Avish Khebrehzadeh

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Avish Khebrehzadeh (1969) è una disegnatrice, pittrice e fotografa iraniana. Realizza alternativamente sia singole opere di disegno, pittura, fotografia e video installazioni, sia opere "composte" fondendo più mezzi espressivi fra loro. I suoi disegni e installazioni sono state esposte in alcune Biennali e fanno parte di collezioni pubbliche e museali[1]. Di origine iraniana è conosciuta anche negli Stati Uniti ed in Europa come pure in Italia, dove nel 2003, riceve il Leone d'oro come miglior giovane artista italiana[2] nell'ambito della 50ª Biennale di Venezia[3][4]. La Khebrehzadeh appartiene, come asserisce anche The New York Times, ad un gruppo ristretto di «artisti della diaspora» iraniana[5].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

«Il mistero è bello [...] Non voglio cose definibili»

Avish cresce in una famiglia da cui riceve stimoli che segneranno la sua carriera di artista[7]. Da una intervista rilasciata a il manifesto[8] nel 2003 dichiara che trascorre la sua infanzia e la giovinezza in una famiglia dove i suoi stessi genitori e la relativa "atmosfera" famigliare influenzeranno le sue scelte future, infatti il padre era insegnante di letteratura persiana e la madre nutriva un grande interesse per la poesia. Cresce quindi e culturalmente si "nutre" in un ambiente circondato anche dai colti frequentatori di casa, di amici di suo padre e di sua madre, che vede alternarsi poeti, scrittori ed artisti che parlano e discutono di poesia, di arte e di letteratura e «di antiche storie e di lontani racconti della nostra tradizione. Un immaginario carico di fascino e di malinconia, ma anche di un costante anelito e di grande ardore»[8].

Ben presto però, a causa della rivoluzione iraniana si trasferisce prima in Italia, a Roma, e quindi negli Stati Uniti dove stabilisce la sua residenza e studierà fotografia al Corcoran Gallery of Art[9] di Washington. Nel precedente lungo periodo romano studia pittura all'Accademia di belle arti di Roma[9][10] e incomincia ad operare come pittrice e disegnatrice. Nel 2003[11] alla Biennale di Venezia le viene assegnato un Leone d'oro[4], con la motivazione di: miglior giovane artista italiana[12].

Formazione artistica e critiche[modifica | modifica wikitesto]

«Il mondo dell'iraniana Avish Khebrehzadeh appare più saggio, frugale e spogliato. Una sensazione rafforzata dall'utilizzo di materiali molto semplici, come l'olio di oliva e la grafite. "La piattezza degli sfondi e l'evanescenza dei personaggi invitano lo spettatore a riflettere , e la mancanza di dipinti a colori rende i loro effetti universali. Come in un sogno, ogni cosa ha il suo significato essenziale"»

Gioventù a Theran, quindi a Roma e poi Washington, la formazione artistica della Khebrehzadeh è influenzata da quella «vita nomade» che la porta in periodi diversi, in paesi con culture differenti. È lei stessa in una intervista ad ammettere che «la radice delle mie opere nasce in Iran, da una visione "orientale" della vita, le forme invece attingono dall'arte conosciuta in Italia, dalla semplicità dell'arte pre-rinascimentale e quindi dalla filosofia dell'Arte Povera»[14]

Il suo percorso artistico infatti è connotato sin dall'inizio dalla semplicità di espressione, uno stile essenziale descritto da un catalogo di una mostra[15] che definisce quello dei dettagli, delle forme e delle animazioni della Khebrehzadeh «un proprio stile "infantile" ed un tratto delicato e essenziale» che usa mezzi semplici come la resina e olio d’oliva. Anche le forme ed i contenuti sono ridotti all'essenziale, tanto che in quel catalogo si fa notare che «Le forme, specie quelle umane, sono accennate, quasi a non voler sporcare o appesantire le figure: bambini, omini senza volto, persone semplici. I contenuti riportano a un universo conosciuto, a tratti familiare, così alle figure si sommano gli animali (elefanti, scimmie, pesci, cani e uccelli), presenze vegetali (fiori, alberi, montagne) così come semplici azioni (mangiare, camminare, dormire, incontrarsi)»[16]

Anche nelle video installazioni è evidente lo stile "infantile" dell'artista iraniana, tanto che Ludovico Pratesi de la Repubblica ne sottolinea lo «spirito ludico e giocoso dei disegni animati»[17] ottenuti da «piccoli oli e grandi disegni sui quali sono proiettati video e cartoon della stessa artista»[18]

D'altronde il Washington Post del 23 settembre 2004[19] in un lungo articolo, rilevava alcuni aspetti critici sulla notorietà della Khebrehzadeh. Affermava infatti che per un artista di Washington «le realizzazioni di Avish Khebrehzadeh sarebbero singolari», non solo per essere stata inclusa nel 2003 fra i partecipanti della Biennale di Venezia «(quasi inaudito per un artista di Washington)», ma per averla anche vinta con un Leone d'oro. Il quotidiano della capitale americana evidenziava che almeno "sulla carta" la Khebrehzadeh si distingueva da molti altri artisti tanto che le biografie sull'artista, più che mettere in risalto i suoi studi, mettevano in evidenza il suo «pedigree multinazionale», con i suoi natali «esotici» a Teheran (molto gradito nel mondo dell'arte), e la scuola fatta in Italia con la sua «inclusione italiana» alla Biennale di Istanbul nel 1999 (stessa cosa avvenuta poi per la Biennale di Venezia). Un talento messo in dubbio anche perché «il suo lavoro appariva indifferente con la politica»[19] con critiche anche alle sue video installazioni e sulla musica malinconica dei video.

Premi[modifica | modifica wikitesto]

Biennali[20][modifica | modifica wikitesto]

Opere in alcuni Musei e Gallerie[modifica | modifica wikitesto]

Principali mostre personali e collettive[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Biennali e Musei riguardanti Avish Khebrehzadeh, su avishkz.com. URL consultato l'11 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2016).
  2. ^ La Biennale di Venezia 2003, su artmap.com. URL consultato l'11 marzo 2017.
  3. ^ I premi, su labiennale.org. URL consultato l'11 marzo 2017.
  4. ^ a b Il tempo dell'anima e delle stelle. Avish Khebrehzadeh alla Fondazione Volume!, su artnoise.it. URL consultato il 12 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 22 aprile 2016).
  5. ^ Tehran’s Ab-Anbar Gallery Links the Diaspora and Global Art, su nytimes.com. URL consultato l'11 marzo 2017.
  6. ^ Avish Kh3brehzadeh, su elisabettacipriani.com. URL consultato l'11 marzo 2017.
  7. ^ Avish Kebrehzadeh, su mahmag.org. URL consultato il 12 marzo 2017.
  8. ^ a b E. Del Drago, Nostalgic Fables from the Persian Colors, in il manifesto, 20 giugno 2003.
  9. ^ a b Avish Khebrehzadeh, su elisabettacipriani.com. URL consultato il 12 marzo 2017.
  10. ^ Avish Khebrehzadeh, su studiosales.it. URL consultato il 12 marzo 2017.
  11. ^ La Biennale di Venezia 2003, su artmap.com. URL consultato il 12 marzo 2017.
  12. ^ ANSA: « Considerata artisticamente italiana d'adozione, nel 2003 ha preso il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia come migliore giovane artista italiana» Mostre: a Roma Avish Khebrehzadeh, opere ispirate da Al Sufi - Artista iraniana sulle tracce astronomo X secolo, su ansamed.info. URL consultato il 13 marzo 2017.
  13. ^ Quand le dessin s'anime, su lemonde.fr. URL consultato il 12 marzo 2017.
  14. ^ Da il manifesto del 20 giugno 2003 Avish Khebrehzadeh, su mahmag.org. URL consultato il 13 marzo 2017.
  15. ^ ELECTA-Casa editrice specializzata in libri d'arte, architettura, fotografia, design, su electaweb.it. URL consultato il 13 marzo 2017.
  16. ^ Avish Khebrehzadeh al MACRO di Roma - Catalogo, su electaweb.it. URL consultato il 13 marzo 2017.
  17. ^ Guargando Caravaggio di Ludovico Pratesi, su ricerca.repubblica.it. URL consultato il 13 marzo 2017.
  18. ^ Giuseppe Gallo, cielo d'artista una retrospettiva lunga una vita. Antologica dell´artista al Macro insieme alla personale dell´iraniana Avish Khebrehzadeh di Carlo Alberto Bucci, su roma.repubblica.it. URL consultato il 13 marzo 2017.
  19. ^ a b A Grand Approach To Simple Vignettes, su washingtonpost.com. URL consultato il 14 marzo 2017.
  20. ^ La partecipazione di Avish Khebrehzadeh alle Biennali, su avishkz.com. URL consultato l'11 marzo 2017 (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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