fine del regime fascista[1].

Lo scenario mutò solo quando, il 6 aprile, iniziò l'invasione tedesca della Grecia attraverso la Bulgaria con l'Operazione Marita, aprendo un secondo fronte. La Grecia aveva ricevuto un piccolo rinforzo dai britannici con sede in Egitto, in previsione dell'invasione tedesca. I greci soffrivano di inferiorità numerica e la maggior parte delle truppe era ancora stanziata sul fronte albanese. La linea difensiva bulgara non ricevette rinforzi adeguati e cedette rapidamente. I tedeschi aggirarono i greci sul confine albanese costringendoli alla resa mentre i britannici iniziarono la ritirata. Per diversi giorni le truppe alleate hanno contenuto l'avanzata tedesca sul passo delle Termopili, consentendo alle navi di preparare l'evacuazione degli inglesi. I tedeschi raggiunsero Atene il 27 aprile e completarono la conquista della Grecia con la cattura di Creta un mese dopo. Di conseguenza, la Grecia fu occupata dalle forze militari di Germania, Italia e Bulgaria fino alla fine del 1944.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Mario Cervi, Storia della guerra di Grecia: ottobre 1940 - aprile 1941.
  2. ^ Carr 2013, pag. 139-162
  3. ^ Gedeon 2001, pag. 27-28
  4. ^ a b c d e f John Carr, Mussolini's Defeat at Hill 731, March 1941: How the Greeks Halted Italy's Albanian Offensive.
  5. ^ Gedeon 2001, pag. 30
  6. ^ Pierre Kosmidis, Walking in the forgotten battlefield: Hill 731 through the eyes of Italian researcher Riccardo Iacobini, su ww2wrecks.com.
  7. ^ Gedeon 2001, pag. 31
  8. ^ Carr 2013, pag. 157
  9. ^ Terzakis 1990, pag. 142

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EL) Ιστορία Ελληνικού Έθνους [History of the Greek Nation], ΙΕ' (15), Αθήνα, Εκδοτική Αθηνών, 1978.
  • John Carr, The Defence and Fall of Greece 1940–41, Pen and Sword, 19 agosto 2013, ISBN 978-1781591819.
  • (EL) Dimitrios Gedeon, Ο Ελληνοϊταλικός Πόλεμος 1940–41: Οι χερσαίες επιχειρήσεις, in Ο Ελληνικός Στρατός και το Έπος της Βορείου Ηπείρου [The Greco-Italian War 1940–1941: The Ground Operation], Athens, Periskopio, 2001, ISBN 960-86822-5-8.
  • An Abridged History of the Greek-Italian and Greek-German War, 1940–1941 (Land Operations), Hellenic Army General Staff, Army History Directorate, 1997.
  • Angelos Terzakis, The Greek Epic: 1940 – 1941, Hellenic Army General Staff, 7th Staff Office, 1990.
  • Γεώργιος Τζουβαλάς, Ὕψωμα 731: Μάρτιος – Απρίλιος 1941, Εταιρεία Μελέτης Ελληνικής Ιστορίας, 2007.
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