Basilica di San Francesco (Arezzo)
Basilica di San Francesco | |
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Stato | ![]() |
Regione | Toscana |
Località | Arezzo |
Indirizzo | piazza San Francesco, 1 - Arezzo |
Coordinate | 43°16′30.95″N 11°31′31.21″E / 43.275265°N 11.525337°E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | San Francesco d'Assisi |
Diocesi | Arezzo-Cortona-Sansepolcro |
Architetto | Fra Giovanni da Pistoia |
Stile architettonico | romanico |
Inizio costruzione | XIV secolo |
Completamento | XIV secolo |
Sito web | Basilica di San Francesco, official website |
La basilica di San Francesco è un importante luogo di culto cattolico di Arezzo, famoso soprattutto per le Storie della Vera Croce, un ciclo di affreschi di Piero della Francesca presenti nella cappella. Nel febbraio del 1955 papa Pio XII l'ha elevata alla dignità di basilica minore.[1]
Oltre ad essere un luogo di culto, la basilica è un museo statale sotto la direzione del Polo Museale della Toscana. Gli ingressi all'interno della cappella Bacci vengono contingentati in fasce orarie e per questo richiede una prenotazione obbligatoria.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
I francescani, insediatisi ad Arezzo nella zona del Maccagnolo a partire del 1211, si trasferirono presso Poggio del Sole nel 1232. La loro prima chiesa non doveva essere troppo piccola, ospitando la tavola della Maestà di Guido da Sienama soprattutto la grande Croce francescana, entrambe eseguite per una chiesa precedente a quella attuale. Nonostante ciò, pare che i francescani non avessero ancora una chiesa adeguata alle loro esigenze o al loro prestigio, e progettarono quindi la costruzione di una grande chiesa individuando la zona dove costruirla già alla metà del secolo. Nel 1290 si aggiunse l'invito formale da parte del Comune a trasferirsi all'interno delle mura cittadine e la donazione di una casa da parte di Idino Cacciaconti nell'area dove sorgerà l'attuale insediamento conventuale.[2]
Subito dopo questo invito i frati pensarono quindi a progettare concretamente il nuovo convento e la chiesa ed è ad un periodo subito successivo che risale il disegno di progetto dell'intero complesso conventuale riportato su una pergamena conservata presso l'Archivio Capitolare di Arezzo, databile infatti tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV, e da considerarsi tra i disegni architettonici più antichi conservati in Italia[3]. Il nome del progettista della chiesa è da cercare tra i discepoli di frate Elia da Cortona, ed il suo nome, Fra Giovanni da Pistoia, è indicato sul verso della pergamena.[4]
La costruzione non iniziò comunque prima del secondo decennio del XIV secolo, nel 1322 i frati cominciarono a trasferirvi le proprie opere d'arte ma solo nel 1348 venne comprato un immobile per costruire al suo posto la cappella maggiore, terminata nel 1374. La chiesa ebbe dunque la sua fisionomia definitiva, molto diversa da quella ipotizzata nel progetto dell'archivio capitolare aretino.[2]
Nella seconda metà del XIV secolo una pia donna di nome Monna Tessa lasciò trecento lire per il rivestimento della facciata che venne iniziato, ma interrotto allo zoccolo per l'insufficienza della somma lasciata.
Tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII secolo fu costruito il campanile e nel corso del Seicento la chiesa prese un aspetto tipicamente secentesco con la distruzione di alcune cappelle gotiche, l'imbiancatura degli affreschi, la trasformazione delle finestre gotiche in rettangolari, la collocazione di nuovi altari e la realizzazione di decorazioni barocche.[5]
A metà dell'Ottocento la chiesa venne restaurata rimuovendo tutte le aggiunte e le sovrastrutture barocche e riportando alla luce gli affreschi tre-quattrocenteschi.
Intorno al 1990 si è rimediato ad un infelice intervento eseguito dopo il 1870, che scalzò la facciata di quasi due metri. Idealmente venne ricostruita la base su cui poggiava, in una forma moderna.
Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La basilica, costruita in pietre e mattoni, si trova nell'omonima piazza di San Francesco. Di fronte alla facciata è presente un monumento a Vittorio Fossombroni, di Pasquale Romanelli (1863), posto in posizione non dominante rispetto alla facciata.
L'interno, molto spazioso, ha un'unica navata coperta a capriate, fiancheggiata a sinistra da alcune cappelle e a destra da edicole con ornamenti del Trecento. Ai lati sono cappelle aperte nella navata, altre architettoniche ed altari laterali, spesso decorati da affreschi, anche frammentari. Tra gli artisti coinvolti nella decorazione si ricordano, di gusto tardo-gotico, Spinello Aretino e i suoi seguaci (Parri Spinelli, Andrea di Nerio, Giovanni d'Agnolo di Balduccio).[6]
La chiesa è ricca anche di attestazione della pittura rinascimentale: in controfacciata, sopra il portale, è un affresco con il Matrimonio mistico di santa Caterina con san Cristoforo di Giovanni di Ser Giovanni detto lo Scheggia. La vetrata dell'oculo soprastante è invece di Guillaume de Marcillat. La terza cappella a destra, dei Lambardi, mostra ancora affreschi frammentari di Antonio di Anghiari raffiguranti una Crocifissione con San Francesco e, sopra, due guerrieri, eseguiti tra 1454 e 1462.[7] La cappella Carbonati, la seconda a sinistra, fu affrescata dal principale seguace aretino di Piero della Francesca, Lorentino d'Andrea con Storie di Sant'Antonio da Padova, nel 1463.
Tra le altre pale d'altare spiccano quella di Giovanni Antonio Lappoli su disegno di Rosso Fiorentino, una del caravaggista aretino Bernardino Santini, e una buona copia dal Cigoli (Miracolo della Mula).
In fondo, davanti alla cappella maggiore è appeso il Crocifisso del Maestro del San Francesco di Arezzo, un allievo di Cimabue, probabilmente degli anni settanta-ottanta del XIII secolo. Sulle pareti della cappella maggiore, di patronato della famiglia Bacci, tra il 1453 ed il 1464 Piero della Francesca dipinse il celebre ciclo di affreschi delle Storie della Vera Croce.
I restauri degli affreschi di Piero della Francesca sono stati compiuti nel 1992, 500 anni dopo la morte dell'artista.
La cappella posta a destra dell'abside, dei Guasconi, è decorata da affreschi di Spinello Aretino con le storie dei Santi Egidio e Michele, terminate entro il 1404, mentre all'altare è un trittico con la Madonna che porge la Cintola a San Tommaso e Santi, di Niccolò di Pietro Gerini, probabilmente coevo agli affreschi.[8] La cappella a sinistra è quella dei Tarlati, la famiglia a cui appartenne Guido Tarlati, vescovo e poi signore assoluto di Arezzo. In essa si trova, sulla parte, un affresco staccato con l'Annunciazione da alcuni attribuita al giovane Luca Signorelli, ma per altri opera di Matteo Lappoli, allievo di Bartolomeo della Gatta. All'altare è un'altra Annunciazione di Neri di Bicci, databile intorno al 1470 e proveniente dalle gallerie fiorentine.[9]
La prima cappella a sinistra venne decorata begli anni venti del Novecento come cappella votiva ai caduti della prima guerra mondiale: venne decorata da una grande pala di Giuseppe Cassioli e da vetrate della Manifattura Chini di Borgo San Lorenzo. Nell'ultima cappella a sinistra è il fittile Monumento funebre di Francesco Roselli di Michele da Firenze, di una tipologia non comune in Toscana ma in consonanza con modelli veneti.[10]
Nella parete tra la penultima e l'ultima cappella laterale di sinistra, si trova l'organo a canne, costruito nel 1969 dalla ditta organara Costamagna, donato il 4 ottobre dello stesso anno dal comune di Arezzo alla basilica. Lo strumento, a trasmissione elettrica, ha 14 registri e consolle a due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32.
La chiesa inferiore, divisa in tre navate, è ora usata come sala espositiva.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ (EN) Catholic.org Basilicas in Italy
- ^ a b Arezzo e la Valtiberina..., 2000, pp. 85-86.
- ^ Stefano Giannetti, La natura generativa dell’unità di misura nel processo creativo medievale. Il progetto di San Francesco ad Arezzo., in DisegnareCon, vol. 8, n. 15.
- ^ Pergamena del progetto del convento di San Francesco ad Arezzo Archivio Capitolare di Arezzo, fondo Ex Archivis Variis, capsa V, n°873.
- ^ Arezzo, 2019, pp. 55-56.
- ^ Arezzo e la Valtiberina..., 2000, p. 85.
- ^ Liletta Fornasari, Lo sviluppo della cultura figurativa quattrocentesca in arezzo e Val di Chiana, in Rinascimento in terra d'Arezzo. Da Beato Angelico e Piero della Francesca a Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli in Val di Chiana, catalogo di mostra, Firenze, 2012, pp. 38-43.
- ^ Arezzo e la Valtiberina..., 2000, p. 86.
- ^ Liletta Fornasar, Lo sviluppo della cultura figurativa..., 2012, p. 55, n. 62.
- ^ Liletta Fornasari e Paola Refice (a cura di), Rinascimento in terra d'Arezzo, Firenze, 2012, p. 49.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Arezzo e la Valtiberina. La storia, l'architettura, l'arte delle città e del territorio. Itinerari nel patrimonio storico-religioso, a cura di Anna Maria Maetzke e Stefano Casciu, Firenze, 2000.
- A.A. V.V., Arezzo, Città di Castello, 2019.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica di San Francesco ad Arezzo
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- La vetrata di Guillame de Macillat, su icvbc.cnr.it.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 144244280 · ISNI (EN) 0000 0001 2111 147X · LCCN (EN) n80072494 · J9U (EN, HE) 987007605058805171 · WorldCat Identities (EN) lccn-n80072494 |
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